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IL SOLE e IL PARLAMENTO due giornali nella Napoli luogotenenziale di Zenone di Elea (20 Luglio 2019)

IL PARLAMENTO 

GIORNALE POLITICO DELLA SERA

dal N. 25 al N. 48

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IL PARLAMENTO
GIORNALE POLITICO DELLA SERA
dal N. 1 al N. 24
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dal N. 25 al N. 48
IL PARLAMENTO
GIORNALE POLITICO DELLA SERA
dal N. 49 al N. 73

ANNO I. SUPPLEMENTO N. 25

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

Atteso la festa di oggi diamo soltanto il presente supplimento contenenti i dispacci e le ultimi notizie.

NAPOLI 25 MARZO 1861

FRANCIA

— Troviamo nell’Indèpendance:

Ci si annuncia da Parigi che importanti comunicazioni furono recentemente scambiate tra i governi di Francia ed Italia da una parte, e di Francia ed Austria dall'altra, relativamente alla vertenza romana.

il conte di Cavour chiamato a trattare la quistione dalla tribuna del Parlamento italiano, avrebbe pregato l'imperatore, non di ritirare le sue truppe, ma d'indicargli quali sieno i suoi disegni onde evitare un con fitto penoso e spiacevole tra i due governi.

Il gabinetto di Vienna, avvertito essere intenzione del partiti d'azione di fare a Roma una grande manifestazione pacifica il giorno in cui Vittorio Emmanuele sarebbe proclamato re d'Italia, onde mettere la Francia nell'alternativa di impedire colla forza l'annessione di Roma al reame d'Italia o di consentire a tale annessione, continuando tuttavia a proteggere la persona del papa, il gabinetto di Vienna, diciamo, dimostrò il suo desiderio di conoscere quale condotta avrebbe tenuta la Francia in tale eventualità.

Non conosciamo la risposta del gabinetto delle Tuileries: ignoriamo se le comunicazioni scambiate tra Parigi, Torino e Vienna non avessero relazione ad altro argomento che dal suindicato;ignoriamo finalmente se non trattisi di qualche altro negoziato, sinora tenuto segretissimo, che potrebbe rendere più agevole la liberazione di Roma e fors'anche della Venezia, quando l'Italia, e prima di lei il conte Cavour e re Vittorio Emmanuele, consentissero ad un determinato sacrificio a profitto della Francia e per il quale, questa avrebbe già il consenso della Russia. Per ora non possiamo dire di più per evitare smentite che non potremmo ribattere, ma sia nei circoli politici in cui si conosce il vero stato delle cose, sia in ispecie a Londra dove il governo ha grande interesse ad osservare gli avvenimenti, si capirà facilmente a quali eventualità vogliamo alludere. Fra poco i fatti si chiariranno e potremmo essere più espliciti: allora si potranno spiegare le molte tergiversazioni della politica francese, l'appoggio dato a Francesco II, il contegno tenuto a Roma, e le conclusioni del nuovo opuscolo di Laguerronière che oggi si annunzia ().

– Da una corrispondenza particolare di Parigi in data 16 marzo alla Nation Suisse, togliamo il seguente passo.

Notizie della maggiore importanza circolavano oggi nelle più parte dei cerchi politici. Eccovene un riassunto: L'imperatore fece chiamare ieri l'altro alle Tuileries i signori Di Morny e di Persigny, dimostrò loro la propria irritazione contro certi deputati che devono alla benevolenza del governo di essere usciti dalla loro oscurità, espresse loro la sua risoluzione d'appellarsene all'opinione pubblica, sciogliendo il Corpo legislativo, sopprimendo il Senato, e creando una Camera unica la quale sarebbe, come lo è il capo dello Stato, il pro dotto del suffragio universale diretto.

Ciò sarebbe, come vedete, una intiera rivoluzione nell'economia governativa, un vero colpo di stato che ricondurrebbe la Francia, salvo il titolo del capo della nazione, allo stato in cui trovossi dal 10 dicembre 1848 alli 2 dicembre 1851.

– Scrivono da Parigi all'Independance, che l'imperatore non dissimula punto la sua antipatia per i fautori del partito clericale e reazionario.

GERMANIA

Il Nord ha il seguente telegramma, datato, da Monaco:

Il conte Hegnenberg propose alla Camera dei deputati bavarese di protestare contro la risoluzione federale concernente la costituzione assiana, e di pregare –

Il re d'adoperarsi a favore del ristabilimento dell'ordine legale in Assia.

La Camera appoggiò la proposta quasi all'unanimità.

– Il Wanderer di Vienna ci annunzia che la polizia ordinò che tutte le riunioni aventi per iscopo di occuparsi d'affari elettorali, vengano notificate all'autorità incaricata di mantenere la pubblica sicurezza, dichiarando che non possono aver luogo senza precedente autorizzazione.

Troviamo nella Gazzetta di Praga notizie di Berlino, secondo le quali il governo prussiano avrebbe ordinato la mobilitazione di due corpi d'armata, mascherandola col titolo di manovre reali. I due corpi d'armata che dovrebbero manovrare in pieno assetto di guerra in presenza del re, sarebbero precisamente quelli che formano il presidio nelle provincie del Reno.

TORINO

Il senato del regno nella tornata di ieri l'altro dopo le relazioni sui titoli dei nuovi senatori conte Amari, conte Genomo e avv. Demonte, ha ripreso la discussione dello schema di legge per l'abolizione dei vin coli feudali in Lombardia, e ne ha adottato il primo arti colo con una modificazione proposta dal senatore Marzucchi, Seguì poscia ampia discussione sull'art. 2 a cui furono proposti diversi emendamenti, ma attesa l'ora tarda non si giunse a votazione e verrà continuata nella seduta d'oggi.

Il guardasigilli annunziò che in seguito alla cessazione della luogotenenza nelle provincie napolitane e siciliane, il ministero credette di dovere rassegnare al re le sue dimissioni onde far luogo ad una più opportuna formazione del gabinetto.

Il ministro della guerra diede comunicazione d'un dispaccio telegrafico che portava l'annunzio che dopo quattro giorni di fuoco la fortezza di Civitella del Tronto si era resa.

Lo stesso presentò pure un progetto di legge al Senato sull'anzianità ed avanzamento nel corpo dei bersaglieri dogli ufficiali di grado inferiore.

– La Camera si aggiornò fino a nuova convocazione per avviso recato a domicilio.

Progetti di legge. Ecco i titoli dei progetti, di legge presentati dal ministro della marina e dai ministri della guerra e delle finanze nella tornata da ieri l'altro.

Riordinamento della cassa degl'invalidi della marina militare.

Annua pensione di L. 10 mila al generale Cialdini in ricompensa dei servigi resi alla nazione; Proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci attivo e passivo del 1861;

Esenzione dai dritti proporzionali per le rivocazioni dei contratti stipulati per cause politiche.

Commissioni parlamentari. – Per l'esame del la proposta di legge sulla – proroga dei termini della legge sull'affrancamento dell'enfiteusi nelle provincie dell'Emilia – gli uffizi della Camera dei deputati hanno nominato la commissione seguente:

1. ufficio, Depretis; 2., Buon Compagni; 3. Pater nostro; 4. Panattone; 5. Pezzani: 6. Regnoli; 7. De Blasio, 8. Andreucci; 9, Borgatti.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 25 – Torino 22 (ritardato)

Parigi 24 – Favre continua. Il Papa ha ricusato di associarsi alla guerra dell'Indipendenza e abdicare il potere temporale. Rammenta la condotta della Francia in seguito alla disfatta di Novara. Sostiene che l'Assemblea avendo ordinato la spedizione di Roma non voleva ristabilire il potere temporale del Papa, ma sostenere il Piemonte e resistere alla minacciante dominazione austriaca. Sostiene che il ristabilimento della sovranità del Papa ha deviato la spedizione dallo scopo, ma la ristorazione colle baionette straniere ha ucciso il temporale. Ritirate ora la spada della Francia da Roma, il Papa non potrà più reggersi. In favore cita i documenti comprovanti che l'Europa intiera ha condannato il Governo Romano. Favre glorifica Vittorio Emmanuele di aver posto la sua spada a servigio dell'Unità Italiana, e il Governo dell'Imperatore di non avere osservato una pusillanime neutralità. Rispondendo al discorso di Keller, Favre dice essere stato sorpreso di vedere indicare come causa della guerra d'Italia un motivo ch'egli non vuole ripetere per rispetto alla Camera (numerose approvazioni) oltraggiante al Sovrano, insultante al buon senso e all'onore della Francia (approvazione). Favre rammenta l'origine del Governo Papale a Bologna – disparve coi carrettoni austriaci. Sarebbe lo stesso se lasciassimo Roma. Accenna alla falsa posizione fatta dai soldati della Francia, e dice che non può durare. Favre sostiene che la Confederazione avrebbe lasciato sussistere l'influenza austriaca. Rammenta i consigli di riforme dati al Papa. Biasima il Governo di aves autorizzato arruolamenti in Francia. Sostiene che sarebbe impolitico di mantenere in Roma la spada della Francia per comprimere un movimento che abbiamo provocato. Roma è necessaria agl'italiani come Capitale. Mantenere lo statu quo è impossibile. – Cassagnac difende la redazione della Commissione. La politica francese è cattolica e liberale. Vuole il Papato senza abusi e la Libertà Italiana senza utopie. Nessuno della Commissione domanda di restituire al Papa le Provincie perdute: ma il Papato per essere indi pendente aver bisogno di Roma e del suo territorio. Sostiene essere nell'interesse della Francia, e della Dinastia mantenere il potere temporale. Combatte l'Unità Italiana che considera ostile alla Francia. Riassumendo Cassagnac dice: l'irritazione, essere reciproca tra Roma e Torino, finché non ci ravviciniamo, la Francia deve aspettare custodendo Roma e il territorio pontificio. Che Roma comprenda la necessita di conciliarsi l'appoggio dell'Europa e della Nazionalità Italiana, e che Torino comprenda la necessità di conciliarsi l'appoggio della Cattolicità. La S. Sede deve comprendere l'impossibilità d'isolarsi l'Italia ed il Papato. La discussione continuerà domani.

Napoli 24 – Torino 25 (sera)

La Camera del Deputati ebbe comunicazione dal Ministro Cavour della formazione del Gabinetto. Disse il Ministro: intendere ora di mutare l'organamento dei Consigli di Luogotenenza delle Provincie Meridionali, e le mutazioni poterle far per Decreto. Il Generale La Marmora interpellò a lungo il Ministro Fanti sulle riforme militari nelle formazioni dei reggimenti, sui decreti sulla difesa del paese da disporre e altri provvedimenti, e propose la sospensione. Dopo la risposta del Ministro e repliche vive la Camera respinge la proposta. – La seduta fu molto protratta ed agitata per dibattimenti sull'armata Meridionale e per delle parole di Sirtori.

Napoli 24 – Torino 25

La Gazzetta Ufficiale pubblica le relazioni di Persano al Ministro della Marina sulle operazioni della R. Squadra nelle acque di Gaeta.

La Gazzetta annuncia la modificazione 'Ministeriale e nel senso del dispaccio di ieri. Vegezzi ritiene il portafoglio finché Bastogi designato a suo successore possa assumere l'uffizio.

Napoli 24 – Torino 25 (sera)

Ieri fu firmata tra il Ministro del Lavori Pubblici e il signor Adami la convenzione preliminare per la costruzione delle ferrovie nell'Italia Meridionale.

Napoli 24 – Torino 25

Londra 25 – Russell dice che il popolo di Varsavia ha provato una grande moderazione malgrado le circostanze provocatrici. La politica inglese è di prevenire i pericoli della occupazione permanente della Siria. Spera che prima che l'occupazione cessi sarà stabilito un accomodamento col Governo pel Libano. – Lewis di chiara che i giureconsulti hanno consigliato di non procedere oltre sull'affare dell'emissione del biglietti di Kossuth-Wodehouse ch'è pro bile che l'Holstein respingerà la proposta della Danimarca. Le ostilità non potrebbero incominciare prima di 5 o 6 mesi.

Grenoble – Regnaud fu condannato a reclusione perpetua.

Napoli 24 – Torino 25 (sera)

Senato – Progetto di legge per la intitolazione degli atti del governo. Il Duca Sforza domanda formalmente al Governo di fare ogni sforzo per impegnare il Governo francese a ritirare le truppe da Roma. Dopo un discorso di Gioia il Senato vota la legge con 74 voti contro 1.

Parigi 25 -Costantinopoli 20 – La Commissione Internazionale domanda la pronta esecuzione dei condannati della Siria.

Belgrado 25 – Agitazione nella frontiera del Sud. – Varsavia 22 – Moukhanoff Direttore dell'Interno fu destituito per causa di una cir colare eccitante i contadini contro i proprietari.

Napoli 25– Torino 24

Moniteur 24 – Ricevendo la Deputazione per l'indirizzo l'Imperatore ha risposto–Ringrazio della fiducia in me. Questa fiducia mi onora e mi lusinga.

Io me ne credo degno, per la costante sollecitudine di considerare le questioni sotto il punto di vista del vero interesse della Francia. Conviene alla mia epoca conservare del passato tutto ciò che ha di buono, e preparare l'avvenire svincolando il cammino alla civiltà dai pregiudizii che l'incagliano e dalle utopie che la compromettono.

Così legheremo ai figli nostri, giorni prosperi e tranquilli. Malgrado la vivacità della discussione non m'incresce menomamente di vedere i Gran di Corpi dello Stato intavolare quistioni politi che assai difficili. Il paese ne profittò sotto molti rapporti. Questi dibattimenti istruiscono senza poterlo inquietare. Sarò sempre lieto di trovar mi d'accordo con voi. Usciti dallo stesso suffragio e dai medesimi sentimenti aiutiamoci scambievolmente nel concorrere alla grandezza e alla prosperità della Francia.

Gazzetta Austriaca 23 – La Russia dichiarerebbe ufficialmente il Principe di Montenegro responsabile, se i Montenegrini si fossero mischiati nei torbidi dell'Erzegovina.



Fondi Piemontesi. 76,25 76,30
Tre per cento francese 68,20
Quattro e mezzo id. 96,00
Consolidati inglesi 92 18
Metalliche Austriache 64,90

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ANNO I. Napoli 26 Marzo 1861 N. 26

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 26 MARZO 1861

IL REGNO D'ITALIA E LA GUERRA

Il re d'Italia, per voto de’ popoli, è proclamato: una nuova potenza, una potenza di prim'ordine verrà domani annunziata all'Europa ed al mondo, e piglierà il posto assegnatole dalla Provvidenza.

La via della sua capitale è già spianata all'Italia, la nuova civiltà ha passato sul corpo dei pregiudizi e dell'idolatria e questi han combattuto per essa. La setta del papa re che ha fatto della croce di un Dio di mansuetudine, lo sten dardo dell'assassinio e del brigantaggio, ha messa in completa evidenza la natura del dritto di vino nella sua più pura e genuina sorgente.

Noi siamo alle porte di Roma; il plebiscito de'  gl'italiani reclama la capitale all'Italia il parlamento alzi, alzi la voce e la chieda il principio del non intervento è statuito e riconosciuto, e la bandiera francese dee lasciar libero il terreno tra il popolo d'Italia e i sacrileghi del nome di Dio.

Ma non è così della Venezia, non è lo stesso di questa splendida ed infelice regione che l'agna del cavallo croato calpesta con insolenza, che innumerevoli sgherri percorrono da un capo all'altro e che il quadrilatero, la Sebastopoli d'Italia, trincera e difende contro gl'italiani; e donde le legioni barbariche possono irrompere sul nostro territorio, intendenti ad una vittoria, sicure di una ritirata.

Ma la guerra è inevitabile, e il suo corso sterminatore può esser differito sol di brevi mo menti; ultima grande crisi! immaginarsi che lo scoppio tarderà molto ad avvenire, è un addormentarsi con cuore tranquillo sul lembo d'un precipizio.

Questa guerra potrà aver luogo in due modi: o l'Italia, divenuta regno di 22 milioni ed ardente del fuoco della giovinezza, la farà da se, o con l'alleanza francese. Questo dilemma è più serio, è più vitale per le nostre sorti, di quello che per avventura gli ottimisti politici possano comprendere. In una parola: in caso di emancipazione con le proprie armi e co propri mezzi l'Italia sarà una ed integra; ma ove la bandiera che passò le Alpi e si piantò a Magenta ed a Solferino dovesse ripassarle di nuovo in nostro soccorso; siamo di buona fede: chi garentirebbe l'Unità e l'Indipendenza? Tolga il Cielo che il sentimento di gratitudine nazionale sia bandi to da noi, che ingiusti sospetti né tengano luogo; no, noi sentiamo quanto dobbiamo alla Francia, e forse un giorno, potremo provarlo coi fatti nelle battaglie della civiltà.

Ma sarebbe poi d'altra parte una cecità politica esser immemori di due cose. L'una, che l'iniziativa di Napoleone nel lanciare il suo cavallo di battaglia sulle pianure lombarde, fu la federazione: l'altra, che la nazione francese è av versa all'unità d'Italia. Ciò permesso, fate che l'Italia debba costituirsi definitivamente sotto le armi, e la protezione francese e se v'ha chi viva in piena sicurezza dell'Unità ed integrità nazionale, è invidiabile.

Noi non siamo a tempi dell'età dell'oro. Da banda le utopie: il dritto internazionale fu, è, e sarà sempre poggiato sul dritto della forza, più o meno decentemente. Le nazioni ed i re nulla fanno se non per proprio interesse; tutto ciò è vieto ed è risaputo, sta bene: ma perché allora farsi abbagliare dallo splendore degli alti nomi, della gloria, della simpatia, e di nazioni sorelle? etc. Guai, guai a quel popolo che alla fin dei conti non sa liberarsi da se, e guai all'Italia, se nel le condizioni in cui è, farà il suo passo di carica sulla Venezia, Duce l'Imperatore dei francesi, quel guerriero, che o per soddisfare la propria ambizione, o forse più giustamente per rendersi accetto alla sua nazione, che prima del suo influsso era negativa in gran parte all'Italia, staccò da questa Italia le temute frontiere, ed ahi! ingemmò la sua corona del nostro più prezioso gioiello: Nizza, la patria del nostro liberatore!

Ci potremmo anche ricordare molte altre cose; che l'alleanza d'Italia può venir trovata probabile, o anche dubbia dalla Francia ove quella fosse libera di accettarla o no in determinate eventualità; ma quasi certa quando divisa, sia dominata dall'influenza francese che non si accetta volentieri una potenza di primo ordine confinante che i gabinetti di Europa potranno subire l'Unità, non desiderarla che la sola Inghilterra, che dovrebbe esserle avversa la propugna oggi, per la situazione dell'oggi che potrà cangiare domani, andando noi in faccia ad un colossale e complicato avvenire: e ricordiamoci infine di questo: se Giuseppe Garibaldi non fosse sbarcato sulle nostre coste, con la fede del Cristo, e la fortuna di Alessandro: si parlerebbe oggi forse del regno d'Italia, sarebbe stato nel caso il Conte di Cavour, di appropriarsi l'Unità sull'appoggio dell'iniziativa Piemontese di altri tempi?

Ah! si può dirlo sul tavolo del consiglio di un ambizioso Gabinetto, ma la coscienza dei popoli vi risponderà col suo Verdetto: No!

Ebbene: l'Italia può far la guerra all'Austria?

Il Conte di Cavour, e molto più di lui, l'angiolo sterminatore degli eserciti Nazionali, il Generale Fanti hanno detto di no: e l'hanno fatto.

L'Italia non può misurarsi con l'Austria, protetta dal suo quadrilatero. Ma l'Italia è risorta: cangi faccia, il Gabinetto, cada il Ministro Fanti sotto il giudizio della nazione per la rovina che né ha tentato, spinto da un odio implacabile, e vedremo al Tocsin nazionale, cosa potrà fare in brevissimo tempo questa Italia battezzata da Garibaldi.

(continua)

F. MAZZA DULCINI

Notizie Interne

Leggiamo nella Gazzetta Uff. del Regno i seguenti decreti.

– Con Decreto del 13 marzo corrente, S. M. sul la proposta del Ministro della guerra si è degnata di richiamare in attivo servizio i capitani del già esercito delle Due Sicilie, Orsini Raffaele e Salomone Ga spare, collocati a riposo con Decreto del 27 gennaio p. p., e di promuoverli al grado di maggiore nell'arma del Genio dell'esercito nazionale.

– Con Decreto, in data 15 marzo 1861, S. M.

ha determinato che S. E. il generale cav. Durando Giovanni, ora comandante il 3. Corpo d'armata sia trasferito al comando del 6. Corpo d'armata.

– Con Decreti del 17 marzo 1861 Sua Maestà ha fatto le seguenti promozioni, nomine e destinazioni nel personale degli ufficiali generali e superiori – Cucchiari cavalier Giovanni luogotenente generale, ora co mandante la 5 divisione attiva, è nominato comandante il 3 Corpo d'armata. –Camerana cav. Carlo, maggior generale comandante l'8 divisione attiva, è pro mosso luogotenente generale continuando nel comando della stessa divisione. – Piochiu cav. Alessandro maggior generale, ora comandante la brigata Cuneo, è pro mosso luogotenente generale, e collocato a disposizione del Ministero della guerra. – Bianchi di Pomaretto conte Luigi, maggior generale comandante la brigata delle Alpi, è promosso luogotenente generale e nomi nato comandante la 14. divisione attiva. – Cadorna cav. Raffaele, maggior generale, comandante la 13. di visione attiva, è promosso luogotenente generale e tra sferto al comando della 17 divisione attiva, continuando per ora nella carica di comandante generale mili tare della Sicilia. – Stefanelli cav. Luigi, maggior generale, comandante la 9. divisione attiva, è promosso luogotenente generale, continuando nel comando della stessa divisione. – De St-Pierre cav. Alessandro, maggior generale a disposizione del Ministero della guerra, ora incaricato delle funzioni, di direttore generale delle armi in fanteria e cavalleria nell'Amministrazione centrale della guerra è promosso luogotenente generale è nominato ispettore dell’esercito. Leopardi barone Alberto maggiore comandante la 7: divisione attiva, è promosso luogotenente generale, continuando nel comando della stessa divisione. Regis cav. Gioachino, maggior generale, ora comandante della Brigata Savona è promosso luogotenente generale, e collocato a disposizione del Ministero della guerra – Brignone cav. Filippo, maggior generale, ora comandante la 14 divisione attiva è trasferito al comando della 15 divisione attiva.

Della Chiesa Della Torre cav. Camillo, maggior generale, ora comandante la brigata Piemonte, è nominato comandante della 19 divisione attiva. Righini di S. Giorgio barone Alessandro, maggior generale, ora comandante la brigata Casale è nominato comandante la 5 divisione attiva – Avogadro di Casanova conte Alessandro, maggior generale ora comandante la brigata Bergamo, è nominato comandante la 13 divisione attiva – Cugia cav. Effisio maggior generale a disposizione del Ministero della guerra, è incaricato delle funzioni di direttore generale delle armi di fanteria, nell’Amministrazione centrale della guerra. – Cangia cav Giuseppe, colonnello, ora comandante il Corpo del treno d’armata, è promosso maggior generale e nominato ispettore dell’esercito – Bethlen conte Giorgio, colonnello, ora comandante il reggimento Ussari di Piacenza è promosso maggior generale e collocato in disponibilità. Franzini Tibaldeo conte Paolo, colonnello, ora comandante il 3 reggimento di artiglieria, è promosso maggiore generale e nominato comandante la brigata Cuneo – Ardoino cav. Nicola, colonnello di fanteria a disposizione del Ministero della Guerra è nominato comandante la brigata delle Alpi. –Federici cav. Alessandro, colonnello di stato maggiore è nominato comandante la brigata Umbria.– Mihiet de Faverges cav. Oscarre, colonnello ora comandanteil Reggimento di Novi, è nominato comandante la brigata Como. – Arborio Mella cav. Francesi, colonnello, ora comandante, il 6 reggimento di fanteria, è nominato comandante la Brigata Piemonte. – Alberti di Pesainetto cav. Eugenio, colonnello, ora comandante il 7 reggimento di fanteria è nominato comandante la Brigata Abruzzi. – Gabet cavalier Antonio, colonnello, ora comandante il 14 reggimento di fanteria, è nominato comandante la brigata Sicilia. – Burnod Cav. Carlo Pompeo, colonnello, ora comandante il 3 reggimento Granatieri è nominato comandante la brigata Calabria. -Bussolo cav. Antonio, colonnello, ora comandante il 10 reggimento di fanteria è nominato comandante la brigata Marche – Thaon di Revel cav Genova Gio Battista, colonnello d'artiglieria, è nominato comandante la brigata granatieri di Napoli, continuando per ora nella carica di direttore generale per gli affari nelle provincie napolitane. – Pioa-Caselli cav. Carlo, colonnello di stato maggiore, ora capo di stato maggiore del 4 corpo d'armata, è nominato comandante la brigata Savona. – Marini Cav. Luigi colonnelo, ora comandante il 12 reggimento di fanteria, è nominato comandante la brigata Casale. – Manca cav. Simone, colonnello, ora comandante il 16 regg. di fanteria, è nominato comandante la brigata Bergamo –Valtre di Bono cav. Leopoldo, luogotenente generale d’art. è nominato comandante superiore d'artiglieria nelle provincie napolitane. – Gonzales Gennaro, maggior generale del Genio è nominato membro effettivo del comitato del Genio militare.–Sponzilli Francesco, maggior generale del Genio, è nominato membro affettivo del Comitato del Genio militare –Staglieno commend. Domenico, maggior generale del genio o membro aggiunto del Comitato del genio, è nominato effettivo dello stesso comitato Cerutti: cav. Federico, maggior generale del Genio, ora membro effettivo del comitato del genio, è nominato membro dello stesso comitato – Capelli cav. Luigi colonnello del genio, ora direttore dell'arma in Torino, promosso maggiore generale è nominato comandante superiore del genio nelle provincie napolitane. – Solara cav. Giovanni colonnello d'artiglieria, è promosso maggiore generale nell'arma stessa.

– Con altri decreti, pure del 17 marzo 1861, S. M. ha fatto le seg nomine: Pianell D. Salvatore, già maresciallo di campo nell'ex delle Due Sicilie, è nominato luogotenente generale (con riserva d'anzianità) nel R. esercito, e collocato in disponibilità. – Negri D. Michele, già maresciallo di campo nell'ex-esercito delle Due Sicilie, è nominato luogotenente generale dell'arma d'artiglieria nel R. esercito con riserva d'anzianità.

Polizzy D. Giovanni, già maresciallo di campo nell'ex esercito delle Duue Sicilie, è nominato maggior generale nell'arma d'artiglieria nel R. esercito (con riserva d'anzianità) – Marra D. Bartolomeo, già brigadiere dell'ex-esercito delle Due Sicilie, è nominato maggior generale nel R. esercito e collocato in disponibilità – Barbalonga D. Gaetano già brigadiere nell'ex-esercito delle Due Sicilie, è nominato maggior generale nel R. esercito, e collocato in disponibilità.

– Leggiamo nel Diritto del 22 corr. sotto la Rubrica.

COSE DI NAPOLI

Grande era l'aspettazione nel pubblico di intendere qualche cosa di preciso intorno alle condizioni in cui ora vertono le provincie meridionali, e che tutte le corrispondenze concordano nel de'  scrivere assai gravi e minacciose. E se grande era l'aspettazione ancor più grande fu la delusione in cui, col pretesto che si era dimesso, il ministero ci ha lasciati; né dicendo egli il pensier suo, né lasciando che altri esponessero al mondo la dura verità. E diciamo col pretesto; avvegnacché non sappiamo scorgere la ragione per cui, quand'anche i ministri fossero dimissionarii, la Camera non potesse occuparsi dei mali che affliggono quelle provincie sorelle e dei rimedi che stimansi più acconci.

Per altro, se cercò d'impedire le interpellanze, non s'è trattenuto per questo il signor Cavour di far palese il suo pensiero, che è non di cambiare le persone, ma di manomettere affatto il sistema onde quelle provincie ora sono governate, abolendo la luogotenenza, e sottoponendole al governo diretto di Torino. Noi sappiamo che i nostri amici eran pronti a combattere tale progetto, ove si fosse lasciato discutere. E né sia prova il seguente discorso che già aveva preparato, anche a nome di parecchi suoi compaesani, l'egregio deputato Ranieri, che il mondo da lunga prezza conosce, come uno dei più distinti filosofi onde s onora l'Italia contemporanea. Noi siamo grati all'egregio uomo d'avercene concessa la pubblicazione. Eccolo:

Signor Presidente!

Io sarò brevissimo; e mi sforzerò unificamente nel ridurre la quistione ne' suoi veri termini. E, per non promuovere sentimenti amari e discordi, mi farò scrupolosa coscienza di non parlar degli uomini, e parlerò solo del sistemi.

I mali che affliggono le provincie meridionali, sono innegabili, ed avrebbero imposto a molti deputati il debito d'interpellare il ministero. Ma una interpellazione in forma, sino a poco fa, mistica, ha preoccupati tutti i passi; la quale attribuisce tutti quei mali al sistema autonomico, benché serbato finora nella forma piuttosto che nella sostanza; e propone, per panacea, la unificazione immediata.

Io sono per l'opposto di credere, che quei mali sieno derivati segnatamente dalla violazione troppo rapida e selvaggia di quella autonomia, dalla quale bisogna indubitatamente passasse alla unificazione, ma con prudente e mediato passaggio.

Se s'ha a scendere dal quinto piano in sulla strada, bisogna scegliere la via della scala e non quella della finestra. Ed io non so intendere perché non debba aversi alle necessità napoletane e siciliane quel sapiente e politichissimo riguardo, che s'è avuto alle necessità toscane, quando, per lontananza, grandezza e stato morale, tutte le ragioni d'un indugio maggiore militano assai più potentemente per le prime.

lo non ignoro già che di Bettino Ricasoli v'è pochi al mondo. Ma tutti ignoriamo le vie segrete della Providenza; e dee bastarci l'operare secondo la ragione e la coscienza, che sono pure le due più belle derivazioni di quella Providenza.

L'autonomia non è un fatto artifiziale. Essa è l'effetto necessario delle leggi particolari ed anteriori onde s'è retta una determinata provincia; ed il negarla, quando quelle leggi sussistono ancora, Sarebbe come negare il sole o il movimento diurno.

Questi argomenti per così dire, a priori, sono prodigiosamente confermati da tutti quelli che possono desumersi a posteriori.

In effetto, non l'autonomia, o la luogotenenza che ne determinava la forma; ma il legiferare invece di governare ei amministrare, anzi il non governare, né amministrar punto, ma il dare, invece, con la scure sopra instituzioni, se non ottime, né anche pessime, radicate e coordinate in quelle provincie da oltre a mezzo secolo; l'aver distrutto e disordinato l'antico, cosa, di sua natura, rapida e facile, senza aver avuto i tempo di edificare ed ordinare il nuovo, cosa, di sua natura, tarda e difficile; in somma l'aver troppo manomessa, non già l'aver troppo rispettato ciò che suol chiamarsi autonomia, sono state le cagioni precipue che hanno ridotte quelle provincie né termini in cui ora si travagliano.

Qui cadrebbe in acconcio il domandare, qual era la fonte legittima di quel malaugurato legiferare, quando voi, ch'eravate i soli legislatori possibili, non eravate ancora né raccolti in questo recinto, né ancora solamente eletti al vostro uffizio supremo?... E qui potrei avermi assai facile vittoria de'  due o tre vani sofismi che sono stati sparsi sul proposito.

Ma s'io toccassi, solamente, simiglianti lati della quistione, o, quel che sarebbe anche peggio, s'io mi mettessi a tessere la storia dei fatti e delle conseguenze individue che derivarono dall'applicazione de'  falsi sistemi cui ho dinanzi accennato, non solo né fastidirei troppo lungamente questa Camera, ma ancora mi sarebbe impossibile di non isdrucciolare nel terreno scottante delle personalità, e di non oltrepassare i limiti di quella moderazione che, per l'amore della santa causi commuue, mi sono rigorosamente in posti.

Laonde, mantenendomi nella serie, meno torbida e più serena, delle massime e de’ principi, io concluderò in nome mio e di tutti que miei nobili paesani e col leghi che mi onorano della loro amicizia politica, che conosciuta la vera natura de'  mali e le vere cause on d'essi sono derivati, non è difficilissima né la determinazione, né l'applicazione dei veri ed opportuni rimedi. Questi rimedi, nell'intimo convincimento della nostra coscienza, consistono, non nella metamorfosi, scenica piuttosto che storica, della passata separazione in una unificazione che solo un equo e giusto tempo può rendere possibile; ma in un saggio, a un tempo, ed operoso preparamento di quella unificazione: preparamento che potrà solo ottenersi da una temporanea autonomia puramente e semplicemente amministrativa, dove una franca e leale libertà locale sia prudentemente contemperata con una franca e leale dependenza dal potere politico centrale. E qui lascio con piacere ad un mio onorevole e chiarissimo collega, il nobile carico di formulare, in un ordine del giorno, la perfetta sospensione o la severa esecuzione di alcuni ordinamenti, con o senza i quali non né pare possibile di ottenere la guarigione di un tanto malato.

Resta la questione del deputare al grande uopo coscienziosi, pratici e sapienti amministratori. La quale, a mio credere, non è una quistione.

Quanto a me, io darei immediatamente la mia dimissione dall'altissimo onore di sedere in questo supremo consesso e correrei a chiudermi in Vallombrosa, se, un momento sulo, potessi persuadermi, che la patria di Vico e di Genovese, di Filangieri, di Galiani, di Pagano e di mille altri, mancasse ora di due o tre uomini onesti e saggi, capaci a menare per pochi mesi un’autonomia amministrativa.

Nè so, finalmente, intendere, per quali irrepugnabili ragioni abbiano a risolversi, qualche mese prima, con grave pericolo di sventure civili, problemi, presso che di presente insolubili; i quali, qualche mese do po, troverebbero la loro facile, naturale e normale risoluzione, nel ritorno della gran madre Roma, alla gran famiglia che l'aspetta.

Che se molti fra i miei onorevoli colleghi delle provincie meridionali mi hanno incoraggito al grande onore di manifestare in questa Camera la loro opinione collettiva i torno a un argomento tanto grave e tanto delicato, egli è perche essi non hanno, per avventura dimenticato, che trent'anni fa, quando dovevano ancora passarci sul capo le tristi e sanguinose esperienze del neo federalismo clericale e di non so quante altre sorte di separatismi, io stampava, in un volume intero, e sotto il naso di sette tiranni in partecipazione, la mia inconcussa fede unitaria, ed in un volume intero accennava ed aspirava a questo prodigio di que sta unità, che sole avrebbero potuto compiere un dì le sacre nozze del suffragio popolare con la gloriosa casa di Savoia!...

ANTONIO RANIERI

Notizie Varie

VENEZIA

Il Comitato centrale che ha la sua sede a Venezia invio nelle provincie il seguente manifesto, che si trovò in più luoghi appiccato ai muri: Concittadini: L'imperatore d'Austria ha proclamato una costituzione: nuovo tradimento! Anche deputati delle nostre provincie dovrebbero sedere nel Consiglio dell'Impero in Vienna: bestemmia! Ciò che dà l'Austria non e, non può essere, non dev'essere cosa nostra. E poi badate ludibrio infamie! I nostri rappresentanti dovrebbero essere nominati dalla congregazione centrale che non e competente, che non mai avuto mandato per no mirare i rappresentati della nazione, creatura essa stessa del governo straniero.

Eppure potrebbe avvenire che la viltà di alcuni si accinga a dare esecuzione all'imperiale decreto. Vi ha anche fra noi degli infami e dei venduti, ve n’ha nella congregazione centrale. Protestiamo dunque fin d'ora contro una nomina illegale, nulla; protestiamo contro una qualsiasi partecipazione ad un consiglio, ad una assemblea, che non sia il Parlamento Italiano.

Concittadini! quanti siete dal Mincio all'Adriatico, dal Po alle vette delle Alpi, non tollerate il disdoro che alcuno del nostro paase vada ad occupar un posto uel consiglio dell'impero! In questi momenti supremi sarebbe un'onta per la Venezia, un cruccio per l'ita mia, un pretesto ai nemici del nostro riscatto per ac cusarci innanzi all'Europa.

E però il vostro comitato si affretta a denunciarvi come nemico e traditore della patria chiunque si presterà a nominare cotali deputati, e chiunque accetterà tale incarico.

Concittadini, pei nemici della patria non vi sia transa zione, non vi si sta pietà, noi si accordi indugio ! Bisogna combatterli fino all'estremo con ogni mezzo, senza compassione. Non si discuta del come quando si tratta di salvare il nostro onore, di ricuperare la nostra libertà! Viva l'Italia una! Viva il nostro re Vittorio Emmanuele!

Venezia, nel marzo 1861.

Il comitato centrale veneto.

AUSTRIA

– Telegrammi i fonte austriaca, in data del 21, recano.

Il risultato delle elezioni per la nostra Dieta è liberalissimo: riuscirono eletti i signori Schmerling, Pillersdorf, Berger, Brestl, Zang (redattore della Presse), Schuselka, Kuranda (redattore dell'0stdeutsche-post), Muhlfeld, ecc. S. M. l'Imperatore recherassi ne’ primi giorni di aprile a Buda.

– Leggesi nella Triester-Zeitung del dì 20 marzo:

Secondo che veniamo a sapere, fu nuovamente permesso ai navigli della Romagna e delle Marche di esercitare il cabotaggio lungo le coste austriache.

RUSSIA.

– scrivono da Varsavia, in data del 16 marzo alla Gazzetta Prussiana:

I giornali d'oggi contengono il proclama seguente del principe luogotenente agli abitanti di Varsavia.

Per metter fine agli eccitamenti dei male intenzionati, che tendono a provocare delle dimostrazioni nelle strade, di qualunque genere possano essere, si fa sapere di nuovo col mezzo del presente, che tutte que ste manifestazioni sono illegali e pericolose pella pubblica tranquillità, e che per conseguenza tutti gli assembramenti sulle piazze o nelle strade allo scopo di manifestazioni e di processioni, quali che possano essere non ordinate dall'autorità ecclesiastica, rimangono severamente proibite.

Abitanti di Varsavia.

Ascoltate i miei avvertimenti; non mi obbligate ad impiegare mezzi dolorosi per comprimere i disordini col mezzo della forza armata. L'autorità di polizia è incaricata nel tempo stesso di comunicare il presente a tutti i proprietari di casa; affinché essi lo facciano conoscere agl'inquilini, e così nessuno possa addurre a pretesto di averlo ignorato.

– L'Oesterreichische Zeitung riferendo il proclama del principe Gorciakoff, da noi riportato qui sopra, soggiunge:

Il proclama del principe Gorciakoff fu provocato da una gran dimostrazione di donne, che andavasi progettando. Speravasi infatti che il governo non opporrebbesi ad una dimostrazione, alla quale non prendessero parte se no signore, né manderebbe i cosacchi a sperderle. La dimostrazione avrebbe dovuto avvenire oggi ma in fatto ºn accadde, essendo stata prevenuta dal proclama.

– Scrivono da Berlino in data del 20 marzo all'Havas:

Il manifesto relativo all'emancipazione dei paesani produsse un’eccellente a Varsavia. Una deputazione della delegazione dei cittadini complimentò la nobiltà. polacca del comitato agricolo, il quale aveva eciso spontaneamente, la concessione di terre ai paesani. Essa espresse la fiducia che le riforme relative a quest'oggetto non tarderebbero ad essere poste in pratica in Polonia.

-Scrivono per via telegrafica da Pietroburgo, in data del 19 marzo, all'Havas Bullier:

Allo scopo di procedere in modo uniforme nell'affare relativo all'emancipazione dei servi s'è formata una commissione sotto la presidenza del granduca Costantino.

Il manifesto, dell'imperatore produsse un'impressione favorevole tanto qui, quanto a Mosca.

Recentissime

TORINO

– Informazioni del Corriere Mercantile recano che il governo pensi davvero ad unificare tutte le diverse specie di debito pubblico esistenti in Italia, Il Senato del regno nella pubblica sua adunanza di ieri l'altro ha continuato, la discussione del disegno di legge per "dei vincoli feudali in Lombardia e ne ha approvato gli articoli 2, 3 e 4 colle modificazioni proposte dall'ufficio centrale ed accettate dal ministero.

Durante la seduta venne pure estratta a sorte nna deputazione di dieci senatori per assistere all'inaugurazione del monumento a Daniele Manin.

Commissioni parlamentari. – Gli uffizi della Camera dei deputati hanno nominato le seguenti commissioni: Per esaminare la proposta di legge relativa a – Di sposizione per regolare le tasse e i dritti di marina – i signori; Depretis, 1. ufficio; Bo, 2 uff.; Molfino, 3. uff.; Allievi, 4. uff.; Devincenzi, 5. uff.; Costa. 6. uff.; Torrearsa, 7. uff.; Monticelli, 8.; Dino, 9. officio.

CORRISPONDENZA DELLE PROVINCIE CATANZARO

Alla vigilia della festa di Garibaldi questo scritto era l'eco dei sentimenti di quel popolo gene roso e civile.

Cittadini Martedì è il 19 Marzo, martedì ricorre un nome che fa palpitare ogni petto in cui batte cuore italiano. Catanzaro non ultima fra le città del bel paese, Catanzaro la più numerosa ma sempre la più dignitosa durante la tirannide Borbonica fu forse la prima che spontaneamente compì una gloriosa rivoluzione al grido di GARIBALDI. Memori di tanto, noi tutti di ogni con dizione, di ogni sesso, di ogni età non abbiamo sul labbro che quel nome, esso è il nostro grido di riunione, il nostro talismano, il nostro orgoglio. Chi è di noi che possa pronunziarlo senza sentirsi scorrere per le vene inusati moti di dolcezza, senza richiamar sul ciglio lagrime di tenerezza. Como, Varese, Marsala, Calatafimi, Melazzo, Maddaloni sono i fasti più gloriosi della nostra penisola, perché giovani volontari male armati, mal vestiti vincevano sgherri, è vero, ma agguerriti e numerosi.

Chi oprava tali miracoli? Il sentimento di libertà ed indipendenza. Chi li dirigeva? GARIBALDI.

A lui dunque sian grazie a lui tributiamo quanti omaggi sta in noi di rendergli. Concorriamo tutti, martedì, è un gran giorno, è una festa nazionale, tutta l'Italia la solennizzerà, e noi non dovremo restare tra gli ultimi.

Ognuno dia per quanto può e noi compiremo un dovere, si, non altro che un dovere, ma sacro a noi tutti.

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Egregio sig. Direttore,

cosa veramente affannosa e desolante il leggere i nostri giornali ed il sentire quel che pubblicamente si va dicendo! Ogni giornale registra ingiustizie mancanza di delicatezze e peggio: ognuno parla di enormezze,di bassi intrighi. Ma è ciò vero? Veramente il nostro paese è arrivato a tale stato di corruzione sociale? Se non è tutto vero quanto si dice, disgraziatamente non è tutto falso! Assolutamente si deve apprestare un rimedio a tanto scandalo! Fino a che i buoni costumi fino a che lo mora le pubblica non saranno un fatto, certe misure sono necessarie. Se non vogliam veder rovinato il nostro paese bisogna parlar chiaro – bisogna dire la verità per quanto dura possa essere. Non ci è tempo da perdere: se non vogliamo far naufragio bisogna a tempo provvedere. Noi possediamo un potente ed efficace rimedio – noi abbiamo la libertà della stampa! Se non ne sappiamo profittare si mostra all'Europa di essere noi schiavi –indegni del nome di uomini liberi! Si pubblichino con franchezza le ingiustizie le immoralità le parzialità che succedono. – In questo solo modo si potrà dare con freno per lo avvenire, e riparare il male fatto. I buoni gli onesti fremono al racconta di tante e tante enormezze – bisogna dare una soddisfazione alla giustizia ed alla morale fino a questo momento maltrattate e vilipese! Se noi sappiamo profitta te della libertà della stampa – se una discussione onesta moderata riflessive ed intelligente prenderà il luogo delle sterili declamazioni – se si pubblicheranno fatti precisi e non dicerie superlative – se si smascheranno gli ipocriti, e non si niegheranno le dovete lodi a chi merita -se la stampa adempie a questo nobile mandato il Paese si moralizzerà ed il governo ne sarà illuminato.

Signor Direttore, vedendo che Ella non diverso avvia mento vuole dare al suo pregevole giornale, La prego vo ler gradire le mie congratulazioni. Il paese, assetato di giustizia, stanco delle mille e mille parzialità, eterna mente le sono obbligato.

Gradisca i miei ossequi.

Napoli 22 marzo 1861

Suo Amico e servo

Lelio Gatti.

Allo Egregio Signore

Il Direttore del Parlamento.

CORRISPONDENZA DELLA PERSEVERANZA

Torino, 22 marzo

Il Ministero è definitivamente composto, con quei nomi che vi accennava il telegrafo di ieri sera. Napoli avrà agricoltura e commercio, Cassinis la giustizia, Niutta sarà ministro senza portafoglio. Si parla, con molta insistenza ed io ci credo, di Cordova segretario generale alle finanze, e di Pisanelli al Ministero di grazia h giustizia. Come vedete, il mezzodì dell'Italia ha una larga rappresentanza nel nuovo Ministero.

Or credo bene farvi conoscere alcuni particolari delle vertenze che hanno concorso alla formazione del Ministero.

Torrearsa e Poerio furono tra i primi chiamati dal Re. Essenzialmente si volevano avere ministri napoletani e siciliani e però si ebbe desiderio di intendere il consiglio di due uomini che sono tra i più rispettati ed autorevoli delle provincie meridionali. Ma Poerio dichiarò non poter entrare nel gabinetto, giacché dissenziente, in quanto agli ordini interni, sul progetto delle regioni, non avrebbe avuta piena libertà di com battere le idee che egli non reputava le migliori, e non poteva armonizzare con il pensiero, che fu norma agli studi del ministro dell'interno.

È sommamente dispiacevole, lo dico per incidenza, che il progetto delle regioni, specialmente per ciò che con cerne lo scentramento e la delegazione dei poteri ministeriali ed organamento dei governi regionali, unico con trappeso alle tendenze di accentramento assoluto; è sommamente dispiacevole, dico. che il progetto non abbia per sé l'assenso e l'autorità di Poerio. Io non dispero, tutta via, dei risultati: gli studi del Parlamento persuaderanno che non è con l'imitare gli ordini francesi che si può formare e fortificare l'Italia; e che la struttura organica più semplice non è sempre la più naturale, né la appropriata alle creazioni più squisite dell'ordine fisico e dell'ordine morale.

Il Torrearsa, uomo di alto ed onorato intelletto, non accettava per ragione contraria. Per lui l'ordinamento regionale è essenzialmente concatenato alla civiltà, alla libertà, all'avvenire dell'Italia; egli avrebbe voluto entrare in un ministero, il quale avesse in proposito opinioni più spiccate e più risolute, e però fosse disposto far della proposta di ordinamento amministrativo una questione ministeriale.

Il Ministero, diceva egli, è tenuto affermar risoluta mente il proprio concetto: allora intorno ad esso si aggruppano i voti favorevoli, contro si determinano i voti contrari. Le opinioni si fissano, e il Ministero ha tanto più autorità in quanto mostra di avere un'iniziativa; una convinzione profonda, in quanto, insomma, rappresenta un'idea.

Quindi fu domandato il Niutta, di cui vi dissi ieri, al quale si offerse il portafoglio di grazia e giustizia.

Il Niutta non accettava di entrare nel consiglio dei ministri, se il portafoglio di grazia e giustizia non rimanesse al Cassinis. Sia detto qui a schiarimento, il Niutta non ha la parola facile, ed è nella quasi impossibilità di sostenere una lunga pubblica discussione. Invece del Torrearsa fu chiamato il Natoli, uomo rispettato e intelligente, deputato di Messina, e però meno determinato forse in quanto agli ordinamenti amministrativi del regno.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Parigi 22 marzo.

Gli abitanti di Corfù soscrivono una petizione, la quale domanda l'annessione delle Isole Jonie al regno di Grecia, essendo esse esclusiva mente composte di Greci. Le soscrizioni sono numerose.

Lo Czar ha deciso di mantenere le concessioni alla Polonia; ma rifiuta di stabilire la costituzione del 1815. Corre voce, che Gorciakoff sarà sostituito.

A Berlino si parlava di una crisi ministeriale ma ora dicesi che il Ministero Hohenzollern resterà.

Nel corpo legislativo francese Lemercier parla in favore del papa.

Il Comitato di Pest ha fatto una dichiarazione, in cui è detto, che fino a tanto che non avrà luogo l'incoronamento, secondo il senso delle leggi ungheresi, i rapporti dell'Ungheria coll'Austria saranno fondati soltanto sulla unione personale, secondo la prammatica sanzione e le leggi del 1790. 1825 e 1827.

Dispacci elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 25 (sera)– Torino 24.

Parigi 24 – Costantinopoli 23. La Prussia e l'Austria hanno inviato, come la Francia e la Russia note reclamanti riforme genti a causa dell'insurrezione della Erzegovina.

La Porta ha chiamato 50,000 Redif a Beirouth. L'emigrazione de'  cristiani a Damasco continua.

Napoli 25 (sera tardi)–Torino 25

Parigi 25–Itzehoe 24.La Commissione della Dieta ha deciso di non sottoporre il bilancio dei Ducati all'esame del Go verno Danese.

Costantinopoli 13. Malcontento generale dell'esercito, i funzionari non a vendo ricevuto il mese di soldo dal cominciare la quaresima.

