L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


La Marcia sulle salmerie mafiose

di Nicola Zitara

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Siderno, 21 Dicembre 2008

Caro direttore, spero mi permetterai di non essere in accordo con Te, e non tanto su come giudichi l'associazione detta "Libera", che considero uno dei soliti alibi messi in piedi dai toscopadani  per sentirsi assolti dai giudizi del mondo, quanto con il suo apostolo, il sacerdote don Ciotti, e spero che pubblicherai la mia lettera anche se, come immagino, Ti prefigurerai difficoltà con l'establishment conformista.

Ho tentato di leggere la predica natalizia di don Ciotti pubblicata sullo scorso numero di "la Riviera", ma non sono arrivato alla fine. Aria fritta. Coorti di giovani che non avranno mai un lavoro, e tuttavia hanno diritto a dare un voto politico e una preferenza elettorale sono menate per il naso dai consoli del padanismo. In più, con un colpo di mano, guidato da un garibaldino con la tonaca, la coorte del Pensiero Unitario va all'assalto delle salmerie del grande esercito mafioso. Il grosso è intoccabile. Serve. La Santa Alleanza dei paesi capitalistici, che comprende gli USA e tutte le grandi potenze economiche dell'Occidente, lo impiega nelle transazioni bancarie più innominabili e nello smercio di mine e di altre armi presso le tribù africane e asiatiche che si scannano fra loro, una al servizio del capitalismo francese, l'altra a servizio del capitalismo inglese, entrambe al servizio del capitalismo statunitense, e forse già di quello cinese, che controllano  tutte le risorse energetiche, minerarie e agricole mondiali.

Ma questo non si può dire. Sarebbe una bestemmia, un peccato mortale. Anzi è opportuno bruciare qualche mafioso in piazza per far capire che stiamo dalla parte degli Arcangeli e dei Santi.

Come è alquanto ovvio non tutti i mafiosi sono egualmente informati, egualmente intelligenti, egualmente furbi. Hanno comportamenti disumani e debolezze umane. Si fanno la casa, comprano una villa, la dotano di piscina, fanno affrescare le sale di vecchi manieri comprati per quattro soldi, vogliono apparire dei gran signori. E qui li puniamo. Le case no. Vogliamo esporci al ridicolo?  Liquidità, invece,  quanta ne vogliono, a patto che la depositino a  Milano, in Svizzera, a Francoforte, a Londra, a Madrid, a Mosca. Le banche servono a questo,  la borsa pure, e anche la speculazione edilizia.         

Dicevo aria fritta. Non è questa la strada che ci porterebbe fuori dal degrado mafioso. Il Moloch che atterra ogni forma di ragionamento logico è la santificazione di questo Stato, sempre  e comunque,  l'Italia una, a cui apparteniamo per formalità giuridica, ma non di fatto. Un simulacro ambiguo e perfido, che non amiamo. Eppure devi vivere. Al sopruso ideologico ti devi piegare. Non hai la forza militare per opporti. La retorica del potere ti avvolge, ti avvelena. Non disponi dei mass media attraverso  cui tentare di demistificarlo, ti tappi le orecchie e ti tieni il mal di stomaco. Sai che la scuola ti ha raccontato menzogne, però ti ha anche insegnato a fingerti parte della fazione vittoriosa. Sono le conseguenze della guerra perduta.  Allo sfruttamento ti pieghi. Stringi la cinghia, abbassi il libello dei bisogni e vai avanti finché il percorso dell'umiliazione esistenziale non si spegne. Chi ha la fortuna di credere in un Dio dei vinti, prega. Chi no, muore sconsolato.

Prima che un male generalizzato, la mafia - in ciascuna delle sue molteplici dimensioni e denominazioni - è una vergogna dei meridionali, un'onta per chi, nato in questa terra, non accetta una concezione del vivere fondata sul sopruso verso i deboli. Sopruso verso i contadini (e non verso i principi) era la mafia dei campieri siciliani; sopruso nei confronti del mite borghesuccio  napoletano (e non verso i grandi avvocati della Sommaria e dei Tribunali) era la camorra dei lazzari. Arrivato qui, il sistema toscopadano ha adottato il sopruso e non gli uomini, i cittadini che lo facevano. L'Italia regia cooptò i 'grandi vecchi' del sopruso - da Crispi a Di Rudinì, da don Liborio Romano a Nicola Amore, onde usarlo anch'esso contro il povero. La Repubblica ha cercato e pagato il voto mafioso per 'controllare' la povertà dei meridionali. Per tenerli poveri e lontani da pretese economiche e sociali. La subalternità democratica ed elettorale, necessaria a mistificare la subalternità sistemica di tutti i meridionali, ha alimentato il voto di scambio. Le regalie connesse  hanno diffuso le mafie su vasti territori regionali sul finire delle vecchie generazioni di coloni. L'etica del capitalismo ha portato il mafioso a salire la scala sociale. Al sopruso del povero sul povero è subentrato il 'capitalismo a mano armata'.

