Perle risorgimentaliste
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La
negazione di Dio
"II
governo borbonico rappresenta l’incessante, deliberata violazione
di
ogni diritto; l’assoluta persecuzione delle virtù
congiunta
all’intelligenza, fatta in guisa da colpire intere classi di
cittadini,
la perfetta prostituzione della magistratura, come udii spessissimo
volte ripetere; la negazione di Dio, la sovversione d’ogni idea
morale
e sociale eretta a sistema di governo." [Lord Gladstone]
Il lord non aveva mai visitato di persona una prigione
borbonica.Nonostante lo avesse ammesso egli stesso stesso a Napoli -
tra il 1888 e il1889 - dove si trovava per essere festeggiato dai
maggiorenti del Partito Liberale, questa perla
è circolata sui testi scolastici per un altro secolo ancora e
qualcheduno (anche di notevole livello culturale - sic!) la ripete
tuttora.
Vi consigliamo la lettura della monografia di Giuseppe Ressa: La
calunnia come arma politica:
“negazione di Dio”.
Per quel che ci risulta il primo testo a far luce su questo falso
storico è stato quello di Carlo Alianello, La
conquista del sud,
Rusconi editore.
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Epopea dei Mille e piastre turche
"Studi
in
archivi e su periodici di Edimburgo mi hanno permesso di rilevare
e confermare il versamento a Garibaldi di una somma veramente
ingente, durante la sua breve permanenza a Genova, prima che
la Spedizione sciogliesse le ancore.
La
somma,
riferita con precisione, è di tre milioni di franchi francesi.
Questo capitale tuttavia non venne fornito a Garibaldi in moneta
francese, bensì in piastre d’oro turche.
Non è
agevole valutare il valore finanziario di tale somma. Riferito alle
valute dell’epoca dei principali Stati europei, e rapportandolo
al
reddito nazionale, con larga approssimazione si tratta di
molti milioni di dollari di oggi".
[Tratto della
relazione tenuta da
Giulio Di Vita al convegno “La liberazione d'Italia ad opera
della
Massoneria” organizzato a Torino (24 e 25 settembre 1988) dal
Centro
per la storia della Massoneria e dal Collegio dei Maestri Venerabili di
Piemonte e Valle d'Aosta]
A
questa
perla bisogna aggungere che sempre nella stessa relazione si
parla anche del misterioso nauifragio in cui perì Ippolito
Nievo, custode dei fondi segreti della spedizione e della relativa
documentazione.
A cosa servirono le piastre? A corrompere ufficiali e dignitari
borbopnici. Perchè in tanti si lasciarono corrompere? Qualcuno
avanza l'ipotesi che la mancata epurazione dei quadri dell'esercito
(mai avvenuta, neppure negli anni della restaurazione!) abbia lasciato
mano libera alle varie sette liberali o liberaleggianti nei centri di
comando dell'esercito borbonico.
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"Qui si fa l'Italia o si muore", magari a pronunciare la famosa frase
fu il generale borbonico Landi mentre accettava una fede di credito - si
dice sia stato Garibaldi in
persona a offrirgliela- di quattordicimila
ducati [224mila €, 430milioni di vecchie lire] in cambio della non
belligeranza contro i
garibaldini.
La storiella della fede di credito potrebbe essere una bufala, il
fatto che tutti i figli di Landi abbiano fatto poi carriera
nell'resercito
italiano invece è una verità acclarata.
Ovviamente
questa perla
sui testi scolastici è meglio evitarla, non ci sono prove
documentali.
Abbiamo volutamente tralasciato altre perle siciliane, come la caduta
di Palermo, l'aiuto dei picciotti, la promessa della terra ai
combattenti per la libertà, le speranze separatiste poi deluse.
Dovete studiare un po' anche voi, come abbiamo fatto noi, "fatti non
foste a viver come bruti" o sì?
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Garibaldi
a Napoli - Pensioni ai camorristi
Liborio Romano,
in giugno, prende contatti col capo della Camorra
Salvatore De Crescenzo - detto Tore ‘e Criscienzo, ospite delle
galere
napoletane per otto anni - e gli offre la liberazione in cambio del
sostegno alla rivoluzione. Nel mese di luglio, Don Liborio, ministro
della Polizia, li arruola nella guardia urbana col compito di mantenere
l’ordine pubblico fino all’arrivo di “Don
Peppino”.