Napoli 26 – Torino 25 (sera)

La Gazzetta Ufficiale pubblica un decreto portante, che a partire dal mese di aprile la Direzione Generale delle Poste, Telegrafi, e Ferrovie in Napoli è soppressa. Gl'impiegati di quell'amministrazione faranno parte del personale dipendente dal Ministero dei lavori pubblici.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 27 Marzo 1861 N. 27

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 27 MARZO 1861

IL GOVERNO D ITALIA E LA GUERRA

Il Ministro della Guerra è incompatibile con questa Italia, surta alla riscossa, e che per emanciparsi completamente ha bisogno del concorso e dello entusiasmo dei patriotti e dei guerrieri – Fanti è una sinistra figura politica, che si disegna a grandi tratti nel glorioso orizzonte del movimento nazionale, è una nube, che volteggia sulla splendida fase del mezzogiorno di Italia.

È forza ripeterlo: il Duce del popolo, il liberatore fu sostituito dopo il plebiscito, rassegnando i poteri della rivoluzione; ma lo fu indegnamente e sotta una forma rivoltante. L'uomo della vendetta, l'inimico di Garibaldi, viene e soppianta l'Eroe. Da quel punto lo splendido movimento della rigenerazione si fermò, retrocedette al tocco di questa torpedine politica, ed il Genio dei popoli, che al pari di Minerva era balzato tutto armato dalla terra del mezzogiorno, si dileguò ad un tratto, come una magica visione.

Fanti rappresenta il dualismo, e il dualismo è fatale alla Italia. Fanti personifica in sé la in gratitudine ed il principio retrivo, e finché egli sta al potere, la conciliazione dello elemento combattente è impossibile.

Ma la nostra posizione è questa: lo esercito regolare allo scoppio di una guerra, non che attaccare il quadrilatero, non basta forse né anco a tutelare con piena sicurezza la Italia; ma lo sia: l'Austria è sempre inattaccabile.

Abbisogna un grand'esercito alla nazione, non è questione di meschini armamenti. Ebbene lasciate il vostro alto seggio dittatoriale Signor Conte di Cavour, guardate le contrade del Napolitano, che rappresentano presso a poco mezza la Italia, e vedete se battendo col piè questa terra potrete far sorgere uno esercito. Dove sono i sessantamila soldati del Borbone, massa, che fusa si sarebbe o Italianizzata, o meccanicamente battuta. – Sparsi pei villaggi e le campagne natie, retrivi a tornar sotto le bandiere. Ma questo sparso elemento si sarebbe ridotto ai suoi posti militari, con quella facilità, con cui si riconduce l'ovile sotto la bacchetta del pastore, se questa bacchetta non fosse stata franta, e calpestata con disprezzo. Voi m'intendete. I patriotti gli uomini del movimento e della forza sono stati dalla vostra gelosia manomessi completamente: i corpi militari organizzati dalle provincie per la propria sicurezza sono stati da voi distrutti – la Guardia Nazionale non è stata organizzata: i vostri agenti o Dittatore d'Italia o ànno tradito il mandato, o il mandato fu una parola d'ordine.

Provatevi in queste condizioni ad ordinare in queste provincie una leva eccezionale che risponda alle urgenze della nazione; seguitate il sistema disorganizzatore, e scorgerete le difficoltà balzanti dal tavolo della presidenza alla esecuzione del decreto. Di qual leva farete voi usa? a quale forza, a quali risorse voi ricorrerete? se lo incubo della reazione, morale, del municipalismo, continua a pesare su questo popolo – è forza il dirlo–disilluso? Il popolo è lettera morta: quando la vita, l'entusiasmo è strozzato, voi non potete allora calcolare che su i vantaggi di fatto, che sulla tavola pitagorica, e non su i sacrifizi. Via, formulate uno appello a queste popolazioni: dite loro dalle falde delle Alpi dove stanno spiegate le tende politiche della Italia, occorrete o generoso popolo allo appello della Patria, raccogliete o patriotti sotto i suoi sten dardi le sparse schiere Borboniche, fate uscire uno esercito dalle viscere della terra dietro un decreto del governo: abnegazione e patriottismo! coraggio e sacrifici!

Voi non potete o Presidente del Consiglio parlar loro così. Il vostro linguaggio non verrà preso sul serio; voi avete agito in modo che l'abnegazione ed il patriottismo dovessero essere tenute un'insensatezza, o una foga compassionevole della giovine età. Queste popolazioni sono profondamente disgustate di voi e de’ vostri agenti: Demostene, Cicerone, Eschine, e i più celebri oratori del mondo non riusciranno mai più a persuaderle del contrario, e le cose sono giunte a tale ritenetelo e non credete a vostri adulatori che l'eletta del patriotti che vuole ad ogni costo l'Unità, e vede nella disunione la per dita di questa, si è resa ormai inetta ed impotente presso di loro, a meno che non sia per eccitarne il risentimento, opera, s'intende, assai ben lontana dalle loro idee; ma voler ricondurre le moltitudini verso di voi, è un perdersi gratuitamente. Sforzarsi insomma di patrocinare la vostra causa è un gittare ai canti della strada la propria popolarità. Che ve né pare di questo fenomeno?

Ma il Conte di Cavour non può declinare dalla sua grandezza, il grande astro d'Italia non tra monterà annullarsi? – Cadiamo nella favola, compromettiamo il paese all'esteriore; e poi lottiamo contro la morale impossibilità. Ciò, come sapete, non avverrà.

E sia –

Ma se una via restasse ancora aperta alla salute: se voi Conte di Cavour, che pure altra volta aveste dei meriti presso la patria per la splendida iniziativa di quei tempi, se voi volete salvarvi dal domane, e fare veramente l'Italia Una via le reticenze, di questo si tratta! e certamente né avete in fondo l'idea, pigliate una risoluzione pria di pronunziarvi alla camera: una! non v'ha mezzo al mondo che possa altrimenti riconciliarvi col Napolitano. –Voltate la faccia dagli uomini che qui ressero in vostro nome e parte; condannateli, perché questi uomini, salvo le onorevoli eccezioni, e salvo le buone intenzioni frustrate di qualche illustre, hanno indirettamente, ma con un sistema pratico sorprendente lavorato per la federazione; fatta la causa dei futuri pretendenti. Nol fecero dolosamente, sta bene; ma lo fecero, e parlano i fatti. Il Napolitano si trova per opera loro, come un vasto campo di battaglia all'indomani di una disfatta, e le ambulanze politiche lo percorrono in tutti i sensi.

Voi dovreste avere il coraggio della situazione poiché il coraggio come il genio vanno in voi di pari passo; ma un gretto municipalismo ed una gelosia indegna di voi vi hanno adesso impicco lito ed ecclisata la vostra stella. Peccato per voi e più per l'Italia! Ebbene! senza pretendere da voi un sacrificio superiore alle vostre forze; declinate una volta l'indirizzo dato al napolitano, come opera non vostra, ed avrete fatto un passo immenso. Riserbatevi la gloria di rialzare un edifizio crollante: uscite dal la vostra nicchia di municipio e guardate in faccia l'Italia! Reggenti, indirizzo, vecchia politica, tutto scompaia! Sono grandi momenti: si addensano le nubi intorno a noi, si ode il rombo precursore della tempesta; chi può misurarne la portata? Vedete là quello scoglio solitario in mezzo a flutti mugghianti? là è il fuoco vivente di Vesta, là sta il Palladio della patria. Non retrocedete: Voi sarete più grande di prima.

Fate un passo verso Caprera, e quell'uomo fatto ad immagine del Nazareno vi verrà incontro con le aperte braccia. Oh non vi s'innalza l'anima pensando che quell'Essere tanto oltraggia to sarà il primo de'  vostri amici, il vostro fratello? Invocatelo! invocatelo a tempo! Ch'egli lanci di nuovo la sua parola fra queste genti, che il suo piede benedetto ricalchi la sua orma tra noi e la vita della nazione balzerà in piè, come se questa sincope mortale non fosse avvenuta. Allora il nome di Vittorio Emmanuele sarà un'altra volta il grido di guerra e di salute per tutti, e il vostro nome echeggerà con quello dello Eroe che in tutti i punti di Europa suona co me quello di un Dio. Le vostre forze congiunte tenderanno l'Italia invincibile, l'aiuto dello straniero non sarà più una fatale necessità. Vengano gli aritmetici con la tavola pitagorica; centomila uomini armati li smentiranno i lancino l'accusa di incompiuta organizzazione, risponderemo vincendo. Il genio, l'artiglieria tale qual'è o sarà in brevissimo tempo basteranno al loro compito: i combattenti non mancheranno: avete visto miracoli, queste cose nol sono. E tutto ciò non è consentaneo al primo risorgere di una grande nazione, al rialzarsi della razza romana che si avvia al Campidoglio? – Sì, ma... tutto questo è poetico: mettete ciò in versi, e fatelo accompagnare dal la musica. Nò, in nome di Dio. Era poetica la caduta di una monarchia nel modo come avvenne: fu poesia il passo di carica da Calatafimi a Palermo, da Reggio a Napoli.

Ma ciò non lo è; e se non avverrà, gli è perché l'orgoglio degli uomini di gabinetto, la gelosia, e le meschine passioni locali, nol vorranno. Allora provveda Iddio. Se la ruota del tempo seguiterà ancora sul vecchio sentiero, avremo bisogno della Provvidenza e si vedrà allora chi siano stati i poeti e chi gli uomini di stato.

F. MAZZA DULCINI

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati – Tornata del 23 marzo

Pres. RATTAZZI

Assistono alla tornata, nella tribuna della diplomazia, i signori Havin, Taxile Delord, Anatole de La Forge, ecc., ecc, rappresentanti della stampa francese, che trovansi nella nostra città per l'inaugurazione del monumento a Daniele Manin.

Letto il verbale, un sunto di petizioni e l'elenco degli omaggi, il presidente annuncia che gli uffici hanno approvato la lettura del progetto di legge del deputato Ricciardi pell'incameramento dei beni ecclesiastici, e prega il proponente di fissare il giorno in cui egli vorrà svolgerlo.

Ricciardi e Rattazzi parlano e convengono sul giorno in cui sarà data lettura del progetto, ma non ci vien fatto d'intendere qual giorno sia questo.

Cavour prega Massari di desistere dalle sue interpellanze o differirle dopo quelle di Audinot alle quali egli sarebbe disposto di rispondere lunedì.

Massari assente a differirle, ma persiste nel proposito di farle.

Presidente. Benché il deputato Audinot sia assente, credo che non avrà difficoltà ad acconsentire che le sue interpellanze siano fissate a lunedì, Resta inteso che dopo le sue saranno all'ordine del giorno quelle del deputato Massari.

Cavour communica alla Camera che i ministri degli esteri, della guerra, di grazia e giustizia, dell'interno e della marina conservano il loro porta fogli; che a quelli della pubblica istruzione, dell'agricoltura e commercio, i quali cessano dalle loro questa sincope mortale non fosse avvenuta. Al funzioni, furono surrogati signori De Sanctis e Natoli e che fu nominato ministro senza portafoglio il senatore Niutta presidente di cassazione a Napoli. Di più il re alle ripetute istanze di Vegezzi accolse le sue demissioni nominandovi in sua vece il deputato Bastogi; ma questi avendosi dovuto assentare per alcuni giorni. Vegezzi acconsentì a ri tenere durante i medesimi interinalmente il portafogli.

Nella politica estera il nuovo ministero accetta interamente il programma dell'antico: rispetto all'andamento dell'interno il ministero non si discosta dai principii esposti da Minghetti nella sua relazione al Parlamento; rispetto all'amministrazione delle provincie meridionali del regno poco ha da aggiungere a quello già detto quando espose i motivi della dimissione del precedente gabinetto; credo però dichiarare sin d'ora che il ministero intende conservare il luogotenente sì a Napoli che a Palermo sinché siasi provveduto al riordinamento del regno; ma intende nello stesso tempo introdurre nei consigli di luogotenenza modificazioni che possano dare maggior forza all'azione di quei governi locali, e facciano che la risponsabilità dei consiglieri della Corona sia contemporaneamente intera.

E intenzione altresì del ministro d'introdurre al più presto il principio della promiscuità degli impieghi.

Spero che la Camera non negherà al nuovo ministero il suo concorso.

Petruccelli vorrebbe sapere se le profonde modificazioni che s'intende introdurre nei consigli di luogotenenza saranno tali da dover essere fatte con apposito progetto di legge.

Cavour risponde che saranno fatte per decreto reale.

Petruccelli. Ho il dispiacere di dichiarare ch'io non sono soddisfatto delle spiegazioni.

Non si tratta qui d'un governo regolare, ma di un governo irregolare stabilito in tempo e per bisogni eccezionali.

Si tratta ora di stabilire un governo regolare; perchè si vuole continuare nel sistema di luogotenenza non so perchè il governo non voglia dare alla Camera quel che le compete, facendone partire da lei la riorganizzazione.

Ricciardi appoggia pienamente Petruccelli.

Minghetti. Colle modificazioni che ora si vogliono introdurre non si tratta che di pervenire a quel definitivo riordinamento del regno che tutti desiderano.

Non si tratta di stabilire uno schema nuovo dell'amministrazione di quelle provincie pel breve tempo in cui si dovrà perdurare in questo stato transitorio.

Presidente osserva che la discussione è fuori luogo e che si potrebbe differire al giorno prossimo in cui avran luogo le interpellanze Massari.

D. Ondes Reggio che aveva domandato la parola si fa persuaso delle osservazioni del Presidente, e rinuncia alla parola.

Miceli domanda al ministero informazioni intorno alla voce delle truppe francesi.

Cavour (imbarazzato) risponde che per oggi non potrebbe dare alcuna risposta in proposito: risponderà lunedì; dichiara però che la notizia non è sinora giunta al ministero né dalle autorità civile, né dalle militari.

Presidente. Comunica alla Camera la risposta del re all'indirizzo presentatogli dalla Camera in risposta al discorso della Corona.

Pepoli annunzia che deporrà oggi stesso al banco dalla presidenza una petizione degli abitanti di Viterbo e prega ne voglia fissare la relazione al giorno delle interpellanze Audinot.

Cavour. ll ministero non ha obiezione da fare alla domanda del deputato Pepoli.

Si riferiscono elezioni e sono convalidate quelle del sig. Interdonato, Plutino Agostino; è annullata quella del prof. De Meis.

Sorge quistione sulla eleggibilità del canonico Del Drago in favore del quale alcuni oratori invocano la condanna politica da lui subita, in ?orza della quale, a loro dire, egli deve intendersi decaduto dal canonicato.

Dopo viva discussione, la Camera respinge le cochiusioni dell'ufficio il quale stava per lo annulla mento della elezione.

Esaurite le relazioni sulle elezioni, il presidente dà la parola al deputato La Marmora per le sue interpellanze.

La Marmora (Movimento d'attenzione). Esordisce dicendo che crederebbe di mancare ai suoi doveri se tacesse di fronte a disposizioni che, a suo avviso, sono nocive all'esercito, e che la sua interpellanza verterà specialmente sul decreto del 24 gennaio. Allo interpellante pare che i nuovi cambiamenti indichino l'abbandono d'un sistema che si è lungamente deplorato. Si dichiara avverso in massima ad ogni cambiamento nello stato attuale; cita l'esempio della Prussia la quale avendo testé abolita completamente la landver, e convertitala in esercito permanente, pure non ha introdotto nessun cambiamento dal suo sistema di 18 divisioni attive corrispondenti ai suoi 18 milioni di abitanti; proporzione che, a suo avviso, non si può oltre passare.

Ragiona in seguito della formazione dei reggi menti, i quali constavano di quattro battaglioni a quattro compagnie, e che ora si vollero cambiare in tre battaglioni a sei compagnie. Taccia d' inesattezza la relazione del ministro che accompagna il decreto.

Assicura il ministro che la tendenza di tutti gli eserciti, contrariamente al suo asserto, si è di diminuire il numero delle compagnie anziché di accrescerle, per la ragione che tendendo tutti a met tersi su due sole righe, queste allungano talmente da fronte che si risente tosto la necessità di scemare il numero.

Non seguiremo l'interpellante nella lunga e lucida esposizione dei suoi appunti al ministro della guerra, i quali furono ascoltati dalla Camera colla più benevola ed instancabile attenzione.

Esaurita la critica del decreto delli 24 gennaio, domanda al ministro se siasi fatta qualche cosa per la difesa del paese; che cosa ne sia dei due pro getti che egli lasciò nello uscire dal ministero; quando sarà fatta la distribuzione delle bandiere ai nuovi reggimenti; perchè non si fa niente pel monumento a Solferino pel quale egli lasciò decretata una somma di 500 mila lire; perchè siansi aboliti tutti i colori dei vari reggimenti e poi siansi creati dei reggimenti speciali nei quali tutto è diverso assolutamente, sì che neppure nna fibbia delle bardature dei cavalli può servire agli ufficiali che passano da un reggimento all'altro. In ultimo lo eccita a fornire di piazze d'armi alcune città che ne mancano; a ravvicinare i depositi alla stanza dei reggimenti e a porre un termine ai collegi provvisori. Conchiude colla proposta che si sospendano i cambiamenti non ancora eseguiti, e si facciano esaminare da una apposita Commissione.

Fanti sconnessamente risponde ai singoli appunti dello interpellante, ma la debolissima voce del ministro della guerra non ci permise di intendere che imperfettissimamente il tenore delle sue risposte, le quali divagarono molto, per nostro avviso, dal soggetto.

La Marmora non è pago della risposta del ministro quanto alla formazione dei corpi di armata che egli aveva criticata perchè basata sul numero segnale di divisioni per ogni corpo.

Cavour prega La Marmora di non insistere sulla sua proposta; il ministero non la può accettare perchè contiene una censura al ministro della guerra. Sostiene che la Camera è incompetente a giudicare tra le idee egualmente autorevoli del generale La Marmora e del generale Fanti.

La Marmora. Il ministro si mostra sempre abile ugualmente nello spostare le quistioni; io non ho mai avuto l'idea di chiamare la Camera a giudice di quistioni militari; bensì ho proposto che fossero esaminati i cambiamenti che io credo sommamente nocivo all'esercito (applausi). Io non voglio nemmeno che si pronunci la parola sospensione, perchè il ministro mi promette che sarà fatto questo; ma se il ministro assolutamente si rifiuta, mi rincresce di non poter aderire all'invito del conte Cavour.

Fanti replica ed insiste nella sua opinione.

Brofferio con eloquente discorso, che daremo domani testualmente perchè oggi nol consente lo spazio, biasima il ministro di avere disciolto l'esercito di Garibaldi composto di più che trenta mila uomini, di soldati provati al fuoco, il cui sentiero da Marsala al Volturno fu seminato di vittorie; e gli domanda perchè adoperi sì severo scrutinio nell'investigare i titoli degli ufficiali garibaldini, e proceda così largamente cogli ufficiali che hanno servito i duchi, il pontefice e il Borbone.

Regolerà il suo voto sull'ordine del giorno La Marmora, a seconda degli schiarimenti che il ministro darà.

Crispi non teme di dare un voto di censura, perciò le ragioni del conte Cavour non lo spaventano. Ma il discorso del ministro contiene molte inesattezze. A Castelnuovo noi lasciammo più di 10000 fucili di precisione, perchè al fatto, che a Napoli armi non v'erano, non so molto prestarvi fede.

Fanti (con vivacità). Io gli dico sulla mia parola d'onore che è così.

Crispi. Gli avranno così riferito, ma io dico quello che ho visto.

Cugia domanda la parola per dare uno schiariment0.

Presidente. Non interrompa l'oratore.

Crispi continua dichiarando di aver maggior fede nei piani del generale Lamarmora, il cui ordine del giorno appoggia, ritenendo competentissima la Camera.

Fanti risponde a Brofferio che nelle Marche e nell'Umbria s'è pubblicata la legge sulla leva pel 39 e 40, che in Sicilia e Napoli si pubblicherà e si farà; che i nostri ufficiali son troppo soavi.

Termina parlando ironicamente della confusione trovata nei quadri dell'esercito di Garibaldi.

Cugia dà alcuni schiarimenti a conciliare le asserzioni di Fanti e di Crispi.

Sirtori. Io non vorrei intavolare qui la quistione dell'esercito meridionale, questione troppo grave, che agita troppe passioni. epperciò avrei desiderato che nessuno facesse parola di questo esercito che ha fatto miracoli, ma nel quale eranvi certi disordini gravi, e noi pei primi li abbiamo visti e confessati, e ci siamo messi all'opera per riparargli.

Io a voi vi ripeto, considerate che il ministro avesse declinato cotesta quistione, e che nessun deputato l'avesse intavolata (bene!), è una quistione grave, troppo grave, che nessuno mai potrà decidere, la quistione delle cifre.

Ministro della guerra. Io non poteva a meno.

Sirtori. E certo, neppure il ministro della guerra come disse lui stesso non la potè decidere come non potei deciderla io stesso che mi ci misi attorno, giorno e notte, e con tutto l'amore e tutto lo zelo di chi teneva ad un tempo all'onore dell'esercito ed all'interesse dello Stato, e non l'ho potuta sciogliere, né credo che giammai il ministero la potrà sciogliere; e così a più forte ragione la Camera non la potrà sciogliere chè non può avere tutti i documenti sott'occhi; e dirò di più che nessuno la può sciogliere. E come volete che potesse esse re ordinato esattamente come l'esercito regolare un esercito che partiva con 1000 uomini da Genova il 5 maggio, e che si trova nei primi giorni di settembre di già al Volturno, dopo avere vinta una monarchia, che disponeva di 100.000 uomini, e certo un esercito che la 1000 uomini perviene a 10,000, non può fare il conto ogni giorno, e di que sto certamente io spero che il ministro e la Camera ed il paese ci assolveranno (bravo!).

E se il numero degli ufficiali fu assai maggiore di quello che avrebbe dovuto essere, anche di questo ne è cagione la situazione.

Il ministro sa benissimo che quando noi abbiamo cominciato la guerra, noi non sapevamo se l'esercito sardo verrebbe in nostro aiuto, ovvero se saremmo abbandonati e rinnegati, e se mentre eravamo combattuti dall'esercito napolitano, non avessimo forse a combattere anche nell'esercito che ottenne il permesso di entrare nelle Marche e nell'Umbria; pecchè, lo dico, esso ottenne il permesso di entrare nelle provincie napolitane per combattere noi (rumori prolungati).

Voci a destra: No, no.

Voci a sinistra: Si si.

Sirtori, con forza. Si per combattere noi.

Voci a destra: No, no, all'ordine.

Sirtori. E noi avessimo combattuto contro questo esercito (Rumori prolungati).

Noi che volevano l'Italia, che non guardavamo a provincie, avressimo deplorato il combattimento, pure ci saremo battuti contro tutti, perchè noi eravamo l'Italia.

Voci. Oh, oh, all'ordine.

Sirtori con forza. È chiaro che l'esercito che sarebbe intervenuto contro di noi non poteva essere italiano (rumori).

Pres. Prego l'onorevole Sirtori di tenersi alla quistione e di non fare allusioni.

Sirtori. Io con dolore devo dirlo. noi fummo trattati non da amici, non da patrioti, ma da nemici.

Voci. No no.

Voci a sinistra. Sì sì.

Crispi. E vero.

Sirtori. Si, fummo trattati da nemici dal primo all'ultimo giorno; interrogate, non me, ma del primo all'ultimo; dal generale all'ultimo soldato dell'esercito meridionale, e tutti vi diranno che fummo trattati non da fratelli, ma da nemici.

Rumori. No. no. Si si.

Malenchini. Io che faccio parte dell'esercito meridionale, contradico alle parole del deputato Sirtori, io non ho mai avuto il concetto che l'armata piemontese venisse là per combatterci.

Rumori a sinistra e grida. Non interrompa.

Presidente. Prego il deputato Cosenz di non interrompere.

Sirtori. Se io venissi a dirvi tutto quello che ho sofferto…

Presidente. Prego l'oratore a tenersi alla quistione, e di non portare la discussione su tutto altro terreno.

Voci a sinistra. Si lasci parlare!

Voci a destra. All'ordine all'ordine! Sirtori... Essendo continuamente fra la protezione che io doveva ai miei e le esigenze, gli insulti (rumori) gli oltraggi.

(Rumori, grida e confusione generale. Il Presidente si copre il capo e sospende la seduta).

Cavour: No, no; se il generale Lamarmora non accede alla preghiera di ritirare la sua proposta, egli deve sostenerla, ed io faccio appello al suo patriottismo perchè non si rimandi una discussione così irritante, ma si risolva subito..…

Brofferio. Il presidente è coperto, nessuno può parlare.

Presidente. Avverto il presidente del Consiglio che la seduta è sospesa.

Cavour (Volgendosi verso la presidenza) ah! io non vedeva…

Un deputato a sinistra domanda che la discussione sia aggiornata a lunedì.

Cavour dichiara che se la Camera non respinge la proposta. La Marmora, il gabinetto non rimarrà un giorno al potere, e prega novamente il deputato Lamarmora a ritirarla.

Brofferio riesce a vincere i rumori che novamente si elevano quand'egli sorge a parlare, e replica a Fanti che egli non ha risposto agli ap punti da lui messigli per la sua parzialità a favore degli ufficiali borbonici. Anche questa replica sarà da noi data per intero nel foglio di domani.

La Marmora. Io non ha mai chiamata la Camera a portar giudizio sull'organizzazione militare.

Mantiene il suo ordine del giorno, poiché il ministero persiste nel suo sistema così nocivo allo spi rito dell'esercito.

Un deputato da sinistra. Domando la parola.

Voci di destra. Ai voti, ai voti! Minghetti chiede di parlare.

Voci di destra. Parli. parli! Minghetti espone alcune brevi osservazioni a sostegno del ministero.

Boggio chiede di parlare.

Voci generali. La chiusura.

Presidente pone ai voti la chiusura che è adottata a gran maggioranza.

Posto ai voti l'ordine del giorno La Marmora è respinto.

Gran parte dei deputati della sinistra erano assenti, fra cui il generale Bixio.

Fanti presenta un progetto di legge.

La tornata è sciolta alle ore 6.

(Dal Diritto)

Notizie Varie

MODENA.

–La sera del 19 ebbe luogo una dimostrazione contro la casa arcivescovile. La forza di pubblica sicurezza e i carabinieri reali la dissiparono ne' suoi primordii.

–La pubblica sicurezza sorprendeva nella casa Casalgrandi, contrada nel Pellegrino diversi falsi monetari, colti nella flagrante fabricazione, i quali vennero tosto passati nei poteri dell'autorità giudiziaria unitamente al corpo del delitto.

FRANCIA.

– La convenzione per la occupazione della Siria fu firmata il 19.

– Il bullettino politico del Moniteur loda altamente la moderazione dei Polacchi, e dice: «I Polacchi diedero ai loro vicini d'Ungheria un esempio che essi non sembrano disposti a seguire».

– Leggesi nell'Independance:

A proposito del corpo legislativo, la voce sparsa dello scioglimento, malgrado la smentita positiva formulata a tal proposito da uno dei nostri corrispondenti che trovasi in grado di essere esattamente informato; questa voce, dico, continua a correre, ed è penetrata sino nei circoli d'onde sono d'ordinario, severamente respinte le notizie azzardate; essa non solo si mantiene, ma prende una consistenza più seria. Assicurasi che nel caso si realizzasse, il governo è deciso a non più dare appoggio a candida i quali lascerebbero temere che una volta i mercé la raccomandazione ed influenza sua, si rivolgessero contro di lui e contro la sua politica.

Alla stessa Independance scrivono da Parigi:

Ora, se mi permettete di esprimere le mie previsioni, o per dir meglio, le mie congetture sopra la finta politica che il governo francese continuerà a seguire in Italia, suppongo ch'egli persisterà nel suo sistema di temporizzazione che potrebbe anche dirsi una politica di altalena.

Io continuo a credere che le nostre truppe rimarranno a Roma, per quanto sia logica la voce sparsa in contrario, e d'altronde, non penso, come l'intesi dire oggi stesso, che i riguardi a cui l'imperatore si può credere obbligato verso il santo padre e verso il partito che lo difende i no, spinti sino al punto di volersi privare dei consigli e della divozione del suo ministro dell'interno, signor De Persigny, molto impegnato, come si sa, nella politica democratica di cui la più viva espressione è rappresentata presso il trono dal principe Napoleone.

Da Parigi, in data del 19, scrivevasi allo stesso giornale:

Si dà per certo che il governo francese, interroga to confidenzialmente dal conte di Cavour allo scopo di stabilire un accordo sulla questione romana, avrebbe risposto che per sei mesi nulla cangerebbesi nella situazione relativamente a tale questione.

Si parla motto dell'invio del generale Trochu a Roma con diecimila uomini.

– Scrivono da Parigi all'Italie, il 19 marzo:

Nella settimana scorsa l'imperatore scrisse a Torino una lettera, colla quale chiamava l'attenzione del governo italiano sulle manifestazioni cattoliche che si sono fatte nel Senato e nel Corpo legislativo. La lettera aggiungeva che, in presenza di queste manifestazioni, la situazione diventava difficile per il governo imperiale: che una soluzione immediata della quistione romana potrebbe, dinanzi l'opinione pubblica in Francia, aggravarla di più. La lettera terminava col chiedere al Piemonte di aggiornare ancora per qualche tempo lo scioglimento inevitabile e fatale della crisi.

Alla lettera imperiale si è immediatamente risposto da Torino: il sig. Cavour dichiarava che il governo del re teneva conto delle manifestazioni delle Camere francesi: che comprendeva benissimo la situazione del governo imperiale; ma, d'altra parte, il signor Cavour soggiungeva che a Roma un'esplosione era inevitabile i e prossima; che il corpo d'occupazione si troverebbe in quel giorno nella crudele necessità di mitragliare il popolo romano; che una simile esecuzione sarebbe deplorabile dal punto di vista della politica francese, e che infine l'imperatore doveva richiamare prontamente le sue truppe da Roma.

Dietro questa lettera, l'Imperatore convocò immediatamente un consiglio straordinario dei ministri.

WURTEMBERG

– Il 10 la Camera wertemburghese dei deputati, dopo cinque giorni di discussione, con 63 voti contro 27, ha risolto che essa considerava come non vincolante il concordato colla sede pontificia per regolare le cose della Chiesa cattolica nel Wurtemberg conchiuso l'8 aprile e stato pubblicato, epperò interpone protesta con tra la sua esecuzione, ed esprime al governo dello Stato l'instante preghiera di ordinare le relazioni della Chiesa cattolica in quistione nella via della legislativa.

SPAGNA.

– L'Havas ha da Madrid, 20 marzo: La Corrispondenza assicura che il dissidio tra il signor Calderon Collantes, ministro degli affari esteri, ed il signor Barrot, ambasciatore di Francia, terminò in modo soddisfacente: è noto ch'esso era motivato dalla interpretazione d'un dispaccio.

ULTIME NOTIZIE

TORINO.

Ieri (23) alle 4 ½ precise ebbe luogo la inaugurazione del monumento Manin. Vi assistevano i presidenti delle due Camere, i ministri Cavour e Peruzzi, molti deputati, i rappresentanti della stampa francese e torinese, ed una folla immensa di popolo Lessero appositi discorsi i signori Minotto, Havin, La Farina, Henri Maatin e Cossilla. Con varie frasi, convennero tutti gli oratori, non tanto nel magnificare i meriti del Manin, quanto nel ricordare i trionfi dell'Italia, i dolori di Venezia e di Roma, e li immensi benefici dell'alleanza fra le due nazioni sorelle: la Francia e l'Italia.

INNO NAZIONALE

IN ONORE DI GARIBALDI

Cittadini brandite le spade

A difesa dell'ltala terra:

Petto a petto sui campi di guerra

Col nemico movete a pugnar.

Chi calpesta le belle contrade

Animato d'avverso desio

Le tremende saette di Dio

Sentirà sulla testé piombar.

Non udite i clamori bugiardi

D'una gente ai tiranni venduta

Che salvar dalla pronta caduta

La corrotta potenza cercò.

Contro i voti di tanti codardi

Invocate l'eterno vangelo

Che svelando i tesori del cielo

Non più schiave le genti bramò.

Come flutti di gonfio torrente

Circondate la santa bandiera

Che pugnando l'eroe di Caprera

Vincitore a Palermo spiegò.

E col fuoco dell'alma, fremente

Per l'antica barbaria tresca,

Disperdete quell'orda tedesca

Che Italico sangue succhiò.

Non ?ia più che ci vengan tiranni

D'oltre i monti a ferirci nel seno

Non ?ia più che l'ausonio terreno

Sia la preda d'estraneo signor.

Le sventure durate tant'anni

La vittoria in un giorno cancelli:

Un desio vi congiunga fratelli

Una fede una patria ed un cor.

TARLO MASSINISSA PRESTERA’.

Daremo domani un cenno sui nuovi carmi dell'egregio signor Presterà.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 27 Torino 26 (sera)

Parigi 26 – Vienna – Fermento crescente nelle Provincie Slave.

Itzehoe 25 – La Dieta ha respinto ad unanimità le proposte governative circa le basi della nuova costituzione della Monarchia.

Napoli 27. Torino 26 (sera).

La Camera de'  Deputati continua a discutere sulle interpellanze sulla quistione romana. Pepoli risponde agli oratori clericali stranieri. Il Re ha congiurato, ma col coraggio colla virtù e coll'amore alla Patria in tempi dolorosi, e gli Italiani se ne rammentarono eleggendolo a Re.

Conchiude, che il S. Padre abbia fiducia nella libertà che salverà la Religione.

Buoncompagni risponde pure ad oratori stranieri. Quando il Papa abbracciò gli austriaci e gioi delle sventure Italiane ruppe ogni vinco lo coll'Italia. Propone a nome suo e degli amici questo voto. – La Camera udite le dichiarazioni del Ministero confidando che assicurata la dignità, il decoro e l'indipendenza del Pontefice e la libertà della Chiesa abbia luogo di con certo colla Francia l'applicazione del principio di non-intervento e che Roma acclamata Capita le dall'opinione Nazionale sia resa all'Italia, passa all'ordine del giorno – Oratori della sinistra proposero altri voti per la proclamazione immediata di Roma Capitale con o senza invocazione alla Francia di sgombrare. Ferrari parlò in modo controverso. Dopo un'incidente sulla chiusura la discussione continua.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 28 Marzo 1861 N. 28

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 28 MARZO 1861

ATTUALITÀ

La seduta del 23 alla Camera de'  Deputati è stata un avvenimento ed una rivelazione.

Il Ministro Fanti è stato attaccato. L'avversione di tutti gli uomini di cuore accompagnava alla Camera quest'uomo che ha fatto un macello dell'Esercito di Garibaldi, in odio dell'Eroe, ha insultato e respinta la parte liberale dell'Armata Napolitana, esaltando invece Nunziante, Barbalonga, e gli altri tipi della reazione, ed infine ha messo in pericolo l'Italia disarmandola, in faccia ai gravissimi avvenimenti che ci incalzano.

L'interpellanza La Marmora era per altro di una moderazione assai marcata: non era in fine che la preghiera diretta al Ministro delle armi di riandare sulle innovazioni disposte per l'Esercito pria di effettuirle interamente. Fu allora che il Generale Sirtori domandava al Ministro la ragione della dissoluzione dell'Esercito Meridionale, mentre l'Italia avea bisogno di soldati. Con recriminazioni sul disciolto Esercito.

Il momento era giunto, non se né poteva più: la giusta indignazione de’ liberatori d'Italia, per l'organo del Generale Sirtori fa esplosione e la Camera ode una volta quelle parole che si era in dovere di attendere dopo le colossali ingiustizie ed ingratitudini. Fin qui le cose seguivano un corso preveduto e naturale. Ma l'avvenimento che ci riempie di meraviglia e di costernazione sta in ciò: mentre i generosi appoggiano la parola del Capo dell'Esercito Meridionale, mentre il Generale Fanti mal si difende e mal conclude, come avviene nelle cattive cause, e mentre in fine l'onorevole La Marmora insiste nella sua interpellanza, grande numero di Deputati torce la faccia sdegnosa dal Luogotenente del Generale Garibaldi; il Conte di Cavour minaccia dimettersi, e la Camera a grande maggioranza respinge l'interpellazione del Generale La Marmora.

Ecco dunque due cose: l'inesorabilità dell'indirizzo e la sfida gittata all'opinione del Conte di Cavour, e la proclamazione della sua Dittatura votata dalla maggioranza del Parlamento nel voto di fiducia, indiretto ma pieno, accordato all'angelo sterminatore degli Eserciti Nazionali, al nemico dichiarato ed implacabile di Garibaldi, e molto più, nel contegno e nella fisonomia del Parlamento.

Ed ora l'iride di pace e di concordia tra i figli di una medesima terra congiunti dai miracoli della Provvidenza per formare una sola e grande nazio né comincia a dileguarsi davvero e a dar luogo alle negre nubi che si accavallano sull'orizzonte. Se vi era potenza in Italia che potesse fondere le opinioni in una sola, riparare le ingiustizie, rialzare la vita nazionale, e medicar le piaghe che ci affliggono per opera del Governanti, era il Parlamento, ed il Parlamento si è pronunziato in questo modo.

La generosa minorità si batte e protesta.

Ma sono i vostri rappresentanti, o procaci declama tori,dirà il Conte di Cavour, sono gli eletti della Nazione, che pensano e deliberano così: e voi combattendo contro la grande maggiorità di questa Camera siete dal lato del torto e fate opera sovversiva,

– No, voi ben sapete che non è così. Questa maggiorità fu eletta sotto la influenza dei timori seminati da voi e da'  vostri, che una giustissima indignazione pel mal governo delle nuove Provincie potesse fare esplosione al Parlamento, varcare i confini e compromettere in un infrenato movimento opposto la posizione non ancor ferma dell'Italia in faccia all'Austria ed alla Francia: voi ed i vostri presentaste con garbo infinito questo spauracchio al paese, ed il paese temé per un momento d'inviarvi la maggiorità di coloro che più sentivano gli oltraggi alla patria, e preferì i moderati. A queste cause influenti vorrete aggiungere, se vi aggrada, lo sconforto, atonia, quella specie di paralisi che affettò le nuove Province dietro un gran movimento nazionale colpito da sincope politica per opera vostra.

Ma noi ben sappiamo che voi non v'illudete sulla vera posizione dell'interiore: questa Camera di cui voi con esito, a quanto pare, felice cercate fare una seconda edizione di quella di Guizot, non è per voi che un covertino politico, che salva le convenienze e non altro. Voi ben vedete la tempesta che ci minaccia tutti, i disastri che si apparecchiano nella esacerbazione della massa del paese, i sintomi di dissoluzione che già cominciano a manifestarsi in queste Provincie, voi li guardate dall'estremità dell'Italia dalla sua Capitale, come vi piace chiamarla (per fare che nessuno se lo dimentichi), e lungi dal porre rimedio immergete il ferro nella piaga viva, e rispondete col disprezzo ai reclami. E mentre il Ministro delle Armi lascia esposta l'Italia o a divenire Austriaca un altra volta o a correre il pericolo di una federazione sotto il passo di marcia delle soccorrenti armate Francesi, a voi non resta che un ultimo fatto: togliere quel residuo di autonomia che rimane alle Province Meridionali, passare con un ultimo colpo di Stato la pialla politica ed amministrativa sul Napolitano senza dar tempo alla transizione, ed allora tutto sarà meravigliosamente disposto per la concordia degli Italiani, per l'unità del paese, per la pace de'  partiti, e per l'assenza della reazione allo scoppio di una guerra. Il dado è tratto, a quanto sembra.

Noi, che voi appellate profeti di sciagure, periremo sulla breccia difendendo l'Unità: al paese diremo – l'abnegazione, i sacrifizii, la morte, prima che lo stendardo della nuova Nazione sia fatto in brani da mani fratricide, ma la nostra voce che trova in voi non i capi dell'Italia ma di un Municipio predicherà nel deserto.

E sia di noi tutti quello che a voi piacerà.

F. MAZZA DULCINI

TUMULTO E REPRESSIONE

Un centinaio e più di volontari congedati dell'esercito meridionale, bisognosi di soccorso, chiedevano una sovvenzione.

Ma poscia, o che non venne loro passato quanto si era promesso, o voluto assegnare, o che vi fossero stati del malintesi da parte loro, questo gruppo di gente cominciò a tumultuare. Volea invadere il cortile di S. Giacomo, fu respinto dalla guardia nazionale; trascorse a delle eccedenze, ruppe a sassate de'  vetri dell'edifizio. Allora sopravvenne un drappello di Piemontesi, che intimato lo scioglimento, e non obbedendo quelli, di loro la carica alla baionetta. Parecchi furono feriti, uno di essi è morente, o già morto.

Si dice che fra congedati ve né siano del posticci che non hanno di garibaldino che la camicia rossa, e lo crediamo.

Eccederono, è vero altresì.

Ma la prima volta che un drappello piemontese è chiamato ad un servigio in città; inaugurarlo nel sangue e far de'  cadaveri sopra gente inerme che fugge, è cosa assai riprovevole. L'uccisione di un cittadino non comandata dalla necessità è un misfatto.

Castigare in questo modo, non già una sedizione, ma un'impertinenza è cosa che fa raccapriccio: e.... se non diciamo altro, gli è unicamente per non gittare altri tizzoni di discordia nelle non liete emergenze nelle quali ci troviamo.

SENATO DEL REGNO TORNATA DEL 22 MARZO

Presidenza del conte SCLOPIS, vice-presidente.

La seduta si apre alle ore l'¾ colla lettura del verbale della seduta precedente, che è approvato.

Il presidente dà lettura di una lettera del ministro dell'interno trasmissiva di altra lettera del principe Ruggiero Settimo, il quale, nel ringraziare per la nomina a presidente del Senato, dichiara che nello stato attuale di sua salute non può in questa stagione intraprendere il viaggio da Malta a Torino.

ll presidente annunzia poi la morte del senatore Vincenzo Salvagnoli, notizia che è accolta con segni universali di dispiacere e compianto.

Venne quindi la continuazione della discussione della legge sulla abolizione dei vincoli feudali in Lombardia.

L'articolo quinto è approvato senza discussione. Sull'articolo sesto prende a parlare il ministro Cassinis. L'ufficio centrale aggiunse a questo articolo la parola legalmente, dove si accenna a che nessun diritto acquistato prima della medesima sarà pregiudicato. Questa parola è superflua, perchè, allorquando si dice diritto acquistato, si intende necessariamente che sia legalmente acquistato; ed è poi pregiudicevole alle scopo, perchè i diritti si acquistano o istantaneamente per forza di un atto o di un titolo che lo conferisca; oppure in via di prescrizione per un titolo che dà causa di acquistarlo col concorso del tempo. Se in questo articolo di legge si inserisse la parola legalmente, si potrebbe lasciar dubbio che soli i primi si vogliano garantire, non i secondi che in Lombardia esistono.

Essendo intendimento di questa legge di aver riguardo a tutti i diritti, credo sia meglio sopprimere la parola legalmente, e concepire la prima parte di questo articolo sesto in questo modo:

» Colla presente legge non s'intenderà pregiudicato a verun diritto acquistato da terzi sopra beni feudali prima della medesima, ecc.»

Vigliani. L'ufficio credette aggiungere la parola legalmente, per indicare che la legge riguarda solo quei diritti che sono legali, ma spiegato l'intendimento di es sa, l'ufficio non ha difficoltà di acconsentire alla soppressione di quella parola.

Presidente. Mette ai voti l'articolo sesto colla modificazione proposta dal ministro.

E approvato.

Gioia. Il Senato ricorda quanto dissi circa alle con dizioni del Ducato parmense, ove, mentre i feudi sono sciolti, rimangono ancora i vincoli di riversibilità dei beni allo Stato, quando si estinguano le linee chiamate, Quel vincolo di riversibilità dei non si trova colà abolito col decreto del Dittatore dell'Emilia. E cosa sommamente interessante per una larga estensione di territorio. A togliere ogni dubbio circa la sopravvivenza di una legge tanto fiscale quanto illogica, propongo si aggiunga alla presente legge un settimo articolo col quale sia accertato che ogni rimanenza di vincoli sui beni già feudali nel Ducato parmense s'intenderà abolita, dichiarando cioè che sono abrogati i decreti del cessato governo che riservava quel diritto di riversibilità allo Stato in date condizioni.

Cassinis. L'osservazione dell'onorevole senatore Gioia, in ordine al territorio parmense, fu anche fatta relativamente alle Romagne. Se si deve definire la questione ex iure constituto, il decreto Farini ha certa: mente distrutti anche i vincoli di questa specie. Non dissentirei però di accettare l'aggiunta, ove vi fosse il bisogno di simile spiegazione; se non che essendo que sta legge esclusivamente relativa alla Lombardia, è inopportuno vi si facciano aggiunte che riguardino altre provincie. Prego però il senatore Gioia di ritirare la sua proposta, promettendogli a nome del governo che sarà presentata apposita legge per abolire ogni residuo di vincoli feudali, sia nelle provincie parmensi che in ogni altra ove per caso ancora esistessero.

Gioia. Dietro le assicurazioni del Ministro, ritiro la mia proposta. Siccome però è cosa di moltissimo interesse, prego il signor Ministro di far subito, Cassinis. Al più presto possibile.

Chiesi. Voleva combattere la proposta Gioia, ma poiché è ritirata, mi limito ad osservare che non credo neppur necessaria la legge che il Ministro promette presentare, Il presidente. dà lettura dell'intiera legge come è risultata dietro la discussione, e quindi si procede alla votazione secreta che da questo risultato.



Votanti 76
Voti favorevoli 73
Contrari 3

Presidente. Convoco il Senato per domani alle due per comunicazioni del Governo, e quindi se sarà costituito il Ministero per la discussione della legge relativa alla intestazione degli atti del Governo.

La seduta è sciolta alle ore 2 112.

(Persev.)

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 27 (sera tardi) – Torino 27.

Parigi 27 – Agram 26. Le frontiere militari non saranno rappresentate alla Dieta di Croazia.

Il Maresciallo Ismail Pascià ha concentrato le truppe presso Svebigne (?) Gusco ed altri punti. Attualmente tranquillità. Gl'insorti e i Montenegrini armansi. Tutti i paesi situati al Sud di Cetenia e di Gusco hanno riconosciuto il potere del Principe di Montenegro che recentemente ebbe abbocca mento coi Consoli a Scutari.

Vienna 26. – Assicurasi che il Bano di Croazia sia dimissionario.

Frontiera Polacca 26. – Il Generale Garvitz sostituisce Montanoff.

Napoli 28 – Torino 27 (sera).

Cialdini è giunto iersera a Torino. Il Battaglione della Guardia Nazionale di Napoli è partito stamane per Milano.

Napoli 28 – Torino 27.

Patrie 27 – I torbidi della Bosnia non ebbero seguito. La Porta ha dato soddisfazione ai reclami dei Capi de Musulmani rendendo loro antichi diritti.

Pesth 26 – Assicurasi che l'Imperatore aprirà la Dieta. Ma conchiudesi che sono accettate le proposte della Cancelleria di Corte.

Napoli 28 – Torino 27 (sera)

La Camera dei Deputati proseguì nella discussione delle interpellanze sulla questiune Romana, parlarono Chiaves, Boggio, Donies ed altri molti per sospendere il trasferimento della Capitale. Cavour risponde essere urgente la proclamazione del la Capitale a Roma. Stabilisce poscia per legge il tempo e non doversi fare con isconvolgimento. Noi offriamo al potere spirituale quelle guarentigie di libertà e forze morali che nessuna potenza amica ha mai dato ai Papi. L'opinione pubblica Europea sarà ben presto di accordo con noi, ed allora la Francia acconsentirà. Appoggia caldamente la proposta Boncompagni, la quale è infine approvata alla quasi unanimità.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 29 Marzo 1861 N. 29

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 29 MARZO 1861

ATTUALITÀ

La quistione vitale dell'Italia, questione di Unità, è l'armamento, l'abbiamo già detto; e poiché né siamo a tale, è forza augurarci che l'impeto della disperazione non tragga oggi l'Austria alla guerra.

L'altra quistione egualmente vitale è quella della Capitale. Da questa parte fortunatamente le cose volgono, come tutto lo annunzia, ad un lieto fine, e lo stesso Conte di Cavour officialmente lo annunzia. È la prima volta, da qualche tempo in qua, che la parola di Cavour è una parola di festa per l'Italia. E noi che non siamo oppositori per sistema, lo raccogliamo festosamente. Oh voglia il Cielo che questo uomo di stato declini dalla pertinacia del suo sistema: ma!...

La proposta Buoncompagni adunque, che Roma acclamata Capitale dalla opinione nazionale, sia resa alla Italia – proposta appoggiata da Cavour, è approvata alla quasi unanimità. Il presidente del Consiglio propone doversi stabilire per legge il tempo determinato, e non dovervi aver luogo alcuno sconvolgimento.

Noi dunque siamo già alla vigilia di avere per Capitale, la Capitale del Mondo, e la Rappresentanza d'Italia siederà su quegli stati ove siederono i nostri padri, i cui nomi fanno balzarci il ciò re di orgoglio, e di commozione. Innanzi la maestà del Campidoglio s'inchineranno le rivalità di municipio, si placheranno gli sdegni fraterni, ed i popoli delle diverse regioni d'Italia si sentiranno capaci ancora di sacrifizi, e li abnegazione: la vita della nazione, quella vita meravigliosa ch'errori fatali avevano gittata in una sincope, si rialzerà anco una volta al tuonar del cannone che l'annunzierà al mondo.

Intanto che la Nazione si apparecchia a questo giorno che non à l'eguale, e lo affretta anche più con i suoi voti, guardiamo un poco, e con serenità, le condizioni di Napoli in faccia al Piemonte.

