DELLA SCIENZA DEL BEN VIVERE SOCIALE DELLA ECONOMIA DEGLI STATI DI LODOVICO BIANCHINI PARTE STORICA E DI PRELIMINARI DOTTRINE PALERMO DALLA STAMPERIA DI FRANCESCO LAO 1845 |
Non è compito un secolo da che si va trattando più di proposito di una scienza che intende al bene de' popoli ed alla quale si è dato nome di economia, e chi la qualifica pubblica, chi civile, chi politica, chi sociale, chi nazionale o del popolo.
Diversità somma avvi tra le scuole ed i sistemi di essa, vario scopo e non sempre esatto e vero le viene assegnato, non si conviene nei mezzi i quali scangiansi pel fine.
Tutte le sue teoriche e dottrine non sono di universal consentimento, i fatti stessi ed i risultamenti vengono contraddetti ed ora in uno ora in altro senso allegati pel medesimo subbietto.
Non vi è angolo dell'Europa,e finanche in America, ove non si sieno prodotte o diffuse opere che la materia in discorso riguardano; ma ad onta di ciò pur movonsi continue quistioni per sapere se 1' economia sia veramente una scienza, in che essa consista, quale sia il suo scopo e la sua estensione; ed invano si va speculando per conoscere di tali materie nella immensa sempre crescente mole de' libri.
In mezzo adunque alle tante diverse dottrine, agli svariati sistemi ed alle contraddittorie opinioni mi propongo scrivere un' opera nella quale tratto di una scienza che al bene de' popoli positivamente intender deve, additando come sia surta, quali esser debbono la sua natura, i suoi principi, la sua estensione il suo fine, e con quali rami dell'umano sapere si collega. Per venire a capo di tal proponimento mi è necessità premettere quanto concerne la sua parte storica, nella cui esposizione non mi atterrò soltanto a quello che strettamente dalla maggior parte degli autori or s'intende per istoria di ciò che s'addimanda economia politica, ma altresì discorrerò congiuntamente a questa di quanto altro servir debbe allo scopo della scienza di che imprendo a scrivere. Laonde narrerò e discuterò di quanto può meglio concernere il vivere civile de' popoli e che ha contribuito efficacemente al loro progresso ed incivilimento. Narrerò eziandio l'influenza esercitata da fatti e pratiche de' governi e dalla tendenza e successione degli avvenimenti economici de' popoli stessi, l'influenza che vi hanno avuto l'alta politica e le internazionali relazioni quali cause o effetti di tali avvenimenti, come pure l'influenza di quella scienza che politica propriamente si è delta, e di quei rami del sapere che il pubblico diritto e la legislazione riguardano. Dai diversi libri e capitoli ne' quali dividerò siffatta parte del
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mio lavoro mi farò strada all'assunto procurando che il medesimo resti
naturalmente dimostrato da quello che ho narrato. Le verità ed il
risultamento che derivano dai fatti sono meno soggetti a
contraddizione. Quindi esporrò per qual ragione intitolo la scienza di
che scrivo la scienza del ben vivere sociale e dell'economia degli
stati. La scrittura che ora divulgo è propriamente quella che contiene
la divisata parte storica una colla esposizione di preliminari
dottrine. Mi riserbo in seguilo render di ragione pubblica altro lavoro
in cui tratterò più di proposito e con metodico ordine dei principi
della medesima scienza. Per lo che mentre l'una scrittura è
continuazione dell'altra possono amendue anche separatamente sussistere
(1).
A riguardo della indicata parte storica e di preliminar dottrina mi è forza rilevare che coloro i quali scrissero della storia della politica economia la restrinsero alla sola estensione che davano a tale scienza ed ai principi che professavano, quindi non curarono tutt'altro che. credevano fuori di essi. In tal modo siffatta istoria è stata una narrazione o inesatta o parziale.
Non v' ha dubbio che le più rinomate scritture le quali della materia in discorso si sono occupate hanno segregata la narrazione di moltissimi fatti attenenti alla scienza economica dalla storia di altre scienze, il che è stato di non poco giovamento. Ma a mio credere non è possibile in tutto rendere astratta la storia dell'economia politica da quella di altre scienze e rami del sapere de' quali ha fatto parte e con cui ha relazione. E se pur si volesse farne scienza e storia assolutamente segregata non sarebbe mai possibile di non ragionare di quei legami che ha avuto ed ha coi divisati rami e scienze. Delle cennate scritture alcune sono sì aride, che moltissimo lasciano a desiderare. Altre tessono appena la narrazione di alquante opere sul subbietto divulgate,
(1) L'opera che divulgo porta per titolo quello che nel suo
frontispizio Si legge della scienza del ben vivere sociale e
dell'economia degli stati—parte storica e di preliminari dottrine. Il
titolo di quella che mi riserbo divulgare sarà
come se la economia de' popoli o la sua scienza da pochi libri messi a
stampa fosse derivata. Altri rimontando a tempi remotissimi fanno,
quasi direi, risalire la storia dell'economia alla creazione del mondo.
Su di che convengo che di ciò che chiamasi economia si occuparono non
meno i popoli moderni che quelli della più lontana antichità, laonde
ovunque ed in qualsiasi tempo si sono osservati carichi e balzelli in
isvariate forme per sopperire a bisogni e spese comuni, regole per la
popolazione, pei traffichi, per la moneta, per opere pubbliche e per
amministrare quel che al comune delle genti appartiene. Medesimamente
in qualsiasi età si sono intesi clamori per non sottostare al peso
delle tasse o per distribuirlo più equamente, e vi sono state avidità
di moneta e speculazioni per farne acquisti, traffichi più o meno
estesi, e finanche erario pubblico sotto di uno o di altro nome.
