E'molto scomodo rileggersi la storia prendendo in considerazione
le nuove acquisizioni, si vedono vacillare degli schemi mentali cristallizzati
che spesso risalgono ai ricordi scolastici.
Quando poi si tocca la storia d'Italia... apriti cielo!
E'molto rassicurante rifugiarsi nella oleografia risorgimentale, ti
dà il senso dell'orgoglio nazionale e vivi tranquillo con le
tue certezze.
Ma lo sono veramente?
Può una mente intellettualmente onesta chiudersi a riccio e rifiutare
di rimettere in discussione tutto? Certamente no!
Grandi sono i turbamenti interiori quando vedi andare a pezzi le tue pseudoverità
, scopri ( leggendo i carteggi) che Cavour concepiva lunità
d'Italia non come ideale ma come servizio al suo padrone, che peraltro
odiava e dal quale era ricambiato alla pari, Garibaldi compare nella nuova
veste di personaggio ingenuo, manipolato dal cosidetto re galantuomo, anche
l«eroe dei due mondi» odiava Cavour e ne era ricambiato
in egual misura, non parliamo poi dei rapporti di entrambi con Mazzini.
Lidea dei «padri della patria» che insieme hanno costruito
l'Italia è quindi una astrazione della fantasia, quando ci
si rende conto di ciò ci si sente un po'orfani ma con la mente
finalmente lucida.
E'scomodo parlarne, ma cè una parte sempre piú
consistente di persone che vuole vederci chiaro.
che sintetizza al massimo alcune informazioni, utili come punto di partenza per eventuali approfondimenti, si parla di un regno generalmente bistrattato dai testi classici: il Regno delle Due Sicilie.
Commento: leggendo questi dati si può concludere che i «retrogradi»
Borbone hanno fatto per il loro stato molto di piú di altri acclamati
sovrani italiani e stranieri.
Spesso le innovazioni nei diversi campi della scienza e della tecnica trovarono
nei re meridionali i loro primi estimatori.
Grande poi il contributo allarte con accademie, conservatori; larcheologia
poi trovava in Pompei ed Ercolano il suo massimo a livello mondiale, lo
stesso Napoleone chiese alcuni papiri di Ercolano come «gentile omaggio»
per una provvisoria tregua col Regno .
Ricchezza dei diversi stati al momento della unificazione ( in milioni lire oro ) :
Commento: a fronte del valore acquisito dal Regno delle Due Sicilie, tutto il resto d' Italia ( oltre 2\3 della penisola ) non portò nemmeno la metà , eppure dai ricordi scolastici si immaginava uno stato la cui popolazione conduceva una ben misera esistenza, se non ridotta alla fame.
Si potrebbe obiettare sul «come» era distribuita questa ricchezza, rapportandola ovviamente ai tempi, cioè paragonando la condizione di pari classi sociali nei diversi stati italiani e stranieri .
Dai diari di diversi viaggiatori illustri, che venivano a visitare il sud, si leggono descrizioni molto confortanti, si sottolinea proprio la abbondanza di cibo, il suo basso costo, la dignitosa esistenza delle classi piú basse in confronto ai pari grado dei loro paesi, testimonianze importanti di persone senza secondi fini.
La situazione cambiò rapidamente dopo lunificazione della penisola, le riserve auree delle floride casse del Regno vennero depredate e lasse economico del paese spostato al nord, operazione nefasta dalla quale il sud non si è piú ripreso. L'EMIGRAZIONE prima dellannessione era sconosciuta, subito dopo iniziò e assunse dimensioni cosí grandi che «lemigrazione ci purgò dal brigantaggio» come disse Fortunato.
Si svolse nella piú completa assenza di segretezza dellespressione del suffragio.
Le tre urne erano in bella evidenza nelle sezioni elettorali , due contrassegnate con le scritte SÍ e NO a caratteri cubitali e unaltra al centro.
Chi voleva votare doveva per prima cosa consegnare i documenti al presidente del seggio, ritirare la scheda estraendola dallurna del «sí» o del «no» e poi deporla nell'urna centrale; spesso nel seggio erano presenti soldati piemontesi armati, stupisce che in queste circostanze ci siano stati dei voti contrari.
La percentuale dei votanti fu del 19% gli aventi diritto.
Commento: anche qui grosso stupore, da questi dati non si può
certo ricavare il convincimento che il popolo del sud bramasse lunità
d'Italia.