Si è detto, e si è scritto molto, e con senno; ma in una parola; due cose a Napoli impediscono lo accentramento completo – almeno per ora. L'una, la sua fisionomia, tradizioni, reggimento, costumi, ed abitudini di tanti secoli, singolarmente diverse dal rimanente d'Italia, l'altra la estensione dello Stato, e la vastità, lo splendore, la importanza di questa Metropoli; a ciò si aggiungono le circostanze del momento, vale a dire gli errori del governo nello sconvolgerne l'amministrazione con uno accavallamento di leggi, ed ordinamenti, che imbarazzano l'azione, interiore; e la ferita seguìtane allo amor proprio della maggiorità, che crede vedere i suoi interessi anche materiali manomessi da un principio aristocratico di municipio, e di conquista: tutte queste cose, diciamolo pacatamente, esporrebbero il paese a dei torbidi profondi. ove si volesse passarvi sopra con mano inesorabile la pialla politica, ed i gravi imbarazzi in cui ci troviamo, potrebbero ritornare a vantaggio dei comuni nemici. Le nostra opinione è che lo stato delle cose, quanto a delegazione di poteri centrali rimanga nello stato presente presso a poco tale qual è sostituendovi sempre indeclinabile condizione per le sorti del paese, uomini veramente Italiani che vogliano il bene, sappiano amministrare, e facciano giustizia.

Noi parleremo di ciò distesamente; ma un'ultima osservazione, e di grave momento è questa: qualunque accentramento ulteriore da parte del Piemonte alla vigilia, come siamo, di avviarci a Roma, provocherebbe veracemente una interpretazione di un municipalismo furioso, quanto inopportuno, da parte del Gabinetto.

F. MAZZA DULCINI

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Togliamo dall'accreditato giornale il Diritto di Torino il seguente carteggio di

Palermo 14 Marzo

Se qualcun vi domanda: qual è il governo della Sicilia, rispondete pure: l'anarchia! Vivaddio che voi non direte una menzogna. Si, noi siamo nell'anarchia, e la più straziante per chi à viscere di patria carità! ll resoconto delle stragi di Santa Margherita porta otto morti ed altrettanti feriti; perché quelle stragi si sono consumate? perché in quel comune non eravi né questura né forza, né guardia nazionale organizzata, né armi? A Trapani il giorno 8 disbarcano sei individui appartenenti all'ex-polizia borbonica; il popolo li assale, né uccide cinque, e barbaramente né trascina per le strade i cadaveri mutilati e sanguinosi; né guardia nazionale, né questura, né soldati accorsero ad impedire! A Realmento i partiti vengono alle armi, disfogano private vendette, gittano nel paese il terrore ed il disordine; e la forza pubblica arriva sempre tardi. Raro passa un giorno o una notte che non si abbia a deplorare uccisioni ed assassinii! Dalle provincie di Messina, di Catania, di Girgenti, di Siracusa ci giungono sempre le medesime tristissime nuove. Non vi parlo dei piccoli paesi; in essi non vi ha autorità di sorta che venga rispettata, né forza alcuna da farla rispettare. Le campagne piene di ladri e di comitiva armate; le carrozze aggredite, i passeggieri derubati. Non si può più viaggiare, non camminare per le strade senza il continuo timore di essere spogliati od uccisi.

Siamo inondati dei libri osceni, la trista razza dei pervertiti speculatori ci viene a regalare di simil merce; l'improvvida gioventù legge e beve il più micidiale veleno; si corrompe si guasta, si uccide da se stessa, Gli errori son giunti a tanto che parecchie centinaia di studenti universitari cuoprono di firme un indirizzo al governo e lo pregano perché impedisca lo spaccio di tante sozzure. Nessuno più ha il coraggio di difendere il governo di Torino; niuno trova argomenti da scusarlo in faccia alla coscienza pubblica; tutti detestano Cavour, quel Cavour che ci ha regalati quei flagelli che si chiamano La Farina, Cordova, Montezemolo e cose simili. Vi dico, che quasi quasi si comincia ad accarezzare l'idea che la Sicilia possa fare un governo da se. Quest'idea non prevarrà, ma vi dà la misura dello sgoverno in cui miseramente ci hanno gittato. E sì, che nessuno potrà dire ai siciliani: voi siete retrogradi, voi non volete l'unità italiana! Vivaddio questo non cel possono dire!

Notizie Varie

FRANCIA

– Scrivono da Parigi alla Gazzetta Nazionale di Berlino:

Da qualche tempo il conte Vimercati, aiutante del te Vittorio Emmanuele, trovasi nuovamente a Parigi e serve di mediatore per lo scambio delle idee fra il re e l'imperatore. Dal principio delle complicazioni ita liane egli fu più volte uomo di fiducia nelle segrete trattazioni; e trovandosi egli spesso in viaggio di an dato a Torino, la rottura delle trattazioni diplomatiche col Piemonte non ha tampoco un importanza di forma.

Il Piemonte trovasi ora in confronto della Francia ad un'ardua impresa, l'annessione di Roma. Le cose erano già molto innanzi, ma le ultime manifestazioni nel senato e nel corpo legislativo provocarono nuove apprensioni. Il conte Vimercati ha sempre libero l'accesso presso l'imperatore, che gli disse ultimamente non aver nulla per adesso a manifestargli; e che del resto la cosa è differita. Da ciò dipende se fu rimesso ad altra occasione il viaggio del principe Napoleone alla volta d'Italia. Il principe dovea recarsi da Marsiglia direttamente a Genova. Là tutto era pronto per accoglierlo splendidamente e accompagnarlo in mezzo ad ovazioni fino a Torino. L'imperatore gli avrebbe detto che un simile viaggio, dopo il suo discorso nel sena to, darebbe luogo a degli appunti.

ITALIA

SENATO DEL REGNO

Nella tornata del 22 si è compiuta la discussione dei rimanenti articoli dello schema di legge per l'abolizione dei vincoli feudali in Lombardia ed il Senato ne ha approvato il complesso a squittinio segreto con 73 voti favorevoli sopra 76 votanti.

Ieri il Senato era convocato. in pubblica adunanza per una comunicazione del governo e per la discussione del progetto di legge relativo alla nuova intestazione -degli atti del governo.

Gli uffizi del Senato nelle ultime loro riunioni nominarono a commissarii: Per la legge sull’abolizione dei fedecommessi nelle provincie lombarde. napolitane e siciliane, I senatori Regis, Nardelli. Marzucchi, Arnolfo, e d’Afflitto.

Per la legge sul marchio e saggio dell’oro e dell’argento, i senatori Saverna, Castagno, Casati, di Revel. e D’Afflitto.

Per la legge sull’intestazione degli Atti del governo. i senatori Plezza, Giulini, Marzucchi, Di Pollone e Matteucci.

—Commissioni Parlamentari:

L’esame della proposta di legge stata presentala alla Camera dei Deputati dal ministro della guerra per assegnamento vitalizio di lire 10.000 annue al generale Enrico Cialdini venne dagli ufficii demandato alla Commissione seguente; 1. ufficio. Torrigiani; 2, Cipriani: 3. Berli-Picliat; Popoli C. N.; 5, Gallenga; 6, Morandini; 7, Baldacchini; 8, Menichetli; 9, Cantelli.

RUSSIA.

— Scrivono per telegrafo da Varsavia all’Havas, in data 22 marzo:

Il signor Muchanoff, che aveva pubblicalo una circolare nello scopo di muovere i paesani contro i proprietari, ricevette, sopra domanda del comitato nazionale, la sua dimissione dalle funzioni di direttore dell’interno e dei culti. Gli è sostituito il sig. Lurhtchewski, direttore dell’industria al medesimo dipartimento.

Da tutte le città del regno di Polonia giungono firme ed atti di adesione all’indirizzo, che gli abitanti di Varsavia presentarono all'imperatore.

Il governo, che voleva considerare quest’indirizzo come promosso da alcuni individui, finì col vedervi l’espressione dei voti universali. Le firme vengono deposte presso il principe Gorciakoff.

— Scrivono per via telegrafica all’Havas da Breslavia, in data del 23 marzo:

Giusta le notizie di Varsavia pubblicate dai giornali la delegazione dei cittadini avrebbe deliberato intorno al proclama del sig. Muchanoff. In conseguenza di queste deliberazioni s’è domandato ai principe Gorciakoff di prendere delle misure adatte a calmare la pubblica opinione. Il generali Kotzebue ed altri personaggi si adoperano, affinché il proclama venisse revocalo. Fino ad ora il principe Gorciakoff non ha ceduto, Assicurasi, che ove il decreto. venisse revocato, il signor Muchanoff domanderebbe la sua dimissione.

I corpi degli artieri decisero l’ammissione senza restrizione degli ebrei.

ALLOCUZIONE DI PIO IX

Tenuta nel concistoro del 18 corrente.

Venerabili Fratelli, Avvisammo altra fiata, venerabili fratelli, da quale misero conflitto, specialmente in questa disgraziata età nostra, sia turbala la società, massime per le lolle tra la verità e l’errore, tra la virtù ed il vizio, ira i principia della luce e delle tenebre. Imperocché stan da una parte coloro che difendono i precetti della moderna civilizzazione, confessi la chiamano, e dall’altra quelli che propugnano i diritti della giustizia e della religion nostra santissima. Chieggono i primi che il romano pontefice si riconcilii e venga a palli cel progresso, col liberalismo, com’ ei lo dicono, e colla novella civiltà» Gli altri a buon dritto instantemente domandane che siano custoditi integri ed inviolati gli immobili ed inconcussi prineipii dell'eterna giustizia, e che la forza adulare della divina nostra religione sia serbata illesa la quale ed accresce la gloria di Dio e reca gli opportuni rimedii ai tanti mali, da cui è afflitto il genere umano, la quale è unica e vera norma da cui i figliuoli degli uomini, instrutti in ogni fatta virtù in questa vita mortale, sono condotti al porto della beata eternità.

Ma gli avvocati della moderna civiltà non convengono in questa differenza, poiché affermano di essere veraci e sinceri amici della religione. E noi vorremmo loro prestar fede, se fatti tristissimi, che caduno ogni di sotto gli occhi di tutti, non mostrassero affatto il contrario. E per verità, su questa terra una sola è la vera religione dallo stesso Signore Gesù Cristo fondala ed istituita la quale feconda madre ed attrice di ogni virtù, respingitrice dei vizi, liberatrice delle anime, appellasi cattolica, apostolica romani. Che cosa debba dunque giudicarsi di coloro, che vivono fuori di quest’arca di salute, già dichiarammo altra volta nella nostra allocuzione concistoriale del 9 dicembre 1854. ed ora pur confermiamo un’eguale dottrina. Ma a coloro, che ci invitano a porger la mano alla moderna civilizzazione per bene della religione, chiediamo se i fatti sieno tali da poter indurre quegli, che qui in terra fu per divino volere costituito vicario di Cristo a difendere la purità della sua celeste dottrina, ed a pascere con essa gli agnelli ed il gregge, ad associarsi, senza che ne venga grandissimo danno alla sua coscienza, e massimo scandalo a tutti, alla civilizzazione odierna, per la cui opera derivano mali non mai abbastanza deplorati. e promulgatisi tante opinioni, tanti errori, tanti principii malvagi? E tra codesti fatti nessuno ignora come sino le stesse convenzioni formalmente corse tra la santa sede e principi reali vengano affatto distrutte, come poco fa a Napoli. Della qual cosa pure in questo amplissimo vostro consesso grandemente ci lagniamo, venerabili fratelli, e reclamiamo specialmente nella guisa stessa che le altre volte protestammo contro simili attentati e violazioni.

Ma questa moderna civiltà, intanto che favorisce ogni cullo accatolico, non impedisce agli infedeli di sostenere pubblici incarichi e schiude al loro figliuoli le cattoliche scuole. imperversa contro le religiose famiglie. contro gli istituti fondali a reggere le scuole cattoliche, contro molti ecclesiastici di qualunque grado, insigniti anche di amplissime dignità, di cui non pochi traggono la vita nelle incertezze dell’esilio, o sono miseramente in ceppi, e pur contro a spettabili laici che a noi ed a questa santa sede affezionali, alacremente difendono la causa della giustizia. Codesta civiltà, intanto che largheggia colle persone e cogli istituti accatolici, spoglia dei giustissimi suoi spossessi la cattolica Chiesa stessa. Di più, intanto che concede piena libertà ad ogni fatta di parole e di scritti, che avversano la Chiesa e tutti che gli sono di cuore de'  oli, e mentre anima mantiene e favorisce la licenza in pari tempo mostrasi cauta e moderala nel riprendere il violento e qualche volta inumano modo di agire contro quelli che pubblicano ottimi scritti; ed usa poi ogni severità nel punire se da questi pensi che si trascorrano anche lievemente i confini della moderazione.

Ed in tal fatta di civiltà potrebbe mai stendere amica la destra, il romano pontefice, o con essa stabilire di buon animo alleanza e concordia? Rendansi i propri nomi alle cose, e questa santa sede apparirà sempre a sé uguale. Avvegnaché essa fu sempre avvocata e nudrice della vera civiltà; ed i storici monumenti eloquentemente attestano e provano che, in tutte le età, e in lontanissime e barbare regioni della terra, dalla stessa santa sede fu portata la verace e retta umanità dei costumi, la disciplina e la sapienza. Ma quando sotto nome di civiltà voglia intendersi un sistema fabbricato apposta per debilitare e forse ambe distruggere la Chiesa di Cristo, non mai per certo questa santa sede ed il romano pontefice potranno convenire con civiltà così fella. Poiché (come sapientemente esclama l’apostolo, epist. II ai Corintii, c. v. 11 e 15 }, quale accordo può essere fra la giustizia e l’iniquità, quale società fra la luce e le tenebre? Quale poi convenzione tra Cristo e Belial? Con quale probità pertanto i perturbatori e gli avvocati della sedizione levan essi la voce ad esagerare gli sforzi indarno fatti onde venire ad accomodamento col romano pontefice? Questi, in fatto, che deriva ogni sua forza dai principii dell’eterna giustizia, a quale patto la potrà mai abbandonare, perché indeboliscasi la fede santissima, e traggasi certamente l’Italia al pericolo di perdere il massimo suo splendore e la gloria, di cui da quasi venti secoli rifulge, pel centro, ch'essa presta, alla catodica verità? Nè si può opporre che questa sede apostolica nelle cose del civil principato chiudesse l’orecchio alle inchieste di coloro, che significarono di por bramare una più libera amministrazione. Per lasciare i vecchi esempi, parleremo di questa nostra infelice età. In fatto quando l’Italia ottenne dai suoi principi più libere istituzioni. noi con paterno animo associammo una parte dei figli del pontifìcio nostro dominio nell’amministrazione civile, e diemmo opportune concessioni, ordinate però a tali appropriati modi di prudenza, che il dono, concesso per animo paterno, non fosse avvelenato ad opera di malvagi uomini. Da ciò che ne venne? La innocua nostra larghezza ebbe compenso sfrenata, licenza, e l’aula, in che convennero i publici ministri ed i deputati, ebbe il limitare cosperso di sangue e l’empia mano fu sacrilegamente rivolta contro chi concedeva il beneficio. Che se, in questi recentissimi tempi, ci furono dati consigli rapporto alla civile gestione, non ignorale, venerabili fratelli, che noi li accettammo, eccettuato e respinto ciò che non risguardava l’amministrazione civile, ma mirava invece ad ottenere il n ostro assenso a quel la parte di spogliazione che. era già avvenuta. N,on è davvero ragione perché parliamo dei ben accetti consigli né delle sincere nostre promesse di recarli ad atto, quando i conduttori. delle usurpazioni confessavano ad alla voce di volere non già riforme, ma la ribellione assoluta e la separazione totale dal legittimo principe. Ed erano gli stessi autori ed antesignani del gravissimo misfatto, che tutto empievano dei loro clamori, e non già veramente il popolo, cosicché di loro possa dirsi ciò che diceva il venerabile Beda dei farisei e degli scribi nemici di Cristo (Lib. 4. c. 48 in c. Il di s. Luca): Cedeste cose erano calunniate non da taluni della turba, ma sì dai farisei e dagli scribi, come gli evangelisti testificano.

Ma la guerra al pontificato romano non solo mira a ciò, che questa santa sede ed il romano pontefice sieno affatto privali del legittimo principato civile, ma pur tende a fare, che si Indebolisca e, se mai fosse possibile, tolgasi affatto la salutare virtù della cattolica religione, e per questo si assale l’opera stessa di Dio, il frutto della redenzione, e quella fede santissima che è preziosa eredità a noi derivata dall’ineffabile sagrifizio. che si consumava sul Golgota. E che la cosa sia veramente cosi troppo il dimostrano tanto i già rammemorati fatti, quanto ciò che ogni di vediamo accadere. Quante diocesi, in fatto, in Italia, per frapposti impedimenti, non veggonsi orbate dei propri vescovi, plaudendo a ciò i fautori della moderna civiltà, che abbandonano senza pastori tanti popoli cristiani, e fruiscono dei loro beni, sin convertendoli in pessimo uso! Quanti sacri antistiti trovanti in esilio! Quanti (e il diciamo con incredibile dolore nell’animo nostro) quanti apostati, che, parlando non in nome di Dio, ma sì del demonio, e fidenti, nella impunità concessa loro da un fatale sistema di regime, turbano le coscienze, spingono i deboli a prevaricare, e fanno indurare quelli che miseramente caddero in talune turpissime dottrine, e sforzansi di lacerare la veste di Cristo, sino non temendo di proporre e persuadere le chiese, come essi chiamano, nazionali, ed altre siffatto empietà!

Posciacché poi buono di tal guisa insultato a quella religione, che ipocritamente invitano l'associarsi all’odierna civiltà, non dubitano, con eguale ipocrisia, di darci eccitamenti perché ci riconciliano coll’Italia.

Per certo,quando, spogliati quasi di ogni nostro civil principato, sosteniamo i pesi di pontefice e di principe colle pie largizioni di figli della catodica Chiesa, ogni dì amorosamente trasmesseci, e quando gratuitamente siam fatti segno d’invidia e di odio per opera di quei medesimi che ci chieggono conciliazione, ciò specialmente vorrebbero che pubicamente fosse da noi dichiarato di cadere in libera proprietà degli usurpatori le già strappateci provincie del pontificio nostro dominio. Colla quale audace ed affatto inaudita richiesta cercherebbero che da questa sede apostolica, che sempre fu il propugnacolo della verità e della giustizia, fosse sancito éhe una cosa ingiustamente e violentemente tolta si potesse tranquillamente ed onestamente possedere dall'iniquo aggressore; così che si stabilisse quel falso principio, che la, fortunata ingiustizia del fatto non reca verun detrimento alla santità del diritto. La quale domanda ripugna pare alle solenni parole, con che in un grande ed illustre senato, a questi ultimi giorni, fu dichiaralo: il romano pontefice essere la precipua forza morale nella società umana.

Da ciò consegue non poter esso di guisa veruna acconsentire alla vandalica spogliazione, anziché violi quel fondamento di moral disciplina, di cui egli è riconosciuto qual prima forma ed immagine.

E poi chiunque, o tratto in errore, o preso da tema, volesse darò consigli consentanei ai voti ingiusti dei perturbatori della civile società, è necessario che, specialmente in questi tempi, si persuada ch'ei non saranno contenti mai, sinché non veggano tolto di mezzo ogni principia di autorità, ogni freno di religione. ogni norma di diritto e di giustizia. E codesti sovvertitori, nella sciagura della società civile, tanto già ottennero e colla voce e cogli Scritti da pervertire le umane menti, da indebolire il senso morale, da togliere l’orrore per la ingiustizia; e tutto adoperano onde persuadere» ad ognuno che il diritto, invocato) dalle genti oneste. non. è altro che una ingiusta volontà che debb’essere affatto sprezzala. Ah! veramente sconciossi e traviò la terra e s'indebolì, traviò il mondò, indebolissi l'altezza del popolo della terra. E la terra fu infettata dai propri abitatori: poiché trasgredirono le leggi, mutarono il diritto, dissiparono il patto sempiterno (ls. c. 24, vers. 4 e 5).

Certo in sì grande oscurità di tenebre, da che Iddio nell’imperscrutabile suo giudizio permette sieno colpite le genti, noi collochiamo ogni nostra speranza e fiducia nello stesso clementissimo Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione, che ci consola in tutte le tribolazioni nostre. Poiché è lui solo, venerabili fratelli, che infuse in voi lo spirito, di concordia e di unanimità ed ogni di più lo infonde, affinché con noi fortemente e concordemente congiunti siate pronti a subir quella sorte, che, per arcano consiglio della divina sua provvidenza, sia ad ognuno di noi riserbata. È desso che congiunge in sacro vincolo di carità fra loro e con questo centro della cattolica verità ed unità i sacri antistiti del mondo cristiano che istruiscono i fedeli a loro commessi nella dottrina dell’evangelica verità, e in tanta caligine mostrano ad essi il cammino da eseguire, annunziando ai popoli santissime parole colla virtù della prudenza. Iddio stesso diffonde u tutte le catodiche genti lo spirito di preghiera ed ispira senso di equità agli acatolici, acciò facciano retto giudizio degli eterni eventi.

 Codesto tanto ammirabile consenso nella preghiera di culto l’orbe cattolico, i cotanto unanimi segni di amore verso noi, in tanti e sì vari modi espressi (non facili a trovare nelle trascorse età) mostrano manifestamente come agli uomini rettamente animati sia sempre d’uopo il tendere a questa cattedra del beatissimo principe degli apostoli, luce del mondo, che sempre insegnò maestra di civiltà e nunzio di salute, e sino alla fine dei secoli non lascerà mai d’insegnare le immutabili leggi della eterna giustizia. E tanto è lungi che i popoli di Italia si astenessero da queste luminose filiali testimonianze verso la sede apostolica, che anzi molle centinaia di migliaia fra loro ci spedirono amorosissime lettere, non già coll’idea di chiedere la riconciliazione declamala dagli astuti, ma sì per dolersi grandemente delle nostre molestie pene ed affanni, per confermare il loro affetto verso di noi, e per detestare più e più la nefanda e sacrilega spogliarne del civil principato della nostra sede.

Così essendo le cose, innanzi di por fine alle nostre parole dichiariamo chiaramente ed apertamente, in faccia a Dio ed agli uomini, non esistere affatto causa alcuna perché riconciliar ci dobbiamo con chicchessia Imperocché poi. sebbene immeritevoli. farciamo in terra le veci di quello che pei trasgressori implorava perdono, sentiamo benissimo di dover perdonare a coloro che ci odiano, e di dover per essi pregare affinché per aiuto della grazia divina tornino a resipiscenza. e meritino così la benedizione di colui che è vicario di Cristo in terra. Perciò volentieri preghiamo per essi, ed a loro, appena saranno pentiti, siamo pronti a perdonare ed a benedire. Frattanto però non possiamo starci inerti e dubbiosi, siccome coloro che nessuna cura si prendono delle umane calamità; non possiamo non grandemente commuoverci ed angustiarci, e non reputare come nostri i danni ed i mali iniquamente procacciali a quelli che soffrono persecuzione per la giustizia. Per la qual cosa, mentre presi da intimo dolore preghiamo Iddio, adempiamo al gravissimo officio del nostro apostolato di parlare, d’istruire, condannare qualunque istruisce e condanna Iddio e la sua chiesa onde compiam così il nostro corso, ed il ministero dalle parole; che ricevemmo dal Signore Gesù, di testificare il Vangelo della grazia di Dio.

Perciò, se ci si chiedano cose ingiuste, non possiamo assecondarle: se invece chieggasi perdono, il daremo come sopra abbiam dichiarato, assai volentieri. Ma perché questa parola di perdono sia da noi pronunziata in quel modo che pur si conviene alla santità della nostra dignità pontificia, pieghiamo le ginocchia innanzi a Dio,e abbracciando il trionfale vessillo di nostra redenzione, umilissimamente preghiamo Cristo Gesù che ci riempia della sua medesima carità, acciò perdoniamo nel modo stesso, che esso perdonò ai nemici suoi innanzi di abbandonare il suo santissimo spirito nelle mani dell'eterno suo Padre. E da lui vivamente preghiamo, che siccome dopo il largito perdono, fra le dense tenebre in che fu immersa h terra, rischiarò le menti dei suoi nemici, che pentiti dell’orrendo misfatto, tornavano percuotendosi i pelli; cosi, in tanto tìoio dell’età nostra voglia dai tesori dell'infinita sua misericordia dischiudere i doni della celeste e trionfatrice sua grazia, cosicché tutti gli smarriti faccian ritorno all’unico suo ovile.

Qualunque siano poi per essere gli imperscrutabili consigli della divina sua provvidenza, preghiamo in nome della sua Chiesa, io stesso Gesù, onde la causa del proprio vicario, che è la causa della sua chiesa, giudichi e la difende contro i nemici conati, e l’adorni e l’accresca con gloriosa vittoria. E lui pure preghiamo affinché rende l’ordine e la tranquillità alla società perturbata, e conceda la desideratissima pace a trionfo della giustizia. il che da esso unicamente aspettiamo. Poiché, in tanta trepidazione d’Europa, di tutto il mondo e di coloro che han l'arduo peso di reggere le sorti dei popoli, e il solo Iddio; che cori noi e per noi possa combattere. Giudicaci tu o Dio, e dividi la causa nostra da quella di gente non santa: concedi pace o Signore, ai giorni nostri, poiché non è altri che combatta per noi. se non tu nostro Iddio.

Recentissime

— La quistione dell’Hohtein e della Danimarca è ben lontana «lai comporsi. Il re di Danimarca scrisse Una lettera in risposta ad una del suo parente, il duca di Oklenbnrgo. lagnandosi con lui della sua condotta. La Commissione della Dieta dell'Holsiein rifiuta di sottoporre il bilancio dei Ducati all’esame del governo danese.

— In Austria questi giorni si sono tutti occupati con grande fervore delle elezioni.

Però in qualche paese non si volle eleggere affatto come, ci scrivono da colà. Ne riferiremo in appresso i dettagli. A Zara pare che ci sia stato un subbuglio e che non abbiano potuto seguire le elezioni. Nella Boemia e nella Gallizia c è lotta vivissima fra le nazionalità. A Vienna le elezioni seguirono nel senso politico e liberale tedesco. Nelle minori provincie sembra, che abbia prevalso il principio degl’interessi locali. Sarà un curioso effetto quello di veder funzionare queste Diete provinciali, di cui dice già il popolo, che si fanno per cavare un’altra volta danari. Fra gli Ungheresi ci sono di quelli, i quali credono che da ultimo il governo di Vienna dovrà piegare ad ulteriori concessioni.

— L’Austria continua i suoi preparativi di guerra. Anche Benedette parlò ultimamente agli ufficiali con tuono assai guerresco, conte se avesse da entrare io campagna.

— Corre voce che il generale Lamarmora, in seguito alla discussione avuta col Ministro della guerra, abbia dato la demissione dal comando del secondo corpo d’armata. Vogliamo credere che non sia fondate? qualora però fosse vera. noi teniamo per fermo che il Ministro non vorrà accettarla, né privare il paese, nelle attuali gravi contingenze, dei talenti e della esperienza d’un sì distinto uomo di guerra. Il generale Lamarmora. che laute fece per la causa italiana, troverà nel suo patriottismo motivi per non insistere in un divisamento, che sarebbe dal pubblico accolto con vero dispiacere.

—La notizia corsa da qualche giorno, esser intenzione di S. M. di recarsi a soggiornare per alcun tempo in Napoli, è per lo meno prematura.

—Una convenzione preliminare per la costruzione di strade ferrate nell'Italia meridionale fu firmata l'altro ieri (24) fra il ministro dei Lavori Pubblici e il sig. P. A. Adani.

—ll conte Fonicio, uno fra gli arrestati recentemente a Pordenone, è stato rimesso in libertà, dietro le vive istanze fatte presso le autorità dal colonnello Antonio Porcia; gli altri arrestati trovansi tuttavia in Udine, e temesi che possano esser tradotti in qualche fortezza.

Ma la lettera che dà questi ragguagli soggiunge es sere raddoppiati i rigori delle autorità austriache circa al rilascio di passaporti pel Regno d'Italia.

Qualche corrispondenza dal Veneto accennò, or è qualche tempo, all'arresto seguito a Venezia per cause politiche della nobil donna vicentina Calvi-Tron La polizia austriaca non peritossi dal chiudere questa questa si lingua polacca negli atti pubblici, una istruzione, nazionale e delle guardie civiche, ignora in prigione in compagnia di tre o quattro donne di mal affare. Riposta alcun tempo dopo in libertà, la polizia stava per arrestarla altra volta in occasione delle recenti manifestazioni o patriottiche seguite nel Veneto: ma la Calvi-Tron. avvertita in tempo, seppe sfuggire alle persecuzioni della polizia austriaca, ed è giunta a Torino.

– Tutte le ricerche fatte per avere qualche indizio del vapore l'Ercole procedente da Palermo per Napoli riuscirono a vuoto. ll vapore Generoso ritornava il giorno 19 in Napoli dopo una tanto accurata quanto infruttuosa investigazione delle coste napolitane e di quelle di Lipari.

Nessuna traccia di naufragio si potè scoprire. Temesi perciò che il piroscafo sia abbruciato o sommerso in alto mare. Tra passeggeri ed equipaggio eranvi ottanta persone a bordo.

(Gazz. del Pop. di Torino.)

Rive del Mincio 25 marzo:

– Questa notte è arrivato a Verona un convoglio di Croati, ai quali si dice sia stato promesso ch'ei non esci ranno dal quadrilatero delle fortezze,

«Tutte le disposizioni che prendono gli Austriaci sono tali, che paiono far presentire una vicina guerra. Gli ufficiali, forse per vanteria, vanno dicendo apertamente che in aprile essi entreranno ne' Ducati ed in Lombardia.

«Oltre alle suore di carità, sono arrivate le guide ed i telegrafi di campo.

«Ieri per telegrafo venne ordinato a tutti gli ufficiali ed operai addetti alle fortificazioni di allontanare le proprie famiglie.

«Agli uffizii di Contabilità di Verona e Peschiera fu ordinato sgomberare per mettere in que’ luoghi gli ospedali militari.

«I nuovi lavori di Peschiera vengono spinti con grande attività, e continuarono anche ieri ed oggi, quantunque sieno giorni festivi».

– Ieri sera per diverbio sorto nel Caffè di G.

Nocera un sedicente garibaldino sparava un colpo di pistola contro il garzone del caffè. Arrestato immantinenti, fu riconosciuto per una guardia di polizia di Francesco 2.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Parigi, 25 marzo.

Corre voce che la Francia domanderà una riparazione al Messico per l'attentato commesso contro il suo console.

Si parla di nuove trattative, che la Francia farebbe colle potenze cattoliche sulla quistione romana.

L'ambasciatore francese a Vienna signor Moustier ha ricevuto ordine di accompagnare l'imperatore Francesco Giuseppe a Pesth e di assistere ufficialmente all'incoronamento a Buda.

I francesi in Cocincina hanno preso Mitte (sic), Mucilanoff lascia Varsavia avendo ricevuto un congedo per un anno.

Parigi, 24 marzo

Corre voce che nel Messico vi sia una agitazione minacciosa per i nazionali francesi. Due fregate a vapore partirebbero per il Messico.

Si dice che il nuncio pontificio possa tornare prossimamente. Il re di Siam ha ceduto alla Francia un poco di territorio ed un porto nel golfo di Siam. Sarà stabilita, una strada che metta in comunicazione Saigon col golfo.

L'Opinion nationale d'oggi porta un importante articolo di Gueroult sulla dissoluzione del Corpo legislativo Dice esservi una situazione nuova; trovarsi ora i partiti nettamente disegnati, per cui c'è d'uopo di uomini nuovi.

Lo czar ha deciso di mantenere alla Polonia una municipalità elettiva, di accordare l'uso della Klapka pubblicò una lettera agli Ungheresi, in cui è detto, che se gl'Israeliti non sono completamente emancipati, ciò avviene perchè la richiesta Costituzione del 1848 è opposta all'emancipazione. Ma una volta la Costituzione accordata gli Israeliti acquisteranno le desiderate libertà.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 29 – Torino 28 (sera).

Patrie 28. Un articolo di Limayrac sulla cerimonia officiale pe’ funerali della Duchessa di Hellen constata la presenza di Principi inglesi.

Domandasi in Francia che significa simile dimostrazione? che vuole la famiglia reale d'Inghilterra chiamando a quest'onore ufficiale una famiglia decaduta per volontà del popolo. La Patrie enumera le cause di unione della Francia con l'Inghilterra: domandasi perchè sembrasi incoraggiare le divisioni nel nostro Paese? Il Popolo inglese non c'entra per nulla in queste manifestazioni puerili. I due popoli hanno bisogno più che mai di unirsi, e, grazie a Dio, i grandi interessi del mondo non sono subordinati ai capricci di Corte.

La Patrie e il Pays dicono il concentramento delle truppe Austriache sul Pò essere puramente difensivo.

Napoli 29 – Torino 28 (sera).

Parigi 28. Il Consiglio di Stato ha condannato il Vescovo di Poitiers ad una correzione verbale.

Lisbona 27. La Camera de'  Deputati è sciolta. Il Ministero conserva la direzione degli affari.

Napoli 29 – Torino 28 (sera).

La Camera dei Deputati discusse lo schema di legge per dar facoltà al Ministero di esercitare il bilancio fino al 30 Giugno. Brofferio ha discorso censurando la condotta politica interna e l'amministrazione del Ministero; e dichiarò di dare il voto favorevole per non incagliare il Governo.

Parlarono varii Oratori sopra una proposta della Giunta circa il riparto delle spese Provinciali. La legge fu votata con 187 voti contro 5,

La Camera si aggiornò fino al 2 Aprile giorno delle interpellanze su Napoli.



Fondi Piemontesi 75.9076,00
Tre per cento francese 67,75
Quattro e mezzo id. 95,55
Consolidati inglesi 91 7/8
Metalliche Austriache 64,68

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ANNO I. Napoli 30 Marzo 1861 N. 30

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

AVVERTIMENTI

Si è detto motte volte che l’Europa è un Vulcano, e la frase è corsa come una figura rettorica; ma questa Europa, tale qual è presentemente è un vulcano davvero.

La società e le nazioni subiscono una crisi gigantesca: il dritto di essere, la forma sociale, vantino a mutarsi dalle fondamenta: crollano vecchi imperi, e sorgono i nuovi; e sopra tutte le scosse, le convulsioni del movimento, il principio delle nazionalità si rialza irresistibile. e si costituisce. Il cannone tuonerà come squilla funebre pe’ vecchi stati, e battesimo di fuoco pe’ nuovi: il nome de’ popoli che si rialzano non può essere proclamato che sul campo di battaglia,il novello edilizio sociale non si eleverà che sovra fumanti rovine; la forza non può esser distrutta che dalla forza. e la vita sorgerà dalla morte — L’Italia, l’Ungheria, la Polonia, piglieranno posto nell’Europa novella; nazioni manomesse, esse riacquisteranno la vita che è loro propria, rovesciando la vita artificiale degli usurpatori che vivevano di loro, e bene sta; sulla tomba de’ governi briganti non v’ha chi sparga dei fiori, e chi ferisce di spada, perirà per la spada — Oh la faccia de’ tempi è mutata, e la coscienza degli uomini intende cosa è il dritto, e cosa è la prepotenza. Cento milioni di viventi domandano a chi li preme: Con qual dritto volete disporre di noi?—Con qual dritto tre despoti si sbranano l’eroica Polonia, con qual dritto, il principio del male la Negazione dell'onestà. il Covò dell'oppressione,1’orribile incubo ora decrepito. per azione di grazie alla guerriera Ungheria che la saltò da morte. le ha messo il piede sul petto? Con qual ragione questo vampiro a due teste ficca le sue unghie nel cuore della splendida Italia, e né succhia il sangue, e la vita? Oh vivaddio! l'ora della giustizia è arrivata: il mostro di un’altra età che ardisce ancora vivere in questa età civile, si appresta alla sua agonia, il passo degli eserciti e delle nazioni già l’è sopra: un pò di sangue, un ò di morti gloriose, un pò di confusione e tutto è detto.

E l'ora della Polonia è giunta ancora. Il popolo di Varsavia è maturo, e tutto annunzia che fa davvero. Opera con fermezza e insieme con senno; sa che la Russia dalle sue condizioni presenti, e molto più da quelle prossime di Oriente è mossa all’equità verso di essa; e i fatti parlano: esse lo comprende, il suo contegno è maraviglioso. Ed il brano sanguinoso di questa nazione che sta fra gli artigli della Prussia, ognun vede che non resterà più allora un brandello di carne in spettacolo.

La Germania tutta quanta è alla vigilia di un movimento che costando della ragion composta di nazionalità e di principi ha una portata immensa; ed agitandosi questo movimento fra un popolo di 80 milioni, le sue proporzioni saranno corrispondenti. L’esplosione con tanti elementi che già sono virtualmente in cozzo non potrà gran fatto ritardare; ma sarà inevitabile e si pronunzie sotto forma colossale l’indomani che l’Austria cadrà fulminata.

E l’oriente si trasformerà — L’Impero dei Turchi fratello dell’Austria varcherà i mari ricalcando la via, già battuta e i suoi miserandi frammenti. o sparirono nello spazio, o gitterannosi in confusione nell’interiore dell’Asia.

Una Potenza che non fu amica finora alla libertà pianterà la sua bandiera su' minareti di Stamboul? Diamo bando all’allarme: il popolo della Civiltà e del 89, è sempre all’avanguardia di ogni passo in avanti de'  popoli e de’ Re: la potente Inghilterra è la custode dell’equilibrio e della libertà, e non sarà la forza bruta l’indirizzò dei nuovi destini della Capitale del mondò greco, poiché questo indirizzo à la sua genesi nelle forze combinate dalla nuova diplomazia e delle civiltà nazionali.

Ma quello che a noi Italiani è ragione di conforto e garenzia di salute sta in ciò: che da queste medesime cause gigantesche si è maturata l'opera della nostra redenzione, e che l'Italia rigogliosa della sua nuova vita è destinata a compiere una parte degna di se negli avvenimenti grandiosi, che $i apparecchiano.

Ma è debito sacro dell’Italia di apparecchiarsi e con i suoi proprii mezzi; è dovere di vita di ogni Italiano, di alzar la voce e dire a quel governo che mal risponde al bisogno ed all’urgenza della situazione: Armale l'Italia! Il dritto ed il principio anno maturato la crisi delle nazioni: è il cannone che li tramuta in fatt.

E voi governanti o vi mettete all’altezza della situazione o scendete. — Nel cozzo supremo delle spade, chi si ripara sotto lo scudo degli altri, sarà sempre in seconda linea, e il suo destino tra i gabinetti sarà subordinato come lo fu il suo passo di carica nelle battaglie.

Or ora si vedrà se volete cementare o fare davvero una nazione: Una ed indivisibile. Tale dovrà essere! i popoli ve l’anno imposto.

F. Mazza Dulcini.

SOPPRESSIONE DELLA LUOGOTENENZA IN NAPOLI

In uno degli scorsi numeri noi riportammo il discorso che il deputato Ranieri sera proposto di pronunziare in nome di molti dei suoi conterranei e colleghi.

Ora il deputato Mandoi-Albanese, alla sua volta aveva preparato un altro discorso perché la Camera invitasse il ministero ad aggiornare il gravissimo e pericolosissimo spediente di sopprimere la luogotenenza di Napoli. Per buona sorte il mini stero da sé ha presa quella prudente determinazione: quindi il discorso del Mandoi era inutile; ma come ci sembra interessantissimo, sia per la importanza dei fatti, sia per riguardo della persona, che tanta bella parte prendeva negli avvenimenti del suo paese, noi abbiamo giudicato utile darlo ai nostri lettori, ma per mancanza di spazio lo daremo lunedi l'aprile nel supplemento.

Notizie Varie

ITALIA

ROMA 19.

È tale il numero delle iscrizioni sui muri e delle cartoline (tricolori sparse per le vie colla leggenda: Viva Vittorio Emanuele, che non bastando i gendarmi a cancellar quelle ed a raccoglier queste, fu fatta uscire la truppa ai linea alle 6 ant., in aiuto ai gendarmi.

—Nell’Accademia di San Luca vi fu un professore che voleva proscrivere dalle sale della accademia la celebre Fortuna del Guido, la Lucrezia del Cagnacci, due Veneri del Tiziano, chiamandoli quadri osceni.

— La passeggiata del giorno 15 fu fatta sospendere dagli usseri e gendarmi francesi; vuolsi che Govone desiderasse che le truppe mettessero mano alle armi. Raddoppiò le pattuglie di fanteria e di cavalleria, occupò militarmente la piazza Colonna, ed una sera ha fatto appostare i cannoni nella caserma del Popolo, ingiungendo alle truppe di sciogliere anche gruppi di tre o di quattro persone. Le perquisizioni e gli arresti continuano.

— Padova,23 marzo.

A festeggiare l’anniversario della rivoluzione di Venezia, si radunarono il 22 marzo più di 70 signore al Caffè Pedrocchi. Dopo una mezz’ora, entravano boriosamente due ufficiali, e tosto le Signore di pieno accordo escirouo al caffè.

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TORINO

— Il deputato cavaliere Filippo Cordova è stato nominato segretario generale al ministero delle finanze.

(Gazz. di Ter.)

SENATO DEL REGNO

—Nella sua tornata di sabato. ha primieramente udito mezzo del guardasigilli per comunicazione del governo che recava l’annunzio officiale della ricostituzione del ministero.

Lo stesso guardasigilli ha soggiunto chela politica del nuovo ministero non era punto cambiala da quella seguila finora, sia nell’interno che all’eterno; ha pure partecipato che le luogotenenze di Napoli e di Sicilia verrebbero surrogale da un segretariato generale; ed ha per ultimo accennalo al riordinamento interno, svolgendone particolarmente, la parte che concerne l'amministrazione della giustizia.

Viene poscia intrapresa la discussione dello schema di legge per l’intestazione degli alti del governo che Fu adottato senza opposizione con 74 voti favorevoli sopra 75 volanti.

Il Senato si è aggiornato a martedì 2 prossimo venture aprile.

PARLAMENTO NAZIONALE

— Tornata del 25 marzo Pres. Rattazzi.

Letto il verbale, e il sunto delle petizioni, dichiarata l’urgenza di due petizioni di cui una d’un cittadino di Mirandola, Sirtori domanda la parola sul processo verbale.

Sirtori. Chiedo di parlare sul processo verbale riguardo alle parole dp me pronunciate nell'ultima tornata 4 In quella tornata l’emozione della Camera e la mia propria emozione m’impedirono certamente di misurare le parole, ed io di quelle parole non mi ricordo, ma vedo dalla stampa che quelle parole furono nterpetrate in senso falso, e ch’io none sito a dire iniquo,perché i miei antecedenti sono conosciuti e nessuno mi poteva incolpare d’aver potuto pronunciare parole ostili all'esercito regolare. lo chiamo in testimonio dal primo all’ultimo non solo i soldati dell'esercito meridionale, ma i soldati, gli ufficiali, ed i generali dell'esercito regolare se in tutti i miei atti, durante d'mio comando, la mia cura principale non fu appunto di fare amare e rispettare, e dirò di più ammirare la virtù ed il patriottismo dell’esercito regolare che io proposi per modello ai miei propri soldati (bravo! bravo!) e di questo si dee ricordare particolarmente l’onorevole colonnello Malenchini.

Il colonnello Malenchini si deve ricordare dell’ordine del giorno del 13 novembre che terminava cosi: «Giovani soldati, la patria sarà pienamente soddisfalla di voi se imiterete la disciplina e le salde virtù militari della vecchia armata» Ora, tra le virtù militari io conto per prima il patriottismo e nessuno mi può incolpare di aver messo in dubbio il patriottismo dell’esercito regolare; anzi, di questo appunto io fo colpa al ministro, di aver stabilito un antagonismo che poteva avere deplorabilissime conseguenze tra l’esercito dei volontarii e l’esercito regolare; e di questo si deve ricordare in particolare il generale Fanti che gli dissi: se io avrò l'onore di essere deputato, accuserò alle Camere il signor ministro di aver stabilito questo dualismo tra l’esercito dei volontarii e l’esercito regolare. I miei sforzi furono saranno sempre, se avrò ancora l’onore di comandar qualche corpo, diretti a far sì che i volontarii amino e imitino il più che sia possibile le virtù militari dell’esercito regolare, dappoiché è mia convinzione che l'esercito che una volta si chiamava sardo, ed ora si chiama italiano,non solo può essere di modello, quanto a patriottismo ed a salde virtù militari a tutti gli eserciti di Europa (vari segni di approvazione)

Malenchini accetta di vero cuore le cordiali dichiarazioni del generale Sirtori che corrispondono interamente ai suoi sentimenti.

Fanti dichiara d’aver sempre osato a fui tutte le gentilezze possibili che non ha mai inteso di stabilire nessun dualismo; che tende di fare l’interesse di tutti, di conciliare, quello dell’esercito con quello dei volontari.

Letto l’elenco di alcuni omaggi e le domande di congedo sporte da qualche deputato, le quali provocano un licitiamo di Ricciardi per la truppa facilità con cui si domandano e si concedono, si procede alla votazione per la nomina d’un segretario in sostituzione di De Sanctis passato ministro.

Terminato l’appello nominate, Cassinis presenza due progetti di legge già adottati dal senato; l’uno riguarda l’intestazione degli atti pubblici, l’altro l’abolizione dei feudi in Lombardia.

Il Presidente dà la parola ad Audinot per la sua interpellanza su Roma.

Audinot prima di rivolgere il discorso al presidente dei ministri espone alla camera alcune sue idee che chiariranno il senso della sua interpellanza.

Noi lamentiamo indarno con desiderio penoso su questi banchi i rappresentanti di. Venezia e Roma, nobilissime città Italiane; che esse debbano appartenere all’Italia è chiaro come la luce del sole.

Ma Venezia accoglie in grembo due quistioni le quali hanno a sciogliersi 0 colla forza dell’armi 0 colla forza morale. Esprime la speranza che l’Austria voglia indursi a cedere alle buone la Venezia; comunque sia, oggi per noi è virtù attendere sinché giunga l’ora cui accenna il discorso de lla corona, perché la questione della Venezia non può essere altrimenti risolta che colla sua riunione al regno d’Italia. Egli accetta perciò, ma a palio che l'attesa sia operosa per accrescere il tesoro e le forze di terra e di mare. L’opportunità duna guerra può giungere da un momenti all'altro; e se questa sorgesse che noi non fossimo pronti, il soccorso del nostro potente allealo potrebbe cangiarsi in padrone.

La quistione di Roma non può essere risolta che per forza morale, perché essa riflette i sentimenti cattolici, e Roma è occupata dai Francesi. Il governo temporale del pontefice è morto assolutamente e non può reggere che mediante il puntello della forza; la prova l’esperienza di mezzo secolo dal 15 in poi; la prova alla diplomazia la difficoltà anzi l’impossibilità di ottenerne di migliori; lo provano all’evidenza al mondo intero i documenti diplomatici deposti alle camere di Francia e d’Inghilterra.

Il governo pontificio è incompatibile collo spirito della civiltà della giustizia, della libertà e con quelli del 1789.

La confederazione italiana sotto la presidenza di Roma sarebbe spenta in breve sotto il mortifero soffio della curia romana. Noi vogliamo tutti un’Italia una ed indipendente; ci è necessità ottenerla sotto pena di perire. L’Italia ha bisogno di Roma, Roma d'Italia per togliersi dal giogo dei preti, per sottrarsi alla schiavitù mentre la vita nazionale entra in essa per tutti i pori. L’Italia ha bisogno di Roma per togliersi un centro di reazione, per togliere le gare municipali, perché da questo estremo lembo d’Italia non si può eternamente governare la nazione; credo che i rappresentanti di tutte le città d’Italia e. della stessa nobile Torino non io smentiranno. Torino non può cedere ad altra città che a Roma.

Combatte le obbiezioni di Massimo d’Azeglio, il cui libro egli chiama romantico-fantastico, in opposizione a quel che disse Azeglio che il concetto di Roma per capitale è rettorico. classico.

Difende eloquentemente i fatti del 1849 dalle accuse reazionarie ed esclama: senza l'eroica difesa di Roma, protesta sublime contro lo straniero, forse noi non sederemmo ora qui. La difesa di Venezia e quella di di Roma hanno affermato il diritto italiano e rivendicato l’onore delle armi italiane.

Tre soluzioni gli stanno innanzi della quistione di Roma; o per forza d’armi che egli respinge e dichiara folle; o per la partenza del papa coi francesi; o per la partenza dei francesi e rimanenza del papa a Roma.

Domando conchiudendo al presidente del Consiglio: 1. quale fondamento abbiano le voci d’intavolare negoziazioni con Roma; 2. perché non si applichi il principio del non intervento né a Roma né al patrimonio di S. Pietro. 3. quali sono i suoi principii direttivi intorno alla soluzione del gran problema della questione romana.

Alla Camera domanda: Non credete voi che sia giunto il momento di dichiarare solennemente il nostro diritto su Roma.

Conchiude: cerchiamo la concordia che tutti vogliono negli atti grandi di una politica generosa, non nelle strette di mano. L’Italia non fu fatta né da un uomo solo, né da un partito ma da tutti gli italiani.

Cavour. Ben faceva il deputato Audinot a domandare al Ministero quali siano i suoi principii direttivi nella gran quistione di Roma; poiché la quistione è sollevala, ragione vuole che sia ampiamente trattala, e che egli non sj restringesse poche domande su fatti specifici.

La quistione di Roma non è soltanto importante per l’Italia ma per 200 milioni di cattolici; non è solo politica l’influenza che eserciterà la sua soluzione, ma religiosa e morale.

