Signor Presidente della Regione Calabria,
Signor Presidente della Provincia di Vibo Valentia,
Signor Sindaco di Vibo Valentia,
Signori Parlamentari,
Autorità civili, militari, religiose,
cari Sindaci della Provincia di Vibo Valentia,
Signore e Signori,
voglio ricambiare le parole di benvenuto che mi avete rivolto esprimendovi, con altrettanto calore, i sentimenti che nutro di amicizia e di simpatia per questa antica città, per questa provincia, per questa regione.
Da Vibo Valentia do inizio (come Lei Presidente ha ricordato, lo avevo promesso) alla mia seconda visita a questa terra calabrese, penisola estrema, tra Tirreno e Jonio, della penisola italiana, ricca di bellezze naturali nelle sue grandi montagne e nelle sue coste, e di nobili testimonianze architettoniche e archeologiche della sua lunga storia. Troviamo qui, nelle fiorenti città della Magna Grecia, alcune delle più antiche radici della nostra civiltà. E' un'eredità che arricchisce tutti gli italiani.
Di ciò siamo particolarmente coscienti quando poniamo al centro della nostra attenzione i problemi odierni di questa terra, di cui voi mi avete parlato con una franchezza che apprezzo.
Nel messaggio di fine anno - avendo riproposto, in un precedente viaggio in Sicilia, il tema della "questione meridionale" come "questione nazionale" - ho definito il Mezzogiorno "la nostra grande riserva di risorse umane e naturali, capace di dare una marcia in più al progresso della Nazione".
Con queste parole, non ho dato espressione a una speranza utopistica. Ho voluto - prendendo atto delle concrete manifestazioni di una nuova vitalità economica in molte aree del Mezzogiorno - stimolare le autorità locali e nazionali, le forze economiche e politiche, e la cittadinanza stessa, a perseverare nelle iniziative prese e ad assumerne di nuove, per rispondere, nell'interesse generale del Paese, alla domanda qui espressa, con toni non privi di drammaticità: di una maggiore occupazione; di un maggiore diffuso benessere; di una maggiore sicurezza.
E' profondamente ingiusto, e non risponde al vero, ridurre ogni discorso sulla realtà odierna del Mezzogiorno, così complessa e diversificata, a un discorso sulla criminalità organizzata, sulle sue ramificazioni, sulle complicità o sulle paure che la rafforzano. Parlare solo di questo, con toni talvolta eccessivamente allarmanti, reca danno alla vostra immagine, alla vostra vita.
Ma daremmo prova di irresponsabile superficialità se non affrontassimo questo tema in tutta la sua gravità, consapevoli che da esso derivano in non piccola parte gli stessi ritardi del processo di sviluppo economico.
Come spezzare il circolo vizioso, che voi mi avete illustrato, che esiste tra diffusione della criminalità organizzata e "sottosviluppo"? Questo non è un problema soltanto vostro: è un problema che anche altri territori stanno affrontando, e che coinvolge interessi vitali di tutta la società italiana. La "marcia in più", che può venire al progresso della Nazione dalla "grande riserva di risorse umane e materiali" del Mezzogiorno, non potrà realizzarsi se non sapremo contenere, ridurre, ed estirpare la criminalità organizzata dal corpo vivo della società: penso soprattutto ai vostri giovani, all'elevato livello della loro formazione e preparazione scolastica, alla loro ambizione di dar prova delle loro capacità nel lavoro e nella società. A loro va il mio saluto e caloroso augurio.
Non sono mancate, nella provincia vibonese, azioni impegnative ed efficaci delle forze dell'ordine e della magistratura. La collaborazione tra di esse è indispensabile per l'efficacia dell'azione repressiva. A loro va la gratitudine, e deve andare l'appoggio, di tutta la popolazione. Siate a loro vicini, in modo concreto, per il vostro bene.
Gli ultimi attentati e omicidi ci dicono quanto rimanga elevata la minaccia della criminalità organizzata.
E non mancano, nell'economia, manifestazioni significative, che voi avete ricordato, di uno sviluppo emergente in settori diversi, a cominciare dal turismo, che trova nelle splendide coste della vostra provincia, e di tutta la Calabria, sull'uno e l'altro mare, una delle più importanti risorse dell'intera regione; e che ha nella Certosa di Serra San Bruno uno dei monumenti più belli della Calabria e di tutta l'Italia.
Dunque, ci sono condizioni per un rilancio economico e civile. Ma è forte e diffusa la convinzione che per rompere quel circolo vizioso occorra "fare di più".
Sicuramente occorre portare a compimento opere infrastrutturali - che sono di competenza nazionale, più che locale - che incidono in notevole misura sulle potenzialità di sviluppo del territorio: a cominciare dall'ammodernamento dell'Autostrada che percorre tutta la regione da Nord a Sud, dove i lavori in corso durano da anni, se non da decenni, e delle vie di comunicazione trasversali alla penisola calabra.