Inoltre è pur vero che alcuni sistemi, pregiudizi ed errori degli
antichi sotto forma e nomi diversi si sono riprodotti talora presso de'
moderni. Né son mancali mai governi ed uomini, che a riguardo del
vivere civile de' popoli non abbiano dato opera o almeno preleso di
migliorare la condizione di questi. Ma avvi pertanto una differenza
essenziale che presso degli antichi lo intendere ali' economia de'
popoli era atto non soggetto a molte regole speciali e confuso nella
legislazione generale, nella politica e nella diversa maniera di
governare quasi sempre senza norme determinate; mentre presso dei
moderni ha assunto qualità di teoriche e di principi discussi,
disaminati e diffusi più 0 meno universalmente ed applicati secondo 1
luoghi e le occasioni ed anche con mire d'interesse internazionale.
Intanto non si può alla scienza economica, anche come è stata insino ad
ora trattata da vari autori, assegnare una storica progressione che
possa legare le antiche età fra loro e queste con
principi della scienza del ben vivere sociale e dell'economia
degustati—da far seguito alla sua parte isterica e di preliminari
dottrine.
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quella che medio evo si è della onde giugnere fino al tempo presente.
Farmi indubitato su questo proposito che la scienza in discorso non
avesse avuta una vera continuazione isterica, bensì in ogni popolo di
qualsiasi età e regione si possono vedere vestigi delle sue pratiche.
Del che è agevole comprendere la causa, sul riflesso che gli uomini si
comportano sempre nello stesso modo in alcune cose, donde proviene che
i popoli ed i governi tanto antichi che moderni si somigliano in certi
accidenti, ordinamenti e disordinamenti politici e civili. Guardando la
materia da questo lato qual maraviglia adunque se veggiamo fatti ed
anche sistemi economici de' Tiri, Fenici, Egiziani, Indiani,
Cartaginesi, Persiani, Romani e Greci? Le intere memorie dell'economia
di siffatti popoli non sussistono, e si hanno tulio al più de' fatti
quasi sempre segregati. Della Grecia e di Roma vi hanno fatti meno
incerti, tutto era conseguenza del principio regolatore del governo e
delle tendenze del popolo, donde nella stessa Grecia diversità non poca
tra l'economia di Atene, di Sparta e di Tabe. La norma del vivere
civile de' popoli sta nella stessa loro unione ed è insita alla essenza
di qualsiasi società, tal che può variare sotto certi aspetti, può
somigliarsi in certe cose, ma non mai venir meno. Far la storia di
tutte queste svariale norme dei popoli che furono, oltre che manca la
maggior parte delle memorie, è impresa impossibile, perocché impossibil
cosa è il conoscere e far rilevare come essi intesero ed applicarono il
principio di viver bene o almeno di viver meglio di quello che avevano
vissuto, il quale principio progressivo è stato ed è costante in tutte
le nazioni, come nell'uomo, considerato quale individuo, inerente è la
tendenza di migliorare. Per tracciare adunque una storia meno
imperfetta della scienza di che mi occupo conviene scegliere un' epoca
a noi più prossima, la quale reputo quella del decadimento dell'impero
romano e del cominciamento del medio evo insino al tempo presente.
Ed ho scelto il cominciamento di tale epoca come quella che più
ordinatamente presenta un punto donde rilevar si può una progressiva
non interrotta successione che riguarda la economia ed il ben vivere
de' popoli dopo una delle più grandi decomposizioni, fusioni e
ricomposizioni d'imperi e popoli che si possono ricordare. Forse nei
grandi antichissimi imperi pure succedettero simili straordinari
avvenimenti, forse altre scomposizioni, fusioni e ricomposizioni
eziandio vi furono; ma le memorie non sussistono o in tutto o in gran
parte, sicché col volerle andare indovinando potrebbesi al vero che non
si conosce sosliluire il falso, ed una scienza che troppo ha bisogno d'
appoggiarsi ai falli far vagare nei sogni dell'immaginazione. Non è che
io intendo condannare quanto con estrema solerzia e con incredibili
fatiche siasi raccolto e riferito da onorevoli dottissimi scrittori a
riguardo dell'economia degli antichi, che anzi rcpulo indispensabile
alla occasione farne tesoro; ma solo affermo che per la storia del ben
vivere de' popoli e dell'economia degli slati uopo è, per seguirne
senza interruzione la progressiva narrazione con mire scientifiche,
cominciare da epoca meno incerta: perocché i non molti falli dislaccati
che si vanno narrando e che si sono raccolti dell'economia degli
antichi avendo d'ordinario poco nesso tra loro, né mostrando l'insieme
dell'economia di que' popoli e la vera sua successione slorica, possono
indurre in fallaci conghietlure e conseguenze. Tanto più che in quei
popoli de' quali si hanno alquante memorie lasciano queste delle lacune
non solo di molti anni ma di secoli ancora, le quali non è possibile
fare scomparire o riempire. Considerate anche le memorie di Roma e di
Atene che si estimano le meno incomplete son desse relative a queste
sole nazioni, mentre non dirò del resto dell'Europa, ma dell'umanità
relativamente all'economia di quei tempi ben poco o quasi niente si
conosce onde far si possono rarissime fondate conghietture.