Quando la questiono romana era ancora lontana e la soluzione differita a tempo indeterminato, era prudenza a un ministro degli interni di indicare soltanto la stella polare da seguirsi, senza entrare in particolarità; ma ora sarebbe pusillanimità lacere.

Beo disse l’onorevole Audinot, Roma deve essere capitale d’Italia; non può essere sciolta la questione se questa verità non è prima proclamata e accettata dall’Europa; se fosse possibile costituire l’unità d’Italia senza Roma, dichiaro schiettamente. che ne crederei difficile, forse impossibile la soluzione. Noi abbiamo diritto su Roma, perché l'Italia ha bisogno di Roma per capitale. É una verità questa affermata dal senno comune dell'Europa, è una verità italiana.

L’Italia ha ancora molto da fare per sciogliere tutti i problemi che la sua unificazione suscita; perché quest’opera possa compiersi conviene che non vi siano ragioni di dissidi; ora finché la questione della capitalo non sarà definita, nasceran sempre dissidi, lotte fra le altre città.

Concepisco che per ora persone d’ingegno chi per una ragione, chi per l’altra diano la preferenza ad altra città; ma una volta costituita la capitale in Roma la discussione non sarebbe né anche più possibile. Solo proclamando Roma capitale d'Italia possiamo porre un termine a tali scissure.

Dice futili gli argomenti da Massimo d’Azeglio adotti contro Roma, se le sue ragioni avessero ad influire né Londra, né Parigi sarebbero capitali; la scelta delle capitali è una quistione morale. Roma sola non ha memorie di municipalismo. .

Tutta la storia di Roma dai Cesari ad oggi è una storia di una città le cui memorie si scindono oltre le sue mura, d'una città destinata a estendere il suo dominio in tutta l’Italia. Si crede in obbligo di proclamare ora questa verità e. di fare appello a tutti i cittadini d'Italia perché cessi ogni discussione so questo punto per poter proclamare imponentemente all’Europa il nostro diritto a Roma.

Sarà per me un gran dolore il dover dichiarare alla mia città natia che essa deve definitivamente e risolutamente rinunciare ad essere sede del governo; ma conoscendo l’indole de’ miei concittadini sempre di sposti ai maggiori sacrifizi! per la causa d’Italia, non dubito che essi non mi disdicano quando a loro nome proclamo che Torino è pronta a fare il sacrifizio. L’Italia quando avrà stabilito il sino governo in Roma non sarà ingrata a Torino.

Noi dobbiamo andare a Roma col consenso della Francia; senza che la riunione di questa città possa essere interpretata dai cattolici come il segnale della schiavitù della Chiesa, senza che il papato per la sua indipendenza.

Sarebbe follia volere andare a Roma malgrado e coll'opposizione della Francia; dirò di più: quando pure la Francia non potesse vietare ciò non dovremmo farlo se ciò dovesse portar danno alla nostra alleanza; non dobbiamo imitare l'ingratitudine dell'Austria verso la Russia, non possiamo, dopo aver ricavato tanto beneficio dall'intervento francese, protestare contro quello che sino a certo punto avevamo accettato quanto l'imperatore scese in Italia.

Ma se giungiamo a far sì da persuadere alla gra-massa società cattolica che la riunione di Roma può farsi all'Italia senza che la Chiesa cessi d'essere indi pendente credo che la questione sarà quasi sciolta.

Molte persone di buona fede non sono aliene dal pregiudizio di credere che quando il re sedesse sul Quirinale il pontefice invece d'essere il capo del cattolicismo sarebbe ridotto alla carica di grande elemosiniere d'Italia. Se realmente la caduta del poter temporale traesse seco queste conseguenze, la riunione di Roma all'Italia sarebbe fatale a questa.

Ma la storia ci dimostra che la riunione dei due poteri arrestò sempre dovunque il progresso della civiltà in tutti i tempi e in tutti i paesi, qualunque fosse la religione, ciò premesso io credo dover esaminare da tutti i lati la sollevata questione, cioè gli effetti della riunione di Roma all'Italia.

La prima si è quella di esaminare se il potere assicura ora al pontefice, come assicurava nei secoli scorsi, l'indipendenza del pontefice.

Niuno può in buona fede asseverare che il pontefice nella sua condizione attuale sia indipendente.

Quando il diritto dei sovrani era assoluto, intendo che il possesso d’un territorio qualunque al pontefice fosse una garanzia d'indipendenza; ma dall’89 il diritto pubblico. è mutalo, quasi tutti i governi riposano col consenso o tacitò od esplicito dei popoli; esso è proclamato in Francia o io Italia, la Prussia non lo nega, persino l'Austria vi si accosta, e la Russia non lo combatte più come -una Volta.

Che vi sia antagonismo tra il papa e i suoi sudditi è cosa fatta manifesta culla ristorazione dal 1814 in poi. Fa una rivisiti dei vari movimenti che continuamente affermarono negli Stati pontificii la volontà dei sudditi di sottrarsi al governo pontificii il quale non altrimenti potrà durare che mediante il continuo intervento straniero.

Malgrado le libertà di stampa di riunione e «l'associazione di cui godono le Romagne, le Marche, l’Umbria di fresco liberate, nessun sintomo di reazione si è ivi mai sinora manifestalo. Sorgeranno dalla stampa di quelle provincia recriminazioni contro il ministero» ma nessun rimpianto degli antichi reggitori..

I sordini dell'Ascolano dimostrano che il governo clericale predispone le popolazioni al brigantaggio quando mutano governo, benché di quelle atrocità egli non voglia far salire h responsabilità al pontefice.

Se questo antagonismo che mi pare d’avere inconfutabilmente dimostrato, esiste, non altrimenti si potrebbe vincevi che sagrificando atrocemente le popolazioni ancor soggette al pontefice.

Le concessioni del pontefice non potrebbero mai fare scomparire questo antagonismo, perché il pontefice non può dirle. Chi gliele chiede gli chiede quel che egli non può dare, in lui si confondono due qualità, quella di capo della Chiesa e di capo del potere civile ma si confondono in modo che la qualità di capo della Chiesa dove preponderare sull'altra. Il pontefice se lo facesse tradirebbe il suo dovere come capo della Chiesi; può tollerare certo cose all'estero, come ad es.,. in Francia il matrimonio civile, ma non può dargli la sua sanzione del proprio Stato.

Lungi dal fare a lui un rimprovero dell’essere costantemente rifiutato alle concessioni non esito a dichiarare che questo, per me, come cattolico, gli è un titolo di benemerenza.

Al congresso di Parigi mi si faceva istanza perchè io presentassi le riforme, a mio avviso, necessarie negli Stati del papa, ed io proclamai allora questi medesimi principii dichiarando altamente che il solo mezzo di mettere le Romagne e le Murene in una condizione normale era di separarne la loro amministrazione da Roma rendendole indipendenti finanziariamente e amministrativamente.

I mali di quei paesi non gli attribuisco alle persone che li governarono, ma al principio del governo, alla confusione dei due poteri. L’Europa da 20 anni si strugge per trovare il modo di operare la riforma dello stato ottomano; non v’è riforma che non sia stata tentala o proposta; e parecchi ministri ottomani sono dispostissimi ad attuarle, eppure sinora l'opera loro fu quasi sterile perché a Costantinopoli come a Roma la confusione dei due poteri è la medesima.

Le riforme essendo impossibili l’antagonismo non può essere eliminalo; se così è il potere temporale non è garanzia d'indipendenza.

Il papa sarà molto più indipendente quando avrà abbandonato il potere temporale. L’indipendenza del pontefice e della Chiesa possono assicurarsi mercé la proclamazione del principio lealmente, largamente ai rapporti ella società civile colla religione, che questa separazione sia operala in modo chiaro e definitivo l’indipendenza del papato starà su torrenti ben più solido che non sia ora.

La sua libertà sarà più assicurata perché non più vincolata da concordati, divenuti inutili quanti’egli sia ristretto alba sferza spirituale. Ciò non ha bisogno di dimostrazione. Ogni sincero cattolico, ogni sacerdote zelante della religione di Cristo deve preferire questa libertà ai privilegi.

La chiesa troverà garanzie potentissime nella popolazione italiana; questi principii debbono far parte integrale del patto fondamentale del nuovo regno d’Italia.

Il popolo italiano non volle mai distruggere la chiesa, ma riformare il potere temporale; tali furono le idee dei più grandi pensatori nostri: Savonarola, Dante, Sarpi, Giannone, ecc. Il popolo nostro sarà geloso dell’assoluta libertà della chiesa.

Entrando a parlare dei negoziali colla Curie di Roma non esita a riconoscere che ogni tentativo sinora è riuscito vano; ma dichiara che il momento per aprirli su quella larga base che intendiamo non è ancora arrivato.

Esprime la speranza che la corte di Roma quando conosca le nostre buone intenzioni vorrà mostrarsi menò renitente. Spero un mutamento nell’animo di Pio IX per assicurare la indipendenza ali Italia e la libertà alla Chiesa t ma se per circostanze fatali l’animo del pontefice non si mutasse, noi per ciò non cesseremo dii proclamare altamente i principii sinora esposti, non cesseremo dal dire che in qualunque modo I Italia giunga a Roma o per accordo o Senza. proclamerà immediatamente il principio della più larga separazione delta società civile della Chiesa; e quando sarà chiaro all’Europa che gli italiani non sono ostili alla Chiesa, nutro ferma fiducia che il mondo cattolico farà ricadere a responsabilità della lotta fatale se chi l’avrà provocata. Ma a rischio di essere accusato d’abbandonarmi ad utopie nutro ferma fiducia che quando la proclamazione di questi principii da voi consacrata giungerà in Vaticano. le fibre italiane di Pio IX non ancora tutte guaste dalla reazione si commoveranno per noi e ci sarà grato di aver riconciliato il papato alla monarchia o non potremo pacificamente compiere questo atto che tramanderà ai posteri la memoria più grande della presente generazione italiana (silenzio e disinganno).

Mariani declama un discorso arcadico fra la disattenzione generale della Camera. Le pubbliche gallerie si vanno spopolando. I deputati e i ministri fanno conversatone a basa voce. I giornalisti si riposano. Quando giunsero le 5 e mezzo, e deputati s’accorsero dell’imperturbabilità dell’oratore che egli non intendeva di così presto finire, principiarono anch’essi a sfilare un dopo l'altro.

Quando finalmente ebbe esaurito la sua vena oratoria. Cavour chiese la parola, presentò un progettò di legge, poi rispose a Miceli che la voce dell'ingresso delle truppe francesi di Pontecorvo non ha fondamento.

Presid. L’ordine del giorno per domani è: continuazione delle interpellanze.

La tornata è sciolta alle 6.

GARIBALDI

Giuseppe Garibaldi è sbarcato in Albania. L'Eroe di Varese, di Marsala e di Napoli, ha toccato il suolo di Oriente, quella terra ove si apparecchiano; nuovi destini di Europa, donde un arteria possente mette in circolazione po poli diversi che tutti hanno un'aspirazione suprema: la nazionalità.

L'Albania! il dispaccio che ce lo annunzia colà ha il carattere dell'autenticità, e già i Gabinetti né hanno subita la scossa elettrica. L'Albania è la terra di Byron, la terra de'  prodi, poetica e guerriera.

Il cuore dei popoli balza ora di violenta commozione a tale novella; avvenimenti guerreschi, riscosse popolari fra poco risuoneranno da un punto all'altro di Europa: il nostro ben amato, l'angiolo che ci ha redento lascia il suo scoglio e si rimette alla testé delle nazioni.

Il Voto delle genti si alza al Cielo per Lui, pel Predestinato: un palpito cara, ma il Dio degli eserciti è con lui, la stella di Garibaldi è la stella delle nazioni e non perirà!

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Parigi, 26 marzo.

Corre voce, che Cowley abbia domandato spiegazioni a Thouvenel circa alla missione dell’agente francese Roussel nel mar Sosso.

L’ambasciatore russo a Vienna biasimava officialmente, da parte della Russia il sollevamento, de’ Montenegrini.

Larochejaquelein venne decorato dall’ex-re di Napoli.

Avvenimenti gravi a Yeddo. Alcuni marinai inglesi hanno tirati sugli idoli. I consoli inglese e francese sono partiti.

Una deputazione ha domandato a Gorciakoff l’immediata esecuzione delle concessioni.

Ieri la Ristori ha avuto un grande successo al teatro dell'Odèon.

Dispacci elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 29 — Torino 28

Parigi 28; Gazzetta austriaca 27— Il Governo ricusa il ristabilimento delle leggi Ungheresi e il Ministero indipendente.

Il viaggio dell’Imperatore per L'Ungheria non è ancora deciso.

Napoli 30 — Torino 29 (sera)

Parigi 9— Costantinopoli 27 — In seguito alla invasione di Garibaldi a Spi tra nell’Albania i rappresentami delle Potenze insistono per l’invio di una commissione mista in Erzegovina—La Porta ricusa di sottomettere anticipatamente le riforme alle Potenze temendo che la Russia torni a reclamare la conferenza permanente — Le Potenze insistono e lasciano la Porta responsabile delle conseguenze del rifiuto.

Napoli 30 — Torino 29 (notte)

Parigi 29 (sera)—Corre voce aver l'Austria dichiarato di nuovo formalmente, che alla menoma violazione del suo territorio per parte dei volontari Italiani in qualunque parte accada. Benedek avrebbe immediatamente passata la frontiera. I preparativi guerreschi fatti ultimamente avrebbero per iscopo di prepararsi a questa eventualità.



Fondi Piemontesi 75,25 75, 50
Tre per cento francese 67,80
Quattro e mezzo id. 95,65
Consolidati inglesi manca
Metalliche Austriache 63,70

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. SUPPLEMENTO N. 31

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 1 APRILE 1861

– Ecco per intero il discorso del Professore Mandoj da noi pubblicato nel nostro N. 30.

Signori, il presidente del consiglio nell'ultima tornata della Camera toccava di voto le ragioni che avesse determinato il consiglio della corona a dover sopprimere la luogotenenza di Napoli, ed a dimettersi, dando luogo ad un nuovo gabinetto che meglio risponda al nuovo regno d'Italia, ed ai bisogni delle diverse provincie dello stato. Egli diceva, che il gabinetto prima di prendere la gravissima determinazione della soppressione della luogotenenza di Napoli, avea calcolata la gravità di questa modificazione; conchiudeva quindi, che né sarebbe derivato un gran bene per quelle provincie e per l'Italia.

Io, o signori, sono di contrario avviso; prevedo invece guai e guai gravissimi per quelle disgraziate provincie e per la bella nostra Italia; io giudico prematuro, impolitico e causa forse di gravissimi mali, pericolosissimo il passo che si vuol dare.

Le provincie napolitane dopo aver compiuta una mirabile rivoluzione, degna del nostri tempi, dopo aver ridotto col potentissimo aiuto del primo cittadino d'Italia, dello eroe degli eroi, Garibaldi, e dei prodi e degni suoi compagni d'arme, il Borbone con i suoi pochi pretoriani a ripararsi e rinchiudersi nelle fortezze di Capua e di Gaeta, votavano con grande animo e fiducia il plebiscito, certo di vedere inaugurarsi un governo riparatore, giusto, moralizzatore! Accoglievano però con trasporto ed entusiasmo l'eroe di Palestro, di S. Martino, il loro re galantuomo, Vittorio Emmanuele! Ma le loro giustissime speranze rimanevano fin oggi deluse! Eglino videro invece inaugurarsi un governo d'una casta; un governo che qui non mi è permesso definire e qualificare; un governo, dirò solo, ingiusto, demoralizzatore, provocatore! Ma in quelle disgraziate provincie s'è visto il favoritismo, il nipotismo, e peggio ad un si più alto grado! Amore e carità di patria fece solo tutto soffrire e sopportare; nella sicurezza però che il primo Parlamento italiano avrebbe saputo riparare a sì gravissimi mali; avrebbe saputo far intendere al ministero centrale di uscire nella scelta del personale della preaccennata casta ben nota al paese.

Si sperava, che il ministero illuminato dai fatti incontestabili, dalla pubblica opinione in tanti modi manifestata, avrebbe saputo trovare tra meglio di seicento fra senatori e deputati un consiglio di luogotenenza atto a far sparire quella enormezza, e riparare a gravissimi fatti. Avrebbe saputo sciegliere uomini veri patrioti e liberali; che per me sono coloro i quali danno e non prendono dal paese! Se di questi uomini ve n'han pochi, pur ve né hanno più di quanti se né richieggono per formare de'  consiglieri di luogotenenza: povera Italia se non né avesse avuti... Questi, circondati dall'opinione pubblica, sostenuti dal primo Parlamento italiano, potrebbero ben rivedere umanamente tutto quello che fin qui si è fatto Dopo che questo nuovo consiglio di luogotenenza avrebbe calmati gli animi, facendo giustizia a tutti, riparando i mali patiti da eletti uomini, dopo che quei naturali avrebbero cominciato a raccogliere i primi frutti del nuovo grandioso avvenimento della patria comune, sarebbonsi pure cominciati ad affezionare a un go verno che trovavano giusto moralizzatore e degno della gran nazione che vogliamo costituire, allora gli era il momento pensare a sopprimere la luogotenenza di Napoli, intanto la quistione di Roma sarebbesi ben inoltrata e forse sciolta. Nel qual caso tutto sarebbe finito; ad un decreto mandato dal Campidoglio tutti, tutti avrebbero applaudito.

Ma nello scompiglio e grave malcontento in cui versa quel paese; per le passioni che l'agitano; per i partiti e mene di ogni genere che vi hanno, sopprimere così bruscamente da Torino quella luogotenenza gli è un pericolo gravissimo, gli è dare un'arma, al le tante che ve né ha, terribile e potentissima nelle mani dei nostri implacabili nemici; gli è voler correre il rischio veder distrutta la miracolosa e divina o pera, che ha costato tanto sangue; tante, tante vitti ne; tanti, tanti sacrifizi; cioè il regno di Italia, che l'altro dì con tanta gioia qui noi proclamammo. Iddio disperda il tristissimo caso! Vorrei prima morire anzi che sopravvivere, a tanta sciagura! lo, o signori, che credo conoscere qualche poco il mie paese, calunniato prima e dopo la rivoluzione, ho fermo convincimento, che quella notizia giungerà in Napoli come un fulmine! Sarà un carbone acceso che si getterà in una polveriera! Però dal momento, che dal presidente del Consiglio ci fu manifestato il divisamento preso, io sono pieno di costernazione, in gravissimi timori. Aspettavo febricitante il momento poter aprire alla Camera l'animo mio; poter altamente e solennemente protestare contro un passo sì pericoloso e gravissimo! Aspettava ansiossimo il momento per pregare la Camera a volere nel suo ordine del giorno invitare il ministero a voler aggiornare un provvedimento donde dipendono non le sorti solo di meglio otto milioni del nostri fratelli, ma le sorti della bella Italia tutta.

F. Mandoj Albanese.

CAMERA DEI DEPUTATI

Tornata delli 26 marzo—Pres. Rattazzi

Letto il sunto delle petizioni, il presidente annunzia il risultato della votazione di ieri per In nomina d'un segretario. I votanti erano 232; Negrotto ebbe voti 93; Silvestrelli 67; De Blasiis 35; Castellano 20; gli altri andarono dispersi. Ninno avendo raggiunto la maggiorità, si rinnova la votazione libera.

Fatto l'appello, un deputato presenta la relazione sulla schema di legge per una pensione agli impiegati amministrativi di marina; altro deputato presenta la relazione per l’esercizio provvisorio dei bilanci. Un relatore del 2° ufficio riferisce sopra reiezione del sig. Silvio Spaventa nell’undecimo collegio di Napoli, ne propone la convalidazione e ad un tempo che sia dichiaralo vacante il collegio per la già fatta opzione. Le conchiusioni sono adottale.

Presidente. Ha la parola il deputato Pepoli per la continuazione della discussione sulle interpellanze di Roma.

Pepoli. protesta contro le calunnie di cui fu fatto segno nel Parlamento francese il popolo italiano, e specialmente contro l’affermazione che le Marche e l’Umbria abbiano volalo sollo la pressione.

Prova che la soluzione proposta da un augusto principe di lasciare al pontefice la città leonina non è la vera soluzione, essa sta nello scioglimento del contratto tra il poter civile e il papato; bisogna rendere a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel ch’è di Dio.

Il papato diventò impotente il giorno in cui fu materializzalo col temporale. La proiezione ufficiale del potere è pericolosa per la religione più che la minaccia.

Applaude vivamente alla politica di Napoleone III in Roma; la disfatta della Curia romana sarà una battaglia più grande di quelle di Solferino e di Magenta perché assicurerà. colla libertà del mondo quella della Chiesa.

Egli aspettava dal presidente del. Consiglio delle rivelazioni politiche invece di rivelazioni teoriche; ma queste soneranno alto in Europa. Per entrare a Roma noi non dobbiamo combattere e vincere nessun esercito ma la pubblica opinione. Io vorrei che dal senno della prima Camera italiana sorgesse una voce concorde che sonasse: fiducia, Santo Padre, nella libertà, nell’Italia e nel suo Parlamento.

Torelli è contentissimo della splendida e succinta espostone del presidente del Consiglio. ma avvisare ai pericoli è più prudente che tripudiare. Merita lode colui il quale anche a cesio di andare a ritroso della publica opinione ha il coraggio di manifestare la propria sincera convinzione (M. d’Azeglio); quella che era ieri una quistione dubbia oggi può diventare un assioma. Conchiude facendo voti perche anche questa volta il presidente del Consiglia sia indovino e la plauso al suo programma.

Boncompagni parla press'a poco nello stesso senso. Noi dobbiamo affermare il nostro diritto innanzi all’Europa, propiziare l’opinione publica perché si sappia che in questo nostro movimento non vi ha nulla che offenda la religione.

L’Europa vuole la dignità e l'indipendenza del pontificalo; questo vogliamo anche noi, non sacrificare il pontificato all’Italia.

È lieto di avere trovate queste assicurazioni nel discorso del presidente del Consiglio. Termina proponendo un ordine del giorno così concepito: la Camera, prendendo alto delle dichiarazioni del presidente del Consiglio ccc., ecc, passa all’ordine, del giorno.

Ferrari domanda la parola.

Il Presidente dà fattura di due altri ordini del giorno, uno del deputato Antonio Delgreco, l’altro del deputato Ricciardi, poi accorda la parola a Ferrari.

Ferrari. (Essendo impossibile di riassumere degnamente in poche linee l’eloquente discorso dell’illustre filosofo nostro amico, ci riserbiamo di riferirne in altro giorno il lesto originale).

Bertolami tenta rispondere a Ferrari. A Roma noi non andiamo col dritto cattolico, ma col principio nazionale, col dritto popolare, che finalmente ha avuto anch'esso le sue baionette per trionfare.

Ferrari domanda la parola.

Galenga domanda la chiusura.

Ricciardi domanda la parola contro la chiusura.

Macchi domanda la parola per l'ordine della discussione.

Il Presidente domanda se la chiusura è appoggiata. Una diecina di voti l'appoggiano e il presidente dà la parola a Ricciardi contro la medesima.

Ricciardi dice che si oppone alla chiusura perchè si è nella discussione dimenticato il punto vitale.

Macchi osservo che siccome quando fu a sua istanza dichiarata l'urgenza della petizione per lo sgombro di Roma crasi stabilito che dovesse essere riferita tosto dopo le interpellanze Audinot, a lui parrebbe essere giunto il momento opportuno di discuterla prima che si decreti la chiusura.

D'Ondes Reggio parla anch'egli contro la chiusura della discussione.

Gallenga insiste per la chiusura.

Alfieri crede che la proposta della chiusura fatta da Gallenga s'intenda soltanto per la discussione generale, non per gli ordini del giorno.

Cavour crede che non si possa ancora pronunciato la chiusura, e nemmeno circoscriverla agli ordini del giorno. Soltanto la Camera potrebbe emettere un desiderio, ed è che gli oratori sfuggano se è possibile la parte teorica e si attengano alla parte puramente pratica, perchè il Parlamento non è un'accademia.

Gallenga ritira tosto la sua proposta di chiusura, Ferrari (per un fatto personale) Io non chiedo altro se non che la libertà di discussione delle idee religiose, delle quistioni filosofiche come è permessa in Francia, non sia vietata dalle leggi penali del Piemonte.....

Il Presidente lo interrompe osservando che non parla per un fatto personale.

Ferrari. Certamente il deputato Bertolami non mi ha insultato, ma mi ha frainteso....

Il Presidente. Non può dunque parlare per un fatto personale, se vorrà rispondere gli darò poi la parola dopo gli altri oratori iscritti.

Petruccelli della Gattina pronuncia anche egli un di scorso contro l'occupazione francese.

Regnoli ad ultimo prende a dimostrare che oltre il dritto d'Italia su Roma, dee tenersi conto di quello indelebile ch'anno i Romani di disporre di loro stessi: che l'occupazione francese è pericolosa alla religione, alla alleanza franco-italiana, e alla pace del mondo.

Notizie Diverse

– Francesco II, re in partibus infidelium, seguita a far decreti la Roma. ila destituito il duca d'Ascoli dalla carica di somigliare, è nominato in luogo di lui il principe di Montemiletto. Ha conceduto il gran cordone dell'ordine di S. Gennaro al duca di Caianiello. al duca di Satriano, al duca di Sangro, al due della Regina e al duca di S. Teodoro; la commenda Costantiniana al duca di Popoli Nicola Tocco e al marchese di Zullino conte Onorato Gaetani; e finalmente la chiave d'oro al marchese del Vaglio Diego Monteleone e al duca di Sanvito Filippo Monforte. Li ha voluti favorire o perdere?

Scrivono da Roma, 23, che il colonnello Becdelièvre invitò, partendo, con un ordine del giorno, gli zuavi pontificii a rimanere al servizio.

Il signor di Charrette fu nominato capo di battaglione.

Il Giornale di Roma annuncia che il signor Becdelièvre porta con se delle testimonianze di benevolenza del papa.

Il signor di Merole avrebbe fatto chiudere i circoli francesi. (Havas).

– La notizia d'una nota dell'Austria relativa al riconoscimento del regno d'Italia, è confermata da quanto scrivesi da Parigi all'Indépendance Belge, in iata del 24. «Mi venne comunicato, dice la lettera del foglio belgio, un documento molto importante, il quale prova come l'Austria pensi poco a dipartirsi dalla sua attitudine (difensiva). Quel documento è una circolare diplomatica a proposito del riconoscimento del re d’Italia. La forma di quella nota che non tarderà ad essere pubblicata, è delle meno vive. E una protesta, s'intende, ma una protesta puramente di forma. Conosco membri del Corpo diplomatico, i quali ebbero comunicazione officiosa del documento in discorso ed a cui esso cagionò grandissimo stupore».

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 30 [sera tardi) — Torino 30

Parigi 30 — Arad 29 — Nelle elezioni di Lippa conflitto fra Rumeni Tedeschi. Ire incisi,14 feriti. Inchiesta ordinata.

Trieste 29 — Elgin è giunto.

Napoli 31 —Torino 30.

La Gazzetta officiale pubblica un decreto che divide l'amministrazione centrale delle Provincie Napolitane pressa la Luogotenenza nei quattro Dicasteri seguenti. Interno e Polizia, Grazia Giustizia e affari Ecclesiastici, Istruzione, Agricoltura e Commercio—Lavori pubblici e Finanze. A cupo dei quattro Dicasteri predetti saranno preposti dei Segretari Generai? dipendenti ciascuno pe proprio rango dal Segretario Generale di Stato.

Napoli 51 — Torino 30 (notte)

Opinione. — Dispaccio da Londra. —In seguito alla comunicazione della promulgazione del Regno d’Italia la Regina d’Inghilterra ha fatto dichiarare a d’Azeglio che lo riceverebbe in qualità officiale d’inviato straordinario e Ministro Plenipotenziario del Re d'Italia.

Anche il Governo Svizzero ha dichiarato che sarebbe lieto di conservare relazioni amichevoli col Governo del Re d’Italia.

Napoli 50 (sera tardi) — Torino 30 (sera)

Parigi 50 — Pesth 29. — Lloyd — Appony Judex curiae è dimissionario. L’apertura della Dieta probabilmente avrà luogo il 7 Aprile. Hobner e a Vienna.

Vienna 50. Rumori di tuia crisi ministeriale.

Frontiera di Polonia 19. Le concessioni non hanno soddisfatto. Poltiglie circolano p-ffa vie. I Delegati rientrali in attività. Concentramenti di truppe continuano.

Napoli 31— Torino 30

Parigi 30 —Palmerston fu rieletto a Tiverton. Il discorso agli Elettori constata che lo stato attuale dell'Europa dà grande motivo d'inquietudine. Malessere dapertutto, le nazioni armale, le vertenze internazionali potendo produrre il risultato di conseguenze deplorabili. Palmerston spera che la moderazione del Governo perverrà ad evitare la guerra malgrado le sinistre predizioni. Nondimeno se disgraziatamente la guerra dovesse scoppiare, l’Inghilterra saprebbe provare che è in istato di difesa abbastanza rispettabile per aspettare senza timori e sena allarmi la tempesta ovunque scoppii. Enumera lo stato delta forze d'Inghilterra e ne esprime soddisfazione. Il principio del Governo costituzionale fa progressi rapidamente io tutta Europa. Vediamo l’Italia quasi interamente unita, il Parlamento Italiano discutere con moderazione, talento e intelligenza gl’interessi comuni di tutta la Penisola. Vediamo in Francia il Parlamento usare la più grande latitudine di discussione.

Napoli l'aprile— Torino 31 Marzo.

Parigi 31 Londra. Observer — È inesatto che l’Inghilterra abbia intenzione d’innalzare la missione inglese a Torino al grado di ambasciata. D’Azeglio non sarà probabilmente innalzato al grado di Ambasciatore.

Londra. Vienna, domenica — Deutsche-Post. Alcuni Ministri sono dimissionarii, essendosi decisi varii punti della questione Ungherese in assenza dei Ministri Tedeschi.


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ANNO I. Napoli 2 Aprile 1861 N. 32

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 2 APRILE 1861.

CHI SONO I VERI NEMICI DELL'UNITA' ITALIANA?

Il Corriere Mercantile di Genova, la Monarchia Nazionale ed altri giornali dell'Italia superiore in modi aspri e quasi inurbani rimproverano all'ex reame delle due Sicilie di avere in nulla contribuito al bene ed all'affranchimento di Italia, di nulla aver portato nell'unione, né armi né armati, né navilio né danaro; specificando, che dell'esercito appena potranno raggranellarsi trenta mila uomini, della flotta può solo farsi uso nei trasporti; dicendo inabile il personale, e soggiungendo che dalla Finanza del Piemonte si sono spediti in Napoli dugento milioni di franchi.

Per soprappiù – l'articolo del Corriere Mercantile, e si dice per ordine, fu riportato, e pubblicato a caratteri distinti, nel giornale officiale di Napoli...

Convien dirlo, e con dispiacere, nel leggere quelli articoli, taluno ha potuto sospettare che fossero scritti nell'interesse del Borbone: altri vede lo svolgimento di un concetto anti unitario: in ogni caso, se i giornali piemontesi scrivono di buona fede, dee ritenersi che sono ingannati e che ignorano affatto le condizioni dell'ex reame delle due Sicilie; non parliamo del caso di mala fede, perché non la crediamo compatibile con persone oneste.

Ciò posto, è necessaria una chiarificazione: l'Italia meridionale non merita i rimproveri che le si lanciano, e tutto il torto ricade sul Governo di Torino.

Qui vi era un esercito di circa centomila uomini; parte fu sgominato in Sicilia, in Calabria, nella Lucania, ne' Principati, e parte si ritrasse a Capua e Gaeta. Si conosce l'esito delle varie fazioni combattute.

Che si fece per riorganizzare questo esercito? nulla; anzi si operò sempre per impedire la riorganizzazione: ed i fatti sono notori.

Si sono formate le basi di alcuni reggimenti e di alcuni battaglioni, e poi sono state disciolte; di guisa, che qui si è pensato mancare nei Comandanti l'attitudine ad organizzare – Nel decennio nel solo continente Napoletano vi era un esercito di oltre 120 mila Uomini, che combatterono valorosamente in Italia, in Spagna, in Germania, in Russia, e l'organizzazione fu sollecita e soddisfacente, non ostante l'ostile agitazione delle Calabrie, ove perirono ben sessantamila francesi – Qui non si organizza né si vince col disprezzo.

Il Navilio delle due Sicilie era tale che primeggiava fra le Nazioni di secondo ordine: ora si dice atto a trasporti, senza materiale, e senza personale; difatti, il personale, colpito nell'amor proprio è disciolto o inoperoso; pel materiale, a giudicar rettamente, dovrebbe pria restituirsi quel che fu tolto dall'Arsenale, e poi confrontare – Su di ciò consacreremo un articolo speciale. Per rispondere poi adequatamente sullo stato delle Finanze, e sulla posizione reciproca, chiederemmo da Governanti la facoltà di esaminare i registri della Tesoreria!... e poi diremmo l'occorrente.

Ma perché tutte queste invettive? perché l'Italia meridionale è sgovernata, e perché si duole del malgoverno, e perché chiede de'  provvedimenti giustificanti, e legali: se invece plaudisse all'arbitrio ed al dispotismo governativo, tollerasse lo spoglio, e soffrisse la fame senza lamento, sarebbe un popolo modello!

Ma, di grazia – questo sistema di Governo che il Piemonte vuole imporre, e l'attitudine altera ed anche insipiente adottata, servono ad unificar l'Italia?

Lo si vedrà.

F. D.

CAMERA DEI DEPUTATI

Tornata delli 27 marzo—Pres. Rattazzi

Anche la votazione di ieri per la nomina di un segretario in sostituzione di De Sanctis essendo riuscita nulla si procede ad un terzo appello nominate per un’altra votazione.

Poi si riferisce a nome dell’ottavo ufficio sull’elezione del collegio di Campagna nella persona del prof. Mandoj-Albanese, e se ne propone l’annullamento.

Conforti combatte le conclusioni dell’ufficio, che messe ai voti sono tosto approvate a grande maggioranza.

Bonghi riferisce sull’elezione del cav. Peruzzi nel primo collegio di Firenze che è convalidata. É parimenti convalidata quella del signor Francesco Giunti.

Esaurite le relazioni il presidente dà lettura di due altri ordini del giorno presentati l'uno dal deputato Petrucelli, l'altro dal deputato Levi, poscia accorda la parola al dep. Chiaves.

Chiaves dopo aver purgata Torino dalle traccie di municipalismo e fatto l'elogio della sua serena tranquillità, domanda al presidente del consiglio qualche spiegazione sul trasporto della capitale a Roma; un trasporto importa sempre un dissesto; e un trasporto in questi momenti di minaccia sul Po farebbe perdere ai Veneti, che in noi soli confidano, ogni loro speranza. Non è vero che l'opinione universale richiami l’immediato trasporto della capitale. Prima di parlar di trasporto è necessario di provvedere alla sorte dei nostri fratelli della Venezia.

Cavour vorrebbe rispondere a tutti con una sola orazione, perciò prega i deputati che ancora intendono di parlare di voler esporre prima di lui le loro idee.

Boggio intende parlare più specialmente di quella parte della quistione che riguarda gli interessi della Chiesa. Risponde a Chiaves che la Venezia non la potremo avere se non quando ci saremo costituiti nella nostra naturale unità con Roma per capitale, perché non la potremo avere se non quando ce la potremo prendere.

Si rallegra Con Terrari che egli abbia pronunciato il nome di Giuseppe Mazzini ed esprime il desiderio che fra breve ninno più possa muoverci il rimprovero ch'egli sia proscritto.

Conchiude dopo molte e molte parole che annoiarono la Camera e. la impazientirono, accostandosi all’ordine del giorno proposto da Boncompagni, ed esternando la lusinga che Pio IX sia per cedere di buon animo.

D’Ondes Reggio è d’accordo con Ferrari nella sola premessa elle realmente le idee son quelle che dominano i fatti; ma discorda nelle idee religiose. Si professa sincero cattolico e credente, e crede che il pontificato durerà quanto il cielo e la terra.

Ricciardi. Per me non c'è che un solo mezzo per andare a Roma, ed è quello di una potente pressione sull'opinione pubblica. la quale farà farsa a Napoleone e lo costringerà a, cedere Roma, come già, lo costrinse a subire l'annessione delle Romagne, a ritirarsi da Gaeta ed a permettere l'annessione delle Marche e dell’Umbria.

Ma non basta la pressione, ci vogliono armi e cannoni; questo egli domanda al ministero, e gli perdonerà tutte le sue peccata (ilarità), se egli accresce le armi e i cannoni. —Dà lettura d'un suo ordine del giorno.

Protesta contro un ordine del giorno, il quale pare contenere una petizione all’imperatore dei Francesi.

Il parlamento riceve petizioni, ma non ne inoltra.

Leopardi legge un discorso. La Camera fa conversazione.

Marasca si lusinga di rettificare le idee erronee del vescovato francese. Secondo lui non è necessario che i francesi se ne vadano perché noi andiamo a Roma. Le nostre truppe che hanno combattuto con loro a Solferino, ecc.., possono bene andare a Roma anche coi Francesi, i quali le riceveranno con piacere (Ilarità).

Cavour domanda se si voglia prolungare la discussione a domani. (No no).

Macchi vuol venire ad una conchiusione pratica, la quale è di raggiungere l'intento che Roma sia data all’Italia. Siccome ciò non dipende da noi, e né anche dal governo, non c'è altro che la pressione della pubblica opinione, è ciò gioverebbe assai e un voto unanime del Parlamento, e la petizione da lui presentata.

Propone perciò un ordine del giorno così concepito:

«La camera, aderendo ai principii proclamati dal presidente del Consiglio, e raccomandando al governo la petizione presentata da tante migliaia di cittadini, invita il ministero ad interporre amichevoli officii presso il governo di Francia affinché, in osservanza del principio di non intervento, richiami al più presto le milizie d'occupazione da Roma, capitale necessaria dell'Italia libera e indipendente, e passa all'ordine del giorno».

Turati non vuole che si deferisca alla volontà dello straniero il nostro dritto su Roma, e presenta anch'egli un analogo ordine del giorno.

È ripetutamente interrotto dal presidente perché invece di limitarsi a svolgere il suo ordine del giorno, rientra nella discussione generale.

Cavour dichiara che esclude in gran parte dalle sue risposte il deputato Ferrari, perchè egli trasportò la quistione a discussioni teoriche. Tuttavolta darà brevi risposte a due accuse da lui date al gabinetto. L'onorevole deputato Ferrari mi accusò di avere cospirato, e disse che non amava i cospiratori neanche quando sono sul banco della presidenza. Io lo ringrazio d'avermi onorato del titolo di cospiratore.

Ho cospirato per 12 anni pel bene della mia patria; ed oggi cospiro con 26 milioni d'Italiani.

L'onorevole Ferrari mi accusò di non aver fatte le annessioni per fare l'Italia, ma come ripiego all'interno malcontento. L'argomento è ingegnoso, ma non molto sodo. Se ne sbriga col paragone d'uno che movesse rimprovero a un generale reduce da una campagna di gloriose gesta che le vesti de suoi soldati sono logore, le armi non ben pulite.

Passando a parlare dei vari ordini del giorno presentati, dice che quello di Macchi si potrebbe convertire in una speciale proposta, la quale egli non dissentirebbe dall'accettare, che cioè fosse rinviata al ministero la petizione a suo avviso ben degna d'essere presa in considerazione.

Quanto agli altri presentati sia ieri che oggi, nessuno a suo avviso riassume in modo preciso le interpellanze Audinot come quello presentato da Boncompagni. Tentando di questo dimostrare egli risponde contemporaneamente ai vari oratori. Alle osservazioni di Chiaves risponde che egli cade in gravissimo errore: tiene per fermo che se noi non potessimo valerci di questo potentissimo argomento che Roma ci è necessaria per la pace d'Europa, non potremmo ottenere né l'assenso del catolicismo, né quello della potenza che crede di rappresentarne gli interessi.

Non solo è cosa prudente, opportuna proclamare la necessità d'aver Roma per capitale, ma è condizione indispensabile del buon esito delle pratiche che il governo possa fare a tal uopo.

Alla seconda obiezione del deputato Chiaves: essere pericoloso il dichiarare che il trasporto della capitale debba essere eseguito subito osserva: Io certamente non intendo colle dichiarazioni che ho fatto di vincolare il ministero al modo e al tempo in cui questo trasporto deve essere fatto; non intendo che la Camera votando l'ordine del giorno Boncompagni ci oblighi al trasferimento immediato appena sgombra Roma.

E evidente che quando il trasporto debba essere occorrerà una deliberazione non solo del mio, ma del Parlamento, per esaminarne l'opportunità: è allora il deputato Chiaves potrà proporre quelle considerazioni che crederà.

Supponendo per un istante sciolta la quistione non sarebbe egli a temersi che i 180 o 200 rappresentanti dell'Italia meridionale i quali, nella occasione della riunione del Parlamento, fossero avviati a Torino, e si trovassero casualmente in una delle piazze dell'antica metropoli fossero da una forza occulta là trattenuti? Ci pensi il deputato Chiaves e forse converrà con me essere prudente di prevenire sì fatto pericolo.

Egli non crede che Audinot pretenda che egli venisse a communicare i dispacci confidenziali che non si communicano.

Quanto ai dispacci ufficiali essi hanno perduta molta importanza dal giorno in cui invalse l'uso di pubblicarli e di presentarli ai Parlamenti.

I dispacci pubblici hanno più del carattere d'un articolo di giornale che d'altro; è umiliante per un ministro dell'estero il confessarlo; ma pure è così.

Il ministero disse e ripete che credeva sciogliere la quistione romana col far convinta la società cattolica che la riunione di Roma all'Italia non nuocerebbe alla libertà della Chiesa; che quando ciò fosse, la Francia se ne sarebbe facilmente persuasa e forse lo stesso pontefice; che in ogni caso la responsabilità della lotta cadrebbe su di lui.

Libera Chiesa in libero Stato – con questo programma che sarà quello dell'Italia egli spera di poter persuadere il pontefice che cedendo il temporale acquisterà tutta quella libertà che egli invano ha cercato finora.

Gli pare impossibile che queste proposizioni fatte con tutta lealtà non vengano favorevolmente accolte.

Noi vogliamo libertà economica, amministrativa, piena ed assoluta di coscienza, e politica; quindi vogliamo che il principio di libertà sia applicato ai rapporti della Chiesa collo Stato Quando queste verità saranno accolte dalla pubblica opinione già dissi il concerto colla Francia sarà fatto; venuto il concerto colla Francia vi sarà modo d'intenderci col santo padre. Non voglio prevedere la possibilità di una lotta, ma anche ove essa avvenisse, penso che Roma potrebbe essere unita all'Italia senza conseguenze fatali per noi. Comunque però è necessario che il governo sia investito della miglior forza morale possibile; perciò pregherei tutti gli autori dei varii ordini del giorno di riunirli a quello del deputato Boncompagni, se come crede essi non si scostano dalla sostanza di questi; non dividiamoli in quistioni di forma; accordiamoci nella sostanza; votatelo unanime; con ciò ci sarà forse dato di conseguire in un non lontano avvenire la riconciliazione del papato e dell'impero colla libertà.

MACCHI prendendo atto delle dichiarazioni del presidente del consiglio, che, cioè, le petizioni da lui presentate saranno prese dal governo in seria considerazione, ritira il suo or dine del giorno.

GRECO ritira pure il suo.

RICCIARDI prega il presidente di dar lettura dell'ordine del giorno di Boncompagni.

PRESIDENTE lo legge e annunzia un sotto-emendamento del dep. Regnoli all'ordine del giorno Boncompagni che consiste nel sostituire la parola «congiunta» alla parola resa.

Ricciardi ritira il suo ordine del giorno (bravo bravo?)

Mellana dichiara dì astenersi di votare l’ordine del giorno BonCompagni perché esso parla della sola Francia non delle altre potenze; perché esso stabilisce una cosa impossibile, irrisoria, l’andare a Roma dopo aver convinti i 200 milioni di cattolici.

Audinot dichiarasi soddisfatto dell’ordine del giorno.

Ferrari sorge per parlare; (romori e grida a destra; ai voti ai voti; a sinistra; parli, parti)

Ferrari. Non ho mai accusato alcuno di aver cospirato: per me il cospiratore che cade sol patibolo è sacro come il soldato che cade sul campo di battaglia; vari sono gli ufficii; io rispetto chi ha il coraggio di assumersi questo; ma non ho mai accusato né il signor conte di Cavour, né il signor Giuseppe Mazzini d’aver cospirato, (ilarità generale)

Presidente legge l’ordine del giorno Boncompagni cosi concepito!

La Camera, udite le dichiarazioni del ministero, confidando che, assicurata la dignità, il decoro e l'indipendenza del pontefice, e la pura libertà della Chiesa, abbia luogo di concerto colla Francia l’applicazione del principio di noti intervento e che Roma capitale reclama dall'opinione nazionale sia congiunta all’Italia, passa all’ordine del giorno.

Lo mette ai voti ed è approvato a gran maggioranza. Votano contro parecchi membri dell’opposizione.

Il Presidente annunzia l’ordine del giorno e scioglie la tornata alle ore 6.

(Dal Diritto)

Tornata del 28 marzo — Pres. Rattazzi

In principio della tornata la Camera deliberò di aggiornarsi sino a martedì venturo, fissando ad un tempo le interpellanze Massari irrevocabilmente, a tal giorno.

Poi si aperse la discussione sul progetto di legge per la proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci dello stato pel 2 trimestre.

La commissione proponeva quest'ordine del giorno:

«la Camera considerando che la separazione dei bilanci dei diversi ex-stati del regno forma la base necessaria e fondamentale della legge 31 ottobre 1860, n. 4398, e che l’alinea dell’art. 1 di essa legge, motivato dall’errore incorso nel bilancio delle antiche provincie per l’anno 1860, in cui il rimborso delle spese provinciali, passate a carico dello stato, erasi lasciate a peso delle singole provincie, invece di eseguirsi con aumento sulla totalità dei rispettivi tributi diretti, non avea altro scopo che di correggere questo errore, e di prevenirlo in qualunque altro ex-stato in cui le disposizioni dell’art. 241 della legge 23 ottobre 1859 avesse potuto ricevere applicazione.

«Mentre invita il ministero a riformare in questi sensi le disposizioni date col decreto 12 dicem. 1860, n. 4488, passa alla votazione della legge».

Brofferio. Il governo, ci chiede la facoltà di riscuoter le tasse senza presentarci i bilanci, come glie ne corre debito; con questo egli ci chiede un solenne voto di fiducia. Gliela dobbiamo noi accordare? So già prima che la maggioranza dirà ampiamente di sì; io che sono disposto a dire di no chiedo la permissione di esprimere in breve i motivi per cui non accordo e non possa accordare la mia fiducia al ministero.

L’onorevole deputato Audinot terminando le sue interpellanze su Roma faceva un appello alla concordia; diceva volerla egli pure la concordia, ma non come una frase retorica, sibbene come un appoggio al governo che vuole andare a Roma e a Venezia. A Roma e a Venezia vogliamo dare a tutti; la. quistione sta nei mezzi d’andarvi e di rimanervi; ed il volere che noi concorriamo nelle opinioni del governo, perfettamente opposte alle opinioni nostre, non è atto di concordia che volete da noi, è allo di abdicazione. Se io chiedessi al deputato Audinot di accostarsi alla nostra politica, e di votare con noi in nome della concordia, accetterebbe egli la proposta? no per certo. La concordia io l’intendo in questo senso: che per parte nostra non si faccia opposizione sistematica; che non si. pongano ostacoli al governo, quando egli si trovi nella via del progresso, e che occorrendo, in nome dell’Italia ai aiuti. Per parte poi della maggiorarla non chiedo altro che benevola comportazione delle opinioni nostre, la quale non sia di impedimento al libero esercizio dei nostri diritti.

Audinot. D’accordo.

Brofferio. Per mostrar poi al signor Audinot, che dice d'accordo, cerne la concordia ver noi noci sia soltanto una frase retorica, io gli rammenterò in qua! modo siasi da questa parta pratica la scambievole raccomandazione.

Quando ci era presentala la legge sulla creazione del regno d’Italia, legge che per il motte con cui era dettata, ci dispiaceva sovranamente, che abbiamo noi fatto? Perché non vi fossero voti neri nell'urna, noi facemmo atto di rassegnazione e tatti abbiamo deposto il nostro voto favorevole. Questo, o signori, è più che una frase retorica, è un atto onorato e leale, (benissimo).

Ora, per ragionare intorno alla fiducia che ci chiede il ministero, sono costretto a chiamare a rassegna i principali atti politici e amministrativi del governo. Il campo è vasto; lui la voi la procurerò di essere stringato e breve. Si è terminala ieri una lunga discussione sopra gli affari di Roma, il voto si è dato, la discussione che è seguita, le dichiarazioni che ha fatte il governo, non mi hanno ispirato fiducia alcuna. Il programma ministeriale si riduce a questo; noi non potremo andar a Roma che di concerto colla Francia; la Francia non vuole che andiamo a Roma che di concerto col papa; il papa non vuole concerti con noi perché noi vogliamo sconcertare il suo regno temporale; o dopo tutto questo io non so in qual modo si possa mai più andare a Roma, (grande ilarità).

Il Presidente del Consiglio ha detto che aveva in cuore una grande speranza è che col tempo, pensandovi bene, riflettendovi bene il papa si potrebbe convertire. (si ride) lo so che è uffizio del papa di convertire gli altri, ma dei papi convertiti io non ne ho mai veduti. (ilarità ed approvazione) E in qual modo si vuole convertire il papa? Argomentando contro di lui da canonico e da teologo, contro di lui che è supremo maestro di canonica e di teologia. (nuova ilarità) Strana pretesa è la nostra. Noi vogliamo persuadere il papa a deporre la corona del re, dicendogli che gli sarà lasciala la sua mitra dj papa: gli j diciamo che venereremo il pastore purché sparisca il sovrano! lo credo che se dicessimo al papa di darci la mitra e di tenersi la corona, di conservare il re e di sacrificare il pastore sarebbe assai più soddisfatto... (ilarità e bisbiglio).

