L'anno milleottocentosettantadue il dì tré del mese di agosto nelle Carceri Giudiziarie di Potenza all'ora 1 pomeridiane; Noi Cav. Alessandro Fava Presidente della Corte Ordinaria di Assise con l'assistenza del Vice Cancelliere Signor Oreste Masci; in seguito della pervenienza degli atti del relativo procedimento sul conto del detenuto Carmine Crocco Donatello il quale con sentenza di questa Sezione di Accusa e di quelle di Napoli e Trani legalmente notificate, venne per vari reati rinviato alle Assise, volendo interrogarlo, lo abbiamo fatto tradurre avanti di Noi nella Camera degli esami, ove coll’assistenza dell'infrascritto Vice Cancelliere interrogato sulle generalità, ha risposto
Mi chiamo Carmine Crocco Donatello fu Francesco di anni 43, pastore, di Rionero in Vulture, scapolo, so leggere e scrivere, impossidente, sono stato militare col grado di caporale sotto il passato governo, sono stato condannato altra volta per crimine.
Dimandato sul fatto di cui è
accusato ha risposto :
Domanda: Voi Carmine Crocco non
avevate compiuto ancora il 22° anno ed, associato ad altri
malfattori nel 1852 e 1853, vi rendeste colpevole di varii furti
qualificati, accompagnati da pubblica violenza. Per tali reati, nel 13
ottobre 1855, foste dalla corte Speciale di Potenza condannato a
diciannove anni di ferri.
Menato al Bagno di Brindisi per la
espiazione della pena tentaste nella notte del 19 luglio 1856 evadere
da quelle carceri e foste per questo novello reato condannato dalla
Commissione militare di Brindisi con sentenza del 2 ottobre 1856 ad un
anno e mezzo di aumento di pena. È vero tutto questo Carmine
Crocco?
Risposta: Si è verissimo.
Domanda: Quello che voi tentaste
invano nella notte del 19 luglio 1856 vi riuscì però nel
13 dicembre 1859, quando con violenza evadeste dal bagno di Brindisi.
Avete nulla ad opporre contro questo fatto?
Risposta: È vero che nel 13 dicembre 1859 io riuscii ad evadere dal Bagno di Brindisi, ma la mia evasione avvenne senza violenza. Io mi trovavo a lavorare alla banchina con altri forzati, fui mandato ad attingere dell'acqua alla fontana, accompagnato da un soldato del 12° cacciatori; non dovea che scavalcare un muro di giardino per ricuperare la mia libertà. Tentai questa impresa cosi facile per me, e, riuscitami, mi diedi alla fuga.
Domanda: Evaso dalle prigioni dove
andaste a rifugiarvi ?
Risposta: Per tutta l'invernata stetti nascosto nel bosco di
Monticchio. Venuta la primavera commisi, lo confesso, perché
Crocco nulla nega, varii reati unito ad altri due compagni, Vincenzo
d'Amato e Michele Di Biase. Nel 18 agosto io mi unii ai volontari
capitanati da Mennuni e mi recai con gli altri in Potenza dove fu
proclamata la decadenza dell'antica dinastia, ed inaugurato il Governo
dell'Italia una, con Vittorio Emanuele. Ricordo che in quella occasione
mettemmo in fuga tutti i Gendarmi, che inseguimmo fino alle vicinanze
della montagna di Vignola.
Nel di seguente il Capitano Ottavio Mennuni, il Sig. Attanasio
Santangelo di Venosa e Pasquale Corona di Rionero presentarono me ed i
miei due compagni alla Giunta presieduta dal Colonnello Boldoni, o
convocata da costui, che era stato qui mandato da Garibaldi. In
prosieguo io e i miei compagni facemmo parte dei volontari di questa
Provincia, che andarono a riunirsi in Auletta ai Battaglioni di
Garibaldi che venivano dalle Calabrie.
Seguimmo il Generale a Napoli, S. Maria, Capua, Ponte della Valle e
prendemmo parte alle battaglie della patria indipendenza.
Finita la guerra avemmo il debito congedo, e venimmo qui in Potenza a
presentarci al Governatore Sig. Albini, il quale ci assicurò che
si sarebbe tirato un velo sulle nostre colpe passate. Costui
però non ci attenne la promessa, perché dopo un mese,
verso la fine di dicembre o i principii di gennaio, sapemmo che da
quello stesso Governatore era stato spiccato ordine di presentazione
per doversi trattare la nostra causa, con minaccia che altrimenti
saremmo stati arrestati, e con promessa dall'altra parte che si sarebbe
tenuto conto dei servizi da noi prestati. Non essendoci stata mantenuta
la prima promessa noi non credemmo alla seconda.
|
Fotomontaggio
- Carmine Crocco dinanzi alla casa paterna
(Ringraziamo l'amico e
collaboratore FDV per averci fornito la foto) |
Domanda: E che faceste?
Risposta: Feci quello che doveva fare. Presi una seconda volta la
via dei boschi, io non aveva altra casa o palazzo dove potessi stare
sicuro. Pure conoscendo per prova i disagi della vita brigantesca
pensava tra me stesso, se non mi fosse stato possibile dì
potermi andare ad imbarcare in Barletta o in altro posto dell'Adriatico
per recarmi in Grecia, a vivere una vita più tranquilla e
lontana dalle persecuzioni.
Fatalmente si diede una circostanza che mi fece abbandonare questo
divisamento. Fui chiamato in segreto da talune persone che io non
nomino, perché sarebbe inutile nominare essendo talune di esse
già morte, e le stesse mi invitarono a prendere parte ad una
controrivoluzione borbonica che mi assicuravano di essere già
preparata.
Nello stato di esasperazione di animo in cui mi trovava commisi la
debolezza di accettare la proposta
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.