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Isteria di Stato o  stato d’isteria

di Antonio Orlando


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25 Settembre 2015

Se questi fossero stati al governo - mi riferisco a Renzi &C. - all’epoca della lotta armata o terrorismo che dir si voglia, tanto per intenderci nel periodo del sequestro Moro, avrebbero prima reintrodotto la pena di morte poi proclamato lo stato d’assedio, poi rinchiuso nelle carceri – o meglio negli stadi, alla cilena – qualunque oppositore politico e infine istituito il coprifuoco e fucilato sul posto chiunque fosse stato sorpreso fuori casa tra il tramonto e l’alba. Da un anno e mezzo hanno imposto uno “stato di isteria permanente”, governano con i nervi tesi, scattano per un nonnulla e qualunque dissenso diventa intollerabile. All’ironia rispondono col sarcasmo, il loro eloquio (con l’abbondante impiego di inglesismi) è rabbioso, il loro atteggiarsi altezzoso, il loro comportamento scostante. Il nervosismo è palpabile, accettano solo lodi, vogliono non semplice consenso, ma totale adesione, condivisione e subordinazione. La verità sta sempre dalla loro parte, la verità è di Stato; gli altri mentono per partito preso, per invidia, perché vogliono il male dell’Italia. Sono tutti segni di incompetenza, superficialità, insicurezza.

Gli annunci si susseguono a raffica, le emergenze sono continue tanto che è logico pensare che siano ormai diventate ordinaria amministrazione. Non appena la SVIMEZ  proclama, come ogni anno con il suo Rapporto, l’ovvio dei popoli sulla disastrosa situazione economica del Meridione (classica scoperta dell’acqua calda) immediatamente viene convocato un vertice, una sorta (ma solo nelle intenzioni) di “stati generali del Sud” per fare chissà che cosa. Al termine di un’ordinaria seduta del Consiglio dei ministri si annunciano provvedimenti eccezionali, piani di intervento, “masterplan” straordinari, salvo poi preferire una partita di tennis all’inaugurazione della Fiera di Bari. Non vi affrettate a trovare la logica, non c’è, non esiste. Quello che li muove è solo l’oggi, il momento, l’attimo; quello che li guida è  la memoria del pesce rosso, cioè gli ultimi tre secondi.

Le leggi sono diventate dei contenitori a diverse uscite, interscambiabili a piacimento. Perfino la riforma della Costituzione non ha logica, non ha razionalità tanto che il Senato può essere, indifferentemente, elettivo o nominativo, può avere una rappresentanza generale (com’è adesso) o una ridotta, settoriale, particolare e nessuno si preoccupa di verificare quale impatto potranno avere queste diverse ed opposte opzioni sull’assetto costituzionale. Quel che conta è riformare partendo dall’assunto che riformare è sempre positivo, innovativo, moderno, avanzato, progressista, giovanile e bello.

Non c’è coerenza, non c’è un piano nell’azione del governo che sembra indirizzata più alla salvaguardia di determinati interessi che diretta al perseguimento di finalità di sviluppo e di crescita. Non si vuol tener conto della complessità della società. La tattica a scapito della strategia.

Il ragionamento è elementare: mi cade il tappo del dentifricio nel lavandino e non corro a tappare il buco dello scarico, bensì lo inseguo nel suo ballonzolare a rischio di vederlo infilarsi nel tubo di  scarico.  Le leggi le fa il Governo, il Parlamento ratifica o dibatte invano e le sentenze, sia pure quelle della Corte Costituzionale, sono diventate un’opinione, possono essere disapplicate se il Governo lo reputa opportuno o conveniente. Così i diritti dei cittadini sono stati trasformati in optional, vengono rispettati ad intermittenza, a  simpatia ed antipatia o a seconda dell’estro di un ministro. La statistica – che non è una scienza, come ci ha insegnato il grande Totò – è “la cabala dei dati”, la smorfia da interpretare,  una sequela di numeri sparati a caso più per impressionare che per documentare. Il numero è potenza.