Prezzando adunque sino a certo punto la raccolta di fatti economici de' popoli antichi me ne valerò talora
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con la debita circospezione tracciando la storia in parola
dal medio evo a questa parte allorché dovrò trattare de' vari sistemi o
per far de' paragoni o quando 1' utilità del lavoro espressamente il
richiederà. Dato a siffatta storia coininciamento da era meno incerta
per condurre il filo della narrazione sino al 1842, mi è sembralo
necessario fissare quel che essa positivamente debbe abbracciare
allineile di determinati obbielli si intrattenesse e non vagasse in
materie diverse. Ma anche su questo essenziale e fondamental
particolare non veggo che gli autori di cose storiche della politica
economia avessero idee chiare e precise, anzi con dispiacere devo dirlo
parmi ne abbiano delle confuse. Say affermò ali' uopo che la storia di
una scienza altro non può essere che la esposizione dei tentativi più o
meno felici che si son fatti in diverse riprese e in molti luoghi
differenti per raccogliere e stabilire solidamente le verità di cui si
compone. Ma colla esposizione de' semplici tentativi può mai venirsi a
capo di sapere l'origine, 1' andamento, il progresso di qualsiasi
scienza, segnatamente di ciò che si è detto economia, e può giugnersi
mai a stabilire solide verità? Say crede inutile raccogliere e
disotterrare le opinioni assurde, le dottrine screditale, i sogni de'
nostri predecessori e la sequela de'falsi passi che han ritardalo la
carriera dell'uomo in ricercare la verità; e poggiandosi sopra un
sentimento di d'Alembert sostiene che la storia d'una scienza diviene
più corta a misura che la scienza stessa si perfeziona. In tal modo
parmi che si denaturi la storia e la si ponga in balia di chi la scrive
non solo per lacere ma per giudicare a suo talento di moltissimi fatti
e non rilevare ciò che gli pare in controsenso delle sue opinioni. Lo
storico quindi non sarebbe fedele coscienzioso espositore di quel che è
avvenuto, ma sibbcne un arbitro che giudicando in maniera assoluta
condannerebbe all'obblio quello che non è di suo gradimento privando
l'universale di fare quelle riflessioni e trarre quelle induzioni che
la raccolta de' fatti sempre somministra.
Né la storia di una scienza s'accorcia e si allunga a seconda della
volontà di chi la scrive, ma è sempre la stessa di sua natura
immutabile, che tiene al corso ed alla successione degli avvenimenti.
Disse il Blanqui (1) che la storia dell'economia politica non altro
potrà essere che il reassunto delI' esperienza che hau fatto i popoli
civilizzali per migliorare la sorte dell'umanilà. Ma quesla
proposizione, che d'altronde contiene una utile massima, non è in tulio
applicabile al nostro assunto, altrimenli si mulerebbc la conseguenza
col principio e coi mezzi; non dobbiamo perdere di vista che la storia,
qualunque sia il fine che se ne propone lo scrillore, qualunque sia
l'obbielto di cui si occupa, e sieno in uno o in allro modo i suoi
giudizi e le sue riflessioni, sempre contener debbe la narrazione degli
avvenimenti e non già presentarne il semplice risultato come calcolo
astratto o dogmatico. Alquanto tempoprima che Blanqui dctlasse la
cennala proposizione nel divulgarsi da me la storia della civile
economia del reame di Napoli sotto nome di Storia delle finanze, nel
far rilevare un vuoto che offrono le storie di tulli i popoli, dissi,
Che non saprei vedere quale utilità trarre si potesse dalla storia
quando lasciar si dovessero ne//' obblio le vicende eh' ebbero i
tistemi di politica, di amministrazione e di legislazione, l'uso che
fecero i popoli della ricchezza, guai $i fosse l'entrata pubblica, come
l'avesse il Sovrano distribuita a spese a vantaggio o a danno
dell'universale, quali fatti vi avessero dato cagione perché i popoli
vissero industriosi o poveri, e da ultimo come l'amministrazione
pubblica avesse ingenerato cangiamenti politici. Le quali cose
costituiscono la vera vita civile delle nazioni e possono somministrare
esempi alle future generazioni per seguire il bene o per fuggire il
male. E fedele a queslo mio principio lanlo in quel lavoro che nelP
allro che non guari dopo diedi in luce, la Storia economico civile di
Sicilia, mi studiai di presentare in allo l'economia politica delle
indicale regioni.
(1) Storia dell'economia politica.
IX
Ora in proposito conviene osservare che il divisato principio da me
esposto è soltanto relativo a far comprendere nella storia de' popoli
la parte più importante degli avvenimenti che li riguarda, ma non
costituisce al certo la vera essenza della storia della scienza non
dirò della politica economia, ma di quella assai più vasta di cui
scrivo; e ad onta che questa ha uopo di servirsi di molti de' medesimi
elementi, pure si debbono riunire in essa non solo la narrazione degli
avvenimenti diversi, ma tutt'altro da cui son derivati l'origine ed il
cammino delle sue dottrine e teoriche e come si fossero statuite o
fossero tuttavia soggette a discussione. Nel che entra segnatamente la
disamina delle scritture pubblicate. in fatti di economia politica che
ne trattarono di proposito o che vi hanno avuto necessaria relazione.
Ed è ciò tanto vero che quegli autori i quali si occuparono a scrivere
di cose storiche dell'economia stimarono opportuno discorrere di molti
libri che sulla materia versavano. Ma intrattenendosi siffatti autori
di avvenimenti economici de' popoli e di libri che avean trattato della
scienza dell'economia narrarono tutto quello che era mestieri per lo
scopo che essi medesimi aveansi proposto? Si leggano le loro scritture
che pomposamente s'intitolano Storia dell'economia politica e si vedrà
che le più distese sono quelle dove pochi fatti si cennano
dell'economia degli antichi; poi qualche cosa notano del medio evo;
appena certi punii toccano del disfacimento dell'impero romano,
dell'ordinamento de' comuni, delle repubbliche italiane e delle città
anseatiche; indi citano le scoperte del Capo di Buona Speranza e di
America e l'epoca di Carlo v imperadore di Germania; poche parole pur
dicono riguardo al commercio d'Inghilterra, ai sistemi di Sully e di
Golberl, agli accidenti del banco di Law; in seguito si salta a Quesnay
ed al ministero di Turgot per asserire che la scienza camminava a gran
passi; da ultimo si giugne ad Adamo Smith dicendo
(1)Il Blanqul nella citata sua storia dell'economia politica assegna
per base del cangiamento dell'intera faccia
che la scienza da costui fu stabilita e venne perfezionala da Say e da Ricardo. Corredasi questo quadro sfiorando alcuni altri autori ed altri appena indicandone, e si conchiude che ormai nulla o ben poco resta a fare. Ma è questo il cammino che ha seguito l'economia de' popoli? È questa la traccia non dirò della scienza di cui imprendo a scrivere ma di quella economia secondo quegli stessi limiti assegnatile da coloro che han preteso dettarne la storia? Per a Ili Tinaie che questa sia la traccia converrebbe cancellare e dannare alla dimenticanza i tanti altri svariati avvenimenti che al benessere ed alla vita civile de' popoli hanno contribuilo (1).
