CRONOLOGIA
11/03/1860 | Le popolazioni dell'Italia centrale esprimono a grandissima maggioranza il loro voto a favore dell'annessione al regno di Piemonte e Sardegna. |
04/04/1860 | Scoppia a Palermo un movimento insurrezionale capeggiato dall'artigiano Francesco Riso: il tentativo viene stroncato nel sangue. |
04/1860 | Garibaldi prepara una spedizione verso la Sicilia (Vittorio Emanuele II e' favorevole, Cavour e' preoccupato perche' teme che nel sud venga proclamata dai mazziniani la repubblica). |
11/05/1860 | Garibaldi sbarca in Sicilia, grazie alla 'discreta' protezione delle navi inglesi. |
14/05/1860 | Garibaldi a Salemi assume la dittatura in nome di Vittorio Emanuele. |
15/05/1860 | Garibaldi sconfigge a Calatafimi i borbonici. |
17/05/1860 | Garibaldi abolisce la tassa sul macinato. |
2/06/1860 | Garibaldi emana il decreto sull'assegnazione delle terre. |
I
PROVVEDIMENTI
EMANATI DA GARIBALDI PROVOCANO
INSURREZIONI
IN TUTTA
LA SICILIA E ANCHE NEL MERIDIONE CONTINENTALE:
MIGLIAIA E
MIGLIAIA DI VOLONTARI SI UNISCONO AI GARIBALDINI
PER
LOTTARE
CONTRO L'ESERCITO BORBONICO.
INTANTO
CAVOUR PRENDE ACCORDI CON
UFFICIALI DELLA MARINA BORBONICA.
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06/09/1860 | Garibaldi raggiunge la citta' di Salerno, dopo una rapida e trionfale marcia attraverso la Calabria e la Basilicata. |
07/09/1860 | Garibaldi entra nella citta' di Napoli. |
11/09/1860 | L'esercito piemontese, comandato dal generale Cialdini, entra nel territorio pontificio, invadendo la Romagna e le Marche. L'azione, decisa dal Cavour, ha lo scopo di evitare la proclamazione della repubblica nel sud e un eventuale tentativo di Garibaldi di proseguire verso Roma per conquistarla. |
11/10/1860 | Cavour fa approvare dal Parlamento piemontese una legge che accetta le annessioni incondizionate dell'Italia centrale e dell'Italia meridionale. |
21/10/1860 | Il plebiscito da' i seguenti risultati: in Sicilia, 43.053 "si'" e 667 "no"; nel meridione continentale, 1.302.064 "si'" e 10.312 "no". |
26/10/1860 | Garibaldi incontra a Vairano (CE) il re Vittorio Emanuele II salutandolo come "Re d'Italia". Questo incontro e' passato alla storia come "incontro di Teano". |
09/11/1860 | Garibaldi non avendo ottenuto dal re un anno di governo nell'Italia meridionale parte per l'isola di Caprera con un sacco di sementi e un rotolo di merluzzo salato. |
1860-1861 | Nelle campagne del meridionela mancata soluzione dell'inverno problema della terra provoca una rivolta che mettera' in crisi il giovane stato unitario. Dovra' intervenire l'esercito e soltanto con la forza si riuscira' a debellare le bande di contadini divenuti 'briganti'. Il numero "di coloro che morirono in questa lotta fu superiore a quello di tutte le guerre del Risorgimento messe assieme [D. M. Smith]". |
14/03/1861 | Proclamazione del Regno d'Italia, con re V. E. II [...] |
1866 | Terza Guerra d'Indipendenza [il Veneto all'Italia] |
20/09/1870 | Presa di Roma (breccia di Porta Pia) |
1870 | Vengono soppresse le ultime zone militari del Meridione |
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LA SICILIA ALL'ORIZZONTE
"[...] La Sicilia! La Sicilia! Pareva qualcosa di vaporoso
laggiu' nell'azzurro tra il mare e il cielo, ma era l'isola
santa! Abbiamo a sinistra le Egadi, lontano in faccia il monte Erice,
che ha culmine nelle nubi... Come si riconoscono gli esuli siciliani!
Eccoli la' tutti a prora, affollati. In questo momento non vivono
che con gli occhi. Saranno una ventina, di tutte le eta'.
Miracolo se il colonnello Carini sbarchera' vivo, se non gli si
rompera' il cuore dall'allegrezza [...]".
G. C. Abba (Da Quarto al Volturno, noterelle di uno dei Mille)
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LO SBARCO
"[...] Ier l'altro 11 corr., alle ore 1/2 pom. due vapori di commercio
genovesi denominati il Piemonte e il Lombardo approdavano a Marsala, ed
ivi principiavano a disbarcare una mano di qualche centinaio di
filibustieri [...]".