Presidente. Prego l'onorevole Brofferio di non entrare nella discussione che si è finita ieri, altrimenti altri oratori vi mireranno, e allora si rinnoverà tutta la discussione. Può toccare la questione per ciò che ha tratto al voto di fiducia, ma hon può entrare nel merito, altrimenti darà campo a rinnovare il dibattimento che ha durato Ire giorni.

Brofferio. Il campo è vasto, le questioni son molle, nel mio ragionamento entra tutta la politica, l’amministrazione ministeriale...

Baldacchini. Domando la parola sull’ordine della discussione.

Voci a sinistra. Non s’interrompa l’oratore.

Presidente. Su che cosa intende parlare?

Baldacchini. Mi pare che al banco dei ministri non vi sia il ministro propriamente che potrebbe....

Voci. Non ha la parola.

Presidente. Al banco ci sono due ministri; se occorre se ne manderanno a chiamare degli altri, ma ella non ha la parola.

Baldacchini; Poiché si tratta della fiducia verso il ministero, due soli ministri non bastano.

Voci a sinistra. Non interrompa l’oratore.

Brofferio. Ma se anche il pontefice acconsentisse ad accoglierci in Roma, il problema sarebbe forse risolto?.. Il papa nella sua antica sede d'Roma, alla lesta, come fu detto, di 200 milioni di cattolici colla grande influenza che i secoli, il Vangelo, la Chiesa, la storia e la politica gli hanno attribuito, sperate voi che vorrà, pacifico agnello, subire con rassegnazione la legge dei vincitori?

Il conte Cavour, che mi rincresce non, vedere al sua seggio, diceva che ha cospirato 12 anni con 26 milioni d’italiani; or bene, egli che è esperto cospiratore crede egli che il papa non cospirerebbe alla sua volta con 200 milioni di cattolici per riprendere la perduta corona?

Affermava il conte di Cavour che il papa non è uomo di progresso, che non lo può essere, che non può conciliare le riforme della moderna civiltà colla immobilità del vecchio cattolicismo; e come spera egli dunque che il pontefice stazionaria, immobile, ostile al progresso, nemico alla civiltà possa vivere in amicizia con noi che vogliamo portargli, suo malgrado, tutte queste cose?

Il deputato Audinot diceva che voler andar a Roma colla forza sarebbe stato assordo e colpevole.

In politica l’assurdo non esiste; anzi in politica è saggio sclamare talvolta credo quia absurdum. Infatti quando il generale Garibaldi partiva da Genova, tutti dicevano essere assurdo con mille cittadini voler liberare un reame difeso da cento mila soldati.

Eppure fu cosi: quello che da principio era assurdo, fu non solo probabile e possibile; ma divenne una grande e luminosa realtà.

È colpevole dice il signor Audinot...

Presidente. Se l'onorevole Brofferio rientra a parlare su ciò ché si è già discusso ieri non la finiremo più. Egli può fere oggetto del suo ragionamento nella questione attuale anche la politica riguardo a Roma, perché si tratta di un voto di fiducia al ministero che sì riferisce alla politica interna ed esterna, ma il discutere minutamente intorno ad un oggetto speciale, è un voler risuscitare questioni già definire, q sulle quali è già corsa una deliberazione della Camera.

Brofferio. Conchiuderò dunque volgendomi al deputato Pepoli che esclamava: santo padre abbiate fiducia nella libertà: il santo padre che ha letto Macchiavelli (ilarità), sa che la libertà ed il papato non possono stare insieme (bene).

Il sig. Gallenga chiedeva la chiusura della discussione osservando che la discussione era degenerala in accademia. Io osservo alla mia volta al sig. Gallenga che la discussione cominciava accademicamente, continuava accademicamente, e terminava con un brevetto accademico dato dalla Camera al governo per costituirci eterni pupilli della Francia imperiale.

A sinistra (benissimo).

Presidente (interrompendo), lo non posso permettere che si censuri un voto stato dato dalla camera. Ieri la camera ha presa una deliberazione, ed ora che quella votazione è compita; a nessuno è lecito di censurarla.

Brofferio. Volgo un rapido sguardo alle cose di Napoli. Nelle due Sicilie si agitano Ire partiti; havvi il partito borbonico, quello del servaggio, della corruzione, degli interessi materiali; havvi il partito murattista, sul quale vorrei che il governo aprisse un poco più gli occhi; havvi infine il partito della libertà, che è quella della rivoluzione, di cui era capo Garibaldi.

Ma il partito del governo io non lo veggo né in Napoli né in Sicilia.

Paternostro. Chiedo di parlare.

Brofferio. E perché non vi è? Perché Napoli e Sicilia furono liberate dalla rivoluzione, da un capitano e da un esercito rivoluzionario, e voi, signori ministri andando a raccogliere il flutto della rivoluzione vi poneste a governare colla reazione (sensazione).

In ciò sta la questione. Disputate pure di luogotenenza, di governi locali, o di governi centrali; sono tutte oziose disputazioni; voi logorerete uomini, leggi e decreti, ma non cangerete le cose.

Finché voi vi agiterete nella cerchia fatale in cui vi siete messi, finché governerete a Napoli come se sapeste di non dovervi governare lungamente...

Una voce. È vero.

... Finché non penserete a riconciliarvi francamente.

Sinceramente colla rivoluzione che andaste a combattere col grande capitano rivoluzionario che dovette volgere in esilio, a Napoli, mi duole dirvelo, non potrete governare mai (bene! a sinistra).

Io non ho maggior fiducia nel ministro della guerra.

Il generale La Marmora fece a quel ministro molte interpellanze; ed egli non ba risposto ad alcuna; io gli volsi pure due capitalissime interpellanze, alle quali sperava di avere qualche risposta, e non ne ebbi alcuna.

Quando si lasciano senza risposta domande di amministrazione cosi formali, così precise come quelle del deputato Lamarmora, quando non si sa,non si può rispondere alla imputazione di politici provvedimenti che posero e pongono tuttavia in pericolo la sicurezza dello Stato io chiedo qual fiducia si possa inspirare!

Corrono voci d'imminente guerra. Come vi è preparato il signor ministro? L’esercito nostro, ora che siamo 22 milioni d'italiani, di quanto è più forte dello antico esercito? il suo eroico esercito dov’è? e poiché le minaccie sono sul Mincio e sul Po come mai il grosso delle nostre armale è presso il Tebro e sulle rive del Sebeto?

La vostra odiata politica nelle Due Sicilie vi costringe a mantenervi una parte dell'esercito per Frenare le popolari turbolenze; e quelle anni di che avreste necessità contro lo straniero, voi dovete impiegarle a contegno di italiani popoli.

Vengo alla giustizia.

In questo dicastero v’ha una tale confusione di babilonia, che la simile non ho veduta, né udita mai. Abbiamo diverse provincie italiane governate da diverse e spesso da contrarie leggi. In alcune abbiamo voluto introdurvi le nostre e facemmo peggio (una voce è vero).

(continua)

Notizie Diverse

TORINO

Leggesi nella Gazzetta di Turino:

Il senatore Niutta, ministro senza portafoglio, è specialmente incaricato presso il dicastero di grazia e giustizia di tutti gli affari concernenti l’Italia meridionale.

Il sig. Pisanelli ha il medesimo incarico come segretario generale.

Il conte di Castellamonte continua nelle sue funzioni precedenti per le altre provincie del Regno.

Il sig. Quintinio Sella ha accettato la carica di segretario generale dell’istruzione pubblica, rinunciando al relativo stipendio.

La Gazzetta Ufficiale del regno pubblica:

È instituito un consolato in Ibraila con giurisdizione nel distretto di tal nome.

«Durante il tempo in cui è attiva la navigazione sul Danubio, il vice console addetto al nostro consolato in Galait fisserà la sua residenza in Solina».

— Per l’esame della proposta di legge stata presentata alla Camera dei deputati dal Ministro della marineria per — Disposizioni relative alla Cassa degl'invalidi della marina mercantile — venne dagli uffici nominata la Commissione seguente:

Ufficio. Ricci Giovanni; 2. uff.. Castagnola, 3. uff., Berlini; 4. uff., Macchi, 5. uff.. Musmeci, 6. uff., Leopardi, 7. uff., Ciccone, 8. uff., Monticelli, 9. uff.. Bertea. (Gaz. Uff.) — Dicesi, che il conte Mamiani vada ministro ad Atene.

— Il deputato Musolino, uno dei prodi militi dello esercito meridionale, propose alla Camera il seguente progetto di legge, di cui negli officii venne accordata la lettura:

Art. 1. Il generale Giuseppe Garibaldi è dichiarato primo cittadino d'Italia.

Art. II. In nome della nazione il Parlamento offre al primo cittadino in assoluta e libera proprietà per sé e suoi eredi un vasto podere, o più poderi demaniali, della rendita annuale di 150 mila lire, a titolo, non di ricompensa, ma di dono nazionale, in omaggio dei grandissimi servigi resi alla patria.

ROMA

La zecca pontificia ha conialo una medaglia commemorativa avente da una parte il busto dell’ex-re di Napoli in mezzo ad un trofeo di bandiere, e dall’altra questa iscrizione al merito. Questa medaglia è simile a quella di Crimea con cinque face colle iscrizioni: Caiazzo, S. Maria, Sant'Angelo. Treflisco. Garigliano).

Altra medaglia si sta ora coniando. Essa ha nel diritto il ritratto degli ex-re e regina di profilo, e nel rovescio Gaeta. Gl’incisori che han lavorato in queste medaglie sono Bianchi e Ziccagnini; questo ultimo è stato fatto cavaliere.

V’è qualche cosa di più. D'intelligenza fra il Carbonelli ministro delle finanze dell’ex-re e il cav. Mazio direttore della Zecca, si è stabilita li coniazione di 60.000 chilogrammi di rame formanti la somma complessiva di circa S. 70,090 romani, io tante monete di 10 tornesi l’una. Di queste sono stati coniati già circa S. 20,000 pari a 6,000 chilogrammi.

Il conio di questa moneta è stato fatto in Roma nel corrente anno 1861 dal medesimo Ziccagnini col millesimo 1839. E per sempre miglio coprire l'inganno, le monete si sottomettono ad una certa patinatura acciò figurino messe in corso da lungo tempo, in due volte sono state consegnate all'ufficiale pagatore, cavalier Antonio Polpi. N. 180 casse contenenti da mille a mille duecento pezzi da dieci tornesi l'uno.

Questa notizia voi capirete che non è senza importanza. Li moneta che si conia qui è destinata a circolare nelle provincie napoletane e a quale scopo voi e ogni buon italiano può immaginarlo.

AUSTRIA

— Alt Ost-Deutsche Post scrivono di Parigi:

Vi do per positivo, dice quel corrispondente, che ancora in aprile le truppe piemontesi entreremo su Roma. Le trattative con le Tuileries son? in corso; accanto alla corrispondenza ufficiale, ch'è tenuta in modo di poter essere pubblicata, ci sono le missioni confidenziali, che mandano a fine gli affari. Quello ch'è chiaro a Torino è che la Francia non considererà come caso di guerra una tale invasione. Ma il conte Cavour vuole di più; vuole un atto di assenso; non pretende più un trattato ma chiede un duumviro dolomitico sul quale possa più tardi appoggiarsi. Mi questo non l’otterrà siatene certi. Le truppe francesi si ritireranno a Civitavecchia sulla riva destra del Tevere; anche questa volta ciò si scuserà col principio del non-intervento; ma Vittorio Emmanuele non avrà in mano nessuna parola scritta che lo incoraggi alla intrapresa.

— Scrivono da Agram, in data del 26 marzo per via telegrafica all’Havas:

Il muscir Ismail-bascià concentrò alcune truppe nei dintorni di Trebigne: altre ve a hi a Gick) e a Bilesca.

In questo momento v’è tranquillità. Gli insorti e i Montenegrini si armino. Tutti i villaggi a mezzogiorno di Trebigne e di Gacko si sommettono al principi dei Montenegrini, che ebbe ultimamente un convegno coi consoli europei residenti a Scutari.

RUSSIA

—È smentita la notizia di una mia minacciosa al Montenegro.

— Corre voce che una specie di parlamento sarà riunito a Pietroburgo per deliberare sul riorganamento dell’impero e della legislazione di esso.

POLONIA

A Varsavia ebbero luogo nuovi torbidi che furono sedali senza intervento della truppa.

TURCHIA

La Porta, per riparare ai gravi disordini finanziarti, pare disposta a secolarizzare i beni del clero.

INDIE

Le ultime notizie recano che la carestia è generale.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Perugia. 27 marzo (ore 9 ¼ pom.

A Canino, piccola città del Viterbese, i godermi pontifici! hanno assalito proditoriamente i cittadini, e tre ne hanno uccisi.

L’indegnazione è generale. Si fa un ricorso all’Imperatore Napoleone. perché protegga la città.

Torino, 28 marzo (sera)

É oggi pienamente confermata la notizia dello sgombro dei distretti di oltre Po Mantovano per parte degli Austriaci.

Il generale Lamarmora non ha sinora ritirato le sue demissioni. Il generale Cialdini si è recato a visitarlo, tentando di dissuaderlo dal suo proponimento.

Sono giunti a Torino i generali De-Sonnaz e Casanova.

Parigi 28 marzo.

La Prussia ha costituito un ministero della marina, e si propone di dare alle forze navali uno sviluppo tale da poter controbilanciare la marina della Danimarca.

La notizia d’un casus belli messa innanzi dal l’Austria riguardo all’Italia è inesatta. Le disposizioni dell’armata sono difensive.

Corre voce che la missione in Abissini sia dilazionata.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli l'aprile Torino.

Parigi l'Trieste 31 La notizia dello sbarco di Garibaldi a Spilla è inesatta Fra Antivani Castellastua incrociano direttamente legni Turchi o Austriaci.

Napoli 2—Torino (seta)

Varsavia 29—Dicesi che la censura sarà, soppressa. Wiellposlki (?) fa elaborare la legge sulla stampi modellata sulla legislazione francese. Sperasi che da domani in poi i giornali esteri saranno distribuiti senza essere segnati in nero.

Onorevole signor Direttore

La preghiamo di volere inserire nel suo pregiatissimo Giornale l’articolo che qui sotto le trascriviamo qual ci venne comunicalo da Torino. Ringraziandola fin d’ora ce le protestiamo

Per l’Agenzia

Il Segretario

Napoli 2 Aprile

Ufficio dell'Agenzia Stefani

Torino 26 Marzo 1861.

«Corrispondenze telegrafiche. Siamo informati che il sig. Guglielmo Stefani è partito alla volta di Parigi, allo scopo di estendere e stabilire su larghe basi, in concorso delle principali agenzie estere di Parigi, Londra, Berlino ecc. il servizio così interno che internazionale, di notizie e corrispondenze politiche e commerciali telegrafiche, in vista dello sviluppo e dell’importanza che accrescono a questo servizio le nuove condizioni d’Italia.»


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ANNO I. Napoli 3 Aprile 1861 N. 33

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 3 APRILE 186

LA SITUAZIONE INTERNA

Or, che il malessere materiale e morale è diffuso in tutte le Classi del popoli dell'Italia meridionale e che niuno può negare l'esistenza, di cotanti mali, gli Agenti del potere esecutivo dicono ad alta voce doversi tutto addebitare agli uomini di queste contrade, ai quali fu affidata l'Azienda Governativa; e richiesti perché si fossero a costoro confidati. ripetono averli creduti uomini abili ed onesti – Ma quale ha potuto esser mai la razionalità di cosiffatta credenza? Forse, per la conoscenza personale in terra di ciechi, ove quegli uomini aveano un occhio; manifesti son tali errori nei governanti cui è dovere la ricerca degli uomini di mente e di cuore atti all'Amministrazione della cosa pubblica) che sogliono riescire di gravissimo danno.

Ma discendendo nel campo de'  fatti, pare non iscusabile quell'ignoranza di uomini e di cose, che ora i governanti, a di loro discarico, sembra voler dedurre, perocché essendosi serviti di codesti uomini, per promuovere qui un movimento rivoluzionario, pria del venire di Garibaldi, cui volevasi arrestare il corso trionfante della vittoria, ed impedirgli la Dittatura di tutta l'Italia meridionale, ed ammessi una volta nei segreti di Stato, non era possibile disbarazzarsene così di leggieri – E quindi i governanti si sono ostinati a tenere al potere uomini che se sgovernarono il paese, disservirono la Causa della Unità d’Italia.

Nell'Italia superiore, si crede, potersi governare costituzionalmente un paese, forza dell'opinione pubblica; questa credenza è fallace. Non cade dubbio, che i Borboni governavano dispoticamente ed a riverso diella pubblica opinione, tenevano in carica uomini di perduta morale, ignoranti, ladri, spie, e ruffiani, e non li rimuoveano per qualunque pubblico lamento, perocché i Re, in virtù del dritto divino, credevano di non ingannarsi; ma non è così sotto il regime costituzionale – Se nell'Italia meridionale volesse ricostituirsi un governo dispotico, arbitrario, sostenuto dalla forza materiale, escludendo il dritto e la legge; si ritornerebbe al sistema che si è rovesciato ed a tutte le sue vicende.

Guizot credeva sostenersi colla maggioranza parlamentare, e perdette sé stesso e la Dinastia cui serviva: quando la Nazione, o la sua maggioranza è ostile al Governo, a nulla vale la maggioranza parlamentare, la quale non è conseguentemente la vera espressione del paese; e nel caso nostro pare così vada la cosa.

Ma, a prescindere di tutto ciò, in fatto di retta Amministrazione, di onesta Amministrazione, d'illuminata Amministrazione, non vi è quistione di governo, o di sistema politico, che possa permettere una gestione rovinosa: i governanti hanno il dovere di amministrare e di sapere Amministrare rettamente e sapientemente, di guisa a produrre il bene, il miglioramento, non il danno, ed il male.

Or non cade dubbio che dapertutto il male si estende e peggiora; ed intanto non si provvede, e per dippiù vi è dell'ostinazione a creder bene quel che già si è sperimentato male, a creder saggi coloro che si sono sperimentati inetti, a creder vera la parola di pochi, e bugiarda la parola del popolo, ch'è parola di Dio.

F. D.

Ecco per intero il discorso del deputato Ferrari da noi promesso nel Supplemento di Lunedì.

Senza essere assolutamente contrario ai voti espressi in quest'assemblea, all'udire le proposte fatte, ho voluto invocare la vostra attenzione, signori, sopra una serie di considerazioni che mi parvero neglette.

Che si vada a Roma tutti lo desiderano; e se o sassi parlar di me in presenza vostra, signori, direi che se potessi vantare un merito in faccia alla mia patria, sarebbe quello di essere un antico soldato di questa immensa guerra fatta dal mondo civile contro il sommo pontefice.

lo nacqui, io vissi tra i nemici suoi; io feci consistere l'intero progresso italiano nel progresso della conquista della ragione sull'autorità; io vidi sempre il problema dell'Italia nel problema della Chiesa; e ora in paziente, ora attristato, ora fremente, ora desolato, qualunque fosse l'attitudine mia esteriore, io ho sempre voluto andare a Roma, ma andare per starvi, andarvi degnamente, andarvi come lo deve una delle prime nazioni del mondo attuale e la prima tra le nazioni passate.

Se credete adunque di accordarmi alcuni istanti vi esporrò le mie idee. E prima di tutto, per assicurarvi in qualche modo sulla natura delle mie divergenze, per certificarvi che sono le divergenze di un amico, vi di rò che non chiedo al signor presidente del Consiglio che vada a Roma un ora prima di quella fissata dal destino; io non mi permetterò mai di accelerar di un minuto la sua spedizione, perché troppo né sento le difficoltà visibili che voi conoscete tutti, l'Austria e la Francia, e le difficoltà, invisibili, che sono forse più gravi. D'altra parte io non consiglierò mai di ritardare un'ora la libertà dei romani, che soffrono un eterno tormento, e che sono in un coi veneziani impazienti di raggiungerci nel seno di un'Italia rinnovata.

Senza chiedere adunque né accelerazione né ritardo (mormorio), io solo parlo perché sia intesa da tutti la responsabilità del governo le cui parole (lungo mormorio) seminano la rivoluzione nelle provincie eccettuate dalla libertà attuale. Possono nascere rivoluzioni, e non in quelle provincie solamente, ma a Firenze, a Napoli, dappertutto. Un impazienza un fremito generale scorre dalle Alpi allo stretto. Ci occorre quindi spiegarci.

Come si tratta di argomento solenne, come si tratta della republica cattolica, della più grande di tutte le istituzioni nate sul nostro suolo, della più vasta di tutte le associazioni che siano state concepite sulla terra, conviene indagare con quali forze, con quali disegni, con quali mezzi il governo attuale si proponga di giungere a Roma.

L'onorevole signor presidente del Consiglio ha esposte le proprie idee sull'iniziativa da lui presa, o piuttosto sull'iniziativa presa dallo Stato a cui apparteneva, e da quanto ho letto nel rendiconto della seduta della proclamazione del regno, egli ha dichiarato che risale al congresso di Parigi la prima origine della fase attuale. Là fu un convento anticipatamente che dovesse tale moto svolgersi dall'alto in basso, e che tutti gli Italiani dovessero avviarsi alla libertà, inspirati da un profondo spirito di obbedienza. Si stabilì a poco a poco una concordia artificiale quasi unanime, e se non era unanime, il silenzio della piccola frazione dissidente la rendeva apparentemente unanime. Questa frazione, muta ma operosa lasciò correre, per così di re, nel vuoto il solenne biasimo di Luigi Napoleone, che denunziava all'Europa i delitti del penultimo Borbone di Napoli; il suo biasimo stette più anni sulla testé del re, autorizzata dalla più grande nazione, senza che del resto il regno si muovesse. Poi, a poco a poco. cominciò una lunga serie di negoziazioni, nelle quali ora si chiese, ora si censurò la stretta osservanza dei trattati di Vienna, ora si volle la federazione, ora si spinse all'unità; e di progetto in progetto, di modificazione in modificazione, di protesta in contro protesta si giunse ai fatti di Magenta e di Solferino, e sempre col principio che il noto doveva si svolgere dall'alto in basso. Ne nacque che un solo e medesimo Stato si estese a tutti gli altri Stati, né fece un fascio, si sovrappose a tutti i popoli italiani e predicò loro l'obbligo sacrosanto di una cieca obbedienza, fino alla liberazione completa dell'Italia.

Le annessioni procedettero con una rapidità che fece meraviglia a coloro stessi che le promuovevano, essi non osavano crederci, si affidavano a malincuore alle più lusinghiere, alle più evidenti vittorie: spesso volevano essi resistere o almeno sostare.

Ma, o signori, d'onde tanto successo? Io rispetto la capacità diplomatica degli uomini che reggevano il moto; io riconosco volentieri la loro disinvoltura tradizionale; però un successo sì magico, che oltrepassava di mille doppi quello del duca di Savoia Felice l quasi padrone di Milano e di Roma, un successo sì instantaneo che abbracciava in pochi mesi l'intera penisola, fa supporre qualche cosa di più che una parola d'ordine suggerita dall'alto e mormorata di orecchio in orecchio ai capi delle diverse cospirazioni ita liane. Eravi difatto un principio potente, vasto, irresistibile e ormai identificato col sentimento generale che non poteva più dimenticare né la rivoluzione francese nel 1848, né l'anteriore scoppio del 1830.

Voi, signori, avete assistito all'inaugurazione della statua di Manin, avete celebrata questa inaugurazione con una festa: e avete richiamato con entusiasmo la sua vita di esule, il suo sacrificio di martire, la sua gloria di cittadino. E in che fu grande Manin se non per avere risorta Venezia con un gesto e se non per averla risorta sotto l'antica sua forma republicana? Più tardi rinunziò all'antica repubblica, che non poteva più vivere, che non più aveva né le sue città, né i suoi scali, né le sue colonie, né i suoi alleati, né i suoi amici e nemmeno i suoi nemici, e allora volse egli lo sguardo tristissimo di Foscolo alla patria Italia, e scorgendola rigenerarsi alla sua volta, indovinando quanti per intuito la sua prossima rivoluzione diretta dal Piemonte, il repubblicano delle lagune, dimentico di se stesso, volle nascere una seconda volta, vivere una seconda vita, e allora, dirigendo al Re le sue parole: noi saremo tuoi, gli disse, purché sia da te tutta l'Italia redenta; se no, no. Il moto qui partiva dal basso.

Ma Manin era egli il primo che pronunziasse queste parole? No, non era il primo; un'altra voce più antica, e forse più magica, le aveva pronunziate diciotto anni prima e in mezzo ai dolori delle Romagne, alle repressioni della Lombardia, all'incertezza dell'Europa intera inspirato dallo spirito di giustizia che aveva dettato il grand'atto di Parigi contro l'ultimo colpo di Stato dei Borboni di Francia; egli, rivolto a Carlo Alberto, gli aveva data l'intera Italia, tutta Italia, se no, no.

Io non vedo, o signori, per qual ragione, mentre si discute con tanta liberà l'Italia in tutte le assemblee dell'Europa, noi dovremmo avvilupparci di reticenze, di dissimulazioni, di circospezioni, le quali riescono inutili. Perché dissimulare fatti conosciuti da tutti? E che? Il nome di Giuseppe Mazzini è pronunziato in tutte assemblee, e non lo sarebbe in questa? (mormorio)

Cavour. Lo pronunzi pure. E padrone. (Si ride)

Ferrari. Accetto quasi con riconoscenza le parole dell'illustre presidente del Consiglio. Pronunziamo a dunque il nome di Giuseppe Mazzini. (Segni d'assenso) Io sono suo avversario, io non ho mai cospirato; il silenzio, le mene individuali ripugnano alla mia natura; il mistero mi opprime; mi sembra almeno un ostacolo alle illimitate discussioni della tribuna, alle infinite aspirazioni della scienza. Non biasimo però, non critico i cospiratori, che hanno sfidato le atroci polizie del cessati governi, e non intendo neppur biasimare chi si associa loro anche dal seggio d'una presidenza. (Ilarità) Ma infine, lo ripeto, io sono un avversario di Mazzini.

Ebbene, che ha egli fatto? Quale è stata l'azione sua 2 Egli predicò Dio ed il popolo, egli diede alle sue aspi razioni la forma della republica, egli sacrificò la republica al concetto più nazionale del ragno, egli non cessò mai dal chiede, e l'unità, dall'additare Roma, dal fare a tutti un dovere di liberare Roma, di formare un solo Stato, di proclamare il dominio di un solo capo, di Carlo Alberto, de'  suoi successori; e per disgrazia egli non è qui, egli erra in esiglio; il suolo di Na pali lo respinge, quello del Piemonte gli sarebbe micidiale; i suoi amici celebrano il suo nome, ma egli erra sconosciuto e condannato a morte. Questa parola toglie i nove decimi del prestigio che dovrebbe consacrare il regno proclamato. (0h! oh!) Noi viviamo in tempi di perturbata morale.

Era forse logico il moto delle annessioni? Era forse naturale che uno Stato si estendesse a tutti gli Stati? Al certo il fatto prova che la nazione obbediva ad una legge superiore, che la sua secolare costituzione gl'imponeva di svolgersi con subitanea unità, che, simile a ogni Stato affrazionato, l'Italia doveva nella prima metà della sua rivoluzione diventare unitaria come in ogni Stato unitario la prima di ogni rivoluzione deve essere federale e svolgersi coll'affrazionamento. Ma il diritto più potente del fatto rettifica ben tosto le momentanee, le necessarie deviazioni e ad ogni stazione del moto attuale una voce popolare chiedeva riforme. E come rispondeva il governo? Con una nuova annessione che deludeva i gravami; invece di progressi civili accordavasi al moto lombardo l'annessione dei Ducati; invece di nuova prosperità i Ducati godevano di associarsi la Toscana che fruiva dell'unione dell'Emilia, la quale altra soddisfazione non ottiene alle sue pene attuali che di sapere Napoli e Palermo nel regno. Il governo ha sfuggito di continuo al bisogno d'innovazione che tormenta i popoli con una specie di corsa a traverso la penisola. La cospirazione democratica lo sfidava col suo terribile se no no, ed egli accettava la sfida, accettava il giuoco, raddoppiava la messa, ed adesso che l'avventurata sua martingala giunge alla fine giuoca tutto sull'ultima carta di Roma. (Ilarità).

Andremo a Roma, dite voi ai popoli ansiosi di conoscere oramai a che frutti la nuova libertà e che masca sulle zolle del regno. Ma con quali idee andate voi nella città dei pontefici? lo dichiaro, che, se noi vi giungiamo colle vostre idee, noi portiamo uno stato provvisorio e disordinato in una città di più; una città di più sarà aggiunta al regno, ma un altro moto ricomincerà su tutti i punti della penisola e nella stessa Roma. Quindi rifletta il presidente del consiglio alla responsabilità che assume; sia che ritardi l'azione sua, sia che l'acceleri, la nazione si scioglierà dallo sterile sconvolgimento che l'affligge, o cadrà ancora al di sotto della sua primitiva miseria.

Infatti in questo punto abbiamo primieramente il disordine nell'armata, disordine di cui io qui non accagiono nissuno, né il ministero, né i suoi avversari, ma di cui nessuno vorrà contestare l'esistenza, perché invece di un'armata ora né abbiamo due, rette da principii diversi.

I militi dell'una e dell'altra si amano, si affratellano; né sono prova le dichiarazioni che abbiamo ieri udito in que sta Camera; ma ciò non toglie che i loro sistemi non sia no distintissimi. Il ministro della guerra non sarà colpe vole di alcuna maniera, e mi protesto lontanissimo dal sollevare in quest'istante la menoma critica; ma il caso volle che non potesse concepire la loro compenetrazione se non con una riforma esclusivamente burocratica, la qua le al dire degli uni, compromette gravemente la disciplina e la tradizione dell'antica armata piemontese, e al dire del ministro stesso, distrugge con 49 mila congedi il nuovo esercito dei volontari a cui si devono le due Sicilie.

Senza dubbio nell'avvenire l'attuale dualità svanirà, idee superiori alle attuali guideranno le moltitudini italiane, una altra Italia si attende in questo moto, in cui le nazioni e progredendo e decadendo si rinnovano ad ogni istante; ma in oggi le due armate hi sembrano in uno stato di ebollizione. (Mormorio)

Nè solo abbiamo due armate, ma altresì due stati per ché infine questo moto che parte dall'alto con parole mormorate all'orecchio dall'uno all'altro, questo moto che cammina, direi quasi, in una cospirazione governativa, concorda apparentemente e forse in lealtà coll'altro moto che parte dal basso e va all'alto, che propugnato silenziosamente, nondimeno si volge coll'entusiasmo, vanta esso pure una sua tradizione, conta alla volta sua i suoi militi, i suoi capi, i suoi martiri, i suoi alleati.

Qui i principii sono diversi, sono opposti, ingenerano impazienze, sdegni, e chi non vede che da un istante all'altro potrebbero nascerne sconcerti? (movimenti) Havvi di più. Niuno ignora lo stato delle Due Sicilie essere talmente grave, che formerà il soggetto di una prossima seduta, e che lo stesso ministero si dichiarò nella necessità di modificare le luogotenenze di Napoli e di Palermo, dove i capi da lui nominati sostengono la parte di re irresponsabili; che accettano ministeri diversi ed anche contraddittori. Il signor presidente del consiglie il quale aveva annunziato l'intenzione sua di sopprimere le due luogotenenze, annunziò successivamente che in tendeva solo rettificarle, ed egli stesso indugia l'alternativa o di rispettare temporaneamente le autonomie del mezzodì o di sopprimerle.

Cavour. Non ho detto niente su questo.

Ferrari Mi basta qui di constatare l'anarchia del mezzodì, e le strane alternative emergenti dalla situazione.

Ora, se meglio approfondiamo il mistero della situazione stessi, senza pretendere di scrutare alcun pensiero individuale, senza accusare alcuna intenzione personale; il moto che ci trasporta minaccia non solo l'ordine stesso della società italiana, ma la libertà stessa dello statuto nostro, ultimo palladio. Mi spiego. Il governo trovasi trascinato dalla necessità vera o supposta, di operare una gran de'  rivoluzione burocratica, di rinnovare gli uffizi in tutti gli antichi Stati, di sottoporli alla uniformità degli antichi regolamenti piemontesi, essi pure modificati e sottoposti all'incertezza di una revisione ulteriore. Ma in tanta mescolanza di uffizi, e trambusto d'impiegati, quanti affari l quanti problemi quanti diritti lesi o messi in dubbio! E come mai il governo sottoporrebbe alla discussione del Parlamento, non dico la metà, ma nemmeno la decima parte delle vertenze che lo statuto vuole da noi discusse? Me né appello in ciò al governo stesso.

Io mi ricordo poi che l'anno scorso abbiamo consacra to un giorno intero a discutere a quale prezzo dovesse essere comprato non so qual palazzo si ride), il palazzo del conte Poliena; abbiamo consacrato due giorni per sa pere se si doveva o no abolire l'università di Sassari; e non so quanti altri giorni per affari forse più insignificanti.

Ora, signori, se tutte le quistioni, tutte le riforme e tutti gli ordinamenti che in tutte le parti d'Italia richiedono la nostra decisione, fossero immediatamente sotto messi al Parlamento, dieci anni non basterebbero certo agli affari di un anno. D'altronde abbiamo noi il bilancio delle finanze? Possiamo noi conoscerlo? Come sono ordinate le spese di Palermo, di Napoli, dell'Emilia, dello stato a mosaico che ci abbraccia tutti? ll bilancio italiano non è desso un mistero? Non si riduce esso ad un atto abusa forse della latitudine accordatagli dalla situazione, e a tal punto che abolisce con un decreto la autonomia della Toscana senza l'autorità del Parlamento, quando si vale del parlamento stesso per altri fatti d'assai minor rilievo?

Se strano poi è l'interna nostra situazione, l'esterna non è tale da renderci altresì orgogliosi. In guerra con tutti, ridotti all'unico sostegno della Francia, coll'unica garanzia del trattato di Villafranca che paragonavasi sdegnosamente al tristissimo trattato di Campoformio, noi non possiamo neppur vantarci officialmente di goder del vantaggio dell'alleanza francese. (Continua)

AURELIO SALICETI

Vi sono de nomi che i grandi momenti nazionali reclamano, trasandare i quali è un fritture a quattro canti della strada i propri mezzi di forza e dì salute.

Per qual ragione il mezzogiorno d’Italia non conta fra’ suoi rappresentanti al Parlamento Italiano, Aurelio Saliceti? Farebbe ciò per avventura, perché la sua fierezza non gli ha consentito di adoperarsi ad ottenerlo? Vediamo un pò chi sia Aurelio Saliceti.

E un uomo dotto nelle diverse branche della scienza; di vedute vaste e profonde in Giurisprudenza; elevato in politica, di una energia senza pari ed indeclinabile. Del suo patriottismo ha date altissime pruove.

Cosa mai gli si può appuntare’? Nulla. Che non può mai che, onorarlo se negli anni dell’esilio egli abbia, come ogni onesto uomo avea dritto di farlo, messo per qualche tempo dignitosamente a profitto il suo ingegno, divenendo il precettore de’ figli di Murai; dal quale passeggierò incarico egli tornò povero come quando partì dal triunvirato di Roma, ed anzi più povero di prima.

Murattiui al contrario, ce ne ha effettivi alla Camera: dico di un tempo nel quale l’esserlo non era delitto. Ma per Saliceli è sacrilegio davvero ogni idea che non sia dell’unità Italiana, ed ha un' anima ed un core da elevarsi a fronte di ogni ostacolo,di ogni nome e di ogni potenza.

Che il paese adunque cancelli il proprio torto di non averlo eletto. Vada Aurelio Saliceti al Parlamento, egli è l'uomo della situazione: egli è fatto apposta per, mettersi alla testé de’ generosi, de’ patriotti che diranno al Gabinetto: Fate l'Italia: rispettate il plebiscito di Napoli ed i suoi interessi: Dateci Roma! Il fiore degli Italiani l’ha già battezzata col proprio sangue.

F. Mazza Dulcini.

CAMERA DEI DEPUTATI

Tornata delli 28 marzo—Pres. Rattazzi

(Continua. Ved. n. prec.)

Nell'Emilia, nella Lombardia, abbiamo pubblicato il nostro codice penale e non il codice di procedura criminale, le leggi penali del Piemonte sono messe in esercizio colle leggi di procedura criminale dell'Austria; come se ciò non fosse la massima delle discordanze.

A Bologna, a Palermo, a Milano, a Modena, a Parma si protesta, vi sono avvocati che non vogliono più discuter cause, giudici che non sanno più come giudicarle; abbiamo una corte di cassazione ornai esautorata, abbiamo terze istanze che si dicono in via e non giungono mai. Questo è lo stato dell’amministrazione della giustizia in Italia (sensazione).

Noi per verità avremmo dovuto andar più cauti nel portare altrove le nostre leggi subalpine. Non vogliamo dimenticare che nell’andato secolo il Piemonte fu in via di progresso, e fu forse uno dei primi paesi in cui si ponessero provvide basi di sapiente codificazione; ma nel 1814 il Piemonte fu uno dei più infelici paesi dell'Italia; mentre tutte le altre nazioni s’erimo inoltrate, noi retro cedemmo spaventosamente sotto il doppio giogo dei nobili e dei preti, implacabili pernici d’ogni specie di riforme e di progresso, che c’imposero le più assurde leggi degli antichi almanacchi (bravo).

Qualche riforma si è andata facendo; ma le riforme non si fanno tolte ad un tratto.

Quindi il voler portare i nostri codici nello stato di Napoli. per esempio, dove la. politica era detestabile, ma le leggi eran buone, le istituzioni erano eccellenti, i codici molto migliori dei nostri, non potè a meno che sembrare una disgraziata oppressione.

Mancano all’Italia come mancavano al Piemonte le principali leggi fondamentali che sono base allo statuto. Come vi provvede il ministero? Son dodici anni che s’attende una legge sui conventi, ci fu data quella pessima legge della cassa ecclesiastica.

Quando si fece questa legge sì allegò qualche dolorosa ragione per farcela accettare; e sospirando la accettammo Ora quelle ragioni non esistono più; perché dunque non si pensa ad una riforma sui conventi, la quale sia una riforma e non una irrisione? Perché dell'incameramento dei beni ecclesiastici non si parla mai? Perché la questione del matrimonio civile è un problema sempre insoluto? Perché il foro ecclesiastico è sempre mantenuto? Perché lo stato civile è ancora in mano ai preti? Perché la libertà della stampa estera non è ancora, e si lascia sempre in arbitrio della polizia? Perché finalmente la legge sopra la quale riposa lo statuto, voglio dire la,legge della responsabilità dei ministri non esiste ancora, e questa responsabilità del ministero è come l'araba fenice.

«Che vi sia ciascun lo dice,

«Dove sia nessun lo sa?»

(Ilarità e approvazione).

Sul ministero dei lavori pubblici non dirò che due parole.

Uno dei principali uffizii dei lavori publici è quello di dar lavoro alla classe operata, e dar pane al popolo lavoratore. (Segni di diniego nella Camera e al banco dei ministri).

Sì principalissimo uffizio e specialmente nell’Italia meridionale, in cospetto della crisi politica che vi regna. Colà principalmente il popolo si lagna di non aver pane e lavoro, ed è colà che dalla stampa sorgono quotidiane accuse per questo riguardo contro il governo. Quindi il ministero che non provvede, specialmente a Napoli, a dar lavoro al popolo, manca al suo dovere.

Al ministro della finanza chiedo se sia vero, come ne corre voce, che la deficienza nel bilancio sia di più che 260 milioni e che 140 milioni furono convertiti nelle spese ordinarie. Vorrei sapere in qual condizione si trovi il bilancio delle varie provincie relativamente a quello dello Stato. Vorrei sapere, per esempio, se sia vero che le spese interne della Toscana sono di 82 milioni la quale figura soltanto nel bilancio attivo dello Stato per 37 milioni, in modo che lo Stato verso la Toscana sarebbe in condizione passiva di 45 milioni.

Per ultimo debbo rivolgermi al dicastero della publica istruzione. Abbiamo una legge la quale è una vera oppressione delle famiglie; una legge che pone una odiosa lassa sulla intelligenza; una legge che non apre più la camera universitaria che alla ricchezza; una legge che a quest’ora è stata già cagione che molti studenti, anche fra i più distinti, si dovettero ritirare dall’arringo; una legge che ha prodotti gravi moli universitari, che ha fatto portare in. questo recinto una giustissima lagnanza degli studenti sopra la quale sarde chiamati a deliberare.

Noi ci diciamo in Italia promotori dei lumi, apostoli dell’intelligenza, come possiamo noi vedere lo Stato soggiacere ad una così iniqua legge? Per esser giusto debbo dire che il deputato Mamiani che fu costretto a mettere in esecuzione questo odioso provvedimento dovette subire le conseguenze dell'opera altrui; e colgo questa occasione per lamentare, la sua assenza dal potere. Il deputato Mamiani non mi fu mai amico politico; più di una lolla ho contro di lui sostenuta in questo recinto; ma ciò appunto mi attribuisce il diritto di lamentare che egli non segga più moderatore della publica istruzione; grande ne’ l’arringo della italiana intelligenza la sua presenza al ministero era un omaggio alle lettere, era un tributo all’Italia.

In queste condizioni della politica estera, dell’amministrazione interna, del governo dell’Italia meridionale, dell'ordinamento della giustizia, dello stato della finanza, dello stato della guerra, dello stato dei publici lavori, dello stato dell’istruzione pubica, io non ho, io non posso aver fiducia nel ministero.

Nondimeno per mostrare ancora una volta al signor deputato Audinot. che nella nostra minoranza il voto della concordia non è una frase retorica, mentre noi dichiariamo di non aver fiducia nel ministero, sentiamo la necessità di non incagliare l’andamento dello Stato, specialmente nelle gravi contingenze in cui versiamo e vogliamo dare il nostro voto favorevole alla legge. (Approvazione).

Dopo di ciò null’altro mi resta che ringraziare la Camera di essessi portata verso di me con gli onesti riguardi che io da principio accennava; essa mi lasciò svolgere un lungo allo di accusa contro il governo, contro lei stessa con una tolleranza ch’io direi quasi benevolenza. Questo io metterò in conto come un debito pagato dalla maggioranza alla minorità, ed alla nostra volta pagheremo pur noi di gran cuore il debito nostro. (Bravo! bene!).

Mellana, dopo alcuni appunti al ministero sul modo di presentazione dei bilanci, propone un ordine del giorno cosi concepito; «La Camera, senza pregiudicare alle quistioni che debbono definirsi nella discussione del bilancio, attesa l’urgenza, passa all’ordine del giorno a.

Cavour combatte la proposta Mellana. perché la ravvisa superflua; come ministro la accetta ma come deputato la crede inutile.

Mamiani dà una spiegazione a Mellana, sull’aumento dello stipendio degl’impiegati del ministero dell’istruzione publica avvenuto durante il suo ministero; e dice Che durante il medesimo perdettero l'autonomia due provincie, l'Emilia e la Toscana che avevano ciascuna un ministero d'istruzione publica. Ecco la semplice ragione per la quale il numero degli impiegati contro la volontà del ministro dell'istruzione publica ha dovuto essere aumentalo.

Mellana brevemente ribatte alcune delle obbiezioni di Cavour, e a Mamiani. risponde che egli avrebbe dovuto mettere in disponibilità quegli impiegali delle due provincie che perdettero l’autonomia, non accrescere la pianta del suo ministero.

Posto ai voti l’ordine del giorno Mellana, dopo prova e contro prova è respinto.

Mellana osserva che i ministri hanno volato contro: a suo avviso essi non sono più deputati dopo la crisi ministeriale, non essendo ancora seguita la loro rielezione.  Cavour dice che i ministri la cui dimissione non fu accettata dal re e che fanno parte del nuovo gabinetto non avendo cessalo mai d’essere ministri malgrado la offerta dimissione non hanno bisogno d’essere rieletti deputati. Invoca un precedente delle passate legislature.

Mellana insiste nella sua osservazione, ma si astiene da ogni proposta, e la cosa non ha seguilo.

Saracco invita la Camera a dare il voto alla legge ed a respingere l’ordine del giorno della commissione per motivi d’alta politica.

Mosca, relatore della commissione, con lungo discorso difende l’ordine del giorno avversalo da Saracco.

Cassinis presenta un progetto di legge che proroga il termine ai procuratori esercenti prestare la malleveria.

Vegezzi respinge l'ordine' del giorno della commissione sì nella sostanza che nella forma, perché contiene una censura all’operato del ministero. Ragiona lungamente per dimostrare I insussistenza delle censure della commissione.

Mellana perora perché l’aggravio ili questi 6 milioni, di cui han tanto bisogno le finanze, sia sopportato da lui te le provincie, non dal solo Piemonte, che già tanto è aggravato.

Mosca risponde per un fatto personale.

Presidente. Dà lettura d’un ordine del giorno del deputato Rorà: La Camera, riservando la quistione di diritto, e ritenendo l’urgenza di votare questo progetto. passa all’ordine del. giorno» Rorà lo svolge.

Ricciardi appoggia l’ordine del giorno Rorà.

La commissione lo respinge, perché lo ravvisa lesivo alla dignità del Parlamento; piuttosto ritira il suo.

Depretis appoggia l’ordine del giorno Rorà Malmusi, come deputato di Modena, vi aderisce.

Presidente legge l’ordine del giorno Rorà che è approvato a gran maggioranza.

. Cavour prega la Camera di mettere all’ordine del giorno per martedì prima delle interpellanze Massari il progetto di legge che autorizza una levala di 500 marinai, il quale è urgentissimo e non darà forse luogo a discussione.

Peruzzi presenta un progetto di legge per 1’escavazione del porto d’Ancona.

Ad un’interpellanza di destra in ordine alle ferrovie della Romagna, risponde che già i lavoranti erano aumentati, e che la fallita Mirès non nuoce per nulla all'andata dei lavori.

Alfieri domanda al ministro dell’istruzione, publica quando egli sia disposto a rispondere ad una sua interpellanza sulla libertà che esso intende accordare alla scienza e al metodo nell’insegnamento superiore, universitario e secondario, e sopra un altro punto. Non ne fa urgenza, e si dichiara pago se le sue interpellanze saranno poste all’ordine del giorno dopo le altre e dopo i progetti di legge dichiarati d’urgenza.

De Sanctis accetta che siano fissato per questo tempo.

Amari prega il ministero di comunicare alla Camera gli studii del Consiglio di stato sul progetto del riordinamento amministrativo.

Minghetti risponde che li darà fra pochi giorni; che sono sotto stampa.

Depretis domanda al ministro dati statistici sul progetto di riordinamento del regno.

Minghetti risponde che molti di questi dati mancano.

Conforti domanda la parola.

Presidente. Ma allora non si finisce più e non si voterà la legge Posto ai voti finalmente l’articolo del progetto presentato dalla commissione, è approvato a grande maggioranza.

Paternostro domanda la parola, ma è sopraffatto dalla voce di Massari che comincia i’ appello nominate per lo squittinio segreto (ilarità generale). Tutti i deputati si precipitano nell'emiciclo per deporre il loro voto più che in fretta e andarsene.

Erano battute le 6. (Dal Diritto) Ecco per intero il discorso del deputato Ferrar! da noi promesso nel Supplemento di Lunedì.

Senza essere assolutamente contrario ai voti espressi in quest’assemblea, all’udire le proposte fatte, ho voluto invocare la vostra attenzione, signori, sopra una serie di considerazioni che mi parvero neglette.

Che si vada a Roma tutti lo desiderano; e se osassi parlar di me in presenza vostra, signori, direi che se potessi vantare un merito in faccia alla mia patria, sarebbe quello di essere un antico soldato di questa immensa guerra fatta dal mondo civile contro il sommo pontefice.

Io nacqui, io vissi ira i nemici suoi; io feci consistere l’intero progresso italiano nel progresso della conquista della ragione sull'autorità; io vidi sempre il problema dell'Italia nel problema della Chiesa; e ora impaziente. ora attristato, ora fremente, ora desolalo, qualunque fosse l'altitudine mia esteriore, io ho seni pre voluto andare a Roma, ma andare per starvi, andarvi degnamente, andarvi come lo deve una delle prime nazioni del mondo attuale e la prima tra le nazioni passate.

Se credete adunque di accordarmi alcuni istanti vi esporrò le mie idre. E prima di tutto, per assicurarvi in qualche modo sulla natura delle mie divergenze, per certificarvi che sono le divergenze di un amico, vi dirò che non chiedo al signor presidente del Consiglio che vada a Roma un’ora prima di quella fissata dal destino; io non mi permetterò mai di accelerar di un minuto la sua spedizione, perché troppo ne sento le difficoltà visibili che voi conoscete tutti, l’Austria e la Francia, e le difficoltà. invisibili, che sono forse più gravi. D’altra parte io non consiglierò mai di ritardare m ora la libertà dei romani, che soffrono un eterno tormento, e che sono in un coi veneziani impazienti di raggiungerci nel seno di un Italia rinnovata.

Senza chiedere adunque né accelerazione né ritardo (mormorio), io solo parlo perché sia intesa da tutti la responsabilità del governo le cui parole (lungo mormorio) sembrano la rivoluzione nelle provincie eccettuate dalla libertà attuale. Possono nascere rivoluzioni, e non in quelle provincie solamente, ma a Firenze, a Napoli, dappertutto. Un’impazienza un fremito generale scorre dalle Alpi allo stretto. Ci occorre quindi spiegarci.