Come è mai possibile nella storia in discorso citare effetti e risultati senza far conoscere le cause, non rilevare nel debito modo le condizioni de' popoli e de' governi in ogni eia, le tendenze diverse che nei secoli si sono sviluppate e succedute? Come è mai possibile trascurare i più memorabili falli dell'economia del medio evo, degli stati italiani, de' portoghesi, degli olandesi, degli alemanni e di altri popoli? La storia dell'economia non è soltanto la storia degli avvenimenti occorsi in Francia o in Inghilterra come alcuni han fallo: lo attignerla quasi esclusivamente da queste fonti è lo stesso che presentarla da uno o da due versi ma non da tutti. Un fatto anche di un picciol popolo, l'opinione di un semplice autore possono talora secondo le occasioni avere per l'umanità e per le scienze interesse maggiore di alcuni avvenimenti di grandi popoli. Imperla quindi non trascurare lutto ciò che aver può siffatto interesse, da qualunque nazione o scrittore proviene. Inoltre i medesimi autori che finora hanno scritto storie dell'economia nulla fecero osservare relativamente ali' argomento quale influenza sia stata esercitata nell'andamento sociale dalla politica, dalla legislazione, dal dritto pubblico e dalle internazionali relazioni. E neppure cennarono di quella influenza
di Europa solo tre cose, scoperta della polvere da cannone. Invenzione
della stampa, scoperta dell'America!!
X
che la storia generale ebbe sulla scienza economica, e viceversa di
questa su di quella, e come l'alta politica e le internazionali
relazioni fossero ora causa di mutamenti economici ed ora ne
divenissero effetto e come e quale impronta ogni secolo presentasse.
Come altresì non rimarcarono che i vari scrittori di materie economiche
furon talvolta un effetto e tale altra una cagione di rivolgimenti che
nell'economia e nella politica in ogni secolo si sono succeduti.
Sin qui cennai nel generale de' difetti di quelle scritture che van qualificate per istorie dell'economia per la parte che risguarda la narrazione degli avvenimenti di popoli e di governi. Passando ora a considerarle per la esposizione che fanno di libri divulgati riguardo alla scienza economica mi è forza osservare, che eziandio incompiuta ne è la narrazione, perocché oltre di obbliarne immenso numero, o di trattarne il più delle volte con estrema leggerezza, son quasi sempre guidati dalla idea di far risaltare la propria nazione (1). Quindi non resero la narrazione d'interesse veramente universale. Ma come sorgessero quegli autori de' quali imprendevano a ragionare, perché costoro si movessero a scrivere di cose economiche allorquando tali materie o erano nuove del tutto o stavano confuse in altri rami del sapere, e come fossero ora effetto ora causa di rilevanti avvenimenti nel vivere dei popoli, invano si cerca in tali opere. Intanto non bene considerandosi questi accidenti parmi inutile in gran parte ogni lavoro sul proposito, sicché la pretesa storia della scienza si convciiirebbe in un'annotazione più o meno estesa di scritture che dell'economia si occuparono. Inoltre gli autori delle divisate storie limitando, come ho già detto, la scienza ai principi che professavano, ordinariamente non di quella essenza ed estensione che hanno o dovrebbero avere, e considerando la scienza medesima nella sola parte della astrazione,
(1)In proposito II De Vlllanueve Bargemont nella sua storia dell'economia politica ba preteso riunire sotto le rubriche de' diversi sovrani che han governato la Francia
son caduti nell'errore di notare quasi esclusivamente quelle opere che di astratta dottrina avean trattato, sicché un semplice gretto opuscolo è stato da essi talvolta magnificato oltre ogni credere, mentre all'opposto trasandarono opere di molta Iena che fatti e riflessioni economiche riguardavano; come se in tali opere, dalle quali è agevole estrarre principi, nulla si fosse praticato per la economia. Spesso hanno omesso parlare di non pochi libri restando ingannati da diverso titolo che portano, come se il titolo e-non già le materie facessero stato. È ben singolare poi che mentre ritennero quella inesatta divisione già adottala dell'industria, parte principale dell'economia, in agraria, manifatturiera e commerciale, non dissero niente degli scrittori di agrarie materie e di pastorizia che non la parte tecnica e di pratica dell'agricoltura trattata aveano; sibbene argomenti che si legavano sul subbietto all'economico andamento delle nazioni. Quasi lo stesso obblio avvenne per molti versi degli scrittori che più specialmente aveano rivolto le loro cure alle manifatture. Come altresì ad onta che si fossero intrattenuti sul commercio e la navigazione trascurarono moltissimi libri divulgati a tal riguardo, né ponderarono la influenza degli studi geografici sull'economia. Di vantaggio trascurarono per moltissimi Iati ciò che si è detto statistica, la quale comunque si considera è sempre parte o almeno ausiliaria delle scienze economiche. Quindi non dissero né dell'origine della medesima, né dei suoi effetti, ed appena qualche scrittore che ne avea trattato citarono quasi per caso. Ma discendendo più particolarmente alla annotazione degli scrittori economici da essi fatta vuoisi osservare che de' tedeschi obbliarono quasi lutti quelli che furono nei secoli XVI, XVII e XVIII, appena ccnnando, e non sempre con esattezza, certe opere di autori del secolo attuale^ se di altri dissero poche parole o indicarono il titolo delle loro opere ciò è pure alla sfuggita. Rarissimi nomi fecero presenti degli spagnuoli;
tutti gli avvenimenti economici e I vari scrittori di qualsiasi nazione, come se la Francia fosse reame universale e da essa solo provenisse l'Impulso materiale e scientifico.
