L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Panta Leone e San Marco alla 17a Crociata

di Antonia Capria

Siderno, 10 Gennaio 2008

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La platea dei sindaci e loro corpo d'armata è schierata sul palco. Siamo a Pizzoni, addì 28 dicembre 2007, per discutere del Cardinale Ruffo, un feroce borbone che mangiava i bambini ancora crudi. Seduti e ben vestiti, loro, i sindaci, unti i capelli di grasso di buona marca e smaglianti dentiere romane in bocca, come si conviene a gente che deve saper ben mangiare e meglio digerire, torturano la sedia nella febbrile attesa che arrivi il turno loro per concionare.

Pizzoni è un piccolo paese della collina serrese, un autentico gioiello di accoglienza e civiltà, un'oasi di semplicità antica e di umanità cristiana. Il sindaco rievoca i passati splendori: le ferriere, le filande, le cartiere, Tommaso Campanella, la congiura dei baroni, i due grandi monasteri, certose di sapere e focolai di movimenti innovativi.

Messi in cerchio come i suonatori di una grande orchestra, i sindaci sono i tenori. Sulle labbra di tutti il do di petto risuona forte nella sala. Ma quello del sindaco Sammarco si alza possente di un'ottava.

Canta sé stesso. "Do l'anima alla mia terra. Do il cuore ai miei cittadini. Do case agli alluvionati. Do soldi alle madri di Bivona." Diciamo che Sammarco dà, ma non fa. Glielo ha insegnato il presidente Bruni. All'improvviso qualcuno gli interrompe la cantata. Si sente un urlo che lo fa trasalire. E' un mezzo soprano. "Bugiardo! Perché lasci nel fango, nella miseria, nella disoccupazione i tuoi concittadini? Vergognati!", strilla il mezzo soprano. "La tua canzone è un inno alla mafia e all'antimafia. Dici la verità: da che parte stai?"

Evidentemente il sindaco di Vibo Valentia sta dalla parte di "legge e ordine". Infatti chiama i carabinieri. I quali, però, restano perplessi, se fermare il mezzo soprano o il tenore.

Mentre questo accade, lo spirito del Cardinale si aggira sotto le sedie e mordicchia le natiche agli astanti. Siccome il Cardinale è invisibile, l'impressione che si ricava è che uno stormo di indomite pulci si aggiri per la sala. I domatori di bestiole si mettono in moto. Capitan Pantaleone li incita alla Diciassettesima Crociata contro i borboni che mangiano i bambini senza prima arrostirli. Ma, come si sa, il 17 porta disgrazia. Re Nasone e Re Bomba sfondano le quinte ed entrano in scena con un mattarello e lo pestano di santa ragione.

Ma non temete, o lettori, Capitan Patantaleone, portato in barella dai vigili urbani, viene curato con impacchi di euro cavourriani.







 

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