Come si tratta di argomento solenne, come si tratta della republica cattolica, della più grande di tutte le istituzioni nate sul nostro suolo, della più vasta di tutte le associazioni che siano state concepite sulla terra, conviene indagare con quali forze, con quali disegni, con quali mezzi il governo attuale si proponga di giungere a Roma.

L’onorevole signor presidente del Consiglio ha esposto le proprie idee sull’iniziativa da lui presa, o piuttosto sull’iniziativa presa dallo Stato a cui apparteneva, e da quanto ho letto nel rendiconto della seduta della proclamazione del regno, egli ha dichiarato che risale al congresso di Parigi la prima origine della fase attuale. Là fu un convento anticipatamene che dovesse tale moto svolgersi dall’alto in basso, e che tutti gli Italiani dovessero avviarsi alla libertà, inspirali da un profondo spirito di obbedienza. Si stabilì a poco a poco una concordia artificiale quasi unanime, e se non era unanime, il silenzio della piccola frazione dissidente la rendeva apparentemente unanime. Questa frazione, mula ma operosa lasciò correre, per così dire, nel vuoto il solenne biasimo di Luigi Napoleone, che denunziava oli’ Europa i delitti dei penultimo Borbone di Napoli; il suo biasimo stelle più anni sulla testé del re, autorizzata dalla più grande nazione, senza che del resto il regno si muovesse. Poi, a poco a poco, cominciò una lunga serie di negoziazioni, nelle quali ora si chiese, ora si censurò. la stretta osservanza dei trattati di Vienna, ora si volle la federazione. ora si spinse all’unità; e di progetto in progetto, di modificazione in modificazione, di protesta in controprotesta si giunse ai fatti di Magenta e ili Solferino, e sempre col principio che il molo dovevasi svolgere dall’alto in basso. Ne nacque che un solo e medesimo Stato si estese a tutti gli altri Stati, ne fece un fascio, si sovrappose a tutti i popoli italiani e predicò loro l’obbligo sacrosanto di una cieca obbedienza, fino alla liberazione completa dell’Italia.

Le annessioni procedettero con una rapidità che fece meraviglia a coloro stessi che le promuovevano, essi non osavano crederci; si affidavano a malincuore alle più lusinghiere, alle più evidenti vittorie: spesso volevano essi resistere o almeno sostare.

Ma. o signori, d’onde tanto successo? Io rispetto la capacità diplomatica degli uomini che reggevano il molo; io riconosco volentieri la loro disinvoltura tradizionale; però un successo sì magico, che oltrepassava di mille doppi quello del duca di Savoia Felice quasi padrone di Milano e di Roma, un successo sì istantaneo che abbracciava in pochi mesi l’intera penisola, fa suppone qualche cosa di più che una parola d’ordine suggerita dall’alto e mormorata di orecchio in orecchio ai capi delle diverse cospirazioni italiane. Eravi difatto un principio polente, vasto, irresistibile e ormai identificato col sentimento generale che non poteva più dimenticare né la rivoluzione francese nel 1848, né l’anteriore scoppio del 1830.

Voi, signori, avete assistito all’inaugurazione della statua di Manin; avete celebrala questa inaugurazione comune festa: e avete richiamato con entusiasmo la sua vita di esule, il suo sacrificio di martire. la sua gloria di cittadino. E in che fu grande Manin se non per a'  ere risorta Venezia con un gesto e se non per averla risorta sotto l’antica sua forma republicana? Più tardi rinunziò all’antica repubblica, che non poteva più vivere, che non più aveva né le sue città, né i suoi scali, né le sue colonie, né i suoi alleali, né i suoi amici e nemmeno i suoi nemici, e allora volse egli lo sguardo tristissimo di Foscolo alla patria Italia, e scorgendola rigenerarsi alla sua volta, indovinando quasi per intuito la sua prossima rivoluzione diretta dal Piemonte, il repubblicano delle lagune, dimentico di se stesso, volle nascere una seconda volta, vivere una seconda vita, e allora, dirigendo al Re le sue parole: noi saremo tuoi, gli disse, purché sia da te tutta l’Italia redenta; se no, no.

Il moto qui partiva dal basso.

Ma Manin era egli il primo che pronunziasse queste parole?. No, non era il primo; un’altra voce più antica, e forse più magica, le aveva pronunziate diciotto anni prima e in mezzo ai dolori delle Romagne. alle repressioni della Lombardia, all’incertezza dell’Europa intera inspirato dallo spirito di giustizia che aveva dettalo il grand’atto di Parigi contro l’ultimo colpo di Stato dei Borboni di Francia; egli, rivolto a Carlo Alberto, gli aveva data l'intera Italia, tutta Italia, se no, no.

Io non vedo, o signori, per qual ragione, mentre si discute con tanta liberà l’Italia in tutte le assemblee dell'Europa, noi dovremmo avvilupparci di reticenze, di dissimulazioni, di circospezioni, le quali riescono inutili. Perché dissimulare fatti conosciuti da tutti? E che? Il nome di Giuseppe Mazzini è pronunziato in tutte assemblee, e non lo sarebbe in questa? (mormorio)

Cavour. Lo pronunzi pure. É padrone. (Si ride)

Ferrari. Accetto quasi con riconoscenza le parole dell’illustre presidente del Consiglio. Pronunziamo adunque il nome di Giuseppe Mazzini. (Segni d'assenso) sono suo avversario, io non ho mai cospirato; il silenzio, le mene individuali ripugnano alla mia natura; mistero mi opprime; mi sembra almeno un ostacolo alle illimitate discussioni della tribuna, alle infinite aspirazioni della scienza. Non biasima però, non critico i cospiratori, che hanno sfidatole atroci polizie de’ cessati governi, e non intendo neppur biasimare chi si associa loro anche dal seggio d’una presidenza. (Ilarità) Ma infine, lo ripeto, io sono un avversario di Mazzini. Ebbene, che ha egli fatto? Quale è stata l’azione sua? Egli predicò Dio ed il popolo, egli diede alle sue aspirazioni la forma della republica, egli sacrificò la republica al concetto più nazionale del ragno, egli non cessò mai dal chiedere l’unità, dall’addite-Roma, dal fare a tutti un dovere di liberare Roma, di formare un solo Stato, di proclamare il dominio di un sole capo, di Carlo Alberto, de’ suoi successori; e per disgrazia egli non è qui, egli erra in esiglio; il suolo di Napoli lo respinge, quello del Piemonte gli sarebbe micidiale; i suoi amici celebrano il suo nome, ma egli erra sconosciuto e condannato a morte. Questa parola toglie i nove decimi del prestigio che dorrebbe consacrare il regno proclamato. (Oh! oh!) Noi viviamo io tempi di perturbata morale.

Era forse logico il moto delle annessioni? Era forse naturale che uno Stato si estendesse a tutti gli Stati? Al certo il fatto prova che la nazione obbediva ad una legge superiore, che la sua secolare costituzione gl’imponeva di svolgersi con subitanea unità, che. simile a ogni Stato affrazionato, l’Italia doveva nella prima metà della sua rivoluzione diventare unitaria come in ogni Stato unitario la prima di ogni risoluzione deve essere federale e svolgersi coll’affrazionarnento. Ma il diritto più potente del fatto rettifica ben tosto le momentanee, le necessarie deviazioni e ad ogni stazione del moto attuale una voce popolare chiedeva riforme. E come rispondeva il governo? Con una nuova annessione che deludeva i gravami; invece di progressi civili accordatasi al muto lombardo l’annessione dei Ducati; invece di nuova prosperità i Ducati godevano di associarsi la Toscana che fruiva dell’unione dell’Emilia, la quale altra soddisfazione non ottiene alle sue pene attuali che di sapere Napoli e Palermo nel regno. Il governo ha sfuggilo di continuo al bisogno d’innovazione che tormenta i popoli con una specie di corsa a traverso la penisola. La cospirazione democratica lo sfidava col suo terribile se no no, ed egli accettava la sfida, accettava il giuoco, raddoppiava la messa, ed adesso che l’avventurala sua martingala giunge alla fine giuoca tutto sull’ultima carta di Roma. (udite). Andremo a Roma, dite voi ai popoli ansiosi di conoscere oramai a che frutti la nuova libertà e che nasca sulle zolle del regno. Ma con quali idee andate voi nella città dei pontefici? Io dichiaro, che, se noi vi giungiamo colle vostre idee, noi portiamo uno stato provvisorio e disordinato in una città di più; una città di più sarà aggiunta al regno, ma un altro molo ricomincerà su tutti i punti della penisola e nella stessa Roma. Quindi rifletta il presidente del consiglio alla responsabilità che assume; sia che ritardi l’azione sua, sia che l’acceleri, la nazione si scioglierà dallo sterile sconvolgimento che l’affligge, o cadrà ancora al di sotto della sua primitiva miseria.

Infatti in questo punto abbiamo primieramente il disordine nell’armata, disordine di cui io qui non accagiono nissuno, né il ministero, né i suoi avversari, ma di cui nessuno vorrà contestare resistenza, perché invece di un’armata ora ne abbiamo due, rette da principi diversi. I militi dell’una e dell’altra si amano, si affratellano; ne sono prova le dichiarazioni che abbiamo ieri udito in questa Camera; ma ciò non toglie che i loro sistemi non siano distintissimi. Il ministro della guerra non sarà colpevole di alcuna maniera, e mi protesto lontanissimo dal sollevare in quest’istante la menoma critica; ma il caso volle che non potesse concepire la loro compenetrazione se non con una riforma esclusivamente burocratica, la quale al dire degli uni, compromette gravemente la disciplina e la tradizione dell’antica armata piemontese, e al dire del ministro stesso, distrugge con 49 mila congedi il nuovo esercito dei volontari a cui si devono le due Sicilie. Senza dubbio nell’avvenire l’attuale dualità svanirà,. idee superiori alle attuali guideranno le moltitudini italiane,ima altra Italia si attende in questo molo, in cui le nazioni e progredendo e decadendo si rinnovano ad ogni istante; ma in oggi le due armate mi sembrano in uno stato di ebollizione. (Mormorio)

Nè solo abbiamo due armate, ma altresì due stati perché infine questo moto che parte dall’alto con parole mormorate all’orecchio dall’uno all'altro, questo moto che cammina, direi quasi, in una cospirazione governativa, concorda apparentemente e forse in lealtà coll’altro molo che parte dal basso e a all’alto; che propugnalo silenziosamente, nondimeno si volge coll'entusiasmo, vanta esso pure una sua tradizione, conta alla volta sua i suoi militi, i suoi capi, i suoi martiri, i suoi alleati.

Qui i principi sono diversi, sono opposti, ingenerano impazienze, sdegni, e chi non vede che da un istante all’altro potrebbero nascerne sconcerti? (movimenti) Ravvi di più. Niuno ignora lo stato delle Due Sicilie essere talmente grave, che formerà il soggetto di una prossima seduta, e che lo stesso ministero si dichiarò nella necessità di modificare le luogotenenze di Napoli e di Palermo, dove i capi da lui nominati sostengono la parte di re irresponsabili; che accettano ministeri diversi ed anche conti addittorii. Il signor presidente del consiglio il quale aveva annunziato l'intenzione sua di sopprimere le due luogotenenze, annunziò successivamente che intendeva solo rettificarle, ed egli stesso indugia l'alternativa o di rispettare temporaneamente le autonomie del mezzodì o di sopprimerle.

Cavour. Non ho detto niente su questo.

Ferrari Mi basta qui di constatare l’anarchia del mezzodì, e le strane alternative emergenti dalla situazione. Ora, se meglio approfondiamo’ il mistero della situazione stessa, senza pretendere di scrutare alcun pensiero individuale, senza accusare alcuna intenzione personale; il molo che ci trasporla minaccia non solo l’ordine stesso della società italiana, ma la libertà stessa dello statuto nostro, ultimo palladio. Mi spiego. Il governo trovasi trascinalo dalla necessità vera supposta, di operare una grande rivoluzione burocratica, di rinnovare gli uffizi in tutti gli antichi Stati, di sottoporli alla uniformità degli antichi regolamenti piemontesi, essi pure modificati e sottoposti all’incertezza di una revisione ulteriore. Ma io tanta mescolanza di uffizi. e trambusto d'impiegati, quanti affari! quanti problemi! quanti diritti lesi o messi indubbio! E come mai il governo sottoporrebbe alla discussione del Parlamento, non dico la metà, ma nemmeno la decima parte delle vertenze che lo statuto vuole da noi discusse? i Me ne appello in ciò al governo stesso.

Io mi ricordo poi che Tanno scorso abbiamo consacrato un giorno intero a discutere a quale prezzo dovesse essere compralo non so qual palazzo (si ride), il palazzo del conte Poi iena; abbiamo consacialo due giorni per sapere se si doveva o no abolire l’università di Sassari; e non so quanti altri giorni per affari forse più insignificanti.

Ora, signori, se tutte le quistioni, tutte le riforme e tutti gli ordinamenti che in tutte. le parli d’Italia richiedono la nostra decisione. fossero immediatamente sottomessi a) Parlamento, dicci anni non basterebbero cerio agli affari di un anno. D’altronde abbiamo noi il bilancio delle finanze? Possiamo noi conoscerlo Come sono ordinate le spese di Palermo, di Napoli, dell’Emilia, dello stato a mosaico che ci abbraccia tutti? Il bilancio italiano non è desse un mistero? Non si riduce esso ad un allo di confidenza? Senza tener calcolo ancora del tempo che dovremo impiegare a discuterlo, lo stesso ministero non abusa forse della latitudine accordatagli dalla situazione, e a tal punto che abolisce con un decreto la autonomia della Toscana senza l'autorità del Parlamento, quando si vale del parlamento stesso per altri fatti d’assai minor rilievo? Se strano poi è l'interna nostra situazione, l esterna non è tale da renderci altresì orgogliosi. In guerra con tutti, ridotti all'unico sostegno della Francia, coll’unica garanzia del trattalo di Villafranca che paragonatasi sdegnosamente al tristissimo trattato di Campoformio. noi non possiamo neppur vantarci officiai mente di goder del vantaggio dell’alleanza francese.

(Continua)

Notizie Interne

VITTORIO EMMANUELE II RE D’ITALIA

—Con decreto del dì 29 marzo 1861.

Art. 1. L’Amministrazione centrale delle Provincie Napoletane presso la Luogotenenza sarà divisa nei quattro Dicasteri seguenti: Interno e Polizia; Grazia e Giustizia ed Affari Ecclesiastici; Istruzione Pubblica ed Agricoltura e Commercio; Lavori Pubblici e Finanze.

Art. 2. A capo dei quattro Dicasteri predetti saranno preposti dei Segretari generali dipendenti ciascuno pel proprio ramo dal Segretario generale Stato.

Art. 3. In Conformità dell’art. 9 del nostro Decreto del 3 scorso gennaio saranno determinali con particolari istruzioni gli affari che debbano essere deferiti all’Amministrazione Centrale, e quelli che debbano essere spediti immediatamente dalla Luogotenenza Generale.

Art. 4. Nulla è innovalo del resto alle disposizioni dei nostri Decreti dei 3 gennaio e 14 febbraio ultimi scorsi.

— Con altro del l'aprile 1861.

Ari. 1. Silvio Spaventa è nominato Segretario Generale del Ministero dell’Interno coll’incarico di reggere il Dicastero dell’Interno e Polizia nelle Provincie Napoletane.

Il Professore Pasquale Statuitelo Mancini è nominato Segretario Generale del Ministero di Grazia e Giustizia coll’incarico di reggere il Dicastero di Grazia e Giustizia ed Affari Ecclesiastici nelle Provincie suddette.

Paolo Emilio Imbriani è nominato segretario Generale del Ministero dell’Istruzione Pubblica, ed incaricato di reggere il Dicastero dell’istruzione Pubblica, Agricoltura e Commercio nelle Provincie Napoletane.

Vittorio Sacchi è nominato Segretario Generale del Ministero delle Finanze, ed incaricato di reggere il Dicastero dei Lavori Pubblici e delle Finanze nelle Provincie suddette.

Ari. 2. Gli stipendi! ed indennità dei predetti Segretari! Generali saranno stabiliti dal Luogotenente Generale e portali sul bilancio passivo delle Provincie Napoletane.

— Con atto del dì 2 aprile 1861.

Art. 1. Fino alla prossima emanazione delle Istruzioni di cui sopra, le attribuzioni dei Segretari Generali preposti ai varii Dicasteri continueranno ad esercitarsi con le stesse norme finora osservate in conformità del Decreto del 3 gennaio 1861.

Il generale Garibaldi ha accettato la candidatura nel primo Collegio di Napoli, da lui pria rifiutata.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 5 — Torino 2

Parigi 2 — Gazzetta di Agram — Erzegovina 28 — Combattimento presso Bilcsce — Mahmoudel e Dervis Poscia hanno respinto l’attacco — La guarnigione turca è sempre chiusa in Niksic—Le truppe turche forti di 150,000 uomini soffrono e mancano del necessario. I basi i boznk lasciano temere una rivolta. Il Muscir Ismail è partilo per Bilcsce.

Napoli 5 — Torino 2 (sera)

La Gazzetta officiale — Filippo de Blasio è nominato Segretario Generale del Ministro di Grazia e Giustizia.

Parigi 2 — Agram — Torbidi nella sera — rotti vetri alla polizia — abbattuti gli stemmi Austriaci — furonvi feriti.

Frontiere Polacche Lunedi. —Seri torbidi:

A Walisch 3000 perturbatori hanno scacciato ed insultato un capitano nel circolo. Le truppe hanno ristabilito l’ordine.

Napoli 5 — Torino 2 (notte)

Genova 2 — Garibaldi lasciò Caprera sul vapore Gulnara la sera del 31, e giunse a Genova. Credesi venga a Torino.

 Napoli 5 Torino 2 (notte)

Patrie 2 — Vienna — L'Imperatore ha respinto il programma del capo democratico della Dieta che domandina la separazione assoluta dall’Austria. L’Imperatore ha dichiaralo di attenersi alle concessioni accordale. Credesi che in seguilo a tale situazione Schemerliog ritirerà la dimissione.

Patrie — Il Generale Ulloa è giunto a Parigi.

Napoli 5 — Torino 2

Alla Camera il Deputato Massari muove interpellanze sulle cose di Napoli. D ee che L'autonomia è sepolta per sempre. La burocrazia è la piaga più grave. L’Amministrazione Centrate deve prendere la direzione, moralizzare e mettere il ferro nella piaga—Paternostro interpella sulla Sicilia. Primo debito del Ministero è di governate ivi, il che non fa. Sradichi la mala peste dell'influenza di piazza, quel pugno di uomini violenti che hanno l’anarchia per principio. Ricciardi paria pure di Napoli è desidera l’autonomia finché Roma non e capitale. Propone di moralizzare, e attivare i lavori pubblici. Il Ministero risponderà domani.



Fondi Piemontesi 75,45 75,50
Tre per cento francese 67,70
Quattro e mezzo id. 95,45
Consolidati inglesi 91 34
Metalliche Austriache 00,00

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 4 Aprile 1861 N. 34

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 4 APRILE 1861

GARIBALDI AL PARLAMENTO

Il telegrafo recandoci la notizia che Garibaldi era sbarcato in Albania, ci ha mistificati. Del resto il filo Elettrico è stato come la lancia di Achille che ferisce e sana; ci ha fatto vedere il nostro Eroe in procinto di scrollare un vecchio Impero, ed ora ce lo annunzia in atto di ricomporne uno novello.

Sì, perchè Giuseppe Garibaldi il quale fra i molti che dicono a gara di aver fatta l'Italia, l'ha fatta davvero, venendo a sedere tra i rap presentanti di essa deputato di Napoli da lui redento, è speranza di salute per l'Italia, e per Napoli.

È impossibile che il partito veramente Italiano (chiamiamolo partito poiché non è ora la maggioranza) resti tale quale è al sopravvenire di un Uomo che rappresenta egli solo la nazionalità italiana sotto la sua più splendida forma. L'opposizione quindi intorno a Lui si ricompone e si rialza, diventa una, e piglia in faccia al Gabinetto, all'Italia ed alla Europa, uno aspetto imponente e da rispettare.

Con Garibaldi alla Camera, l'elemento conservatore dovrà perdere gran parte della sua indeclinabilità; e l'elemento cortigiano poi dovrà temperare la sua servilità verso il potere domi nante, sotto pena di essere riconosciuto come partito Livrea. Garibaldi è un Sole che splende ed irradia tutto quanto gli è intorno, e le cose e gli uomini pigliano sotto la luce della verità, quel valore e que’ nomi che loro sono propri.

In breve: il movimento Italiano aveva bisogno di un rappresentante e l’avrà in chi ba fatto l'Italia: le provincie meridionali conculcate hanno d’uopo di un difensore e l’avranno in quell’Uomo che le difese e le redense dal Borbone: la massa de’ moderati avea d’uopo di chi ne sgombrasse le menti dal timore di un dualismo, e l'uomo di Caprera rappresenta l'unità; l’unità dell’Italia, l’unità de’ partiti che tende ad essa, l’unità degli sforzi de’ patriotti, la composizione, la fusione di tutte le idee subordinate alla idea predominante che ha primeggiato in tutti i suoi passi, in tutti i fatti che si avvicendano nella meravigliosa carriera di questo Uomo senza pari, dal passo di carica di Marsala e di Napoli all’imbarco sul Washington quando l’ingratitudine e la reazione si elevò gigantesca innanzi ad esso.

La speranza, e la fiducia nell’avvenire comincia a rinascere ne’ petti di questo afflitto popolo meridionale.

Ora è tempo che il Gabinetto ponga senno una volta e guardi a quello che fa, all’Italia, alle mine scavate sotto di essa, ed ai minatori: un Essere puro ed immacolato che non ha altra passione che quella della patria sta finalmente a quel posto dove la patria si fa: la spada della redenzione scintilla al suo fianco: la sua parola sarà l’eco di quella de’ milioni, la sua opinione sarà quella di un popolo intero, e l’eroe de’ due mondi dev’ essere la stella polare del popolo legislatore come lo fu del popolo combattente.

F. Mazza Dulcini.

— Leggiamo nel Cittadino d’Asti (cw si crede uno degli organi del Conte Cavour), e riproduciamo senza assumerne alcuna responsabilità.

—Da Napoli giunge poi una notizia grossa grossa 0 che noi volentieri riterremo per incredibile se quello non fosse ancora il paese dell’impossibile. Dicesi adunque che Liborio Romano abbia fatto pervenire a Parigi una soscrizione in senso murattista coperta di circa settemila firme. Noi, ripetiamo, vorremmo riguardare questo fatto come assolutamente impossibile; ma chi è ormai che possa farsi garante con uomini della tempra di D. Liborio e con quella feccia di camorristi e borbonici?

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Ecco la fine del discorso del deputato Ferrari 

da noi promesso nel Supplemento di Lunedi, e del quale abbiamo dato la prima parte nel foglio di jeri.

(Continuaz. Ved. n. prec.)

Io non vedo certo nella tribuna diplomatica l’ambasciatore di Francia. Le relazioni sono interrotte forse momentaneamente, ma ci direte ciò fatto appunto perché l'amicizia tomi più grande di quel che fosse prima? (ilarità).

Noi siamo entrali in un era in cui le dichiarazioni publiche dei principi non sono sempre veridiche e genuine, e sembrano anzi falle in modo da far cadere in errore chi troppo vi si fidasse o troppo credesse di ottenere quanto desidera. Ma, se poco valgono le parole e ancora meno i misteri, mentre noi discorriamo di andare a Roma, abbiamo perduto Mentone e Roccabruna. Le sono piccole località, insignificantissimi villaggi, e, se vogliamo crederci molto forti possiamo disprezzare i miseri ritagli di terra tolti alla nostra penisola. Intanto la lesione, sulla quale non possiamo reclamare, ferisce i principii, e ne nasce il problema se il nostro governo consideri, come Italia solo garante appartiene a Vittorio Emanuele, che le altre parti della penisola estranee alla sua dominazione. Nel primo caso egli perde il diritto di parlare di Roma, non si vede perchè voglia egli occuparsi dei Veneti, doveva lasciare le Due Sicilie ai Borboni e il resto agli antichi principi. Ma, se egli abbraccia tutta l'Italia, se la merita, se la difende, come mai allora spiegare l'assoluto suo silenzio su Mentone e Roccabruna? Lo ripeto, non parlo per l'entità del territorio perduto, ma per il diritto di sconosciuto, in quel modo istesso che altre volte io gemeva sulla cessione di Nizza e di Savoia, meno per l'estensione delle provincie occupate dalla Francia, che per il modo con cui erano concedute, poiché erano concedute a titolo gratuito; a pura perdita, in modo tale che non poteva essere giustificata nella coscienza di un deputato incaricato di amministrare e non di far regali. Fin qui ho esaminato il disordine che incalza il governo, le contradizioni alle quali egli cerca di sfuggire coll'idea di Roma, la confusione dell'armata, dell'amministrazione, delle leggi, delle sterili mutazioni, a cui si pro mette un termine nella città eterna quasi che il ministero possa acquistarvi la potenza miracolosa un tempo attribuita ai pontefici. Mi sarà adesso agevole di prendere ad esame il discorso del presidente del consiglio.

Dichiaro apertamente che non ho atteso da lui alcuna rivelazione. La Francia è una nazione aperta, non ha misteri. L'imperatore fa quello che vuole l'immensa maggioranza del popolo francese; egli va dov’essa lo spinge; quindi, leggendo giornali, io sapeva che cosa poteva rispondermi il ministro di libri e un governo che non ha l'ambasciatore francese nella sua capitale. Ma le condizioni, colle quali il signor conte di Cavour vorrebbe metterci sulla via di Roma, sono sì late, sì flessibili, sì facili ad eludere, che autorizzano ogni speranza ed ogni dilazione. Quali sono queste condizioni? Ce ne sono quattro. In primo luogo, secondo il signor conte di Cavour, converrà abituarsi a considerare Roma come capitale necessaria al regno, e si dovrà destare l'anticipato entusiasmo di tutti popoli italiani, per la città del pontefice.

In secondo luogo non si dovrà giungere a Roma se non di pieno accordo colla Francia, il giorno in cui sarà essa tocca e vinta dalla nostra filiale gratitudine.

Per terza condizione il signor presidente del consiglio ci obbliga a procedere faccio con 200 milioni di cattolici, i quali possono avere sul sommo pontefice altre idee che non le nostre.

E l'ultima condizione proposta esige il più profondo e il più illimitato rispetto verso il dogma della chiesa cattolica, apostolica e romana, e verso l'autorità del sommo pontefice.

Vediamo l'una dopo l'altra queste condizioni. Che Roma sia la capitale d'Italia è cosa vecchia, antica come l'impero romano, e in verità non intendo nemmeno le ragioni di tanta insistenza. Chi credesse con tale principio soggiogare avversarii immaginari o alterare partiti occulti s'ingannerebbe d'assai: io assicuro il governo e le camere che l'accordo è unanime, completo, nel voler Roma per capitale. Non havvi eccezione alcuna; e se fu citato non so quale scritto, senza averlo letto io dichiaro risolutamente che esso rientra come ogni altro scritto, nel sistema del signor conte di Cavour. E Roma è la capitale d'Italia per voi giacché lo dite con tanto entusiasmo; per la rivoluzione che lo proclama con altro accento forse più vibrato; non havvi unitario che non parli di stabilire sul Campidoglio la sede del suo futuro governo. E che dire mo dei federalisti? I federalisti hanno sempre riconosciuto Roma come capitale italiana, e coi pontefici protettori della libertà guelfa dei communi, e cogli impera tori difensori della indipendenza ghibellina delle città loro affezionate, e colle repubbliche originate dai municipi ro mani, e coi signori che inviavano a Cola da Rienzi i loro ambasciatori, Roma e la città dell'incoronazione imperiale; là si consacrano i successori dei Cesari, e a tutte le epo che della storia nessuna rivoluzione italiana non è compiuta, se non quando viene accettata dalla città dei pontefici. Se non che le capitali sono di varia natura: le une regnano a causa della loro preponderanza; le altre prendono la loro ragion d’essere nella loro propria debolezza. Al certo Roma non minaccia nessuna capitale italiana: né Napoli, quattro colte superiore; né Torino, due volte superiore; né Milano, egualmente due volte superiore; né alcuna altra città. Tutti s'inchinano umilmente e, direi anche ipocritamente, verso Roma. (Ilarità) E questo voto, questo desiderio di Roma, espresso nelle precise parole di cui si serviva il signor presidente del Consiglio, trovasi in uno scritto di Petrarca, il quale, guelfo pontificio ed ossequioso all'imperatore Carlo IV di Germania, chiedeva pure se convenisse di ricongiungere Roma coll'Italia. E si noti che allora il mondo cattolico pesava sulla città eterna non perchè c'imponesse il pontefice e non perché ce lo toglieva.

Ebbene Petrarca desiderava che il pontefice ritornasse a Roma, perchè Roma ridiventasse la capitale della penisola, il signor presidente del Consiglio, predicando capitale Roma colle stesse parole del Petrarca, potrebbe continuare lo stesso sistema del Petrarca.(Ilarità generale).

Sia pure la nostra Delfo, la nostra Delo, la nostra Washington: nessun federale sarà in ciò l'avversario del governo tanto più che se vi sono dei federali, io non so se ve ne siano (Ilarità), ma se ve ne sono, essi avranno pel gabinetto attuale un profondo rispetto, e, direi quasi, una simpatia di razza. E, difatti, come è composto il gabinetto attuale? (Ilarità) Noi signori, eravamo qui tutti, o quasi tutti unanimi; godeva l'antico gabinetto d'una confidenza illimitata poi un giorno, nell'atto stesso in cui noi lo credevamo assicuratissimo, e che attendevamo una risposta, ci fu annunziato che era in piena dissoluzione.

In verità nessuno di noi atterrito, ma infine, quando la nube si dissipò, noi scoprimmo una perfetta federazione (ilarità). Ritrovammo nel gabinetto rap presentati il Piemonte, l'Emilia il regno di Napoli, la Sicilia, la Toscana; della sola Lombardia non si parlò.

Si dirà che non sono iniziato nei misteri del gabinetto; io male forse in appongo nel congetturare i principi che hanno presieduto alla sua creazione. Ma io stesso ho dovuto iniziarmi nei misteri dell'elezioni della camera, ho dovuto concorrere all'elezione del signor presidente e dei vice-presidenti, ho dovuto vedere quali considerazioni militavano per scegliere un individuo piuttosto che un altro, ed abbiamo scelto o signori, un piemontese, un siciliano, un napoletano, un veneto, che rappresentava nello stesso tempo la Lombardia, ed un toscano. Voi vedete o signori, che nessun federale sarà per principio nemico del governo. (Ilarità) Nè vi dirò come sieno state fatte le elezioni. Per esempio, da Napoli tutte napoletane, dalla Sicilia perfettamente siciliano. In una parola, se il signor conte di Cavour esige che l'Italia riconosca Roma prima di andarci, la è cosa fatta da tutti, e da venti secoli.

Veniamo alla seconda condizione, per la quale il presidente del consiglio esige che si vada a Roma d'accordo colla Francia. Lo sappiamo: era inutile di richiamarcelo Non chiesta al certo da noi, giunse essa nel 1849 al campidoglio, vi ristabilì Pio IX"espulso; ed io credo che il far sentire che dobbiamo attendere il com corso della Francia in questa vertenza, non è cosa degna degna di essere proclamata da un Parlamento italiano.

Tanto più che la maggioranza francese ci ha più volte dichiarato di continuare la tradizione di Carlomagno e di di S. Luigi, e nelle sue più generose concessioni il principe imperiale crede necessario di conservare Roma o al meno una parte di essa al pontefice: e ancora parlava il principe a nome proprio e non dello Stato.

Che diremo noi della terza condizione dei duecento milioni di cattolici coi quali dobbiamo contare? In so stanza si riducono essi all'Austria e alla Francia: la Spagna e il Portogallo poco pensano a noi, né sono terribili, e quanto ai cattolici sparsi in Asia, in Africa in America, nell'Oceania, essi non sanno neppure dove sia Roma situata (ilarità).

Le ultime considerazioni del presidente del consiglio furono teologiche e ci parlò della necessità di sopprime re il governo temporale nell'interesse della fede e del potere spirituale corrotto dal contatto del potere temporale.

Ma da troppo lungo tempo è così corrotto il pontificato, perché simile ragione possa prevalere.

I gravami attuali dei sudditi suoi sono gli stessi che si rinvengono a’ tempi di Sisto V, di Arnaldo da Brescia o di Gregorio VII sono essi lo scandalo tradizionale della patria nostra; e se attestano l'esistenza di mostruose aberrazioni nelle complicazioni degli ordini politici nostri, attestano non pertanto un alto compenso, un vantaggio valevole, a palliare di continuo i mali inseparabili dal governo della Chiesa.

Io, per conto mio, accetto tutte le accuse fatte contro i papi, i cardinali ed i preti della gerarchia attuale di Roma; niuno più di me è persuaso delle verità qui proclamate contro la santa sede, e se potessi fare una censura ai discorsi degli onorevoli preopinanti, sarebbe per le accuse e per aggiungerne altre che il tempo non consente di esporre. Ma infine, siccome si tratta di un principio e non di un governo, siccome non havvi governo la cui tradizione non sia macchiata da fatti atrocissimi simili a quelli degli spagnuoli in America o degli inglesi nelle Indie o della rivoluzione a Parigi, nel fonda re la vostra sentenza sopra una critica amministrativa del pontefice, indebolite la causa nostra! (bravo!bravo!)

Giacché abbiamo nell'Italia nostra, o signori, una gloria superiore a tutte le altre glorie, dobbiamo com batterla o trasformarla con principii superiori a tutti gli altri principii.

La possibilità di una trasformazione era ammessa dal conte Cavour, che citava l'esempio di Clemente VII, prima nemico poi alleato di Carlo V. Egli ammetterà adunque che Pio IX o che il suo successore potrà incoronare Luigi Napoleone. Ma allora perchè altri non proclamerebbe la possibilità contraria di un pontefice tribuno? Si considerino tutte le riforme proposte compiute o inaugurate dal 1780 fino a questi giorni; si considerino i socia listi, i comunisti; non un trovato incendiario, non una esagerazione d'eguaglianza che oltrepassi i principii del la Chiesa. Sotto tutti i rapporti le condizioni proposte per compiere il nostro riscatto, troppo late, troppo letterarie, troppo accademiche, non ci permettono di trar ne serie conclusioni.

Quanto poi alle raccomandazioni che erano fatte dal presidente del consiglio di attenerci alla religione cattolica di esser sempre più religiosi nell'atto stesso di spogliare piamente il pontefice, saranno forse conformi al le tradizioni dei signori Balbo e Gioberti; ma non certo a quelle della moderna civiltà. l Balbo e i Gioberti, vantati in quest'aula, si fermarono a metà nella guerra contro Roma, appunto perchè, simili ai re longobardi convertiti, non avevano armi contro l fascino della Chiesa. Che se Vittorio Emmanuele procede oltre, se nessuno ascolta le querele di uomini invecchiati in tirannidi, in cui era delitto il solo parlare, il solo pensare, si è che lo assistono popoli indifferenti alla scomunica; senza idee poi non si rimane a Roma, che è fatale ai re, che non fu mai vista dall'ultimo suo re, e che voi dovete rendere meno fu nesta all'attuale famiglia regnante. (Bisbiglio) Rimanendo l'antico sistema, si rimane nell'antichissima Italia, si fanno regni che svaniscono in un istante; e purtroppo la penisola nostra è, secondo le parole di Macchiavelli, il paese delle conquiste miracolose, come si scorge da Braccio da Montone, da Francesco Sforza, dai condottieri che regnarono sulla terra dei papi col titolo di vicarii della Chiesa, e la cui dominazione in pochissimi anni svaniva per sempre.

Non con eccessi di devozione, non con dottrine teologiche, ma colle idee proclamate dalla rivoluzione francese si può vincere la causa che diciamo di Roma.

L'altro giorno il generale la Marmora osservava giustamente essere la Francia meno mobile di quanto io sembra, e che se le sue mode possono essere effimere, segue essa lo svolgimento dei propri principii con perseveranza ammiranda. La sua costanza nei nuovi principii dà oramai un senso nuovo agli antichi abusi del la Corte romana; questi principii sono quelli degli enciclopedisti, Rousseau, di Voltaire, dei liberi pensatori e ci possono redimere dal pontefice perchè riscatta no la ragione; siano essi seguiti; ma gli avvertimenti politici, massime di circostanza, espedienti dettati dalle necessità della pace, della guerra, delle alleanze con al cune potenze, delle inimicizie con altre potenze; e benché sieno i governi francesi animati dal soffio della rivoluzione francese, benché i principi del 1789 sieno rispettati, benché vogliano essi un radicale trasformazione della Chiesa, i loro consigli variano secondo gli interessi del momento.

Che anzi non si può nemmeno obbedire, volendolo, ad un governo francese; si obbedisce all'Austria, alla Russia; ma quando ascoltiamo le voci di Parigi, le une dicono che la Francia difende le tradizioni di Carlo Magno e di san Luigi; le altre invece vi predicano la politica del non intervento lasciando Roma ai romani. Vi tenete voi sicuri del non intervento? Muta la scena politica ed allora vi si dice: il non intervento è politica da egoisti non è francese, quanto si è fatto, xxxxx nel mondo fu sempre fatto coll'intervento. Ma ecco i consiglieri della federazione i quali ce l'impongono, perchè ci vogliono deboli; state voi per ascoltarli per mettervi nella condizione della pretesa debolezza; i loro avversari vi consigliano l'unità forse perché l’Italia sotto un sol capo darà d'un colpo 300.000 armati alle guerre francesi, alle quali si vedrà il regno nostro incatenato sotto pena di morte.

No, ogni nazione deve consultare se stessa e il giorno i in cui segue i precetti l'una nazione finitima può dirsi perduta. Solo si devono trarre dalle nazioni vicine le idee generali che non hanno patria, che si estendono a dispetto dei confini, che sono cosmopolite come la religione. Seguiamo piuttosto le idee francesi sulla religione che la politica francese sui papi, e queste, necessariamente sincere, c'insegnano che siamo diseredati della parte più viva della libertà moderna, che il governo la disconosce, che il regno l'ignora. I primi scrittori di Francia e di Germania non potrebbero stampare da noi le discussioni filosofiche, e se qualche italiano è voluto stampare liberi pensieri ha dovuto cercare il rifugio della Svizzera, della Francia, dell'Inghilterra. La nostra legislazione subisce il giogo della religione dominante; mentre si declama contro i preti, il Codice penale obbedisce ai preti; e come mai quando noi ci facciano i nemici interni di coloro che troppo sono iberi che marciano troppo arditamente verso Roma, come mai potremo noi giungere a Roma e rimanervi? In ogni modo alcun tempo scorrerà prima d'altre battaglie; e se i popoli d'Italia imitano i plebei di Francia, che offersero tre mesi di miseria al servizio della repubblica, ricordatevi, che le vostre idee troppo sono inferiori alla rivoluzione invocata dall'eterna città.

(Dal Diritto)

Notizie Diverse

Ordini urgentissimi partirono da Vienna, per nuove fortificazioni da eseguirsi subito, intorno a Pala.

Si tratta di lavori di grande importanza, sopra un'estensione di 4 miglia.

FRANCIA

– Il Pays di questa sera (29) dice che il voto del Parlamento italiano non allarma la Francia per Roma.

Ma la Francia abbandonerebbe la protezione soltanto dopo un comnune accordo, il quale conciliasse tutti i principii o guarentisse tutti gl'interessi.

– La Patrie approva il voto del Parlamento italiano.

L'Italia non dimenticherà la sua riconoscenza alla Francia, né la necessità di guarentire l'indipendenza del papa. Essa attenderà pazientemente l'ora propizia.

– All'Independance scrivono da Parigi trattarsi di creare a Roma una specie di republica che manderebbe i suoi deputati al Parlamento italiano; il papa percepirebbe le imposte ed inoltre avrebbe una dotazione dalle provincie che ebbe già sotto il suo governo.

INGHILTERRA

– ll Times dichiara che «una convenzione fra l'Italia e la Francia, per trasferire Roma da questa a quella, prevenendo ogni anarchia, e lasciando al pontefice tutti i suoi diritti ecclesiastici e i grado di principe. è quanto i più devoti membri le la Chiesa possono ragionevolmente desiderare».

I fogli inglesi sono unanimi nel biasimare, o per dir meglio, nel vituperare i legittimisti ed i clericali, di Francia.

AUSTRIA

Un dispaccio della Perseveranza annunzia che l’Austria ha decretato un'imposta del 20 per 100 sugl'introiti delle strade ferrate. Lo stesso dispaccio reca che Metternich dichiarò officialmente che l’Austria non attaccherà.

UNGHERIA

– La Gazzetta del Danubio ha da Pesth, 23 marzo:

A Mizo-Kovesd, comitato " Borsod, ebbe luogo un sanguinoso conflitto durante l'elezione dei deputati. Si combatté a colpi di fucile, e un gran numero li persone rimasero ferite.

I signori Rothschild, di Vienna e di Parigi, e il signor Pereire sono da alcuni giorni a Pesth.

TURCHIA

– Si ha da Costantinopoli, 27 marzo.

Un componimento con Parigi à scemata la crisi commerciale. È differito il progetto per l'emissione di carta monetata, Bulwer propose un prestito di 125 milioni a Londra.

La Porta, vedendo che il Montenegro respinge gli sbarchi, propose di regolare i rapporti col principato, sotto la guarentigia delle potenze.

Il sig. di Lavalette ha sottoscritto un trattato mercantile. (Havas)

– Giusta le ultime notizie della Triester-Zeitung dal Levante, i redifs o le rechute levate nell'ultima coscrizione concorrono da tutte le parti alla capitale. – Cinque vapori devono nei prossimi giorni prendere a bordo 2000 uomini di cavalleria, che devono essere trasportati in Siria, per operarvi contro de Drusi. – La questione dalla secolarizzazione dei beni delle moschee viene agitata sempre più seriamente e con ogni verosimiglianza sarà decisa tra breve – Questi ultimi giorni avvenne, fra il marchese Lavalette ed il principe Labanoff, una conferenza sugli affari di Siria, nella quale l'ambasciatore russo avrebbe tenuto un linguaggio molto più mite e conciliativo, che non si sperasse dal contegno che assunse da ultimo.

– Il sig. Kossuth ha presentato al tribunale della Cancelleria in Londra la seguente dichiarazione, che noi rechiamo integralmente come documento storico di molta importanza e d'interesse particolare nella lite che sta per agitarsi per i biglietti di banca fabbricati per conto dell'ex dittatore d'Ungheria Kossuth.

Io, Luigi Kossuth, ora dimorante in Bedford Place, presso Russell Square, nella contea di Middlesex, do giuramento e dico:

1. Sono nobile ungherese per nascita, della contea di Zemplen, nel regno d'Ungheria. Quando Ferdinando V, già re d'Ungheria, cessò d'essere re d'Ungheria, e il trono divenne perciò vacante, io fui, dagli Stati dell'Ungheria, legalmente adunati e costituiti in Dieta nazionale, il 14 aprile 1849, nominato Governatore presidente, finché la Dieta avesse adottato una permanente costituzione pel governo del regno; e il 19 aprile, io diedi alla presenza della Dieti, per la riformata chiesa di Dobre in il giuramento solenne richiesto dalla Dieta stessa come governatore presidente, e giurai che sarei rimasto fedele all'autorità e alle attribuzioni di cui la Dieta mi investiva. Tale nomina e l'autorità conferitami non furono mai revocate o sospese; né alcun'altra nomina è stata quindi fatta, né alcuna persona, dacché Ferdinando V cessò d'essere re d'Ungheria, è stata chiamata ad occupare il trono d'Ungheria od accettata ed incoronata come re d'Ungheria dagli Stati d'Ungheria, ai quali soltanto appartiene la facoltà secondo le leggi fondamentali di Ungheria, di fare alcuno di questi atti.

2. L'attore in questa lite non è e non fu mai re d'Ungheria, sia de jure, sia de facto. Non è re d'Ungheria de jure, in quantochè la successione al trono d'Ungheria non può avvenire che secondo le leggi fondamentali d'Ungheria e il diritto alla successione non sorge che alla morte dell'ultimo re. Ma l'ultimo re Ferdinando V, tuttavia vive.

Oltreacciò. conformemente all'articolo secondo dell'atto della Dieta del 1723, col quale soltanto la casa di Absburgo-Lorena fu accettata dagli Stati d'Ungheria d'onde avesse, secondo le condizioni prescritte, un ordine legale e stabilito di successione al trono d'Ungheria: il diritto di successione può soltanto trapassare nel primo erede dell'ultimo re.

Ma il presente imperatore d'Austria non è il prossimo erede di Ferdinando V, ultimo re d'Ungheria, ove anche questi non fosse, come veramente è vivo al presente. L'attore non è de facto re di Ungheria, e avrebbe dovuto essere incorona to nei sei mesi dopo la morte del re defunto. Ed è particolarmente dichiarato dalle dette fondamentali leggi ungheresi, cui tutti gli ultimi quattordici re d'Ungheria hanno giurato d'osservare in ogni punto ed articolo, per sé stessi e i loro successori, che nessuno l’essere re de facto, finché non è legalmente incoronato come re, entro i confini del regno d'Ungheria. Ed è particolar mente dichiarato, da queste leggi fondamentali di Ungheria, che tutti i nobili del regno sono membri della corona sacra d'Ungheria, e non sono soggetti ad alcuno eccetto che al re legalmente incoronato.

3. L’attore, falsamente detto nell'atto di citazione per questa causa «re d'Ungheria» non ha né ha mai avuto il solo ed esclusivo privilegio di autorizzare in Ungheria l'emissione di biglietti di banca per pagamento da circolare in quello Stato come danaro. Fosse anche re d'Ungheria, come non lo è, non avrebbe, senza il consenso della Dieta, quest'autorità e questo privilegio. E non solo questo privilegio e quest'autorità non fu mai accordata dagli Stati d'Ungheria ad alcun re, ma gli Stati d'Ungheria, formalmente dichiarato che il re non può emetter biglietti di sua propria autorità. La sola persona a cui gli Stati di Ungheria, adunati in assemblea nazionale, hanno accordato la facoltà di emettere biglietti per pagamento, sono stato io, a cui, mentre era nel 1848 ministro responsabile delle finanze presso il re Ferdinando V, fu dato dagli Stati del regno, legalmente adunati la potestà di emettere tali biglietti e a cui, dopo d'essere stato nominato e d'aver prestato il giuramento come governatore presidente dell'Ungheria nel 1849, fu confermato questo diritto di promulgare biglietti per sostenere le spese allora necessarie.

4. L’attore, falsamente detto nella citazione «re d'Ungheria» non ha né ha mai avuto il solo ed esclusivo privilegio di fare aggiungere ad alcun documento da essere pubblicato o da circolare in Ungheria le armi nazionali, nella detta citazione erroneamente chiamate «le armi reali» di quel paese. Foss’anche egli re d'Ungheria, come non lo è, non avrebbe tale privilegio ed autorità. Non esistono né mai esistettero armi reali d’Ungheria. La Corona d’Ungheria, che dee essere tenuta la parte più importante delle armi ungheresi, è proprietà della nazione e non del re, anche quando è un re legalmente coronalo. È espressamente, dichiarate dalle leggi fondamentali d’Ungheria che ogni nobile è membro della Corona sacra d'Ungheria, ed io che sono un nobile d’Ungheria, ho un' assolata ed ereditaria parte in questi diritti della nazione, di cui la corona fu sempre considerata come il simbolo. E anche richiesto dalle leggi fondamentali del regno cui tutti gli ultimi quattordici re d’Ungheria. L’altra parte delle insegue incise ne' detti biglietti e il cui insieme è per errore detto nella citazione «le armi reali» consiste dello scudo e dell’emblema nazionale delle armi. Ma né I’ uso di quest'emblema né la facoltà di usarlo è in alcun modo il privilegio esclusivo del re d’Ungheria, quand'anche ve ne fosse ora uno, come certo non v’ è. L’uso di queste emblema non è soltanto il diritto (fogni ungherese, ma è in fatte comune ed abituale fra tutti gli ordini in Ungheria, ed è ognidì usato e posto sopra carte e giornali e ogni cosa intesa alla vendita. E questo è fatto secondo le leggi e le tradizioni del regno d‘Ungheria, le quali sempre e invariabilmente parlano di Regni Corona e Regni insigne, mai di Rcgis Corone o di Regis insigne.

5. Ed io dico che nei biglietti di cui parla l’attore nella sua citazione il detto emblema nazionale e la, corona, detti per errore «le armi reali» sono poste solamente nel margine ornamentale che accerchia i biglietti con il ben noto emblema nazionale, ma non col proposito di dare sotto alcun rispetto autenticità ai detti biglietti.

6. I biglietti di cui parla la citazione, in essa falsamente chiamati biglietti. spuri!, non sono altra cosa che quello che le parole ivi impresse esprimono. Non hanno somiglianza alcuna cogli altri biglietti nominati nella citazione.