"Il Giornale delle due Sicilie"
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IL DECRETO SULLE TERRE DEMANIALI
ITALIA E VITTORIO EMANUELE
"Giuseppe Garibaldi, comandante in capo delle forze nazionali in
Sicilia
D E C R E T A
art. 1 - Sopra le terre demaniali comunali da dividersi, giusta la
legge, fra i cittadini del proprio comune, avra' una quota certa
senza sorteggio chiunque si sara' battuto per la patria. In caso
di morte del milite, questo diritto apparterra' al suo erede.
G. GARIBALDI
2 giugno 1860 - Palermo (Sicilia)
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"[Alla fine del giugno 1860 un decreto di Garibaldi impone la ferma
militare obbligatoria per sette anni. Molti contadini non si
presentarono e si diedero alla macchia...].
Vulemu a Garibaldi Vogliamo Garibaldi
c'un pattu: senza leva. ma ad un patto: senza leva.
E s'iddu fa la leva Se poi lui fa la leva
canciamu la bannera. cambiamo bandiera.
Lallararera, lallarara'. Lallararera, lallarara'.
(Anonimo)
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LA SPEDIZIONE DEI MILLE
I vapori Piemonte e Lombardo in potere dei garibaldini escono dal porto
di Genova alle 2.15 ed arrivano a Quarto alle 3.30; Garibaldi si
imbarca sul Piemonte; Nino Bixio sul Lombardo; i due piroscafi salpano
alle 7.15 per l'impresa in Sicilia. Circa 1.097 sono i garibaldini
imbarcatisi, dei quali 439 lombardi, 180 veneti, 157 liguri, 80
toscani, 44 siciliani, 38 emiliani, 31 piemontesi, 20 calabresi, 18
della Campania, 13 trentini, 11 del Lazio, 10 delle Marche, 7 delle
Puglie, 4 dell'Umbria, 2 sardi, 1 abruzzese, 1 della Basilicata, 16
stranieri, 13 d'incerto luogo: delle province diedero il maggior
contingente quelle di Bergamo (163), Genova (154), Milano (75), Brescia
(59), Pavia (56).
Il piu' vecchio e' Tommaso Parodi, genovese d'anni 69; il
piu' giovane Giuseppe Marchetti di Chioggia, undicenne.
Centocinquanta sono avvocati, cento medici, cinquanta ingegneri, 30
capitani marittimi, 20 farmacisti, parecchi uomini di lettere, dieci
artisti, centinaia di commercianti e artefici, alcuni operai, nessun
contadino; 3 sacerdoti, alcuni seminaristi ed una donna, la savoiarda
Rosalia Montmasson, moglie di Francesco Crispi.
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SE NON CI SIAMO ANCHE NOI...
"[...]
- Un grande duello, zio. Contro Franceschiello Dio Guardi. Vado nelle
montagne, a Corleone; non lo dire a nessuno, soprattutto non a Paolo.
Si preparano grandi cose, zione, ed io non voglio restarmene a casa,
dove, del resto, mi acchiapperebbero subito, se vi restassi.
[...]
- Sei pazzo, figlio mio! Andare a metterti con quella gente! Sono tutti
mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev'essere con noi, per il Re. -
Gli occhi ripresero a sorridere.
- Per il Re, certo, ma per quale Re? - Il ragazzo ebbe una delle sue
crisi di serieta' che lo rendevano impenetrabile e caro. - Se non
ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che
tutto rimanga come e', bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?
- Abbraccio' lo zio un po' commosso. - Arrivederci a presto.
Ritornero' col tricolore.
[...]".
G. T. di Lampedusa (Il Gattopardo, 1958)
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BIXIO A BRONTE
"Anche a Bronte la rivendicazione fondamentale e' la ripartizione
delle terre, fra cui la Ducea di Nelson [...]. Una richiesta che i
contadini avevano gia' fatto nel 1820.
Il 6 agosto 1860 giunge Bixio, e pone in tutta la zona lo stato
d'assedio. In un proclama, fatto stampare l'8 agosto 1860, si legge fra
l'altro: CON NOI POCHE PAROLE: O VOI RIMANETE TRANQUILLI O NOI, IN NOME
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PATRIA NOSTRA, VI DISTRUGGIAMO COME NEMICI
DELL'UMANITA'.
Una commissione di guerra fucila immediatamente alcuni contadini,
trentasette popolani vengono condannati all'ergastolo, 316 carcerati.
Ha fine cosi' la rivolta di Bronte [...]".