XI
di altre nazioni non avvi quasi un sol motto. Degli inglesi appena
cominciarono da Hume e da Smith, altri scrittori prima d costoro o li
trasandano o pochissimi ne menzionano per intramezzo. Dopo di Smith
ragionato che hanno di Malthus e di Ricardo non tengono degli altri
quasi niuna considerazione. Degli stessi francesi dimenticarono gran
quantità in ogni secolo. Gl'italiani incontrarono maggiore traversia; e
tra l'altro si cercò di toglier loro il merito dell'invenzione, si
parlò quasi in forma dogmatica de' principali scrittori che avean
trattato della materia sfigurandosene le idee; di molti nomi e tra
questi avvenne degli illustri de' secoli XV, XVI, XVII, XVIII e XIX,
non si tenne alcun conto. Nel far poi la esposizione di alcuni de'
divisati scrittori italiani non si rimarcò sovente quel che avessero
operalo di grande, di nuovo, di positivo, negandosi loro finanche
quello che umanamente non potevasi contrastare, la qualità cioè di
essere originali, di aver meglio fermata o ridotta a scienza
l'economia, di avere sommamente contribuito al suo progresso. Da questa
prima trascuratezza si è passalo a sostenere, che la gloria
dell'invenzione in materia d'economia non da altri popoli poteva essere
disputata che da' francesi e dagli inglesi. Siami intanto permesso di
fermarmi alquanto su questo particolare. Premetto che non intendo
suscitar gare nazionali in materie scientifiche, perocché conosco pur
troppo essere la scienza d'interesse universale; ma non posso astenermi
di far rilevare che quando scrivcsi la storia «li una scienza non
debbonsi trasandare i falli principali e dar vanto ad alcuni per
toglierlo ad altri. I divisati autori di pretese storie dell'economia o
non dovevano incaricarsi di nazionalità, o quando se n'erano incaricali
non potevano menomare quel merito che ad una nazione si appartiene.
Anche quando avessero trattato di siffatta storia nel solo interesse
scientifico universale non era possibile torre merito ad un autore, e
fosse stato di qualsiasi nazione, per attribuirlo ad altro. Comunque si
guardi la quistione prova sempre le irregolarità avvenute.
Che che sia di ciò la gloria dell'Italia in ogni ramo del sapere è sì costituita, che il dimenticare o il travisare alcuni suoi scrittori nulla le toglie, perocché ciò che resta è sempre grande. Uopo è dunque con indulgenza ed anche con sorriso mirare queste meschine dimenticanze, le quali per altro non debbono reputarsi accadere per far onta al metilo degli italiani, ma piuttosto sono sovente causate dal non conoscersi in altri paesi ciò che si produce in Italia; il che è tanto vero che veggiamo molle volte con estremo disinteresse rilevalo dagli stranieri il merito di certe scritture italiane quando arrivano alla loro conoscenza. Uopo è dirlo con franchezza, gì' italiani amano di vivere più di memorie de' loro antichi avi che di fatti de' tempi presenti o a noi più prossimi; sentono il bisogno di non essere defraudali di quella gloria che loro appartiene, ma medesimamente si dimenticano e diffidano di se stessi. Quindi è singolare che l'opinione scientifica e letteraria degli italiani debba per cosi dire essere importala in Italia dagli stranieri, ben poco facendo i nazionali medesimi per esportarla fuori della loro patria. In tal condizione gli scrittori italiani per avere una qualche riputazione si appoggiano agli stranieri, donde sovente avviene come negli affari di alla politica, che colui il quale invoca estraneo aiuto o svela la propria debolezza o finisce coll'essere assoggettato. In Italia si legge oltre del dovere e si magnifica quanto proviene dallo straniero, mentre obbliasi o ignorasi quel che in essa si produce. Uno scrittore italiano quasi sempre corre quindi due cimenti l'invidia le gare ed il disprezzo municipale, la dimenticanza degli stranieri. Osserviamo sovente lodali a ciclo dagli italiani le opere degli stranieri, mentre non poche volte sono inferiori a quelle che sul medesimo oggetto e contemporaneamente si producono in Italia. Ci dimentichiamo noi stessi, non è maraviglia quindi se gli stranieri ci dimenticano; per non dare la debita lode ai nostri concittadini esaltansi gli stranieri spesso senza ragione o smodatamente; quindi se ne riporla il debito guiderdone, l'obblio o sterile compatimento, peggiore dell'obblio e del disprezzo.
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Né queste cose dico per mire di mio privato interesse, perocché è un fatto notissimo e che ascrivo a buona ventura, essere state tutte le mie scritture accolte e commendale non solo in Italia ma nel resto dell'Europa con quella distinzione che io stesso era lungi di aspettarmi; scrivo adunque ridi' interesse della scienza, e mi è forza esortare gl'italiani a meglio rilevare se stessi nelle materie economiche onde non sia defraudata o menomala, ed apparisca più bella e splendida quella gloria che a tal riguardo li rende o primi o non ad altra nazione secondi, come primi e non ad altri secondi sono in diversi rami del sapere. Mi propongo quindi nella parie istorica di questo mio lavoro far ponderare il meglio che posso ciò che ali' Italia si appartiene in materia di scienze economiche (1), senza trascurare per niente quel che fecero le altre nazioni; perocché intendo assolutamente evitar di cadere nel difetto che in altri censuro, di scrivere cioè con ispirito parziale o leggermente. Che se da soverchio amor della nostra Italia volessi farmi trasportare, o trasanderei molle cose straniere o pure cennerei senz'altro aggiugnere soltanto quel che dissero gli scrittori storici di politica economia a riguardo della propria nazione. Ma io all'opposto coscienziosamente narrerò di mollissimi fatti ed autori che costoro trascurarono, e farò osservare nelle opportune occasioni quella porzione di gloria che a ciascun popolo, a ciascun autore è relativa e che talora non è stata rilevata dagli stessi loro scrittori nazionali.