 Il Sud è perduto. A volerla dire in modo intonato con l'abito che don Ciotti indossa, qui è morta la fede, la morale cristiana, che  consentì a questo popolo di sopravvivere alle violenze della barbarie  discesa dal nord ininterrottamente nel corso di sedici secoli (da Attila al generale Cialdini). I garibaldini tipo don Ciotti spargono sale sulle ferite.

Il fatto che lo Stato finga una vendetta, punendo la roba del mafioso meno scaltro è altro sale che viene sparso sul corpo piagato del Meridione. Meridionali contro meridionali, da centocinquant'anni. Mai il tentativo di affrontare il problema, di prendere il toro per le corna. Vige una tacita separazione dei compiti, un do ut des, tra le mafie e il capitalismo padano. Lo Stato non morde più di tanto, le mafie contribuiscono con i loro risparmi al buon funzionamento del capitalismo padano.

Questa inguaribile piaga è la dote che il Sud  ha portato all'unità nazionale.  Sperare - come fa il direttore de "la Riviera" - in politiche governative atte (più o meno) a controbattere il dilagare del capitalismo a mano armata, è (non una pia, ma) un'empia illusione. La realtà è sotto i nostri occhi e tutti la conosciamo. Lo Stato (del sistema padano) ha bisogno della  mafia, ma è un Santo e non può ammetterlo pubblicamente. Associazioni come 'Libera' e simili, inconsapevolmente  forniscono un alibi allo Stato ambivalente, elargendo a finti antimafiosi i benefici dello scambio elettorale.

Ma cosa non si fa, qui,  per campare? Comunque niente di nuovo sotto il sole. A queste procedure siamo stati preparati culturalmente dalla storia avversa. Non si arretra di fronte alla domanda di proclamare una bugia come verità, e una verità come bugia. Siamo conterranei di Pirandello. Il berretto a sonagli nasconde  le corna.      

In questa farsa pirandelliana delle verità convenienti e delle bugie altrettanto convenienti s'innesta un'ulteriore farsa.  Leggo: Falcone, Borsellino, migliaia d'altri. No, don Ciotti,  personalmente a questo non sono rassegnato. Sangue è anche quello dei miei conterranei magistrati e sangue quello dei miei conterranei mafiosi. Se debbo piangere  gli uni e non  gli altri, preferisco non estrarre il fazzoletto. Ma se proprio non fossi capace di trattenere le lacrime, piangerei con molto più dolore  questi contadini e figli e nipoti di contadini, che lo Stato italiano usa e dissacra. I morti, la violenza, il sangue! Bandiamo consimili ipocrisie. I procuratori della Repubblica, i carabinieri, gli agenti di pubblica sicurezza, sì. E i Briganti che difesero la loro terra dall'invasore padano, le centinaia di migliaia, forse i milioni di meridionali morti sulle Alpi, sul mare, in Russia, in Grecia, in Africa, sotto i bombardamenti americani, in nome di guerre che un Sud indipendente non avrebbe avuto interesse alcuno a fare. Certo anche i magistrati, ma come gli altri, non più degli altri.

I concetti di cui sopra debbono avere uno sbocco positivo. Un popolo di così antica civiltà  quanto nessun altro in Europa non finire per mano di pupari.

Qual è il progetto per combattere la mafia?

1)Ristabilendo i confini del 1860.

2)Abolendo per un lungo periodo qualunque forma di elezione.

3)Acquistando con danaro pubblico le droghe sul luogo di produzione e immettendole nel consumo attraverso il sistema sanitario.

4)Il passato viene cancellato. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Le colpe si elidono a vicenda. A partire da quel momento chi sbaglia paga. Ma non domani, subito.

Caro direttore, Ti ringrazio per l'ospitalità e mi scuso anticipatamente per i fastidi che sicuramente Ti procurerò. 

Nicola Zitara



La Marcia sulle salmerie mafiose

Crediamo di far cosa gradita ai nostri lettori riportando i due interventi che stanno a monte dell'intervento di Zitara pubblicato su "La Riviera" di Siderno.

Zenone di Elea











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