M. R. Cutrufelli (L'unita' d'Italia, 1974)
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DA CONTADINI A BRIGANTI
Gia' nell'autunno del 1860 i contadini ribelli cominciarono ad
organizzarsi in bande armate che agivano spostandosi da paese a paese
fino a coprire territori abbastanza vasti. I capi spesso erano
ex-garibaldini delusi, come Crocco* e Ninco Nanco, in grado di formare
attorno a se' gruppi di centinaia di elementi.
Negli anni successivi i Borboni finanziarono diverse bande nella
speranza di riprendere il potere. Ma i contadini-briganti combattevano
per se stessi. Un capobanda, Cipriano La Gala, rivolgendosi ad un
avvocato inviato dai Borboni disse: "Tu hai studiato, sei avvocato, e
credi che noi fatichiamo per Francesco II?"
* CARMINE Donatello CROCCO, pastore di Rionero in Vulture (Basilicata), fu uno dei maggiori capi della guerriglia contadina e diede filo da torcere all'esercito 'italiano' e alle guardie nazionali.
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IL DECRETO SUL PLEBISCITO
"Il dittatore dell'Italia meridionale.
Sulla proposizione del Ministero dell'Interno,
deliberata in Consiglio dei Ministri.
D E C R E T A
art. 1 - [...]
art. 2 - [...]
art. 3 - [...]
art. 4 - I voti saranno dati e raccolti, in ogni capoluogo di
circondario, presso una Giunta composta dal giudice presidente e dai
sindaci dei comuni del circondario medesimo.
Si troveranno nei luoghi destinati alla votazione, su di un apposito
banco, tre urne, una vuota nel mezzo e due laterali, in una delle quali
saranno preparati i bullettini con "si'" e nell'altra quelli del
"no" perche' ciascun votante prenda quello che gli aggrada e lo
deponga nell'urna vuota...
G. GARIBALDI
ottobre 1860 Palermo (Sicilia)
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IL PLEBISCITO, SECONDO CAVOUR...
"[...] I popoli saranno invitati ad esprimere se vogliono o no
congiungersi al nostro Stato, senza pero' ammettere alcun voto
condizionato [...]".
C. Cavour (Giornale di Sicilia - 9 ottobre 1860)
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IL PROCLAMA DI VITTORIO EMANUELE II
<<Popoli dell'Italia meridionale!
<<Le mie truppe avanzano tra voi per riaffermare l'ordine. Non
vengo a imporvi la mia volonta', ma a far rispettare la vostra,
che voi potete liberamente manifestare. La provvidenza che protegge il
giusto ispirera' il voto che deporrete nelle urne. Qualunque sia
la gravita' degli eventi, attendo tranquillo il giudizio
dell'Europa civile, e quello della storia, perche' ho conoscenza
di compiere doveri di re e di Italiano. In Europa la mia politica non
sara' inutile a conciliare il progresso dei popoli con la
stabilita' della monarchia.
<<In Italia so che chiudo l'era delle rivoluzioni>>.
VITTORIO EMANUELE. Farini.
Carlo Alianello (La conquista del sud, 1972)
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I "SI'" E I "NO"
"[...] Qui il plebiscito giungea fino al ridicolo, poiche' oltre
a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la piu' parte
erano incompetenti, senza tampoco accertare l'identita' delle
persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i
"si'" e i "no", lo che rendeva manifesto il voto; e fischi e
colpi e coltellate a chi lo desse contrario.
Cesare Cantu' (Storia Universale - 1886)
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IL PLEBISCITO, SECONDO IL GARIBALDINO RUSTOW
"[...] Non si confrontarono le tessere con la lista ne' con le
persone. Il garibaldino Rustow, nel volume secondo dei suoi Ricordi
d'Italia ["La guerra d'Italia del 1860", Venezia 1862], dice che in
Caserta lo Stato Maggiore della sua divisione, composto di 51 ufficiali
non tutti presenti al momento del plebiscito, si trovo' ad aver
dato centosessantasette voti! Nel resto del regno si fece il plebiscito
al pari di quello di Napoli [...]"
Carlo Alianello (La conquista del sud, 1972)
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MEGLIO UN ALTRO PLEBISCITO
"[...] Contro questa politica reagi', bisogna dirlo, Massimo
D'Azeglio, che nego' al Governo piemontese il diritto di usare la
forza per costringere degli italiani a servire un regime che non
volevano servire, tratto' coll'ironico disprezzo che meritava il
caso il "suffragio universale" che gli veniva obiettato (bisogna notare
che la formula "suffragio universale e diretto" e' nel disegno di
legge dei plebisciti) e propose che davanti al risultato straordinario
del primo plebiscito se ne facesse un altro, per essere sicuri che la
maggioranza dei meridionali volesse veramente l'annessione al Piemonte.