Intanto nella parte storica del mio libro non mi atterrò solamente a far la esposizione delle opinioni divulgate da' vari scrittori economici, ma sopperendo nel miglior modo che mi sarà possibile a quei difetti che di sopra ho notato nelle opere storiche della subbietta materia, esporrò fra l'altro gli avvenimenti di popoli e governi sui quali la nostra scienza si è fondala e le relazioni che ha avuto coi diversi rami del sapere.
(1)Non devo omettere di ricordare che Giuseppe Pecchio divulgò una storia dell'economia pubblica in Italia, ma questo libro. che ha pure non pochi pregi, non altro contiene che un cenno di diversi scrittori economici Italiani compresi
In somma procurerò congiugnere quanto tiene alla parte materiale della scienza di che scrivo colla intellettuale per quello che vi ha nesso direttamente ed indirettamente. Mi studierò indicare come la scienza debba essere posta nel suo vero aspetto e luogo elevandosi ed alte considerazioni di politica, di governo, di amministrazione, di dritto pubblico internazionale; il che coll'applicazione della storia andrò facendo. Conterrà la mia opera ciò che direttamente ed indirettamente ha contribuito a far nascere una scienza che intende al ben vivere de' popoli. E nelle investigazioni istoriche vedrassi compresa quella parie che ha rapporto colla narrazione del benessere ed incivilimento europeo, e come e per quali cause si fosse ora accelerato ed ora ritardato. Mi guarderò su questo particolare di cadere nella fallacia di scorgere in ogni cosa progresso, bensì mi propongo di osservare come accanto al progresso sono surti talvolta errori ed inconvenienti, sicché mentre in certe occasioni vi è stato ed avvi miglioramento, in altre rinviensi degradamelo o peggioramento. Una delle mie precipue cure sarà quella di rimarcare gli avvenimenti in ogni secolo riguardanti lo scopo che mi prefiggo, e di collegarli successivamente sino al tempo presente onde le cause ed i risultali si rendano più manifesti. Trattando di ogni epoca dirò quel che vi fu di generale e di particolare riguardo al nostro proposito, quindi disaminerò popolo, governi, leggi, sistemi, opinioni, tendenze, andamento,ricordando che ogni epoca, ogni secolo hanno impronta e qualità proprie, che sotlo certi aspetti li fanno differire dai precedenti, in modo che secondo queste diverse impronte e qualità la scienza ha preso il carattere del tempo e ne è divenuta l'espressione. S'imparerà dalla storia della scienza di cui scrivo che questa ha dei principi certi, ma che ha pure di molte incertezze, che non sarà mai dato all'uomo di correggere,perocché derivano dalla naturale variabilità dell'umano volere,
nella raccolta del Custodi ai quali appena l'autore aggiunse Gioja e
sbadatamente Rossi, Boselllni, Valeriani e Fabroni. (Veggasl quello che
ne dico a pag 370 di questa opera)
XIII
dalle passioni, dall'andamento e dalla forza del secolo. Non è già che
assumessi scrivere in tulio di una scienza nuova, ma si bene dare per
molli versi migliore ordinamento ad una scienza che non ancora è bene
determinala, statuendole principi più solidi, scopo più giusto,
estensione più vasta e fondamenta più acconce. Quindi la storia che di
essa scrivo è lo sceveramento che procurerò di fare dalla storia
generale di tutto quello che la risguarda. Considereró il passalo ed il
presente, e però dopo avere esposto quanto concerne il ben vivere e la
economia de' popoli secondo il grande disegno che mi son prefisso dal
cominciar dal medio evo in poi e nei secoli successivi, passerò a
trattare eziandio del secolo attuale. Siam quasi per toccarne la mela
ed è quindi mestieri giudicarne. Laonde narrerò i suoi principali
avvenimenti economici, narrerò pure quelli che la politica concernono,
il pubblico diritto e le internazionali relazioni, nei quali gli
economici o son parte principale o accessori o conseguenze. Il più
potente cangiamento negli interessi, nelle istituzioni e nelle opinioni
è operato oggidì dalla industria, sicché eziandio tutte le gravi
quistioni internazionali e la stessa politica e la legislazione degli
stati sono subordinati all'economia. Il fine è sempre il ben vivere de'
popoli. Estesi adunque e importantissimi sono su tal proposito gli
avvenimenti del secolo che volge, eppure la maggior parte degli
scrittori di cose economiche in confronto di sì grande mutamento
restano limitati, ristretti e non sembrano raggiugnerlo. Si direbbe che
non molto l'avessero osservato. Richiede il nostro secolo esser meglio
disaminato, domanda una scienza assai più estesa e complessiva di ciò
che si è detto economia politica, perocché quello che nell'interesse
della scienza di cui scrivo fu l'economia nei secoli XV e XVI, noi fu
nel secolo XVII, ed indi nel XVIII. E quello che in quest'ultimo la
risguardò è in molte cose diverso da quello che or debbesi esigere. Il
fallo è ormai non poco in contraddizione della maggior parte degli
scrittori. Vi ha delle verità di tutti i secoli, di tutte le nazioni;