La realtà è che solo una infima frangia di pensatori aveva
come ideale lunità dItalia che solo una fortunosa concomitanza
di circostanze interne ed estere riuscí a rendere realtà,
fu tutto fuorché un matrimonio damore.
Su un giornale satirico dellepoca era rappresentata la caricatura dellesercito borbonico: il soldato con la testa di leone, lufficiale con la testa dasino, il generale senza testa.
E questo fu puntualmente dimostrato dopo lo sbarco dei garibaldini, si videro soldati agguerriti ai quali venivano comandate delle inspiegabili ritirate da superiori vecchi e spesso corrotti, un compatto esercito condotto alla disfatta contro pochi avversari.
Pochissimi soldati borbonici, umiliati dal tradimento dei capi, aderirono all'appello di Garibaldi di unirsi ai suoi.
Gli irriducibili, dopo essere stati fatti prigionieri, furono poi deportati a migliaia nel nord d'Italia:: Fenestrelle, campi di S. Maurizio Canavese, Alessandria e in Sardegna per un trattamento di «correzione e idoneità al servizio» subendo innominabili nefandezze fisiche e morali .
Alla leva «unitaria» del 1861 nel sud si presentarono in 20 mila sui 72 mila previsti, gli altri si diedero alla macchia e «li chiamarono briganti».
Furono perseguitati con rastrellamenti e fucilazioni ( migliaia di morti), la legge Pica aboliva qualsiasi garanzia costituzionale (La Marmora ordinò ai procuratori di «non porre in libertà nessuno dei detenuti senza l'assenso dell'esercito»).
Quelli imprigionati si «ostinavano» a non prestare giuramento al nuovo re (carteggio tra Cavour e Farini ), si impedí loro persino di vedere i parenti.
Dal diario del soldato borbonico Giuseppe Conforti nato a Catanzaro il
14.3.1836 (abbreviato per amor di sintesi) :
«Nella mia uscita fu principio la guerra del 1860, dopo questa campagna
che per aver tradimenti si sono perduto tutto e noi altri povere soldati
manggiando erba dovettimo fuggire, aggiunti alla provincia della basilicata
sortí un prete nemico di Dio e del mondo con una porzione di quei
giudei e ci voleva condicendo che meritavamo di essere uccisi per la federtà
che avevamo portato allo notro patrone.
Ci hanno portato innanzi a un carnefice Piemontesa condicendo perché aveva tardato tanto ad abbandonare quell'assassino di Borbone.
Io li sono risposto che non poteva giammai abbandonarlo perché aveva giurato fedeltà a lui e lui mi à ditto che dovevo tornare indietro asservire sotto la Bandiera d'italia.
Il terzo giorno sono scappato, giunto a Girifarchio dove teneva mio fratello sacerdote vedendomi redutto a quello misero stato e dicendo mal del mio Re io li risposi che il mio Re no aveva colpa del nostri patimenti che sono stato le nostri soperiori traditori; siamo fatto questioni e lo sono lasciato.
Allo mio paese sono stato arrestato e dopo 7 mesi di scurre priggione mi
anno fatto partire per il piemonte.
il 15 gennaio del 1862 ci anno portato affare il giuramento, in quello stesso
anno sono stato 3 volte all'ospidale e in pregiona a pane e accua.
principio del 1863 fuggito da sotto le armi di vittorio, il 24 sono giunto
in Roma, il giorno 30 sono andato alludienza del mio desiderato e amato
dal Re', Francesco 2 e li ò raccontato tutti i miei ragioni.»
Quando si studia la storia si debbono tener presenti alcune cose: a quei tempi, e in tutti gli stati, il re veniva educato secondo il principio che il suo potere era voluto da Dio e che egli era responsabile dinanzi a Lui del benessere del suo popolo.
Questultimo era in gran parte abituato ad un potere assoluto, paternalistico, è stato scritto che « in quei tempi il re era la religione del popolo (il quale lo chiamava «nostro padre» ) cosí come il concetto di patria lo è stata nel ventesimo secolo; quando le frontiere nazionali cadranno anche il concetto di patria sembrerà ridicolo visto con gli occhi degli uomini che vivranno allora». Ferdinando II, nonostante tutto, concesse per primo la costituzione, seguirono i fatti del 15 Maggio 1848, quando una minoranza tentò di forzare la situazione e rovesciare la monarchia.