Ma la sua proposta fu, naturalmente, o considerata come uno scherzo
poco serio, o trattata come un perfido attacco al sacro principio
dell'Unita'.
[...]".
C. Scarfoglio (Il Mezzogiorno e l'unita' d'Italia, 1953)
26 OTTOBRE 1860: L'INCONTRO DI TEANO
"[...] All'arrivo del Re, cavatosi il cappellino, rimase il fazzoletto.
Il Re gli stese la mano dicendo: - Oh! vi saluto, mio caro Garibaldi:
come state?
E Garibaldi: - Bene, Maesta', e lei?
E il Re: - Benone!
Garibaldi, alzando la voce e girando gli occhi come chi parla alle
turbe, grido': - Ecco il Re d'Italia! - E i circostanti: Viva il
Re!
[...]".
A. Mario (La camicia rossa)
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QUESTA E' UN'INVASIONE!
La loro smania di subito impiantare nelle province napoletane quanto
piu' si poteva delle istituzioni del Piemonte, senza neppure
discettare se fossero o no opportune fece nascere sin dal principio
della dominazione piemontese il concetto e la voce "piemontizzare".
Intere famiglie veggonsi accattar l'elemosina; diminuito, anzi
annullato, il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto
si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per
i dicasteri e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda
nella quale un onest'uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami
un piemontese a disbrigarla. A' mercanti del Piemonte dannosi le
forniture piu' lucrose: burocratici di Piemonte occupano tutti i
pubblici uffizi, gente spesso ben piu' corrotta degli antichi
burocratici napolitani. Anche a fabbricare le ferrovie si mandano
operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i
napoletani. A facchini della dogana, a carcerieri, a birri vengono
uomini di Piemonte. Questa e' invasione non unione, non
annessione! Questo e' voler sfruttare la nostra terra di
conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le province meridionali
come il Cortes ed il Pizzarro facevano nel Peru' e nel Messico,
come gli inglesi nei regni del Bengala.
Duca di Maddaloni, deputato al parlamento
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"[...] Chi adunque nel reame vuole l'unita'? Non la
nobilta', non il clero, non gli scienziati, non le milizie, non
gli artigiani, non i contadini, e non i commercianti. Voglionla i
contrabbandieri, i galeotti, i camorristi, ed uomini oziosi, lanciati
per errore o per bisogno o per ambizione nel caos delle sette. Questi
han preso le cime degli uffizii, questi strepitano, scrivono,
spauriscono, pugnalano, fucilano, e si chiamano popolo e nazione. Ma il
popolo del regno NON VUOLE l'Italia una [...]".
C. De Sivo (I NAPOLITANI AL COSPETTO DELLE NAZIONI CIVILI * dicembre
1860)
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"[...] Mi restringo a pregarlo a fare ogni sforzo onde si acceleri
la formazione delle circoscrizioni elettorali, vedendo modo di darci il
minor numero di deputati napoletani possibile. Non conviene nasconderci
che avremo nel Parlamento a lottare contro un'opposizione
formidabile[...]".
C. Cavour (Lettera a G. B. Cassinis * 8 dicembre 1860)
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"[...] ma la venuta di molti impiegati dell'alta Italia, i quali,
bisogna confessarlo, venivano con soldi e con indennita' maggiori
di quelli che avevano i napoletani chiamati fuori, faceva gridare
contro al piemontizzare. Aggiungete che una parte della stampa,
specialmente moderata, ha tanto gridato contro i vizi del popolo
napoletano, che questi impiegati venivano pieni di sospetti e di paure,
si tenevano lontani dal popolo, lo trattavano con poca deferenza, e
percio' v'era una irritazione, vi assicuro, grandissima [...]."
P. Villari (lettera del 13 settembre 1861)
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"[...] Mi piace ricordare quei bei versi di Giulio Stolfi, in
Provincia del Reame:
Dall'antico quartiere delle rocche
per i cupi rifugi delle forre
dilegueranno gli accenti
degli organetti.
Nella piazza abbandonata
l'ombra dell'arco tagliera'
malefica i riquadri del selciato
con il ricordo funesto
del brigante decapitato...
[...]
Secondo la stampa estera, dal gennaio all'ottobre del 1861, si
contavano nell'ex Regno delle Due Sicilie 9.860 fucilati, 10.604
feriti, 918 case arse, 6 paesi bruciati, 12 chiese predate, 40 donne e
60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1.428 comuni sorti in
armi[...]".
C. Alianello (La conquista del Sud, 1972)
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