ma nelle scienze sociali queste verità si vanno riunendo e si rendono più palesi a seconda de' falli e delle condizioni della società. Forza è che gli autori economici di questo secolo si mettano al livello di esso, e che dai grandi suoi rivolgimenti e dallo studio del passato traggano più adequati principi e conseguenze pel ben vivere de' popoli e per la economia degli stati. In tal maniera potranno meglio vedersi i veri elementi della nostra scienza, così diminuiranno gli errori, le fallacie, le utopie. Scrittore io stesso e non di recente data di cose economiche; scrittore io stesso della storia della civile economia di Napoli e Sicilia, che comprendono le più importanti regioni d'Italia e che han fallo parie di grandi e memorabili avvenimenti, essendo inoltre da più anni al fatto del governo e dell'amministrazione pegl'importanti e diversi offici che mi sono stati affidali prima in Napoli, mia terra natale, e poi in Sicilia, né essendo rimasto indifferente su quanto avveniva nei vari stati d'Europa, ma invece avendo meditato e studialo i grandi mutamenti ovunque sono accaduti a' nostri tempi, come il lettore vedrà nel corso di questo mio lavoro, mi son fallo strada per compiere quel proponimento che in parie io stesso avea mandato ad effetto di congiugnere cioè la storia all'economia. Ho riunito quindi materie svariale e disordinale dando loro nesso per via della storia. Non tutto è nuovo in questa mia opera;. vi si osserveranno, come era naturale ed indispensabile, cose da altri delle; ma talora i principi le conseguenze ed il fine che ne ritraggo, son ben diversi. Non iscrivo per essere censore senza ragione di ciò che da altri si è divulgalo nella subbietta materia, ma per concorrere con essi ad effettuare quel che resta a fare. Stimo adunque che moltissime opere rese di ragion pubblica in fallo di economia sono state più o meno utili sotto certi aspetti per contribuire al miglioramento dei popoli ed al progresso della scienza. Indicherò pertanto non solo tutti gli scrittori, i quali con incredibile fatica mi è riuscito conoscere, che di materie economiche trattarono di proposito sotto vari generali o speciali aspetti,
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ma eziandio quelli che per altro verso ne ragionarono e contribuirono
alla diffusione della scienza. Molti autori che sono stati insino ad
ora obbliati si vedranno figurare nel mio lavoro. Nel narrare dei
diversi autori discorrerò con più particolarità di quelli che veramente
furono originali, o che svilupparono meglio e fecero progredire la
scienza, o ai quali questa è debitrice di cose nuove ed importami; farò
la loro biografia esponendo altresì e riassumendo le loro opere onde se
ne vegga l'essenza ed il merito. E quantunque essendo storico dovessi
evitare la polemica, pure procurerò dare giudizi, far paragoni e
riflessioni e rilevare tutte quelle cose rimarchevoli che sono
conducenti ad istabilire esatti principi e sane teoriche. Dirò eziandio
di quegli autori che coltivarono e diffusero la scienza senza essere
inventori di principi e dottrine. Né tacerò di altri che credo di minor
rilievo, non amando che restasse ignoto niente di quello che si è fatto
per la nostra scienza, perocché, ove io non avessi saputo vedere quel
che doveasi in alcune di siffatte scritture, altri il potranno fare.
Procurerò cennare con precisione la data ed il titolo delle opere di tutti per non defraudare a chicchessia il merito dell'anteriorità. Forse potrà rimproverarmisi di essere in tal modo abbastanza diffuso, ma certamente sconvenevole parmi il metodo tenuto da coloro che mi hanno preceduto in lavori di tal natura, di avere giudicato con brevissime parole quasi in forma di epigramma,e sovente con estrema inesattezza ed irregolarità di autori di sommo merito, trascurando di notare la maggior parte di quello che alla storia della scienza importava di sapere. In quei libri che più si stimano accurati e che han preteso trattare la storia della politica economia, il più lungo novero, la più lunga bibliografia di scrittori economici di poco oltrepassa i cento,
(1)Avverto espressamente che nell'Indicato numero non entrano le
citazioni di semplici nomi che ho fatte di cultori dell'economia. Come
altresì non vi si comprendono
mentre io all'opposto ne novero ben novecentonovantacinque, e quanta pena e fatica mi sia costato il venirne a capo son persuaso che il lettore valuterà. Di essi dugentottantuno appartengono all'Italia, dugentosettantacinque alla Francia, centocinquanta all'Inghilterra, centonovantaquattro alla Germania, quarantatrè alla Spagna, otto al Portogallo, dodici alla Svizzera, dieci all'Olanda ed al Belgio, quattro alla Svezia ed alla Norvegia, uno alla Danimarca, uno alla Polonia, sette alla Russia, sette all'America (1). Come io abbia distribuito ed ordinato un lavoro si svariato e di tanta estensione si può conoscere in succinto dai ragionati sommari che premetto a ciascun capitolo di questa opera e che coll'indice trovansi riuniti in fine di essa. Una storia qualunque essa sia più che ogni altra scrittura subilo che è uscita delle mani del suo autore diventa patrimonio comune. Non può quindi l'autore nudi ire altro amor proprio che quello di aver saputo investigare, riunire, esporre i fatti, corredarli di riflessioni e giudizi. Presento il mio lavoro per questo verso il meno imperfetto che mi è riuscito; ma ove anche io fossi caduto in omissioni ed errori di fatti o avessi trascurato di notare alcuni altri autori di cose economiche, desidero sinceramente esserne avvertito onde dar luogo ad emenda, perocché il mio principale scopo è quello di fare un'opera coscenziosa.
Ordinata in tal modo la parte isterica e di preliminar dottrina, che presenta tra l'altro in un grandissimo quadro quanto si è scritto e fallo riguardo alle scienze economiche dal medio evo sino al 1812, passerò all'esposizione dei principi della scienza di cui scrivo; e come diverso non poco è il mio scopo da quello degli scrittori che mi han preceduto, più vasta l'estensione, più complessiva la materia, altre le fondamenta, cosi diversa sarà la divisione ed il metodo. Certamente dopo aver narralo di quanto è avvenuto in proposito della medesima per opera dei governi, dei popoli, degli scrittori e dei rivolgimenti
le tante opere delle quali ragiono di politica, di legislazione, di
dritto pubblico ed Internazionale e di altre materie.