E' dovere della Nazione migliorare le infrastrutture del Meridione, realizzando, con scadenze temporali ben definite, un programma di interventi mirato.
La realizzazione di queste opere deve avvicinare la Calabria, e al di là della Calabria la Sicilia, alle regioni centrali del nostro Paese, all'Italia in generale, all'Europa.
Ridurre i tempi di percorrenza oggi necessari per raggiungere dal Nord questa vostra terra è indispensabile per lo sviluppo di iniziative industriali e turistiche: non meno di quanto lo sia la sconfitta della società mafiosa.
Non è meno importante fare attenzione ai modi di realizzazione dei processi di decentramento delle decisioni politiche, che interessano in questi anni, in maggiore o minor misura, non soltanto l'Italia ma tutti i Paesi dell'Unione Europea. L'esperienza regionale, che ha avuto da noi inizio nel 1970, cioè 35 anni fa, è ancora in corso di perfezionamento.
Non tutte le regioni hanno adottato un loro statuto (la Calabria è già arrivata al traguardo) o hanno completato l'indispensabile processo normativo che consenta la piena attuazione del principio di sussidiarietà, che deve affidare ai vari livelli amministrativi quei compiti che ciascuno di loro è più capace di svolgere, in relazione alla convenienza dei cittadini.
Di particolare importanza appare il concreto riconoscimento del rapporto istituzionale tra le Regioni e lo Stato centrale, così come la definizione delle funzioni che le Regioni debbono delegare alle Province e ai Comuni.
Non dimentichiamo che se le regioni hanno 35 anni, molti comuni, in tutte le regioni d'Italia, hanno goduto, da centinaia di anni, di particolari autonomie, che sono parte essenziale della nostra storia. La loro secolare esperienza ne ha affinato l'efficienza operativa e ha generato fiducia nei cittadini amministrati.
Nella costruzione delle nuove strutture di governo del territorio della nostra penisola, sarebbe assurdo trascurare questo dato di storia e di civiltà, che viene dal basso, e da lontano nel tempo.
La pluralità dei livelli di governo locale ha inoltre imposto nuove, particolari responsabilità ai prefetti, che le affrontano con alto senso delle loro responsabilità, agendo spesso come indispensabili coordinatori delle iniziative di amministrazioni diverse.
L'efficacia dell'azione delle autorità locali dipende anche, in notevole misura, dalla capacità di collaborazione fra amministratori di diverso colore politico, e fra rappresentanti politici e rappresentanti della società civile. Questa è ovunque una premessa necessaria al fine di impostare correttamente, e di portare a compimento in tempi ragionevoli, quei progetti di sviluppo da cui dipende il riscatto di regioni relativamente meno sviluppate.
Una responsabilità primaria delle autorità locali, e dei responsabili delle organizzazioni di categoria espresse dalla società, consiste infine nell'avviare un lavoro tenace per far crescere la coscienza civile della cittadinanza.
Ad esso possono dare e danno un fondamentale contributo, con la loro instancabile, attiva presenza nella vita della comunità, le autorità religiose, portatrici di valori antichi, che sono ancora oggi alla base di una società bene ordinata, rispettosa delle leggi, fondata su istituzioni solide come la famiglia.
Senza la collaborazione dei cittadini gli sforzi dello Stato, e di tutti gli organi che ne sono l'espressione, vengono vanificati o resi impossibili. Aiutare lo Stato a combattere la malavita organizzata significa aiutare se stessi. Significa aiutare i propri figli ad aprirsi una strada nella vita, senza dover andare a cercare fortuna altrove. Ripeterò qui parole che ho pronunciato in una recente visita a Napoli: "E' interesse e dovere di tutti reagire; isolare la criminalità organizzata; estirpare questo cancro che corrode la nostra vita".
Fate parte di un grande Paese, l'Italia. Avete alle spalle l'Europa. Non mancate a quella parte del compito che tocca e può toccare soltanto a voi.
Vi diano forza il vostro nobile passato, e una cultura del lavoro di cui i troppi calabresi che hanno dovuto cercare fortuna in terre lontane hanno dato prova, superando la dolorosa esperienza dell'emigrazione, e onorando con i loro successi la terra natia.
Se amate la vostra città, la vostra terra, e sicuramente l'amate e ne siete orgogliosi, non piegatevi alle minacce e intimidazioni! Assumete tutte le vostre responsabilità, per assicurarne il progresso! Questo l'appassionato invito che oggi vi rivolgo.
Sappiate che vi accompagna, lungo il cammino della vostra rinascita, la solidarietà di tutta la Nazione, di cui, con il mio caloroso augurio, voglio qui rendermi interprete.
Viva la Calabria, Viva l'Italia!
Il
Sud e l'Unità d'Italia - Sicilia
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