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La Repubblica (quella fondata da Eugenio Scalfari con i soldi degli industriali padani) di venerdì 19 0ttobre 2001 celebra i cento anni delluniversità Bocconi con un articolo del giornalista Giuseppe Turani, noto a chi ha buona memoria per la sua correttezza.
Nella celebrazione viene spiegato che, nata per formare ragionieri di rango accademico, da alquanto tempo la Bocconi sforna anche economisti. Siccome conosco qualcuno dei prodotti scientifici realizzati dai suoi docenti, non riesco a qualificare questa speciale patria accademia se come una succursale delle università americane, nella quale, per caso e a volte, si usa ancora la lingua italiana.
Ma non è con un tale argomento che vorrei tediare il lettore. Vorrei invece soffermarmi sulla crescita culturale di Milano, la quale indubbiamente si appoggia sulla sua preliminare crescita economica e demografica.
Centoquarantanni fa, al tempo della nascita dello Stato italiano, la provincia di Milano, definita ricca, pagava meno imposte sopportava un minor carico fiscale della provincia di Caserta. Oggi quello smargiasso di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, incassa tanti di quei soldi che non sa neppure come spenderli.
Il numero degli abitanti di Milano era meno della metà degli abitanti di Napoli e ai giovani milanesi, che volevano frequentare un corso di studi universitari, toccava andare nella vicina Pavia e nella meno vicina Padova. Negli stessi anni, il numero degli studenti napoletani era maggiore di quello di tutte le università italiane messe assieme. I giornali milanesi erano ancora fogli di provincia, mentre quelli napoletani facevano e disfacevano i governi. Le case editrici napoletane pubblicavano il 55 per cento di tutti libri editi in Italia. A Napoli, ogni sera, erano aperti una quindicina di teatri, mentre a Milano non tutte le sere cera un teatro aperto.
Il Conservatorio musicale di San Pietro a Maiella era ancora il più prestigioso in tutto il mondo e il San Carlo il modello mondiale dei teatri dopera.
LItalia-una non ha mai amato Napoli. Cavour e Bombrini, un celebre ladrone che fu il primo governatore della Banca dello Stato nazionale, volevano cancellarla dalla carta geografica. Il censimento mussoliniano del 1936 fu fatto non tanto per censire gli otto milioni di baionette, quanto per celebrare il sorpasso di Roma-capitale su Napoli, capoluogo di provincia.
Nel sistema italiano, Milano è cresciuta e Napoli è morta. Ma né luna cosa né laltra si sono verificate per merito proprio. A Napoli è stato sottratto tutto quello che si poteva sottrarre. Ancora cinquantanni fa, alcuni fra i più preziosi monumenti del mondo occidentale il Maschio Angioino, la Reggia di Capodimonte, la Reggia di Caserta, il San Carlo, le chiese barocche, la Certosa di Padula, o erano abbandonati alla spazzatura o ospitavano una caserma di cavalleria. Peggio ancora nel resto del Sud. Castel del Monte, la Città Vecchia a Bari, quella di Taranto, Otranto, le splendide chiese di Puglia, gli macerie dei palazzi palermitani erano hotel per cani e gatti inselvatichiti. La muffa nei palazzi spagnoli di Catanzaro, è ancora lì.
Nel contempo, lo Stato sedicente nazionale spendeva e spandeva al Centronord e a Roma. Fiere, mostre, fiori, autostrade, università, industrie, scuole, edilizia scolastica, pulizia, lavoro, civiltà moderna, IRI e banche dellIRI, ENI, metanodotti, piattaforme marine, telefoni, televisione, la Rinascente, la Standa, lUpim, lUTET, lEinaudi, Mondadori, Bompiani, Giuffré, Zanichelli. La Scala, il coro della Scala, lorchestra della Scala, il Piccolo (piuttosto grande per quel che costava).
Porti ingranditi a dismisura con i soldi di tutti. Navi. Aeroporti. Operai garantiti, sindacati che trattano con il governo. Da una parte la disoccupazione pagata, dallaltra la disoccupazione invitata a scegliere tra lemigrazione e la morte dinedia.
Il Sud provincia del Nord, anzi colonia. Iloti condannati a un lavoro servile e cittadini a pieno titolo. Napoli un cadavere, Milano città dEuropa.
Celebriamolo pure il centenario della Bocconi, egregio Fondatore! Ma ricordiamoci anche dei caduti, delle croci che costellano il camino di Milano verso lattuale fasto.
Nicola Zitara
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