Garibaldo, una volta giunto a Napoli e
avendo saccheggiato tutto ciò che c'erta da saccheggiare,
decretò un vitalizio a Marianna De Crescenzo [detta la
Sangiovannara] sorella di Tore
‘e Criscienzo.
Si puo' infangare la storia patria con una
perla
simile? No, ovviamente, meglio che il popolo bue (soprattutto quello
meridionale) non le sappia certe verità.
Magari, sapendole, potrebbe cominciare a votare diversamente.
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Questa
perla
ci è venuta in mente all'autogrill di Teano, dove all'ingresso -
sulla destra - campeggia una gigantografia del famoso incontro.
Facciamo parlare Granzotto, noi potremmo non essere creduti.
"Sui
Mille, su Garibaldi, sullo
scappellamento (mai verificatosi) di Teano gli storici si dilungano,
compiaciuti."[Paolo GRANZOTTO
- Il Giornale, 20.08.2003]
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Il
mito del Sud arretrato
Il Meridione
possedeva una flotta
mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano ed era la quarta del
mondo, ne facevano parte più di 9800 bastimenti per oltre
250mila tonnellate ed un centinaio di queste navi (incluse le militari)
erano a vapore.
Quando si sottolinea l'inadeguatezza del sistema viario
meridionale al momento dell'unità si omette di parlare dei
trasporti marittimi e dei commerci via mare che erano sviluppatissimi.
Nelle
Due Sicilie ci fu l’istituzione del primo sistema pensionistico
in Italia (introdotto nel 1813 con ritenute del 2 % sugli stipendi
degli impiegati statali).
Potremmo continuare con tanti esempi inconfutabili, ma per la
perla del Sud
arretrato - la più dura da sgretolare - vi consigliamo la
lettura di
un ebook gratuito
scritto da un dottore, Giuseppe Ressa (visto che gli storici
accademici non si scaldano per la verità storica - forse poco
redditizia in termini di prebende statali - la storia per ora la
riscrivono i dottori! complimenti a Ressa per la sua lodevole e
documentatissima fatica) che potete liberamente scaricare e stampare -
in
formato
pdf oppure in
formato html qui da noi,
nella versione orginale formato doc-msword dal sito di Briigantino,
Il
Portale del Sud.
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Il
sistema industriale napoletano?
"Sarebbe difficile
fare il totale di tutte le espressioni denigratorie messe in
circolazione in Italia e fuori, e a tutti i livelli della pubblica
informazione, per svilire il ricordo dei Borbone di Napoli. "Il
protezionismo borbonico" è una di queste, e viene solitamente
impiegata per sottintendere che il repentino crollo del sistema
industriale napoletano e, in genere, della manifattura meridionale,
dopo l'unificazione statale piemontese, va addebitato alla precedente
politica"[Nicola
Zitara
- Fora]
Quando si sottolinea l'inadeguatezza del sistema
industriale
meridionale al momento dell'unità gli accademici lo liquidano
come un inconsistente parto della politica protezionistica borbonica.
Su questa
perla
sull'arretratezza del Sud vi consigliamo la
lettura di
uno degli ultimi
interventi di Nicola Zitara su Fora in questo sito.
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Per
trovare le cause di questa perla
- la cosidetta questione meridionale - gli storici accademici si sono
spinti fino all'epoca romana!
Leggetevi
l'intervista che Del Boca -
presidente dell'Ordine Nazionale dei giornalisti e autore di "Maledetti
Savoia" - rilasciò al periodico Due Sicilie nel 2001.
"La
questione
meridionale nasce col risorgimento ed è questione irrisolta,
perché il Nord è sceso al Sud ed ha rubato tutto quello
che era possibile rubare. Siamo nelle condizioni di un signore che ha
una borsa di soldi in mano, che mentre sta per andare ad aprire un suo
negozio, viene aggredito da un rapinatore che lo picchia, lo spoglia,
gli porta via tutto quanto e lo lascia lí mezzo morto. Questa
è la situazione del Nord col Sud. Poi passano gli amici del
rapinatore e vedono questo qui per terra, stracciato, lacero che chiede
aiuto e dicono: "ma terrone di merda, brutto, sporco, buttato per terra
cosí, non hai dignità". E questo qui si è fatto
venire un complesso d’inferiorità, perché, cornuto
e
mazziato, aveva i quattrini per andare a fare una cosa, glieli hanno
portati via e adesso ha vergogna a rivendicare quello che era
legittimamente suo. Questa è la lezione che il meridionale deve
imparare, cioè buttare via le paure, non per una rivincita, ma
per conoscere psicologicamente cosa è successo davvero. " [Lorenzo del Boca
- Due Sicilie, 2001]
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Il declino economico del Mezzogiorno Non esiste declino postunitario in quanto il Sud arriva al momento dell'unità senza un apparato produttivo moderno. Questa perla
comincia a sfaldarsi anche nella storiografia di sinistra e questo ovviamente ci fa grande piacere. Infatti se si esclude Nicola Zitara, la revisione storiografixca è stata appannaggio di studiosi di destra o cattolici.