Per queste persone è bene tenere a mente il commento di Luigi Settembrini «Che ha fatto Napoli? Le barricate! fanciullagine sanguinosa; non è stata Napoli ma pochi pazzi ubriachi che han perduto ogni cosa, o avvocati, anzi paglietti, voi meritate la servitú».
Sintomatico dei sentimenti di quei tempi è il fatto che il popolo manifestasse e gridasse «abbasso la costituzione» , che solo poche migliaia di liberali la bramassero, e che erano ancor meno i rivoluzionari repubblicani i quali miravano a rovesciare la monarchia.
I «liberi pensatori», tanto ostili ai Borbone, hanno poi rarissimamente avuto lonestà intellettuale di protestare contro lo scempio fatto nel sud dai nuovi re sabaudi.
I Borbone di Napoli mirarono essenzialmente ad una politica di indipendenza da tutte le grandi potenze, volevano, come tutti i sovrani di allora, essere padroni a casa propria .
Questo dava molto fastidio a causa della posizione strategica del regno al centro del Mediterraneo e spesso i re meridionali furono costretti a subire soprusi che minavano la loro autorità.
Un esempio lampante è quello dellInghilterra nella questione dello sfruttamento delle miniere di zolfo siciliane ( le piú importanti del mondo all'epoca); quando i Borbone patteggiarono con i francesi condizioni migliori, la democratica potenza non seppe fare di meglio che mostrare i muscoli malgrado un arbitrato internazionale le desse torto.
Gli inglesi si legarono al dito l'affronto e successivamente scatenarono una strumentale campagna scandalistica, con Gladstone, sulle condizioni della giustizia nel Regno delle Due Sicilie.
Inutile dire che contemporaneamente lInghilterra faceva quel che voleva nelle isole dello Ionio, a Ceylon, e soprattutto contro gli Irlandesi, la Francia inviava oltre 10 mila prigionieri politici in Algeria e alla Cayenne ma in questi casi nessun Gladstone si premurò di farlo notare.
Ferdinando I, rivolto a un ministro che criticava il Tanucci (a lungo al potere): «Zittati tu, isso è lu maestro, noi siamo li ciucci».
Ferdinando II, rivolto ad un ufficiale superiore che gli prometteva di riportare lordine il 15 maggio del 1848: «State calmo signore, non chiamate canaglia il popolo, sono napoletani, miei compaesani, miei sudditi; se vi lasciate travolgere dalle passioni ci sarà un massacro ed è quello che voglio evitare ad ogni costo; fate prigionieri ma non uccidete».
Nel 1852 lo stesso re fece un giro dispezione per il regno, in una
sosta il valletto Galizia gli portò per pranzo due polli ma senza
pane.
«Non fa nulla» disse il monarca e mandò un ufficiale
a prendere due «pani di munizione».
Il pane giunse, ma il re, notando che il principino ereditario mangiava solo il pollo, esclamò: «Né , Ciccí, tu magni senza pane?» Franceschiello si lagnò che era duro e muffito, «Magnatello, e lavarissi siempe, 'o magnano i surdati che sono meglio 'e nuje» gli replicò il burbero padre.
Giunto a Bagnara il re volle scendere nellunica locanda; la moglie del propretario gli offerse le piú belle lenzuola che avesse ma lui protestò: «Questa non è la biancheria che dai a tutti i passeggeri, no, no, io voglio roba ordinaria, devi trattarmi come tutti gli altri».
Arrivato a Messina fu accolto dalla popolazione con un fremente entusiasmo, la folla staccò i cavalli della carrozza per trascinarla a mano nelle vie della città; un dipendente delle finanze, certo Grosso, salito sul predellino, vi si teneva aggrappato urlando «Viva leroe delle Due Sicilie!».
Il re domandò chi fosse ed esclamò: «Quanto è fesso!» .
Il miglior commento al destino del meridione dItalia dopo lunificazione,
fu quello proferito dal tanto criticato Francesco II ( Franceschiello).
Per evitare spargimento di sangue nella popolazione civile, abbandonò
Napoli al sopraggiungere di Garibaldi, si imbarcò su una piccola
nave alla volta di Gaeta (dove durante lassedio dimostrò di
che pasta era fatto) e disse al comandante Vincenzo Criscuolo: «Vincenzino,
i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però
ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere, ad essi rimarranno
solo gli occhi per piangere».
E cosí fu
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