7. Non è vero, è anzi affatto contrario alla verità che io intendessi di spedire questi biglietti, tosto che li avessi avuti in Ungheria, e di venderli per diverse somme di danaro a qualunque persona colà dimorante od altrove, e farli per questi od altri mezzi, circolare in Ungheria. Le mie intenzioni non potevano essere conosciute all'attore o a Rodolfo conte Appony, suo ambasciatore in Inghilterra. lo affermo e dichiaro la verità esser che lo stato presente d’Europa e dell’impero austriaco essendo tale da rendere non solo possibili ma probabili grandi cambiamenti ne’ rapporti fra il dominio della forza e de’ dritti legittimi, mi stimai in dovere di prendere quei provvedimenti che stimavo necessari per essere apparecchiato ad ogni frangente, e impedire che lo state e i sudditi ungheresi patissero il detrimento che ne verrebbe se mancassero di sufficienti mezzi di circolazione come danaro; ed è perciò che ò fatto apparecchiare i biglietti e tenerli pronti. Ma io già avevo, prima della citazione provvisto per tenere i biglietti in Inghilterra, finché giungessero quelle contingenze che solo renderebbero l’uso dei medesimi ragionevole. Ed io affermo è dichiaro che io non mi sono mai attentato né intesi d’attentare d’introdurre i detti biglietti in Ungheria, fintantoché il dominio della forza colà esiste. Quello che l’atto chiama rivoluzione, ma che in fatte non sarà che la restaurazione delle leggi e dei dritti dell’Ungheria, dee essere normale in Ungheria prima che i biglietti possano acquistare il valore di cui l’attore manifesta tanto sgomento, mediante la circolazione nel regno d'Ungheria.

Non può dunque essere cagionato detrimento ai sudditi dell’Ungheria colla fabbricazione di detti biglietti, e colla lóro introduzione nel regno. Per contrario i detti biglietti non sarebbero in ogni evento, che i mezzi di sollevare Io state e i sudditi d’Ungheria dalle gravi perdite da loro sostenute cogli atti compiuti. a nome e per parte dell’attore.

Quando io era ministro delle Finanze del re Ferdinando V, e sape vasi che io era per emettere biglietti sulla garenzia di una base metallica, la banca nazionale d'Austria, nominata nella citazione, mandò uno de’ suoi direttori, il defunto barone Sina, a Pesth, pregandomi 4ii non far l’emissione dei biglietti ed offerendomi nella mia qualità ufficiate, un prestito di dieci a dodici milioni di fiorini senza interesse ed altre somme secondo i bisogni dell’Ungheria, perché volessi rinunciare alla emissione di biglietti fino al termine dei privilegi che la detta banca aveva dall'imperatore d’Austria, in questa qualità e non come re d’Ungheria, lo rifiutai l’offerta per la ragione che l’Ungheria aveva nulla che fare coi privilegi! della banca nazionale d’Austria. Riferii la cosa alla Dieta che approvò il mio fatto. I biglietti furono perciò emessi, sulla sicurezza dì una base metallica di parecchi milioni di fiorini in argentò, da me deposte nella banca commerciale d'Ungheria, a Pesth. La Dieta poi mi diede facoltà, come ho già detto, d’emettere biglietti sul credito dello Stato, che furono emessi nell’autunno del 1848 e di nuovo nella primavera del 1849. Ma questi biglietti differivano da quelli di cui parla nella citazione inquantoché avevano una datale un numero, in iscritto, e la mia firma come ministro delle finanze od altrimenti, mentre che i presenti biglietti non hanno data, hanno un numero stampato, e non hanno afelio titolo ufficiate dopo il mio nome; irta lq parole: «a nome della nazione» sono poste prima del mio nome. Quando un esercite austriaco invase il regno d'Ungheria per ordine dell’attore nel 1849 e si giudicò meglio trasferire la sede del governo in Debreczin, io non presi con me l’argento depositato alla Camera in Pesth come base metallica dei biglietti emessi,perché supposi che, non essendo questa la proprietà d’alcun individuo, ma della nazione, sarebbe giudicata sacra. Ma l'esercito invasore si impossessò di tolto l’argento depositato, e quindi tutte le tre categorie di biglietti da me emessi, ed in mio nome, colla sanzione e. sotto l’autorità diretta degli Stati del regno, furono dichiarati senza valore per pubblici propositi, e quindi dai generali e da altri che operavano a nome dell'attore fu ordinate che i: possessori ne facessero la consegna. Di fatte, una gran quantità di quei biglietti, ammontando nell’insieme più di 30 milioni di fiorini in valore nominate, fu confiscata, in guisa che i possessori furono illegalmente e per forza privati della loro proprietà, dei frulli del loro guadagno e del loro questo lavoro.

9. In conseguenza del danno gravissimo così sostenuto dallo Stato e dai sudditi ungheresi, ho stimalo mio dovere di prendere i provvedimenti necessarii per tendere l’equivalente dei biglietti confiscati, qualora venisse ii tempo di rivendicare gli oltraggi violentemente fatti a moltissime persone e ristorare la perdita di tante sostanze in Ungheria.

10. La mia vita e le mie azioni sono innanzi al mondo; ed è stato mio deriderlo e mia premura di non fare atto alcuno in Inghilterra che fosse e potesse essere stimalo una violazione delle leggi inglesi.

Giurato il dì 16 di marzo 1861.

Luigi Kossuth.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 5 — Torino 5

Parigi — Pesth 2 Nella conferenza i Deputati giunti sinora non hanno deciso di aprire la Dieta a Buda. Ulteriore decisione sarà presa nella seduta generale.

Copenaghen 2— I Ministri d'Inghilterra e di Bussi consigliano concessioni per evitare la rottura con a Germania.

Il Times dice che la quistione dell’Holstein è pericolosa per la pace.

Moniteur 5 — Il Conte d'Ornano è nominato Maresciallo di Francia.

Costitutionnel — Boniface fu autorizzalo a dichiarare che la Ietterà ai Murattiani è un documento puramente individuale contrario alla politica del Governo.

Napoli 4 — Torino 5 (sera tardi)

Patrie — Roma 2 — Jeri durante l’ufficio il Papa ebbe uno svenimento. Solleciti soccorsi furono prodigati. L’indisposizione è di nessuna gravità.

Tolone 5 — La Squadra di evoluzione completa i suoi viveri e fa apparecchi. La divisione dell’Ammiraglio Paris forte di quattro vascelli e di una fregata andrebbe immediatamente nelle acque della Siria xm gli Inglesi rinforzarono la stazione.

Pesth 5 — Appony aprendo la Curia ha annunciato e risoluzioni della conferenza giudiziaria, Sanzionate in parte saranno sottoposte agliai Dieta,che darà loro il valore legale. Il discorso di Appony accennante alla benevolenza dell’Imperatore fu applaudito.

Napoli 4 — Torino 5 (notte)

Il Generale Garibaldi è giunto a mezzogiorno. Una folla immensa è andata ad incontrarlo e applaudirlo.

Napoli i — Torino 5 (notte)

Parigi 5 — Vienna — Tutti i Ministri rimangono.



Fondi Piemontesi 75,55
Tre per cento francese 67,50
Quattro e mezzo id. 95,00
Consolidati inglesi 91 ½
Metalliche Austriache 63,25

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 5 Aprile 1861 N. 35

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 5 APRILE 1861

UN RAPIDO SGUARDO SULL’ATTUALITÀ

L’Europa al presente è preoccupata dagli apparecchi bellicosi di varie Potenze, e preconizza i sintomi di una rottura imminentissima. Di fatti è indubbia la guerra nel corso della stagione estiva o nell’autunnale al più tardi; ma lo scoppiò non sembra cosi prossimo d’assorbire interamente l'attenzione del mondo politico. Però è savio consiglio prevenire gli eventi, formando assidua cura dei governo ['adozione di que’ mezzi la cui trascuragine fa rimpiangere attualmente le spiacevoli conseguenze di una inqualificabile ostinazione. Sarebbe deplorabile la condizione dell’Italia attaccata sul Po da numerose forze austriache, se non avesse efficaci risorse da far costare amaramente all’Austria una disperata imprudenza, ma ciò non toglie che il Governo sia caduto in trivialissimi ed imperdonabili errori; ed il solo ferire la dignità di una grande nazione, come ora è l’Italia, non lascerebbe argomento di scusa.

La sentenza dello sfasciamento dell’Impero d'Austria è stata da lunga pezza pronunciata, e la febbre lenta che ha distrutto i tiranni d’Italia accenna d’annichilare il corpo infermo del vecchio Impero; mentre il fiero e terribile dispotismo clericale sta per rimanere schiacciato dall’opinione pubblica sotto la violenza de suoi stessi conati. Questi prodigi si debbono al trionfo I del pensiero in Europa, che paralizza la forza materiale e l'Italia ha dato tale un esempio nuovo di questo fatto, che lo vedremo ben presto rinnovarsi nelle altre nazioni oppresse tuttora.

Gli splendidi e memorabili sforzi dei popolo italiano hanno dunque differito essenzialmente dai precedenti moti rivoluzionari. In questi la, violenza tenne luogo di tutto: l’eroismo del sacrificio si versò a rivendicare ad ogni costo i proprii diritti col distruggere gli oppressori. Ora, grazie ai progresso della civiltà ed alla scuola delle sventure, la violenza fu subordinata al predominio dell’elemento morale, ed il popolo, insorgendo, ha solamente impedito che fosse conculcato un diritto di cui possedeva intera coscienza ad onta della pressura delle baionette. L’ultima insurrezione può meglio definirsi l'attrito di due principii, de'  quali quello di libertà nazionalità ed indipendenza acquistava ogni dì più il terreno contro l’assolutismo il separatismo ed il dominio stranierò. Il primo avanzava col progresso dell’idea e diveniva vitale bisogno, il secondo ogni giorno infiacchiva perdendo moralmente il prestigio della forza e d’ogni materiale polenta—Cosi il popolo italiano percorse tutti questi stadii nell’ultimo rivolgimento subendo quella fase che una civiltà progredita rese norma del politico e nazionale affrancamento e che costituisce un’era novella nel secolo in cui viviamo.

Sublime è il sentimento di nazionalità, e compendia quanto v è di più grande nell’esistenza di un popolo. Questo principio dilatato in Europa sta per ottenere completo trionfo in quasi tutte le provincie dell’impero Austriaco, sta per spegnere il dominio del Turco, e ridesta nella virile Polonia i sentimenti magnanimi e generosi di patria accompagnali dalla calma dignitosa e dalla moderazione. L’Austria e la Turchia son dunque. destinate a scomparire dal mondo politico; e quest’ora solenne, non tarda a suonare,si annunzierà al mondo dal primo colpo di cannone che rimbombi sul Danubio o sul Po.

In questi momenti supremi l'Austria sta irresoluta, né intende qual fosse la via. da percorrere; pari a colui che sta in bilico, sulla preferenza da darsi ad un rimedio violento che producesse il termine o prolungamento dell’esistenza e quantunque vinto dalla lisi si illude colla speranza. Così l’Austria si barcamena tra la scelta di una pace che la consuma, o d’una guerra che la distrugge, e ne deriva quella lotta incessante e perenne di astuzie diplomatiche, e le minacele e le provocazioni che raramente accennano all’esecuzione — Ma quel che non accade oggi, domani dovrà accadere, e l’Italia deplora il difetto di un Esercito da contrapporre al nemico sia che venga assalita, o che gli eventi la costringessero a divenire assalitrice — Poteva benissimo ciò conseguirsi non distruggendo un esercito bello e formalo tra i corpi dell’Esercito Meridionale e delle milizie borboniche assoggettandoli ad una epurazione ben calcolata. Si potevano inoltre chiamare non due ma tutte le classi dell’antico esercito napoletano senza congedo diffinitivo, e vi sarebbe stato pure il tempo di ricevere una nuova leva di soldati delle provincie meridionali — L'istruzione e la disciplina erano lavoro di poco o almeno di opera avrebbe già il necessario cominciamento. Potrebbe il Governo obbiettarci che l'aiuto di un potente alleato ci affranca di ogni pericolo; ma in ciò principalmente il torto consiste. Noi professiamo immensa gratitudine alla Francia, né vorremmo peccar mai d’imperdonabile irriconoscenza. Non si contesta neppure a quel Governo la buonafede e il disinteresse, mentre l'alta mente di Napoleone III gli fa scorgere pur troppo l'impossibilità di un nuovo compenso Tralasciando di riandare su la sopita questione di Nizza; non si troverebbe ora come giustificare la distrazione d’un palmo del territorio d’Italia senza andare incontro alla taccia di usurpazione e senza ferire nel cuore 25 milioni d’Italiani — L’imperatore de’ Francesi vorrà dunque continuare a favorire l’acquisto della libertà, dell’indipendenza, della nazionalità d’Italia poiché si è fatto in generale propugnatore della civiltà. L’Imperatore Napoleone vuole l’Italia alleata nella grand’opera dell’incivilimento e del trionfo della nazionalità de’ popoli ne’ quali fatti come ha vieppiù sperimentato di recente,sta pure il trionfo ed il saldo puntello della sua dinastia. Ma ciò non evita al Governo nostro ii biasimo di far sentire all'Italia il bisogno di un esterno appoggio, allorché si trovano già riuniti 22 milioni d’italiani che offrono una forza irresistibile per l’acquisto della propria indipendenza, intanto è meglio far tardi che mai; e si riparino per quanto si può gli errori commessi — Il cannone dovrà tuonare sul Po e sul Mincio. Si provveda quindi all’armamento, né si trascurino i mezzi dell'ordinamento interno di queste provincie per evitare ogni possibile ostacolo all’azione governativa durante i pericoli della guerra. Si dia perciò celere sviluppo alle forte economiche delle province meridionali; si attivino al più presto i lavori impiegando molte braccia; si purghi la pubblica amministrazione da ogni impurità che inceppa fazione del governo; si armi ed organizzi la guardia nazionale. Col goder tutti i vantaggi delle nuove istituzioni, si ridurranno i tristi nell’impotenza, allorché gl’interessi più vitali della nazione verseranno in gravi e solenni momenti.

R Mazzei fu Giuseppe

LE DISCUSSIONI PARLAMENTARI

A tutte le discussioni, e specialmente alle discussioni parlamentarie dee presedere la calma, la dignità; ma spesso la vivacità di taluno, l'ostinazione di tal altro, trasmodano, a segno di produrre l’agitazione. Di tal genere ci è paruta la discussione sulle interpellanze Lamarmora, e ì diverbio tra Sirtori e Fanti; è di un genere più comico ci è paruta la sollecitudine di Massari nell’imporre il primo Capitello, che gli è capitato fra mani, sulla testé del Presidente; e ci è paruta infine assai audace altera e riottosa la dichiarazione del Presiderite del Consiglio, il quale impose la sua volontà colla minaccia di dimettersi ove non venisse respinta la proposta Lamarmora. Da questi semplici fatti possono dedursi varie osservazioni, e sono:

1. La proposta Lamarmora meritava una discussione più maturata, più calma, più studiata, meglio analizzata, e nel fondo dovea esser coronata di miglior successo.

2. Il diverbio tra Sirtori e Fanti, se fosse stato diretto e condotto con verità, lealtà militare, e con giustizia, avrebbe renduto manifesto che Fanti mal si comportò verso l’esercito de’ Volontari; che l’esercito piemontese, se non venne apertamente a combattere l’esercito ili Garibaldi, venne per certo ad impedirgli il corso delle vittorie, ed a frastagliargli il cammino verso Roma, e per dippiù a soffocare la rivoluzione, che avea dato dieci milioni di uomini alla Corona di V. E.

3. La sollecitudine di Massari per soffocare quella discussione, per appoggiare il Ministero, se fu comica, non produsse maraviglia, poiché non s’ignorano i principi di lui, e la missione onde si volle onorare contro il proprio paese, e contro il vero interesse d’Italia.

La parola minacciosa di Cavour, dimostra com’egli si crede padrone della maggioranza della Camera, e della posizione, nello stesso modo di Guizot negli ottimi periodi del Regno di Luigi Filippo!

Cavour come Guizot, ha la maggioranza della Camera amica, ed ha nemica la maggioranza della Nazione.

La Camera poi nel cedere alla minacciosa parola, nocque a se stessa, ed alla sua dignità.

D.

RETTIFICAZIONI

Nel giornale officiale di Napoli, riportate dall'Opinione, si leggono alcune lettere di Conforti, Massari, Cicconi, de'  Bella, de'  Cesare, con le quali dicono calunniose le assertive intorno alla di lapidazione del danaro pubblico, di cui nei giornali Napolitani si tenne conto.

Anche prima se n'ora doluto Scialoja, e seco lui il padre. Tutti accennano a querela di diffamazione, iniziata o da iniziarsi.

Noi, che supponiamo sempre negli uomini, (specialmente quando primeggiano per coltura di mente o per purità di cuore) onestà di principi ed una severa probità, avremmo voluto maggiore specificazione o nell'affermazione o negazione del fatto e delle sue particolarità – Nei giornali che delle asserte dilapidazioni si è fatta parola, era significato un distacco dalla madrefede per la somma che si dicea pagata a Tizio ed a Cajo.

S'è vero dunque che dalla Madrefede del Banco apparisce quel pagamento, era più logico indicar l'uso di quella somma o la sua destinazione. Se poi non è vero affatto quel pagamento, e non apparisce dalla madrefede, è un altro paio di mani che, ed in questo caso l'assertiva si tradurrebbe in una invenzione ingiuriosa. In ciò è il nodo della quistione. Si sa che in Napoli le operazioni di madrefede non sono misteriose, e chiunque può dimandarne copia. Quindi, in onor del vero, sarebbe utile, e come certamente si farà o dagli accusati o dagli accusatori, a chiedere o la copia o la esibizione della madre fede in testé alla Tesoreria Generale, o della Cassa di Sconto presso il Banco – Così il vero sarà acclarato, senza polemica. C.

SCENE BORBONICHE

L'altro ieri un ex uffiziale dell'esercito borbonico a Soccavo piccolo villaggio presso Pozzuoli, dopo varie sessioni e capannelli con que' del suo partito (dormenti come di dritto le autorità locali) uscì in piazza alla testé di una folla – fior di canaglia – con bandiera bianca e detti, gridando: Abbasso Vittorio Emmanuele, Viva Francesco II. Ma la guardia nazionale accorse, disperse col piombo e la baionetta quel fecciume, fece parecchi arresti, estese morto sul terreno il degno ex ufficiale comandante della santa fede – Siano lodi alla guardia nazionale.

PRIMO COROLLARIO

Queste sono bagattelle. Quante di queste scene ci toccherà vedere se scoppia la guerra! Paesi bruciati, famiglie scannate, popolazioni abbando nate al saccheggio, alla devastazione, allo stupro ecc. e tutto ciò che parte dal diritto divino dei Borboni. E perché questo? Perché il Gabinetto di Torino vuol fondere i partiti.

In conseguenza di che si è stabilito in dritto ed in fatto il principio della clemenza.

Il Gabinetto di Torino guarda e tratta queste provincie meridionali con lo stesso occhio e col sistema stesso con che ha guardato e trattato l'Italia centrale.

Ma si dovrebbe avere un pò di buon senso in politica, altrimenti perderemo in un quarto d'ora la riputazione acquistataci di sommi, di illustri ecc. in Europa e nel Gabinetti o per meglio dire si dirà a cagion d'esempio:

Il Conte di Cavour è un gran diplomatico quantunque sia caduto in errori, ma quanto a politica interna, quanto a governare, non né sa un iota: povere quelle provincie che hanno bisogno di essere rifatte da lui! Ciò va provato in due parole.

In Toscana p. e. la rivoluzione fu un cangiamento di decorazione teatrale. La Toscana, come ognun sa, era ben governata: solamente il gran Duca non voleva far l'Italia, per la qual cosa fu licenziato. Ad un nome se né sostituì un altro, al re travicello il re galantuomo, ed ecco tutto.

Ma sig. Conte, queste povere nostre provincie gemevano, voi lo sapete, sotto tale reggimento, che se Abdul Medgid avesse mandato il suo secondogenito come candidato al regno, sarebbe stato accolto con soddisfazione – La reazione e la corruttela erano organizzate in tali proporzioni ed aveano radici così profonde, che gli stranieri intelligenti che visitavano queste contrade né uscivano compresi di pietà e di raccapriccio.

Qui per conseguenza, quando giunse l'ora, quello che avvenne fu una rivoluzione. Voi l'avete strozzata, e poi guardando sulla morta, avete detto a vostri delegati: trattatemi Napoli come Firenze.

E i vostri delegati per conseguenza non hanno veduto qui né briganti, né reazionari, né sanfedisti, né cospiratori: gli hanno chiamati traviati e le G. Corti e i governatori ed i Giudici li hanno rimandati paternamente alle loro case. Ed ora...

(Continua).

F. MAZZA DULCINI

Notizie Diverse

ITALIA

— Scrivono da Roma, 26 marzo alla Nazione:

Nell’anno scorso, proprio nel giorno del Venerdì santo il governo del papa strappava un figlio dalle braccia dei suoi genitori; ed il signor Alessandro Richetti doveva abbandonare la madre e i suoi per andare in esilio. Quest’anno, il papa stesso strappa un padre dal seno della sua famiglia, un medico dai suoi malati, ed il signor dottor Diomede Pantaleoni riceve l'ordine di allontanarsi da quanto ha più caro al mondo, proprio nella Domenica delle Palme.

Credete che il papato potesse conciliarsi colla libertà e l'indipendenza d’Italia, potesse unificare e fondere in se quei principii d’ordine e di civiltà che formano il cardine della società moderna. Credette che innanzi a grandi (e troppo grandi) concessioni dell’ordine spirituale e nei vantaggi della Chiesa, il papa avrebbe potuto, anzi avrebbe dovuto, sacrificare i meschini redditi temporali, che non sono nello spirito della Chiesa, non sono nella sua istituzione, e lo fanno nemico dell’Italia, della libertà e della civiltà europea.

Il signor Pantaleoni si accinse dunque all’opera, entrò in relazione con varia eminenti personaggi della Chiesa, ebbe conferenze, colloqui, scritti, e potè credere per qualche istante che sarebbe riuscito nell’assunto.

La setta cattolica si commosse tutta alle prime vociferazioni di progetti conciliativi, si vide perduta se la Chiesa e il papato fossero entrati nelle vie di moderazione e di civiltà, e tentalo ogni mezzo ed ogni arte per ingombrare la non vasta mente di Pio IX ed irritarlo, riuscì a fargli fare una formale dichiarazione di guerra con l’ultima allocuzione detta nel concistoro dei giorno 18 marzo non contenta poi di osteggiare i principii, voile perseguitate le persone; e naturalmente primo bersaglio della sua rabbia dovette essere il dottor Pantaleoni, che nella sua onesta buona fede aveva creduto di poter salvare quanto rimaneva a salvarsi pel papato, ed era il solo vero amico rimasto in Roma a questa istituzione. Ad ottenere il fine la setta cattolica si rivolse al papa Pio; e papa Pio non tardò a manifestare il desiderio, quindi a mandare più volle l’ordine che venisse bandito il dottor Pantaleoni. Bisogna pur troppo confessare, che almeno da quanto apparisce, in questo affare la polizia papale si è mostrata al di sotto dell’animo del pontefice: poiché mentre questi insisteva per lo sfratto dei dottore, la polizia e il governo andava a rilento, sia perché temesse lo scandalo del bandire un uomo universalmente stimalo, sia per qualunque altro motivo; e cominciò a cercar prestiti. Gli occorse quello dell'essere il Pantaleoni deputato del parlamento per la provincia di Macerata: ma sin dal giorno 11, il otto re aveva consegnata la sua rinuncia nelle mani del console di S. M. che gliene rilasciò ricevuta: quindi il il pretesto fu nullo; e finalmente si dové venire all’aperta violenza, intimandogli lo sfratto entro 24 ore dall’attuale territorio pontificio.

—A Civitavecchia si presentò per ragioni di officio un legno italiano, colla bandiera issata. Il delegato monsignor Randi, mandò ad intimargli d'abbassare la bandiera. Il capitano rispose come doveva, e la bandiera tricolore rimase al suo posto. Allora vista, l’incompatibilità del temporale collo spirituale. monsignore comandò si abbassasse la bandiera pontificia, che sparì fino a tanto che la nave rimase in porlo. I rigori della polizia crescono in quella città; si molestano tutti i viaggiatori, si visitano minutamente tolti i bagagli. Il governo ha condonalo olio anni di pena agli omicidìarii, e sei ai ladri; in seguilo di questa benigna superiore disposizione sono stati messi in libertà dalla darsena di Civitavecchia più di cinquanta individui.

— Da quanto si rileva i borboniani rimanenti in Roma si: propongono di organizzare un brigantaggio negli Abruzzi, appena i monti saranno praticabili: questo brigantaggio verrebbe aiutato dalla famiglia del barone Coletti, e da altre di quei paesi.

FRANCIA

— Ecco l’articolo accennato dal telegrafo, con cui La Patrie parla delle esequie della duchessa di Kent:

«I giornali inglesi, riproducendo il resoconto officiale dei funerali della duchessa di Kent, madre della regina d’Inghilterra, ci fan conoscere un fatto che merita di essere segnalalo; è la presenza dei principi della famiglia d'Orleans, che si mostrarono per la prima volta in una pubblica cerimonia colla famiglia reale d'Inghilterra.

«Dietro la bara muoveva S. A. R. il principe sposo accompagnato dal principe di Galles, dal principe Arturo d’Inghilterra, dal duca di Cambridge e accompagnato dai principi della famiglia d'Orleans.

«Si chiederà in Francia che significhi una simile dimostrazione; Che vuole la famiglia reale d’Inghilterra chiamando a questo onore ufficiale una famiglia scaduta dal trono per volontà del popolo francese?

«E che! Dopo avere solennemente riconosciuta la dinastia imperiale; dopo aver fatto nella pace come nella guerra quella alleanza potente che è la più grande garanzia della sicurezza dell’Europa; quando un tratto di commercio ha ravvicinato due popoli con vincoli ancora più intimi; quando i nostri eserciti hanno testé combattuto l'uno a fianco dell’altro per aprire la China al commercio del mondo, quando finalmente la sorte dell’Italia. le difficoltà dell’Oriente e lo stato generale dell’Europa reclamano sì fortemente l’unione ilei due grandi popoli, è in questo stesso momento che pare si vogliano incoraggiare dissidii nel nostro paese?

«Se fosse necessario fortificare ancora la simpatia dei popolo francese per il sangue glorioso di Napoleone non vi sarebbe stato mezzo più sicuro dì quello di vedere questa dinastia nazionale l’oggetto d'intrighi esteri. Ma affrettiamoci a dirlo, il popolo inglese non entra per nulla in queste piccole mene, e siamo certi che esso biasimerà queste puerili manifestazioni.

«I due popoli hanno bisogno più che mai di unirsi e di aiutarsi scambievolmente; più che mai hanno bisogno di mantener la pace e favorire il libero sviluppo del progresso e della civilizzazione; e, la Dio mercé, i più grandi interessi del mondo non sono più subordinati a fantasie d’etichetta e a capricci di corte.»

AUSTRIA.

— Ecco l’articolo dell’Ost-duestche Post, sul potere temporale, già annunzialo dal telegrafo:

È appena lecito di dubitare, che nelle prossime settimane la sorte del dominio temporale del Papa non sia Fer esser decisa. Tutto tende a questo fine, mentre dall’altra parte la corte di Roma non può aspettare aiuto alcuno: la Spagna è impotente, l’Austria occupata delle sue difficoltà interne, e verso Napoleone la Santa Sede è in relazione tanto ostili, che nessuno certamente si fa maraviglia, se la Francia lascia il Papa in abbandono. La politica estera della corte romana aveva un tempo celebrità come accorta; ma è pur forza di confessare, che, dopoché il sig. Merode è giunto a tanta influenza nel Valicano, la passione fece tacere qualunque prudenza, e sospinge inevitabilmente alla catastrofe gli ultimi avanzi del dominio temporale.

Si può entusiasmarsi di ammirazione alla fermezza di carattere del presente governo del Papa, comme fanno alcuni giornali; si può ammirare la rigidezza con cui Pio IX respinge qualunque transazione colla Fi ancia; ma se il poter temporale della sedia romana viene ad infrangersi, l'osservatore imparziale non potrà a meno di attribuirne la colpa alla sedia romana. Ai grandi e vecchi peccali che rendevano necessaria un’occupazione non interrotta dalla Francia e dall’Austria, alla ostinazione colla quale si rifiutava qualunque riforma e qualunque secolarizzazione, venne ad aggiungersi negli ultimi tempi anche una rigidezza inopportuna riguardo alla politica estera. Il Papa cadde nelle mani di una combriccola legittimista, che Napoleone odia, non solamente a cagione della politica da lui seguita io Italia, ma ancora per altri motivi. Questo colore legittimista rese naturalmente difficili ed aspre le pratiche di accordo colle Tuileries, e l’imperatore dei Francesi, dopo aver lungo tempo indugiato, dopo di essere in mezzo alle. numerose influenze che lo circondano, rimasto incerto, sembra ora fermamente deciso di lasciar libero il campo alla politica della Sardegna.

Quanto all'Austria, coll’ingresso dei Piemontesi a Roma andrebbe perduto l’ultimo arido avanzo della pace di Zurigo. Fino a che rimaneva al Papa un dominio sopra un territorio, pur piccolo, della penisola italiana, v’era sempre un raggio di possibilità per la Confederazione italiana, se non per oggi né per domani, almeno per un avvenire più o meno remoto. Colla secolarizzazione dello Stato della Chiesa non rimarrebbero in Italia, se non la Sardegna e l’Austria. Tutte le potenze intermedie e minori sarebbero sparite e i due rivali troverebbersi l’uno in faccia dell’altro.

Però, quanto più s’afforza il convincimento, che la Sardegna tra breve entri in Roma, tanto diventa maggiore la probabilità, che ci avviciniamo o ad un diretto assalto contro dell’Austria, o ad un perfido costringimento verso di essa di entrare in guerra. Durante la guerra di Napoli, tutte le forze della Sardegna trovavansi nel mezzogiorno d’Italia, ed erano troppo occupate per tentare un impresa arrischiata nel settentrione. Ma un assalto a Roma (supposto che colla Francia esiste un accordo, senza di che la cosa diviene al tutto impossibile) sarebbe una semplice passeggiata militare, che non diminuirebbe di nulla le forze della Sardegna. Al contrario l’ebbrezza morale, che la costituzione di nn’Italia una col trono a Roma darebbe al partito dell’unità italiana, il cieco entusiasmo, e la cresciuta fiducia nelle forze della propria causa spingerebbero ad affrettare la guerra nella Venezia e la cacciata delle forze tedesche dall’Italia. Anzi non è impossibile, che la guerra contro dell'Austria e l'occupazione di Roma sieno due imprese già risolte nei consigli di Vittorio Emanuele come aumentisi fra di loro, e che le prossime setti mane si agisca quindi in tutte e due queste direzioni.

— La Presse di Vienna e l'Osi Deutsche Posi dichiarano che gli apparecchi militari del governo austriaco non hanno che uno scopo difensivo; amendue i giornali però pensano che «il Piemonte non indugierà ad aggredire.

— La Presse stessa annunzia il prossimo arrivo dell’ex-duca di Modena a Bassano.

— Alle voci corse che l’Austria voglia intervenire diplomaticamente in favore del papa, risponde l’Ostsche Post dichiarando che il governo austriaco ha troppo gravi faccende in casa sua per volersi impacciare delle cose altrui. «Al Vaticano scrive il giornale austriaco, la passione spense ogni senno, e spinge gli ultimi resti del potere temporale ad imminente catastrofe».

— Scrive l’Osservatore Triestino:

È fuor di dubbio che la guerra è desiderata, in prima linea dalla Francia che sentesi stesa sopra un letto di Procuste, e poi dal Piemonte che vuole ad ogni costo, ’e per l’istinto della propria conservazione, estendere d’a vantaggio i suoi confini, e accrescere le proprie forze. É pure fuor di dubbio che Francia e Piemonte tengano ansiosamente avido lo sguardo sq tutti i punti di controversia, dai quali si possa trarre a forza se spontaneo non iscaturisce, un qualsiasi casus belli. Per questo vediamo gli organi di quei governi propalar con mal celala compiacenza ogni giorno nuove notizie allarmanti sulle intenzioni del governo austriaco, sul movimenti e sulle disposizioni strategiche dell’Austria. Ma l'Austria non farà, speriamo, ai suoi nemici il famoso piacere di uscire dalla cerchia delle sue difese, e attenderà calma e dignitosa, e parata com'è debito suo, ad ogni evento. In questo le sarà di grande giovamento la esperienza del 1859, e il sapere che ora. come allora, vorrebbesi indurla a passi che potrebbero un’altra volta far cadere sopra di lei l'odiosità"d'una guerra, alla quale vien tratta si può dire, pei capelli. Ma questa volta i nemici nostri non riesciranno certamente nel loro intento; sarà loro giuocoforza alzare quella maschera onde coprono i bellicosi desideri, e mostrarsi quali essi sono veramente nel cospetto della giudice Europea.

UNGHERIA

Un giornale ungherese reca alcuni brani del discorso tenuto dal conte Ladislao Teleki a'  suoi elettori. Trascegliamo i seguenti.

Nutriamo fiducia nelle nostre forze. Una nazione, che pel corso di undici anni potè sostenere un'oppressione pari a quella che abbiamo sofferto, non è perduto. Poniamo fiducia ne)la nostra posizione nel cospetto d’Europa; noi abbiamo le simpatie delle nazioni libere e dei governi nazionali, e queste simpatie non verranno meno malgrado qualunque combinazione politica. Noi dobbiamo rimanere nella via in cui entrammo dopo il 1848; ma io questa via procedere e non fermarci.

Noi dobbiamo credere impossibile il ritorno di tempi pari a quelli che succedettero al 1848. Nel 1848 furono stabiliti alcuni principii, che ora devonsi porre in pratica ne) senso delle guarentigie costituzionali, dell’eguaglianza e della democrazia. Non dobbiamo sgomentarci in caso che la dieta venga a sciogliersi. Noi [non saremo liberi, se non quando i nostri compatrioti ritornino fra noi senza amnistia. Io né prima, né durante, né dopo la prigionia ho mai pronunciato una parola, né fatto un cenno, dal quale si potesse dedurre, ch’io avessi rinunciato a'  miei principii od a’ miei desideri.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 5 — Torino 4 (sera)

Patrie, Giovedì— La Divisione navale inglese ha lasciato Malta, e recasi nelle Isole Ionie in cui l'agitatone aumento.

Parigi — Vienna b — il corso forzato de’ biglietti è abolito a Venezia.

Napoli 5 — Torino 4 (sera)

La Camera continuò la discussione sulle interpellanze per Napoli e Sicilia. Ferrari propone una inchiesta parlamentaria per conoscere i bisogni delle popolazioni, le quali crede malcontente e solo trattenute dalla forza. Unico rimedio che guarirà tutto è lo invio di Garibaldi a governarle. Badi il Governo a non dare esca a Murat. — Pepoli Gioacchino dice che suo avo fu propugnatore non della Confederazione, ma della Unità Italiana. — Scialoia difende gli atti del suo Ministero — Bruno, Barlolami ed Amari parlano di Sicilia — La discussione continuerà domani.

Napoli 5 — Torino 5

Parigi 4 — Costantinopoli 3 — Omer probabilmente sarò nominato Comandante dell’esercito turco nell’Erzegovina e nella Bosnia.

Frontiere di Polonia 3 — Il proclama di Gorschakoff ha calmato l'agitazione a Varsavia.



Fondi Piemontesi 75,25
Tre per cento francese 67,55
Quattro e mezzo id. 94. 95
Consolidati inglesi 91 5/8 
Metalliche Austriache 63,a 63,70

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ANNO I. Napoli 6 Aprile 1861 N. 36

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 6 APRILE 1861

Garibaldi a Napoli

In uno de'  numeri precedenti del nostro giornale noi vedevamo come soluzione splendida e sicura per le cose del mezzogiorno d'Italia il ritorno di Garibaldi tra noi. Ora una voce nel Parlamento ha proclamato lo stesso consiglio, la stessa speranza. Speriamo che quella voce troverà un eco fra i rappresentanti del nostro po polo e sia accolta da coloro che stanno al timone sulla nave dello stato, come lo è il Faro ne' pericoli della tempesta.

Non è la nostra passione per l'uomo straordinario che ci ha liberati, che né spinge a sentire così. Il trasporto più entusiastico e le più poetiche aspirazioni si dileguano come un sogno innanzi alla realità della logica ed è al contrario nella fredda evidenza di questa che noi ve diamo nel Generale Garibaldi l'ancora di salute per le cose d'Italia, e la vediamo ne' tre gran di momenti della Nazione: nella questione del mezzogiorno, della capitale, e della guerra.

Il mezzogiorno d'Italia è divenuto una specie di Lazzaro politico che non può né sorgere né camminare senza una scossa vitale e potente, e lo è divenuto nel momento che gli era necessaria tutta la giovinezza della vita per tenderla col resto d'Italia ad uno sforzo supremo: il riscatto della Nazione. Fare un quadro novello della situazione interna è superfluo; il Governo la sa, ogni scrittore di coscienza che si è assunto questo incarico è divenuto un Rembrandt. In una parola: o si cangia completamente l'indirizzo delle cose nostre, o la decomposizione sopravverrà inevitabile, e quando questa avrà affetto il paese al cuore, Garibaldi i stesso non basterà: flutti di sangue civile innaffieranno questa terra infelice e le splendide fasi di una nazione si compiranno sotto gli auspici del tutto. La grande massa del paese comincia a non credere nell'Unità; è divenuta o sta per divenire un popolo abbaco, non vede che i proprii guai, e la considera come un mito pericoloso.

Chi ha fatto il plebiscito? questa massa: ma chi dirigeva questa massa? i liberali, gli uomini dell'eletta. Ora i liberali son divenuti nulli in faccia ad essa, almeno quanto al bene; conculcati come se difendendo la patria si fossero resi colpevoli almeno di presunzione, e.... lo si dica una volta: gli onesti tremerebbero se nelle condizioni presenti si dovesse fare il plebiscito un’altra volta.

Ora cangiare l'indirizzo, rientrare sulla via nazionale e di buona fede è un tornare a Garibaldi, e quando il governo d'Italia, quando il Conte di Cavour ha la grandezza d'animo di dire a sé stesso: la via è sbagliata, l'altro grande Italiano che fatta la Patria con me, continui a farla – Chi non vedrebbe trai moderati e tra gli ardenti, tra gli onesti amatori di questa patria, due cose: che Garibaldi è la soluzione più semplice della grande quistione, e che il Conte di Cavour è il salvatore d'Italia? Diciamolo pacatamente: il giorno in cui Giuseppe Garibaldi che partì sul Wasington per Caprera, ritornerà qui dal Parlamento deputato a ricomporre col suo nome, e con un'amministrazione delegata dal Governo, gli elementi sfasciantisi di questo paese, il giorno in cui il Liberatore di questo popolo, il Nazareno dalla bionda chioma, scendendo su questa terra col ramo d'ulivo nelle mani dirà alle genti raccoltesi intorno ad esso: salvete! e fiducia nell'Emmanuele che proclamammo insieme! allora credetelo, questo Lazzaro risorgerà: tornerà alla vita serenamente, come il viaggiatore che si alza dal sonno con l'aurora in un bel dì di primavera e prosegue la sua via con l'alacrità e il ben essere dell'esistenza.

Roma! È annunziata al mondo come nostra capitale. Escano i francesi, ed ella è nostra. Ma intorno all'Imperatore, da presso, da lungi, si tendono i supremi sforzi, arde l'ultima battaglia campale del diritto divino, intorno a cui come a carroccio fatale stanno schierati i borbonici della Francia, e come a stendardo di opposizione, tutto coloro che non vogliono Napoleone.

E se intanto la guerra scoppiasse, non la bandiera d'Italia ma l'aquila Francese durerebbe sul Campidoglio. E il Gabinetto in somma, che paralizza Napoleone: ma se Roma è chiesta dal popolo, se il popolo marcia ordinato a passo di carica sulla sua Capitale per proclamarvi Vittorio Emmanuele, Napoleone sarà tolto dall'imbarazzo: e do po tutto quello che ha detto, che ha proclamato e fatto proclamare per Roma capitale d'Italia, l'opporvisi con la forza delle armi, sarebbe atto forse per lui fatale, sarebbe una contraddizione di cui si avvarrebbero amici e nemici per perderlo: sarebbe veracemente uno di que’ tali momenti nei quali si perde il frutto di una politica studiata per tanti anni, e si vedrebbe evidentemente sotto il principio dall'alleanza e della nazionalità, balzare scopertamente quello della dominazione francese in Italia, e della conquista.

Ma Roma capitale è pericolosa alla monarchia, pericolosissima quando l'entrata dei popoli precede quella de'  re dice Massimo d'Azeglio.

Ebbene accordiamo agli uomini elevati la sodisfazione di divenir mentecatti una sola volta nella loro vita; sarà al postutto una soddisfazione accordata alla mediocrità.

Poi non siamo più a tempi che possiamo illuderci da noi stessi; e il crearci spauracchi notturni in politica, ed in certe proporzioni, è il coprirci di ridicolo senza necessità. V'hanno teatri buffi in politica come nelle piazze, ma voler definire gli Italiani che vanno a Roma, un popolo Arlecchino, è un insultarci e rimandiamo la cambiale gratuitamente agli altri astuti che ce la traggono. Oh quanto, ma quanto è il buon senso che domina oggi in fondo al popolo, nella coscienza de'  liberali! Oh come unanime, serena, esemplare sarà la proclamazione d'Italia, e di Vittorio Emmanuele, nella Capitale! oh come grandiosa ed imponente suona la parola del re sulle labbra del suo campione illustre, del suo amico incomparabile, di Colui che sbarcando a Marsala, che incedendo a Napoli, che trionfando sul Volturno, come fiamma elettrica lanciava tra le folte masse e nel cuore delle genti quel Nome, quel simbolo di Italia e di riscatto: Vittorio Emmanuele!

L'Uomo di Caprera è il solo al mondo che dal Campidoglio possa con frutto immenso, con effetto profondo ed incancellabile pronunziare al co spetto del popolo italiano il nome amato del re galantuomo. Ed allora il nome di Cavour suonerà sul labbro e su quello delle genti con un'unica esplosione e sarà tramandato alla storia, con note magnanime ed imperiture. Camillo Cavour sarà degno di Camillo Cavour.

(Continua).

F. MAZZA DULCINI

SCENE BORBONICHE

(Continuaz. v. n.º prec.)

COROLLARlI.

E poi a Somma è scoppiata un'altra reazione: è la montagna che invece della solita lava ha man dato fuori un'eruzione del dritto divino. E poi a Napoli..... (a domani).

SECONDO COROLLARIO

I Borbonici sono più logici di noi. Essi vera mente non vedono troppo lungi in politica, per ché de'  tre tempi, presente, passato e futuro, non vedono che il passato, quello che noi chiameremm l'elemento storico perché: i Borboni son tornati sempre. Ma come ognun vede, questo falsa premessa non ci giova a nulla, anzi al contrario. Se essi credono che tornino, è giusto fare il diavolo a quattro per farli tornare più presto. Non farebbero questo se ci andasse della loro pelle, se a cagion di grazia si adottasse, con la legge in mano. Il sistema delle fucilazioni; ma la loro pelle non ci va. Torino li vuol fondere. Gli stupri poi e gli assassinii ecc. fanno parte della fusione, poi proprio; e come fare altrimenti! Sia come si voglia, io non vo' aver che far col fioco e col ferro, né con alcuna misura violenta e vendicativa: tolga il Cielo; noi non siamo né pirati, né soldati del Papa re. Io vorrei umilmente l'applicazione del Codice penale, e tanto più avrei dritto di volerlo, in quanto che invece di un Codice, ne abbiamo ora due. Sapete voi che l'è una graziosa burla quella di tenere rad doppiate due legislazioni, e non vederne poi nel fatto applicata nessuna?–Sarebbe ciò per avventura perché si sia attuato fra due Codici il metodo omiopatico Similia similibus, e che si siano neutralizzati a vicenda?

Udite: nella terza incarnazione di Don Liborio....

(Continua)

V. MAZZA DULCINI

Notizie Interne

Nella conferenza di ieri S. A. R. il Principe Luogotenente si è degnata approvare la proposta del Segretario Generale del Dicastero dell'Interno e Polizia di distribuirsi immediatamente alle guardie nazionali di queste provincie 40 mila fucili inglesi a percussione, i quali aggiunti a quelli già dispensati, fanno il totale di 11985.

Il Segretario Generale ha immantinenti avvertito ciascun Governatore di mandare in Napoli persone distinte a riceversi la parte assegnata alla rispettiva provincia.

Notizie Diverse

TORINO — Il generale Garibaldi giunse iersera alle dieci in Genova, ei è aspettato a Torino. Sul suo viaggio si fanno varii cementi. Credesi ch’egli debba conferire col Sovrano. Ad ogni modo la sua venuta a Torino varrà a smentire le voci ch’erasi messe in giro di sbarchi operati da lui o dai suoi in territorio straniero.

— Attendesi pure a Torino, pel giorno 5, don Liborio Romano. I giornali continuano ad asserire, essersi egli ora fatto partigiano di quel Murat, che a quando a quando fa di sé parlare in modo paco lusinghiero i pubblici fogli. Se le voci sono assurde, la condotta passata del Romano gl’impone di smentirle. A proposito del Murat, dicesi pure che qualche loglio poco accreditato voglia farsi suo campione. Ma tutte queste mene non sono tali da sgomentare gl’italiani, sapendosi come, in Napoli, il partito murattiano non abbia sinora e non potrà in avvenire trovare aderenti.

Si afferma essersi istituita una Commissione, comporta parecchi nuovi generali, la quale avrebbe l’incarico di esaminare tutto quel che risguarda l’organizzazione dell'esercito del paese. Se la notizia è vera, tale disposizione merita il plauso generale, essendo questo il vero modo di trattare, quistioni delicate e puramente tecniche senza compri mettere la salute del paese, come potrebbe avvenire discutendo tale materia in pubblica seduta parlamentare.

— Il generale Lamarmora ritornava questa sera (2) a Milano, e riprese il tornando del secondo corpo d’armata.

— Oggi verso mezzogiorno è arrivato in Torino Menotti Garibaldi, e ne è ripartilo oggi stesso.

GENOVA

— Leggesi nella Gazzetta di Genova del l'aprile:

Ieri mattina a bordo della piro-fregata Maria Adelaide ebbe luogo la distribuzione delle medaglie accordate dal governo ai marini della squadra che più si distinsero nell’espugnazione di Ancona. L’ammiraglio conto Persano. nel consegnare questo contrassegno d’onore a tanti bravi, profferì parole calde di patrio amore che produssero viva impressione nell'animo di tutti gli astanti.

TRIESTE

— Scrivono da Trieste in data del 30, al Lombarda:

Ieri (29), a Capo d’Istria gli studenti del ginnasio, giovinetti dai 14 ai 16 anni, avendo tentato con discorsi e lusinghe di ridurre alla diserzione alcuni dei soldati ungheresi ivi di guarnigione, diedero motivo a severe misure poliziesche. Ne furono arrestali 6, fra cui il figlio del dottor Manzoni, una delle principali famiglie del paese. Non vi so dire lo stato d’agitazione, in cui trovasi Capo d'Istria.

AUSTRIA

— Leggesi nell’Independance belge:

L'imperatore d’Austria ordinò che venissero mandali fin d'ora in congedo tutù i soldati, che ora fanno parte del servizio attivo, ma che col mese di giugno devono entrare nella riserva. Questa notizia, che prendiamo ridia Gazzetta militare di Vienna, mostra quanto un attacco da parte dell’Austria contro l’Italia sia inverosimile in questo momento.

TURCHIA

— Leggesi nell’Osservatore Triestino:

Le lettere ed i giornali di Costantinopoli, in data del 28 marzo, si occupano a lungo dei conflitti avvenuti tra i turchi ed i Montenegrini, e dichiarano che la Porta è decisa a prendere vigorosi provvedimenti per far cessare simili aggressivi in un carteggio da Scutari lo stesso foglio riferisce, fra altro, che il colpo di mano eseguito ultimamente sulla via di Spuz avea per iscopo d'impossessarsi della persona stessa del governatore Abdi-bascià, che doveva recarsi a Spuz per un’ispezione dei confini. Ma per sua fortuna Abdi-bascià fu trattenuto a Podgorizza dai suoi affari u amministrazione.

Secondo il J. de Const. i montenegrini trucidarono 66 soldati ed alcuni ufficiali turchi caduti nelle loro mani. Si stanno organando sotto la direzione del ministro della guerra dei corpi speciali di gendarmeria a piedi e a cavallo, destinati particolarmente, sino a nuov’ordine, per la Bosnia, a fin di provvedervi al mantenimento dell'ordine, alla sicurezza delle strade e alla sorveglianza delle frontiere. Le autorità navali ebbero l'ordine di far preparare e approvvigionare cinque piroscafi, i quali debbono trasportare in Siria 2000 uomini di cavalleria. Saranno imbarcati nella corrente settimana. Anche dall'isola di Candia varranno mandati in Siria quattro battaglioni di fanteria di linea, che saranno surrogali da altrettanti redif.

Valy-bascià doveva partire il 27 per Parigi direttamente. Egli non andrà a Berlino ad ossequiare il re ed a presentargli il Magidiè in diamanti, se non all’epoca dell’incoronazione.

INGHILTERRA

— Dal discorso di Palmerston agli elettori di Tiverton togliamo il seguente passo:

«Ci fa detto che nel mese di inarco le spade farebbero snudate, il cannone tuonerebbe e l’Europa sarebbe precipitala negli orrori di una guerra generale; marzo è quasi tutto passato. La predizione ha allontanato il termine che vi aveva stabilito, essa ha indicato aprile, ma sono convinto che aprile come marzo secondo l’antico adagio, se arriva come un leone, se ne andrà come un agnello (Risa Ascoltate!)

Noi speriamo la continuazione di questa pace e di questa amicizia internazionale si favorevole agli interessi di tutta Europa. (Ascoltate!)