Queste cose non sono scritte nei libri della storia d'Italia perché la vera
storia d'Italia ancora non è stata scritta; né è necessario essere filoborbonici
per occuparsene; trovo nel prezioso lavoro del prof. Aldo Di Biasio, docente di
storia nell'Università di Napoli e di idee politiche sicuramente non di destra,
La Questione Meridionale in Terra di Lavoro (Napoli, 1976), precisa
conferma a quanto ho appena detto: "Quella che era la più vasta, la più
popolata, la più ricca, la più produttiva provincia del regno delle Due Sicilie,
con la sua agricoltura fiorente e le sue manifatture prestigiose, la prediletta
dimora estiva dei sovrani, l'area più fornita di infrastrutture dell'intero
Meridione, anche per il crollo degli investimenti pubblici e un insostenibile
aggravio del sistema fiscale doveva diventare una delle più depresse e
diseredate aree del nuovo Regno d'Italia, ricca solo di pauperismo e di
disoccupazione": a parlare è il prof. Carlo Zaghi, anch'egli esponente
illustre della sinistra italiana, nella prefazione al citato lavoro di Di
Biasio. [Cfr. Con l'Unità d'Italia iniziò il declino economico del Mezzogiorno di Emilio PISTILLI]
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Questa perla
costituisce uno
dei luoghi comuni più ripetuti, soprattutto da giornalisti e
politici ignoranti ovvero istruiti alla scuola italiana (noi l'abbiamo
sentita infilare in una relazione
di un ispettore scolastico
diretta ad un uditorio di docenti, durante un corso di aggiornamento!).
Riproduciamo la risposta fornita dal giornalista e saggista Gigi di Fiore
ad un lettore che ne chiedeva l’origine:
«La
leggenda del “facite ammuina” è uno dei tanti falsi
sul Regno borbonico, nati negli anni successivi all’unificazione.
Falsi denigratori, poi diventati “verità”, seppure
mai verificata.
Ecco
come nacque una regola totalmente inventata, di cui si dava addirittura
il numero dell’articolo (il 27 del Regolamento della Marina
borbonica).
Un
ufficiale di Marina napoletano, Federico Cafiero (1807-1889), pessimo
elemento da accenti macchiettistici, passato con l’esercito
piemontese subito dopo lo sbarco di Garibaldi, era a bordo della sua
nave con l’equipaggio e dormiva. Arrivò
un’improvvisa ispezione, che trovò il comandante immerso
nei suoi sogni e la nave abbandonata a se stessa. Naturalmente Cafiero
fu punito e, quando tornò sulla sua nave, sentì il
bisogno, per evitare ulteriori dispiaceri, di dettare
all’equipaggio alcune regole di comportamento. Tra queste anche
quella di fare rumore e chiasso in ogni modo possibile per
avvertirlo subito in caso di improvviso arrivo di ispezioni o di
ufficiali superiori. Era il “facite ammuina”, diventato
poi, per denigrazione, “regola della Marina borbonica”.
In
realtà, come scrisse Roberto Selvaggi proprio su Il Mattino del
2 ottobre 1994, la Marina borbonica era la terza d’Europa ed
aveva uno dei regolamenti più moderni di quel periodo. Tanto
che, dopo l’unificazione, anche l’ammiraglio torinese Carlo
Pellion di Persano propose di adottare le norme napoletane per la
Marina italiana.»
(da Il Mattino, 11.04.2005)
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Se avete delle perle o delle precisazioni - con documenti alla mano non
con delle invettive - segnalatecele. Grazie e tornate a trovarci.
Questa pagina ovviamente è in perenne costruzione.