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che l'hanno portata alla condizione nella quale trovasi, parmi più
agevole disaminare se in mezzo ai tanti svariati interessi, opinioni e
tendenze quella scienza che si è delta economia politica corrisponde al
fatto ed al debito insegnamento, o per dir meglio se comprende tulle
quelle dottrine e regole che sarebbero d' uopo. Mostrerò quindi la sua
incertezza e fallacia non solo pel suo titolo, definizioni, linguaggio,
dottrine, scuole e sistemi, ma additerò medesimamente la necessità di
torre da essa quel che avvi di fallacia sostituendovi quel che è vero,
o più consentaneo al vero ed astraendola da enti immaginar! e da quello
che è impossibile a realizzarsi. E meglio particolareggiando mi fermerò
a far rilevare l'errore di considerar la economia dal solo lato della
ricchezza e della maggiore soddisfazione dei bisogni e di qualificarla
come ente estraneo al governo.
I molti scrittori ragionando della ricchezza materialmente o moralmente per la sua produzione, distribuzione e consumazione restringendo tutto sotto queste categorie non altro fecero, a mio credere, che una specie di ridevo! biografia di essa, cioè la sua nascita, le sue azioni, la sua morte. Or dovendo per alcuni lati essere l'economia ramo di scienza governativa, perocché al miglioramento e ben vivere della società debbo intendere, non può raggiugnersi questo scopo senza che non vi contribuiscano certi principi politici, amministrativi, governativi ed internazionali. Né può esser mai astratta spettatrice di quanto operano materialmente i popoli. Avviserò medesimamente sull'errore di coloro che restrinsero lo scopo della scienza nelle cure per un solo obbietto da cui fan derivare la pubblica proprietà; e di quelli che le danno estensione si grande da comprendere morale, politica, legislazione, diritto pubblico. Additerò eziandio che se l'economia non dcbbesi in tutto confondere con tali materie, è pure ad essa legata sino a certi limiti, sicché il loro studio non può disunirsi.
(1)Dalla parte storica del mio lavoro si rileva tra l'altro che la scienza dell'economia politica provenne In parte dallo studio più disteso della politica
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In proposito riassumerò da quanto avrò esposto nella parte storica del
mio lavoro in ordine ali' influenza della politica, come questa dava
luogo ad altra scienza di governo o in questa per taluni versi
cominciava a fondersi, in {specialità per la parte del miglior vivere
de' popoli e per molle cose delle internazionali relazioni, sicché
quelle che un tempo erano strette regole di politica o venivano ad
estendersi o ad essere dipendenti ed a confondersi nell'economia (1).
Osserverò ancora essere impossibile oggidì che politica, diritto
pubblico ed internazionale, legislazione ed economia politica non si
accordassero per alquanti principi e teoriche e non avessero un certo
nesso tra loro. Ragionerò poi di quella legislazione che propriamente
risguarda cose economiche, dirò quale sia il suo stato attuale e come
toccando interessi universali, qualunque sia il paese in cui sussiste,
sia d'uopo che avesse esatte norme e principi scientifici e fosse
intimamente legata colla politica, colle leggi civili, coll'alta
amministrazione, col pubblico diritto tanto per l'interno di uno stato
che per le esterne relazioni. In {specialità per quanto concerne i
rapporti internazionali è di necessità che la scienza molto se ne
occupasse, perocché eziandio nelle quistioni per la politica esistenza
degli stati gli interessi materiali dell'industria, del commercio e di
altre economiche materie o ne formano principale parte o ne sono
dipendenze e conseguenze. Non sussistendo ormai l'idea di politica, di
pubblico ed internazionale diritto come un tempo s'intesero, né ciò che
dicesi economia politica avendo il vero scopo e la debita estensione e
le opportune fondamenta, farò vedere la necessità di una scienza che
nell'interesse de' popoli e de' governi dettasse principi per la
conservazione, pel miglioramento e pel benessere sociale, la quale
facesse ad un tempo migliorare la economica legislazione e fosse anche
in rapporto, ed eziandio, direi, chiamasse a se quello che lo può
servire della politica, del dritto pubblico
o della legislazione rivolto primamente all'interno reggimento degli
stati e poi per varie cose alle esterne relazioni di essi.
ed internazionale e delle stesse leggi civili. In somma rifletto che sia spediente unire all'economia meglio intesa non pochi principi di siffatti rami del sapere; e da tale unione, e siami anche permesso dirlo, da tal fusione far sorgere una scienza che positivamente al bene de' popoli intende. E come il principio regolatore e che fa dipendere da se la economia, il dritto di qualsisia natura, le leggi, gl'interessi materiali e morali, non altro è che l'interesse universale che tutti gli uomini hanno di più comodo e miglior vivere, cosi la scienza che debbe per ogni lato risguardarlo o esser può l'economia,dandole però scopo,estensione e base come ho indicato, o ciò che torna quasi lo stesso una scienza pressoché nuova che si formasse pel divisato fine di quanto avvi di vero nei cennati rami del sapere. Questo fine in brevi parole esser debbe il ben vivere sociale, al che lutto è subordinalo. Ma siffatto vivere è pur connesso a quanto si è detto economia degli stati, vale a dire a quella branca di governo e di amministrazione che a preferenza delle altre è chiamata a provvedervi. Per le quali ragioni cenno che siffatta scienza dovrebbe intitolarsi la scienza del ben vivere sociale e della economia degli stati, indicando quali siano il suo scopo, la sua estensione, le sue basi e le sue grandi divisioni.
Palermo, 11 agosto 1844.
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