Il coro dei servi sciocchi e degli utili idioti è sempre pronto a plaudire le sparate di Renzi &C. e delle fate ignoranti. Una semplice assemblea sindacale, regolarmente convocata (il che vuol dire che era stata autorizzata e per essere autorizzata, la domanda è stata presentata almeno 15 giorni prima, quindi tutti sapevano) e della quale era stato dato congruo avviso al pubblico, ha provocato un attacco di orticaria al ministro dei beni culturali che, in altri tempi, recitava a memoria, contro Berlusconi, a mò di ammonimento, dai banchi di Monte Citorio, il cap. 30 de I Promessi sposi. Convocazione immediata ed in via d’urgenza del consiglio dei ministri e decreto d’urgenza sui beni culturali dichiarati ipso facto et de jure “servizi pubblici essenziali”. Roba da far ridere i polli, se non fosse tragico. Supremo sprezzo del ridicolo.

Sono tutti felici quando si demoliscono le garanzie sindacali e non si rendono conto, a meno di essere industriali o datori di lavoro o illusi parvenu della partita Iva (imprenditori di se stessi, cioè della propria miseria) che siamo già tornati indietro di almeno tre secoli, siamo tornati ai padroni delle ferriere, alla giornata di 12 ore dall’alba al tramonto, alla sferza e al lavoro non come diritto ma come sfruttamento per arricchire una sola classe sociale. Una legittima protesta è diventata “un capriccio delle corporazioni sindacali”, l’esercizio di un diritto un privilegio, mentre il Capo del Governo, con un tweet, ci fa sapere:

 Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l'Italia. Oggi decreto legge #colosseo # lavoltabuona "; ed il Ministro dei beni culturali, sempre via Twitter, fa il controcanto con un perentorio “La misura è colma”. (Che, tanto per restare in tema, pare riecheggiare l’espressione manzoniana “hai passato il segno e…”)

Di straordinari non pagati, di contratti scaduti da sei anni e mai rinnovati, di turni massacranti, di tagli al personale, di scelte insensate, di ferie non godute, di qualifiche cancellate, di dirigenti incompetenti ed ignoranti, di tutto questo non si parla, non si può discutere, bisogna “obbedir tacendo”. D’altro canto, di quali turisti stiamo parlando? di quelli che sporcano, lasciano in giro cartacce e lattine? scrivono sui muri e sulle colonne? di quelli che se parli dell’anfiteatro Flavio non sanno che è il Colosseo? o di quelli che non distinguono il gotico dal romanico, ma fanno i selfie con i finti centurioni? o ci riferiamo agli olandesi che hanno distrutto mezza Roma travestiti da tifosi di calcio? e poi? a Roma c’è solo il Colosseo da visitare? ma di che cianciamo? dell’efficienza e dell’ordine svizzero che copre il riciclaggio più puzzolente del mondo? o della corruzione che alligna a tutti i livelli, compresa la Germania? oppure delle false elezioni americane in cui vince solo chi ha più soldi?

Voltiamo pagina e giù lacrimoni sui poveri braccianti sfruttati dai caporali, che lavorano per qualche euro al giorno, che muoiono nei campi sotto il sole cocente. I sedicenti giornalisti sono o  ipocriti o stupidi o finti tonti! Adesso scoprite l’esistenza del caporalato nelle campagne? a cosa pensate che serva il sindacato? a sistemare qualche parente  nullafacente e scansafatiche? a convocare inutili assemblee? a distribuire tessere? a stampare bollettini e giornali che nessuno legge? a fare conferenze stampa? ad organizzare congressi inutili? Quale pensate sia il ruolo e la funzione del sindacato? Siete rimasti alle corporazioni medioevali?

Lo so che la Storia non ha mai insegnato nulla (e continua a farlo, imperterrita), ma, molto modestamente, vorrei ricordare che i rivoluzionari francesi nel loro furore giacobino, approvarono la Legge 13 gennaio 1791, meglio nota come “Legge Le Chapelier”, la quale aveva come fine ultimo la cancellazione del proletariato. Con la scusa di abolire le corporazioni, questa legge venne utilizzata per vietare la formazione di qualsiasi associazione professionale e di categoria. Ogni difesa di interessi particolari costituiva un elemento di sedizione dell’unità politica nazionale e di perturbazione dell’equilibrio economico. Le riunioni di operai, contadini, artigiani erano proibite e lo sciopero era un reato. Senza organizzazioni sindacali, libere e riconosciute, l’alternativa è il luddismo cui fece seguito la rivolta dei canuts e poi quella dei tessitori della Slesia e poi le rivolte contadine del Sud. La rabbia popolare non l’ha mai fermata nessuno, tanto meno gli elfi, le fate,  i maghi e i banchieri fiorentini.


























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