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Due Sicilie
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Una scuola superiore per bibliotecari

di Nicola Zitara

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Siderno, 12 Agosto 2010

Le biblioteche calabresi si presentano fortemente difettose di personale specializzato. La realtà storica suggerisce che non potrebbe essere diversamente perché esse sono per la maggior parte creazioni recenti e improvvisate, nate quasi sempre intorno al 1970, allorché fu avviata la Regione Calabria.

Dotarsi di qualche migliaio di libri per arredare una sala di lettura non era un'operazione difficile, da nessuna parte, e da nessuna parte fu difficile spostare un impiegato comunale, particolarmente appassionato di libri, da un ufficio qualunque alla biblioteca. Furono creati dei comitati di sorveglianza scegliendone i componenti tra i cittadini più colti. Questo sistema fortemente approssimativo avrebbe persino funzionato se i Comuni avessero avuto disponibilità sufficienti per realizzare dei progetti specifici. Pertanto le biblioteche comunali sono cresciute come patrimonio con apporti occasionali e disordinati. La rete di biblioteche oggi esistente non sarebbe da sottovalutare se, nelle singole biblioteche, lavorasse e agisse personale preparato. Per sopperire a tale carenza, al tempo della giunta Loiero, proposi all'assessore in carica, che a parole lo approvò, salvo poi a dimenticarsene,  una scuola per bibliotecari.

Il progetto, molto articolato, prevedeva due livelli: il direttore di biblioteca e il bibliotecario. A un bibliotecario non si richiedono competenze specialistiche in una o più materie, ma si pretende una solida cultura generale, versatile e chiara. La scuola di cui al progetto era previsto che fosse a pagamento, vi si potevano iscrivere i licenziati dei licei classici, previa una prova scritta di lettura in italiano, latino e greco. Si richiedevano inoltre prove di inglese, francese, lettura del tedesco. Per gli aspiranti bibliotecari era previsto un corso triennale  comprendente la storia della filosofia, delle scienze fisiche, matematiche, astronomiche, biologiche e naturali. Erano inclusi corsi di storia dell'arte, della musica, del cinema, del teatro, dell'artigianato, dell'urbanistica, dell'industria, dell'agricoltura, etc.  

La proposta di parecchi anni fa è ancora pregnante. Logicamente bisognerebbe partire da un investimento finanziario per disporre di attrezzature antiche e moderne, nonché per pagare il cast di insegnanti nelle cento diverse discipline in cui viene catalogato il patrimonio librario. Risulta però che i cinque capoluoghi calabresi spendano cifre mirabolanti per iniziative locali di modesto livello. Alternativamente consorzi di comuni contigui potrebbero apprestare i fondi per l'iniziativa suggerita.

Secondo chi scrive l'impegno sarebbe nella fermezza del proponimento di realizzare un progetto fattibile, piuttosto che nelle difficoltà economiche. D'altra parte l'istruzione di massa, risultata alquanto benefica per le generazioni che ne hanno goduto e ne godono, non può fare a meno che ci sia una specializzazione delle competenze lavorative.              













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