Non v’è alcun dubbio che se scoppiasse per isventura la guerra, il governo dovrebbe; provare di aver posto il paese in uno stato di difesa rispettabile per cui possa assistere, senza timore e senza allarme alla procella, qualunque sia il luogo ove scoppiasse. Io so signori che potremo mostrarvi di aver fatto il nostro dovere il questo riguardo. Noi abbiamo un esercito così forte che mai il nostro paese potè vantarsi d'averne uno eguale. Noi abbiamo una marina numerosa e bene equipaggiata e fornita, di tutto ciò che costituisce la forza navata e abbiamo inoltre ciò di cui abbiamo una mostra innanzi a noi, i nobili reggimenti dei volontari il cui effettivo oggi è di circa 150. 000 uomini, bravi giovani che sacrificando ogni considerazione di particolare benessere, e spesso con grandi spese, e consacrano ad acquistare la scienza militare le ore che forse essi potrebbero passare nell’indolenza (tra salve di applausi pei volontarii).

Signori, malgrado tutte le differenze che si son sollevate sul continente europeo noi abbiamo la soddisfazione di veder questo principio di governo costituzionale far rapidi progressi in tutta Europa.

UNGHERIA

— Scrivono da Vienna all’Agenzia Havas:

«Le esigenze nazionali andarono tant’oltre, che in parecchi comitati di Croazia; di Slavofila di Palmari, venne proposto di dichiarare traditore della Patria qualunque magiaro si recassi a Vienna per prender parte al consiglio dell'Impero. E nondimeno bisogna pure, che la patente imperiale abbia almeno un principio di esecuzione, a meno che il governo non acconsenta di lanciar divenire lettera morta l’atto fondamentale dell’impero.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati — Tornata del 2 aprile

Pres. Rattazzi.

Leggiamo nel giornale il Diritta di Torino.

Ci corre il debito di ringraziare la presidenza della Camera per l'innovazione introdotta durante gli scorsi giochi di vacanza patta ritentare, nelle tribune dei giornalisti apprnssimandote agli stalli dei deputati. Il fatto è bene, però meglio non basta; e questo è proprio il caso in cui il meglio non sarebbe nemico del bene.

Il meglio che da noi ancora si desidera consisterebbe:

1. in che si volesse assegnare a ciascun giornalista il suo posto numerato con tassellino chiuso a chiave perché in qualunque ora si giunga alla Camera si possa sempre essere sicuri di saper dove sedere per scrivere;

2. Che si allargasse alquanto la tavola superiore del banco tutt’affatto troppo stretta e comodissima per chi ha da scrivere in lungo e in fretta;

3. Che ci vengano fornite sedie meno basse in corrispondente proporzione coll'altezza del banco su cui. si scrive;

4. Finalmente che si trovi un posto per deporre il cappello e il soprabito!

La tornata ebbe principio coll'estrazione a sorte dei nomi dei singoli deputati pel rinnovamento degli uffici.

Terminata questa operazione il presidente annuncia alla Camera le domande di congedi e gli omaggi.

Prestano giuramento i deputati La Masa, Persano, e due altri di cui non ci venne fatto di intendere i nomi perché la voce del presidente era coperta dagli applausi ohe salutarono dai banchi della maggioranza il nome dell’ammiraglio Persano.

Si apre, quindi la discussione generale sul progetto di legge per la leva di 500 marinai.

Un deputate di destra prende la parola, è ben tosto interrotto dal presidente che gli osserva come le sue osservazioni sulle leggi che reggono le leve di marina siano fuori di luogo perché non è il caso di fare una legge organica ma di una semplice autorizzazione da accordarsi al governo.

Cavour dichiara che te legge organica è pronta e che egli la presenterà fra pochi giorni.

Il deputato di destra si riserva di fare le sute osservatemi quando sarà presentato quel progetto, e siede.

Il presidente chiude la discussione generale, legge i singoli, articoli del progetto che sono successivamente senza discussione approvati; poi si fa l’appello nominate per lo squttinio segreto.

Eccone il risultato:



Votanti 179
Favorevoli 178
Contrari 1

A nome del settimo ufficio si riferisce reiezione del collegio di Sondrio in persona del professore Carlo Cotta: Le conclusioni per lo annullamento sono adottate.

Presidente. Ora sono all’ordine del giorno le interpellanze del deputato Massari.

Paternostro annunzia una interpellanza al ministro degli interni sull'amministrazione della Sicilia, da farsi tosto dopo quelle di Massari su Napoli.

Minghetti non ha difficoltà a rispondere.

Massari, premesso un esordio sui mali che affliggono le popolazioni dell’Italia meridionale e previa una dichiarazione che egli non intende di sollevare una questione politica, ma di semplice amministrazione interna, comincia tacciando di inesattezza i giudizi che in generale si fanno di quei paesi, e confessa che grandemente erroneo era anche il suo quando dopo un esilio di 12 anni, vi ritornò.

La rivoluzione in quelle provincie non fu merce d’importazione ma era generale e latente; solo attendeva un impulso, e questo fu dato dal generale Garibaldi. Il concorso che i volontarii trovarono presso quelle popolazioni superò la loro speranza. Se su quella bandiera non fossero state scritte le parole Italia e Vittorio Emanuele l’accoglimento non sarebbe stato lo stesso.

Altro errore è, che l’impulso verso l'unità nazionale sia fiacco presso quelle popolazioni. Ardente è il loro desiderio verso la medesima. L’autonomia napoletana non ricorda che una tradizione di lutto, miseria, vergogne, persecuzioni, la quale fu ripudiata con tanti tentativi d'insurrezione. Le popolazioni vogliono un buon governo, perciò vogliono l’Unità nazionale.

Ferdinando II e i suoi successori furono altamente benemeriti della causa della unità nazionale d’Italia per avere col loro governo svelto da quelle popolazioni ogni germe di autonomia. Andrebbe grandemente errato chi credesse che la bandiera dell’autonomia passando dalle mani del portone in altre potesse avere più prosperi successi. Non vi è uomo onesto e di buon senso in Napoli che non riconosca che fuori dell’unità non v’ha salute, tra il dilemma dell'autonomia e dell'unità il paese ha scelto in modo irrevocabile l’unità.

Scacciati i Borboni sorsero due opinioni, quella dell’annessione immediata, e l’altra no; questa aveva dalla sua l'autorità d’uomini illustri ed altamente benemeriti del paese; eppure soggiacque alla prepotenza del sentimento nazionale.

Le reazioni borboniche tanto magnificate da certi giornali ed oratori si riducono a ben poca cosa. Basta una rissa, una gara privata a darne loro occasione; diffatti caduta Gaeta le reazioni scomparvero.

L’ànno esse ottenuto, le popolazioni napoletane, il buon governo il loro tanto desiderato?

Potrebbe rispondere con una recisa negazione; ma preferisce che ne giudichi la Camera stessa dopo avere intero quanto egli sta per dire.

Prima condizione di buona amministrazione è la sicurezza pubblica, che non esiste né punto, né poco: sì ruba a man salva nelle campagne, nei villaggi e nelle città. Se il ministro rispondendogli dicesse essere già stato dato ordine di far perlustrate le province da colonne mobili, lo appagherà ben più che non con cifre.

La giustizia è ancora adesso amministrata dagli uomini del passato regime; narra a tal effetto di un suo amico deputato il quale tornato a Napoli per esercire l'avvocatura dovette recarsi ad informare presso uno dei giudici che lo aveva condannato per causa politica.

Loda il ministro dei lavori pubblici di averlo disarmato della lancia che egli intendeva rompere contro il servizio postale e quello delle carceri, abolendo i centri direttivi di quelle amministrazioni in Napoli, e ne spera buon frutto.

Dura tuttavia la turpe, la infame consuetudine della venalità. Esiste un ceto di persone che interponendosi fra la gerarchia amministrativa e le parti interessate si assume di far dare ragione non al giusto, ma a chi più paga.

Altra piaga è la burocrazia. Se era impossibile col nuovo sistema di distruggere tutto ad un tratto la burocrazia, era però necessario cominciare l’opera dalla base; invece le pante di alcuni dicasteri furono alimentate, come in quello di agricoltura e commercio, mentre il Borbone aveva spinta la piaga della burocrazia a tal punto che data l’ipotesi che egli. fosse divenuto re d'Italia, il nuovo regno avrebbe avuto impiegati sufficienti per la sua nuova estensione.

Richiede il ministro di presentare i dati statistici delle pensioni ed impieghi conferiti dall’8 settembre scorso al giorno d’oggi. Non proponendosi di trattare la questione finanziaria esclama unicamente che a Napoli è spalancata una vera voragine finanziaria. Compiange il suo amico ministro delle finanze per la situazione in cui si trova.

Con quali fondi, con qual diritto è stato accordato un milione a coloro che hanno sofferto persecuzioni politiche? La sanzione del principio d’indennità per patimenti politici spetterebbe al parlamento non al governo.

Altro vizio dei passato governo era l'inosservanza delle leggi il quale dura tuttavia; cita ad esempio la legge comunale provinciale che venne promulgata nello scorso dicembre senza che siano stati dati ancora gli ordini per la formazione delle liste elettorali! sarà lieto se il ministro vorrà assicurargli che si procede all’attuazione di quella legge senza indugio.

V’è un’altra categoria di leggi a Napoli; le leggi promulgate accademicamente per non essere eseguite (ilarità). Tale è quella sulla guardia nazionale. Prega il ministro di attuarla tosto è di sopprimere il comando generale delle guardie nazionali dell’ex-reame. Rende omaggio a tutte le guardie nazionali delle provincie napoletane che prestano un servizio faticoso e che sono le sole tutrici dell’ordine publico.

Le provincie sono in balia della Provvidenza: nelle città e nelle borgate i malviventi profittando dei disordini passati hanno prese anni, si che c’è la singolare anomalia che i malviventi hanno armi, gli onesti uomini no, essendo le guardie nazionali inermi, talché in paesi di 800 guardie nazionali otto solo hanno fucili.

Il centro amministrativo di Napoli non mostra di ricordarsi delle provincie se non per rimuovere i governatori intelligenti e solerti. Altro malanno delle provincie sono gli sbandati; regalo fatto alle medesime dal ministero della guerra.

Spera che si vorrà procedere colla massima timidezza nell’applicazione della legge testé pubblicata sull’abolizione dei conventi, e che almeno terrà conservata l’abbazia di Montecassino.

Desidera che la legge sull’organizzazione giudiziaria sia pubblicata da Torino e non da Napoli perché sia bene accolta.

Parla della circoscrizione territoriale che fu arbitrariamente e malamente alterata dalla luogotenenza.

Vi sono debolezze che possono essere spiegate e tollerate, giustificate non mai; esso vide nella prima amministrazione inaugurata in Napoli elementi ripugnanti colla pubblica morale.

Esaurite le osservazioni passa ad indicare i rimedi che a suo avviso sono urgenti.

Non suggerisce poteri eccezionali, ma brama si vada a troncar il male nella radice, non si riduca il tutto a soli spedienti e cambiamenti di nomi. Si fecero leggi e decreti e null'altro, mentre si doveva fare tutto l’opposto. Non abbiasi timore di ciò che si chiama piemontesismo, quelle popolazioni sanno che il Piemonte ha avuto l’ambizione di dare all'Italia la sua dinastia e le sue istituzioni, e quindi non si lasciano spaventare dal piemontesismo. Chiedete ai nostri bravi soldati come siano stati entusiasticamente accolti da quelle popolazioni, chiedetelo ai militi della Guardia nazionale torinese che furono a Sora.

Eccita il ministero all’attivazione dei lavori pubblici e delle ferrovie, alla soppressione dei consigli di luogotenenza, e conchiude: La quistione amministrativa è la quistione essenziale del momento. La buona amministrazione delle provincie napolitane sarebbe un buono e poderoso argomento nelle mani del governo per riunire all’Italia le provincie che ancora ne sono scisse.

Presidente interroga la Camera se la discussione debba continuare — eran le 4 ½ — o rimandarsi al domani.

La Camera delibera di continuare.

Paternostro. Dopo ciò che ha detto il signor Massari poco rimane a me conciossiaché molti mali di Napoli siano comuni alla Sicilia.

(continua)

— Cospirazioni borboniche, arresti, di vescovi, preti ex-ufficiali, Duca di Cajanello, (fascia di S. Gennaro ec. A domani i particolari.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

—Un dispaccio privato della Gazzetta di Milano, in data di Genova, l'aprile, riferisce quanto segue:

La deputazione delle Società degli operai, che recossi a Caprera ad ossequiare il Generale Garibaldi. arrivò stasera a Genova. Con essa arrivò pure lo stesso generale Garibaldi, diretto per Torino.

Egli è lievemente indisposto in una mano ed in un piede.

A Genova, sebbene il suo arrivo fosse ignorato, il generale fu accolto con grandi acclamazioni.

Garibaldi va al Parlamento, avendo accettato per telegrafo l’elezione del primo collegio di Napoli.

Sono partiti con lui da Caprera Gusmaroli Corte, Missori, Coriolati: Dezza è partite Torino.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 6—Torino 5 (sera)

Parigi 5. Microlanski trovasi a Parigi.

Novellista d'Amburgo. Dispaccio da Vienna. La Baviera ha domandato a Parigi se io caso di serii movimenti interni nell’Austria la Francia si opporrebbe a che la Ratiera occupasse il Salisburghese e il Tirolo.

Napoli 5 (sera tardi) Torino 5

Parigi 5— Vienna. Costantinopoli 80. Cinquanta individui sotto il comando di Mieroslasky con bandiera Italiana sono sbarcati a Spitau. Un reggimento di Montenegrini Ita tagliato il telegrafo.

Pesth — I Deputati assisteranno all’apertura i che considereranno puramente ufficiosa, e fisseranno quindi la prima seduca.

Trieste. Due legni turchi sono gittati nell’Adriatico, e dichiareranno il blocco dell’Albania.

Napoli 6 Torino 5 (sera)

Patrie. Apprendiamo che l’imperatore fedele alla politica costantemente seguita in Italia, politica escludente ogni idea di conquista, lia scritto a Murat una lettera disapprovante il manifesto del Principe.

Dresda 5 Assicurasi da buona fonte che Napoleone abbia assicurato il Papa che non ritirerà le truppe da Roma.

Pesth 5. L’apertura della Dieta è ancora indecisa. Agitazione fra i Deputati.

Napoli 6— Torino 5 (sera)

La Camera dei Deputati s’intrattenne ancora delle Provincie Meridionali. I Ministri di Giustizia di Agricoltura e Commercio hanno difeso le leggi e gli atti emanati dalle Luogotenenze, Ugdulena ha difeso specialmente gli atti della Prodittatura di Sicilia. Dopo repliche del Ministro dell'Interno e di altri Oratori è rigettata la proposta Ferrari per una inchiesta parlamentare.

La seduta fu lunghissima ed agitata, e la votazione sopra un ordine del giorno Torrearsa ch’è il più semplice fu rimandata a domani.



Fondi Piemontesi 00,00
Tre per cento francese 67,75
Quattro e mezzo id 95,60
Consolidati inglesi 91 3/4
Metalliche Austriache 64,10

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ANNO I. Napoli 8 Aprile 1861 N. 37

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 8 APRILE 1861

Ci siamo!

Napoli è salva: i suoi edifizi non sono incendiati, la rapina e l'omicidio non hanno percorso le sue vie: la gioia e la vita brillano ne' suoi quartieri; ma un giorno, un'ora di più, e la capitale del mezzogiorno d'Italia avrebbe presentato al mondo uno spettacolo di scompiglio e di orrore.

Come vasta e ferocemente ordinata era questa congiura! Incoraggiata a bene operare dall’indirizzo, contronazionale del gabinetto dal sistema, Italicida della fusione de'  Borbonici, della inorganizzazione della guardia nazionale durata per attitudine inqualificabile di quell'uomo di tutti i partiti chiamato D. Liborio Romano, dell'assoluzione de'  rei borbonici concessa da Tribunali in gran parte borbonici ancor essi, e dall’indulto che li ripose in azione: incoraggiata da tutte queste cose che la falange del dritto divino ha operato in conformità: si è organizzata e si è accinta a un gran colpo. Imbecille sarebbe stata se tanto se osate non l'avesse. Essa crede al ritorno di Francesco; e infine, dilemma: o torna, e il merito torna agli operai della causa, o non torna, ed avranno avuta la sodisfazione di funestare i nemici impunemente Cosa sono pochi giorni di carcere contro queste alte speranze? Ma la Provvidenza par che abbia stabilito che l'Italia deve farsi; ed ogni ostacolo, che sembra debba attraversare la via, o rovesciarla, finisce con l'aprirla in più sicuro cammino.

I liberali, gli onesti fremevano degl'impunità dei borbonici, fremevano di vederli tuttora al potere: maledicevano il ministro Fanti, il classico disarmatore d'Italia, che osava lasciare in balia di se stessi e in stato borbonico, quelle masse di soldati, quei disgustati officiali che ognuno sa. La coscienza pubblica si ribellava da così enormi assurdità, e lo sguardo smarito ed apatico delle masse guardava intorno intorno i pericoli che né minacciavano incalzando. Ebbene, la dittatura che sta sotto l'Alpi, non recede dai suoi principii: l'ipse dicit politico non ammette discussione.

 Ora è venuto un bel giorno che i comuni nemici indirettamente organizzati da questa parici da politica sono stati in procinto di assassinarci; il governo ora l'ha veduto: che se poi non l'abbia veduto il governo, l'ha veduto il popolo tutto quanto, e ciò basta. Quando la questione tocca la pelle, il popolo sa farsi giustizia da sé. Ed ecco la Provvidenza.

Diamo più sotto de'  ragguagli del tentato assassinio!

Intanto ci incumbe il debito, come scrittori e come cittadini di indirizzarci al consigliere Spaventa ed alla G. Corte Criminale di Napoli, e dire al primo: La Patria vi ringrazia: proseguite nell’opera salutare, marciate a passo di carica su tutti i quadri della reazione, spazzatene gli ultimi covazzi; ogni colonna di infami che passa incatenate, è un palpito di gioia nel cuore della nizione, è un arra di sicurezza al paese.

E diciamo alla G. Corte criminale:

Ascoltate! Il codice penale, che sinora i tribunali hanno violato la sicurezza del paese esigono imperiosamente il castigo esemplare dei capi del tremendo complotto: i patiboli reclamano le loro vittime. Colpite! applicate la legge! la patria è stata messa in pericolo, e ciò che non è riuscito oggi, domani riuscirà. Colpite, applicate la legge! il Verdetto che leggete su tutti i volti, in tutti i cuori, da quello del canuto vegliardo all'adolescente, dal fervido patriotta, alla i compassionevole giovinetta, è uno: Morte. Pronunziatela, o il paese, dichiarandovi borbonici e solidali, farà da sé.

F. MAZZA DULCINI

PARTURIENT MONTES, ET...

Si aspettavano con alta ansietà, non le interpellanze Massari, che sapevansi scene concertate, ma le discussioni sulle cose di Napoli e Sicilia, per sapere se speranza alcuna di migliore avvenire potesse allietare l'animo di queste popolazioni; ma il disinganno non si è fatto attendere.

Ci si dice, che non si volle di troppo indentrare in discussioni, che rendendo aperta la verità su mali del mezzodì d'Italia, avrebbero potuto, all'occhio dell'Europa, nuocere all'Unità Italiana. Noi in questa diceria non vediamo che un ripiego, che non salva le apparenze, come si vorrebbe, e sostanzialmente nuoce al pubblico bene, rendendo permanente il male, che non si comprende, o che non si vuol comprendere.

L'Europa sa i nostri mali, ed è utile che né sappia le cagioni, per non fallare intorno a giudizi delle nostre cose.

Le reticenze de'  preopinanti e del ministero altro scopo non hanno avuto che di salvare gli uomini che tennero il governo di queste provincie, e di difendere una Consorteria che sgovernò questo paese e che l'orgoglio ministeriale non permette di accusare.

A prescindere di queste cose generali, la speranza di un miglioramento avvenire consiste nella promiscuità fra gli impiegati superiori, e nel dichiararsi chiusa la nomina d'impiegati.

In quanto alla promiscuità potrà riescire utile, quando avuta unica legislazione giudiziaria e civile, gli uomini possono dapertutto utilmente servire.

La chiusura delle nomine degl'impiegati è saggia misura, ma non è sufficiente, se non è preceduta da una riforma generale, e da un esame critico e coscienzioso sugl'impiegati finora nominati perocché, uno del più gravi lamenti contro le consorterie che hanno sgovernate queste provincie, è, che le nomine finora fatte, in qualunque ramo delle pubbliche Amministrazioni riconoscono unica origine nel favore, nel nipotismo, nello intrigo, nella prevaricazione ed in altre sozze pratiche – Senza, questa precedente riforma, il male sarebbe duraturo, anzi diverrebbe più intenso, e crescerebbe il malcontento, perocché rimarebbe escluso il merito intellettuale, il merito politico, il merito morale, e sarebbe consolidato il principio che i petulanti, gl'intriganti, gl'impostori, mascherati da liberali, la vincono sugli onesti, sugl'intelligenti, su' virtuosi cittadini, che avendo la coscienza di loro stessi, e non potendo declinare la dignità propria, non brigano, come non hanno hanno brigato, per essere tenuti in considerazione per pubblici uffizii.

(continua) D.

RAGGUAGLI DELLA CONGIURA

La reazione era ordinata dal partito clericale e militare. Il pretismo rispettato come santa e tenuto come inviolabile dal Governo, i militari la sciati qua e là in grossi gruppi e in balia di loro stessi, e i tristi d'ogni specie i quali stando in congiura permanente sono stati sempre rimandati con la conservazione di atti in archivio delle Gran Corti dove l'elemento borbonico è tuttora in maggioranza, e da paterni indulti, meditarono compiere nelle scorse notti, un colpo di mano da porsi in atto con la campana a storno de'  villaggi circonvicini, con le smannate de'  soldati accorrenti a Napoli, con l'evasione de'  carcerati nella vicaria, e con la sollevazione della feccia della plebe chiamata all'esca della devastazione e del saccheggio.

Carcerati erano quasi in pronto ad evadere.

Vi si accorse come il fulmine la notte del 6 furono assicurati alla giustizia i custodi. La sommossa del villaggi avea già dato fuori un'echantillon: a Soccavo a Massa di Somma ecc.... si era fatto un pronunziamento in via di prefazione.

Il programma era come di dritto: la carnificina, l'incendio, ed il saccheggio.

La notte del 6 pare fosse destinata allo scoppio. Daremo man mano i dettagli perché la matassa è grande e la polizia ha tuttora una vasta sfera di azione.

 

LETTERA AL GENERALE BOSCO

Scritta dal sacerdote Domenico Luciani.

«La notte del 3 l'affare sarebbe riuscito magnificamente, ma una circostanza impreveduta l'ha impedita.

Ho fatto dieci mila operai, e mi son comportato con economia: non si sono spesi che cinque mila ducati...»

Investita la casa del prete, si salvò dalla finestra: ma fu preso poco dopo.

ll parroco di Cisterna (vicino Napoli) stava la notte del 6 con la fune del prossimo Campanile dentro la casa, per suonare a stormo, alla sommossa, giunto il momento. Accorsa la guardia Nazionale di Napoli lo sorprese in questa classi ca situazione.

Vescovo Trotta della Diocesi di Cisterna, e due suoi fratelli, arrestati in Napoli: con documenti. Altro vescovo Trama, idem.

Il Duca di Caianiello, una delle Fasce postume di San Gennaro venne sorpreso in casa dalla forza. Rispose a questa che egli se l'attendeva, ed esibì loro una lettere dell'estero a lui diretta dove lo si avvertiva che doveva essere arrestato.

Fin qui la Fascia di S. Gennaro aspettò la calma de'  giusti; ma questa calma spari quando dietro accorte ed ostinate indagini si rinvennero nella casa degli incartamentini che porteranno per legge, dicesi, la sua testé al luogo delle prossime esecuzioni.

L'incendio di un'ala del serraglio, ed egual tentativo in altro luogo coincidono di data a tutto il resto.

Cassoni di fucili sorpresi in casa del del Duca di Cassano, assente da Napoli. La famiglia sostiene essere di quelli destinati, non so se alla Guardia Nazionale o al deposito. Del resto ciò si vedrà tosto.

Comitati reazionari. A Foria sorpresi ed arrestati molti de'  componenti. Uno di essi il Medico Tacle, mentre cercava salvarsi, o usciva, nell'attraversare la strada fu visitato dal pugnale del popolo. È morto. A Montecalvario un Camorrista borbonico cadde fra la baionetta Nazionale mentre cercava sottrarre un collega prigioniero; egual fine vi trovò un altro al mercato.

Il programma era come di dritto: la carni pio. Daremo man mano i dettagli perché la mani di polvere sorpreso dalla Guardia Nazionale di notte mentre attraversavano di notte sopra un carro le strade di Napoli.

E gran quantità di soldati ed ufficiali tradotti nelle carceri di Napoli da vicini paesi.

Si noti! ognuno di questi soldati, ognuno degli ufficiali (questi ultimi vestiti alla borghese), aveva al dito un grosso anello di piombo, dal primo all'ultimo.

Si noti! il disegno non era da ridere.

La Polizia ieri fu avvertita che cinquecento soldati, buona parte dell'ex cacciatori a cavallo doveano accorrere in Napoli nell'ora scorsa notte. Si occuparono tutte le stazioni della strada ferrata e gli altri punti.

In fatti, i primi a venire in numero quarantacinque furono sorpresi nel Vagone da un drappello di Guardie di Sicurezza; la Guardia Nazionale era stata anche chiamata. Qualcuno cercò indarno resistere. Tutti si arresero immantinenti; aveano bastoni con quattro punte di ferro e senza; fiaschette, e carte di nomi, che dicevano essere di conti. Vi erano degli ufficiali che non aveano voluto fare atto di adesione.

Avevano tutti i soliti anelli. L'ardito capo del drappello di guardie e un siciliano: Irasovince, e con lui un bravo giovinotto Caporale. Si noti! Se ieri ancora si compivano spedizioni, il tentativo non è finito? All'erta. La Guardia Nazionale è infaticabile: essa sta ben meritando della patria.

Le guardie di sicurezza comeché nuove, sono ardenti, ed hanno l'alacrità del segugi, valga la verità: molti delegati patriotti si distinguono pel loro zelo, e per citarne uno, senza recare ombra al merito degli altri, il bravo, l'italiano Ferdinando da Costa, calabrese, maturava io credo, sotto il flagello borbonico onde fu vittima la sua famiglia ed un padre, il piano regolare che ora eseguisce sempre che può, di dare la caccia agli assassini della Santa Fede ovunque li trovi, dalla taverna a dorati palagi.

Animo dunque! La Questura è all'ordine, si compia l'opera della salute. Le pattuglie percorrono la città, le colonne mobili nazionali i di stretti suburbani. I reazionarii son tratti a frotta, la vita rinasce nel paese.

F. MAZZA DULCINI

Notizie Diverse

AUSTRIA

– La Gazzetta del Danubio crede prossima la guerra e confida nell'aiuto dell'Inghilterra.

– La Gazzetta austriaca dichiara che l'Austria, benché veda di mal occhio le cose d'Italia si asterrà da ogni aggressione e provocazione.

– Nell'Opinione troviamo:

Le notizie telegrafiche private da Vienna ci annunciano che vi regna grande timore di perturbazioni.

L'imperatore ha fatti chiamare a sé parecchi uomini politici che rifiutarono di entrare nel nuovo ministero.

Egli avrebbe dichiarato a tutti che non andrebbe più innanzi nella via delle concessioni all'Ungheria.

L'agitazione si estende in Croazia.

Credesi che la convocazione delle Diete sarà di nuovo prorogata. – Fu ristabilita l'amministrazione della Transilvania secondo l'organamento del 1791.

– Scrivesi da Vienna essere probabilissimo che venga ritardata l'apertura delle Camere.

– La Gazzetta militare di Vienna scrive che l'imperatore autorizzò i militari in servizio attivo che devono entrare in congedo nel giugno prossimo a prendere fin d'ora tale congedo.

DANIMARCA

– Si scrive da Copenaghen che malgrado i consigli e le istanze di potenze amiche continuano i preparativi di guerra.

TURCHIA

Il Levant Herald annunzia che sarà fra breve decretato un prestito forzato di 12 milioni di lire turche.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati – Tornata del 2 aprile

Pres. RATTAZZI.

(Cont. e fine, v. num. Prec.)

La piaga d'Italia è l'Austria. Fate adunque che le provincie meridionali diano il loro buon contingente per cacciarla, ed avrete fatto opera buona.

I mali della Sicilia son molto gravi: e dessi spariranno appena che il governo ci metta un po' di buona volontà.

A far sparire questi mali ci vuole una cosa sola, governare. Voi non avete ancora governato fin qui.

Io non accuso nessuno, né i governi passati, né il presente. Pigli il ministero le redini dell'amministrazione con quei riguardi che si esigono.

Lo stato della Sicilia non è prospero. Manca la pubblica sicurezza: mancano i lavori pubblici.

Date, signor ministro degl'interni, un'occhiata all'amministrazione pubblica, e vedrete che vi sono tali elementi coi quali non si può camminare costantemente.

Fu detto che in Sicilia non esiste partito pel governo. Ma in un governo costituzionale non può esistere questo partito. Vi esiste, e lo dico ad onore della Sicilia, il partito della rivoluzione, il quale si mostrò potente nel 1848 e 49 ed in tutte le epoche posteriori.

Fa poi l'apologia della Società nazionale, e conchiude col dire che tutti i deputati della Sicilia vogliono l'unità con Vittorio Emanuele.

Il rimedio dei mali della Sicilia sta nel togliere il governo dalle influenze della piazza; dall'influenza di una minoranza ardita, senza di ciò voi non governerete mai la Sicilia.

(Crispi ed altri deputati della sinistra chiedono la parola).

Paternostro. Io dirò tutta la verità comunque ciò possa suscitare una tempesta. Parlando della piazza di Palermo voglio par lare di una minoranza sfrenata che ha per bandiera l'anarchia. Finché non potrete mettere al dovere questa minoranza, voi non uscirete dal disordine esistente.

lo che sono tutto ministeriale, che appartengo alla destra pura vi metto in mora per l'amministrazioue della Sicilia; se lascerete governare la strada, se non la romperete con questa fazione ardita, violenta, sfrenata, io stesso vi metterò in accusa.

Tutti gli uomini agiscono per interesse; esso è il motore di tutte le azioni degli uomini, ma la Sicilia non ha strade, non ha communicazioni, perciò il suo patriottismo non è pago.

Non credete che la Sicilia sia ingovernabile; la grande maggioranza vuole essere governata.

Dopo questo non fo interpellanze, ma solo domando che il ministero assuma la direzione del governo della Sicilia.

Ricciardi trova che Massari ha detto troppo poco. Egli ha fatto in certo modo da chirurgo, io la farò da medico (ilarità). Dà lettura d'una lettera d'un suo amico liberalone, ma non superlativa, bensì del genere malva (ilarità), nella quale è detto che pare che l governo studii a far rimpiangere il borbonico o desiderare quello di Murat.

– Provoca reiteratamente l'ilarità della Camera parlando della onnipotenza del conte Cavour, il cui nome è sulle vie, sui piroscafi, in tutti i giornali, in tutte le bocche, anche sui sigari. Consiglia i seguenti rimedi: moralità nell'amministrazione; lavori pubblici per dare sviluppo alle immense ricchezze latenti nel suolo.

Si dimettano gl'impiegati di moralità sospetta, si processino quelli notoriamente macchiati.

S'io fossi, ei dice, luogotenente a Napoli dichiarerei immediatamente che non si danno più impieghi, che anzi si diminuiscono.

Insta perchè siano appianati i castelli di Napoli costrutti dalla tirannide e siano edificate case sul loro suolo.

Vorrebbe che la luogotenenza invece d'essere distrutta venisse afforzata perchè da Torino non si può governare tutta Italia, ma solo da Roma; che i ministri mandassero al principe di Carignano un programma; che Nigra il quale è giovine intelligente e comincia a mettersi al fatto delle cose, invece di venire richiamato fosse confermato: che si dividesse la parte direttiva del consiglio dalla semplice consultiva e diversi fossero gli uomini che le rappresentassero.

Conchiude proponendo un ordine del giorno e domanda che se è adottato sia immediatamente telegrafato a Napoli dove produrrà un immenso effetto (ilarità).

Minghetti sorgeva per rispondere, ma essendo omai l'ora tarda il seguito della discussione fu rimandato alla tornata seguente.

SENATO DEL REGNO

Tornata del 2 aprile.

Il Senato del regno ha proceduto alla verificazione dei titoli ad ammessione dei senatori Baracco, Ferrigni, e Torremuzza; ha ricevuto comunicazione di una lettera del signor marchese Brignole Sale di rinuncia alla cari ca di senatore; ed ha determinato di riunirsi immediata mente negli uffizi per esaminare lo schema di legge presentato nella medesima concernente l'esercizio provviso rio dei bilanci dello stato secondo trimestre 1861, e di fissare oggi stesso la seduta pubblica por discuterlo.

Tornata del 5.

La seduta è aperta alle ore 2 ¾.

Approvato il processo verbale della tornata precedente, vien letto un sunto di petizioni.

Fanti presenta un progetto di legge concernente i militari che servirono sotto i caduti governi, il tenore del quale non si lascia intendere per la debole voce del ministro.

Il Presidente dà lettura dell'ordine del giorno il qua le reca la discussione del progetto di legge per la proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci al secondo semestre del 1861.

Messo ai voti l'unico articolo di questo progetto è approvato sopra 70 votanti con 69 voti favorevoli e uno contrario.

Cavour presenta un progetto di legge già approvato dalla Camera, per una leva di 500 marinai e a sua richiesta ne è accordata l'urgenza.

La seduta è levata alle ore 3 ¼.

Camera dei Deputati – Tornata del 3 aprile Presid. RATTAZZI

Letto il verbale e il sunto delle petizioni succede un intervallo di qualche minuto per attendere che la Came ra sia in numero, poscia il presidente annunzia che avendo gli ufficii autorizzato la lettura del progetto di legge presentato dal deputato Musolino, se ne darà lettura alla camera.

Chiavarina legge il testo del progetto.

Segue quindi uno scambio di parole tra il deputato Amari ed il presidente relativamente all'ordine della discussione, credendosi quegli in dritto di rispondere subito a Paternostro, e il presidente contestandoglielo.

Amari, pago della promessa del presidente che gli sarà in ogni modo conservata la parola, siede, e il presi dente la dà al ministro degl'interni.

Minghetti premesso un placido esordio tutto infiorato di speranze che le provincie meridionali non vorranno mostrarsi meno governabili di quel che siansi mostrate la Lombardia, le Romagne, le Marche, l'Umbria e specialmente la Toscana dove da 6 mesi non v'è più un sol dato, invoca a favore del governo e le circostanze attenuanti.

Possiamo noi meravigliarci so la sicurezza pubblica non è a quel grado che si possa desiderare? Dopo un brigantaggio latrocinante.

Legge una lettera del cav. Arnulfo, generale dei carabinieri, che attribuisce i reati contro la sicurezza pubblica all'evasione di numerosi servi di pena dalle carceri.

I mali della prevaricazione e dell'immoralità della burocrazia non si possono sradicare immediatamente; il governo è deciso a punirli severamente, ma non saprebbe trovare un metodo per estirparli tutti ad un tratto. Vuolsi inoltre far la parte dovuta alla calunnia.

Quanto al numero strabocchevole degli impieghi, non dissente che sia eccessivo, ma lo attribuisce al trapasso dall'uno all'altro dei vari sistemi di governo che dalla dittatura in poi ivi si succedettero, ciascuno dei quali aveva bisogno dei suoi uomini di confidenza, e doveva soddisfare a numerosi postulanti. Se vari dicasteri, fra cui quello d'agricoltura e commercio, accrebbero la loro pianta, si fu che questi dicasteri sotto il governo assoluto non avevano tutta l'importanza né lo sviluppo che si meritano presso un governo liberale. Il decreto d'un milione di sussidio a quelli che soffersero per causa politica non è da addossarsi alla luogotenenza, ma risale al settembre scorso quando il re era in Napoli investito della pienezza dei poteri. Un milione non è troppo grave danno per le finanze dello Stato: spetterà al parlamento di deliberare se questa somma debba essere accresciuta. La legge sull'amministrazione comunale e provinciale si eseguisce: anzi egli assicura l'interpellante che al quindici aprile avran luogo le elezioni.

Se quella sulla Guardia Nazionale ha degli inconvenienti, questi non si possono modificare adesso. La legge fu fatta da Garibaldi in tempi eccezionali nei quali l'ammessione dell'elemento borbonico era pericoloso.

Quanto all'armamento della Guardia Nazionale, dice che da principio le si distribuirono 80 mila fucili, che sparvero, causa i tempi eccezionali. Ora furono dati alla luogotenenza i 30.000 trovati a Gaeta, che però non essendo a percussione han bisogno d'essere prima riparati. Assicura l'interpellante che egli non baderà né a spesa, né a fatiche per accelerare questo armamento; che se non è ancora compiuto vuolsene dare la causa alla somma difficoltà di trovare in questi tempi delle armi buone, com'egli se ne dovette con vincere trattando con parecchie case e offrendo anche prezzi superiori al valore ordinario.

Gli sbandati risalgono per la maggior parte al primo apparire di Garibaldi; quanto ai congedati, fu quella una misura non solo necessaria, ma lodevole del ministero della guerra, perchè noi non potevano tenere nel nostro esercito i soldati borbonici ammogliati con prole numerosa. L'esercito deve essere spedito nei suoi movimenti.

Quanto alla circoscrizione territoriale sarà il caso di discutere le ragioni degli oppositori quando si discuterà il progetto del riordinamento amministrativo a cui andrà annessa una tabella per la circoscrizione.

A Napoli vi sono abitudini di gradi largizioni. Una moltitudine si recò al Banco; la Guardia Nazionale tentò di sciogliere la riunione; ma non potè, si dovette ricorrere all'esercito che la sciolse colla forza previe le intimazioni legali, e uno solo fu il ferito. Non posso a meno di assumere io stesso la difesa e la responsabilità della soppressione di quel tumulto, perchè quando i mezzi legali non giovane, la forza deve restare alla legge e il tumulto represso.

(Da destra: bravo, benissimo!)

Quanto alla Sicilia se le influenze della piazza si fecero talvolta sentire anche al governo ciò fu non per altro se non perchè mancava ivi quella forza, la quale ora è in numero sufficiente; non che la lunga malattia del luogotenente il quale da lungo insta per essere dispensato dal suo ufficio. Si dispensa dal dirne altro perchè quanto disse delle provincie napoletane si può riferire a quelle siciliane, e passa a parlare dei provvedimenti che il governo intende adottare per andare incontro ai mali lamentati.

Il primo di tali provvedimenti fu già pubblicato col decreto di nomina di quattro segretari generali che aboliva il consiglio di luogotenenza perchè i quattro segretarii son segretari del governo, non del luogotenente.

Vi sarà un regolamento che determinerà le competenze speciali sia della luogotenenza che del ministro. Le nomine degli impiegati superiori e la decisione delle quistioni di massima spetteranno al potere centrale.

3. È intenzione del governo di adottare la massi ma della promiscuità degli impiegati superiori.

4. Dichiarare chiusa la formazione degli impiegati, né dare affidamento per nessun impiego. Se il governo non intende destituire in massa, ma usare riguardi non intende però di rinunciare ad una saggia, progressiva riforma degli impiegati.

5. Si provvederà per la Guardia Nazionale e l'amministrazione comunale e provinciale; 6. Non è vero che le provincie siano sguernite di truppe; colonne mobili percorreranno i luoghi dove possa essere minacciata la sicurezza pubblica. Nelle province napoletane vi sono 724 carabinieri nostri, tuttavia la forza è ancora insufficiente; appena usciranno degli allievi carabinieri saranno mandati a Napoli e in Sicilia: Quanto ai lavori pubblici ne parlerà il suo collega.

Quanto alla Sicilia dichiara che il governo non ammette autonomia; ma che non devesi fare un troppo rapido trapasso da un sistema all'altro, con troppo violento urto degl'interessi locali.

Il governo ha già presentato un progetto di riordina mento interno che spera di vedere votato fra pochi mesi, e sarebbe inutile stabilire un altro sistema provvisorio.

Questi provvedimenti se non faranno cessare del tutto i mali li calmeranno però. Noi non abbiamo la di essere il Nettuno che calma le onde e i venti.

Peruzzi, ministro dei lavori pubblici, espone numerosi dati statistici, e si estende in larghe promesse per la pronta attivazione di ferrovie, telegrafi ecc., ecc.

Miceli. ll signor ministro dell'interno parlando del doloroso avvenimento succeduto a Napoli in questi ultimi giorni, diceva che una turba di accattoni era andata a tumultuare sulla Piazza delle Finanze, che la forza pubblica fu costretta a scioglierla e che successe il ferimento di un solo individuo.

Da varie lettere che io ho ricevuto da Napoli, e da ciò che dicono tutti i più attendibili giornali del paese, tra i quali posso citare il Nomade, il fatto non andò così.

Quelli che tumultuarono, non erano una turba di accattoni, ma erano un centinaio di soldati appartenenti all'antico esercito meridionale. Questi soldati congedati, che per la condizione delle provincie meridionali erano privi di lavoro, stavano in Napoli. In quella città si parla spesso di arruolamenti che si debbono fare; e quei poveri giovani stavano aspettando il giorno in cui potessero rendere nuovi servigi al paese. Essi mancavano del necessario, e chiesero un sussidio al governo. Il governo aveva promesso questo sussidio, e fu stabilito il giorno in cui essi dovevano andare a prendere un pò di al ministero delle finanze. Andarono, ed invece di essere soddisfatti, furono mandati al palazzo di Maddaloni.

E qui mi sembra importantissimo notare, che questi giovani, i quali chiedevano un sussidio, come conveniva che si desse a soldati congedati che avevano bene meritato della patria, non dovevano essere mandati al palazzo Maddaloni a ricevere l'oltraggio di una elemosina.

Umiliati da questo trattamento, e più dalla tenuità dell'elemosina, tornarono in tumulto alla Piazza delle Finanze.

Io non posso approvare l'operato di quei soldati, non posso a meno di dire, che quei poveri giovani erano costretti dall'estrema necessità a chiedere un sussidio; e che quantunque siano trascorsi a qualche atto violento, essendo essi inermi, potevano altrimenti essere condotti al dovere.

E se qualcuno era degno di castigo doveva essere castigato dalla legge. Invece si abbassarono le baionette senza nessuna intimazione, e sono molti che asseriscono questo. Ma io voglio anche ammettere che vi sia stata intimazione; qual era in questa ipotesi lo stato delle cose?

Una mano di giovani inermi, affamati, senza proposito d'oltraggiare, né di resistere, gridano, tumultuano. La forza pubblica organizzata, che ha la coscienza di essere di troppo superiore e di non aver nulla a paventare da pochi inermi, invece di disperderli a colpi di baionetta, io credo che avrebbe potuto circondarli ed arrestarli; avrebbe potuto usare altri mezzi pria di venire all'estremo di ricorrere alle armi. Ho l'onore di assicurare il signor ministro, che dei feriti non ve ne fu uno soltanto: furono quattro o cinque i feriti ed uno morto. Questo giovine che ora è morto, come dicono le ultime notizie, non era un accattone, era un giovine volontario nato in Campobasso; non ne ricordo il nome, ma i giornali lo riportano, apparteneva al battaglione Sprovieri. Era dunque un giovane che ha combattuto, che ha sparso i suoi sudori ed il suo sangue per la libertà del nostro paese.

Potevano i nostri granatieri, i valorosi del nostro esercito, che hanno combattuto essi pure per la libertà, trattarlo meno indegnamente, trattarlo con quell'umanità che un uomo deve usare verso un altro uomo, se pure non voglia ammettersi che avrebbero dovuto trattarlo con la deferenza che un soldato deve avere per un suo compagno d'armi.

Signori, se il fatto successo a Napoli è quale io ve lo dico (ed ho ragione di crederlo in questo modo) i rappresentanti del signor ministro dell'interno a Napoli non hanno agito come si conveniva ad impiegati di un governo libero; ed i soldati anziché meritare l'encomio che da un lato della Camera ho udito tributar loro; i soldati meritano invece grandissimo biasimo, perchè un fatto simile non è degno di un soldato italiano, ma è degno piuttosto di un borbonico o di un croato (rumori).

(continua)

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 7–Torino 6 (sera)

La Camera dei Deputati pose fine alla discussione delle interpellanze di Napoli e Sicilia, e senza più gravi discussioni approvò il voto seguente. La Camera ritenute le spiegazioni del Ministero contando sulla esatta osservanza delle leggi, confidando che esso piglierà i provvedi menti più capaci di accelerare l'unificazione amministrativa delle Province Napolitane e Siciliane ed insistendo sulla pronta ed efficace pubblicazione delle misure dal Governo promesse circa la sicurezza pubblica ed i lavori pubblici, passa all'ordine del giorno. Approvò poscia due progetti di legge di minor interesse. – Lunedì la Camera si adunerà negli uffizii.

Napoli 7– Torino 6 (notte)

Gazzetta officiale. Un decreto esonera il Co mandante Generale del Dipartimento marittimo meridionale da qualunque attribuzione per l'amministrazione della marina mercantile. Lo stesso decreto sopprime dal 15 Aprile la Direzione del commercio, e crea una commissione superiore provvisoria mercantile per le Province Napolitane con residenza in Napoli, e dipendenza dal Mini stero di Marina in Torino.

Napoli 7–Torino 6

Parigi 6 – La Patrie e il Pays dicono che l'agitazione aumenta nelle Isole Ionie.

Pesth 5 (sera)–Da Vienna si annuncia che la Dieta si aprirà positivamente domani.

Napoli 7-Torino 6 (sera)

Parigi 6–Assicurasi essere inesatto che Moustier abbia rimesso a Vienna una nota intorno al riscatto della Venezia.

Patrie 6-E completamente inesatto che la di visione navale francese sia partita per la Siria. La Squadra di evoluzione composta di tre divisioni la scerà Tolone nella seconda quindicina di aprile per eseguire grandi manovre.

Berlino – Schleinitz ha disapprovato e biasimato energicamente la condotta tenuta a Palermo dal Conte Schlaffenbach.

Madrid 6 – Il Duca e la Duchessa di Montpensier recansi a Londra.

Napoli 7 (notte) – Torino 7

Parigi 6 – Pesth – Apertura solenne della Dieta a Buda: grande affluenza. Il discorso non conteneva alcuna proposta formale, soltanto l'indicazione degl'interessi generali e della necessità di conciliazione di tutto l'Impero colla costituzione Ungherese che riuscirà sulla base del rispetto pel diritto. Debole allusione alla patente di febbraio ricevuta freddamente. Generalmente impressione favorevole. I Magnati dell'aristocrazia assistevano in gran numero – Pochi Deputati. Nelle vie grande vivacità.



Fondi Piemontesi 75 00
Tre per cento francese 67,70
Quattro e mezzo id. 95,60
Consolidati inglesi 91 3/4
Metalliche Austriache 64,00

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ANNO I. Napoli 9 Aprile 1861 N. 38

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 9 APRILE 1861

Ci siamo!

(Continuaz. – V. n. prec.)

La nostra voce fu predicata al deserto: i nostri allarmi si ebbero in conto di lugubri esaltazioni di pessimisti.

Ed ora poco è mancato che quadri e scene de'  tempi di Attila non avessero da Napoli presentato a Torino ed al mondo un argomento da far fremere tutti i cuori in cui non è morta la pietà, e da far maledire un indirizzo di cui l'Austria, il Borbone, il papa-re, e tutto l'elemento brigante di Europa si congratula segretamente come dell'ancora della propria salute.

Delenda Cartago! riproduciamo l'eterno ritornello della trista canzone di questo popolo, alla quale il Conte di Cavour oppone il rimedio che opponeva Ulisse co' suoi compagni al canto delle Sirene.

Urgente necessità, questione di vita o di morte per l'interiore del Napolitano era ed è:

1. Benessere materiale – mercé l'Amministrazione.

2. Sicurezza pubblica – mercé l'organizzazione della Guardia Nazionale, stanziale e mobile.

3. Indirizzo liberale – pel trionfo del Principio Italiano e dell'Unità.

Il rovescio delle due prime cose sta maturando ormai, lentamente i suoi frutti presso di noi: la manomissione dell'ultimo stava già per dare alla luce le sue conseguenze che nascevano diretta mente da queste modalità del falso principio adottato: abbassamento de'  liberali, e fusione dei borbonici.

I liberali abbassati, non perciò declinavano dall'Unità, (salvi pochi volgari e schiamazzatori) perché a tanti sacrifizi durati per essa, ed allo splendido corso della loro azione cooperatrice, avevano ben forza di aggiungere quest'altro sacrifizio dall'amor proprio conculcato, dell'ingratitudine, e prendeano luce e forza dalla loro stella polare che splendeva solitaria sullo scoglio di Caprera, dopo aver dato l'esempio di un'abnegazione unica al Mondo.

Ma questi liberali avean perduto presso la massa, divenuta pel disinganno calcolatrice, la loro influenza, salvo che non l'avessero adoperato (tolga il Cielo) per incitamento alla decomposizione. I Borbonici poi, dico i reazionari veggendo a chiare note di poter tutto operare impune mente, si coalizzarono, e non attesero né lo scoppio della guerra, né la partenza dell'intero corpo militare italiano da Napoli per tentare audacemente un'esplosione che tutto ché vinta non sarebbe rimasta senza seguito nelle provincie, ed oltre i flutti di sangue e le atroci devastazioni sarebbe stata un argomento sinistro allo straniero sul morale del mezzogiorno d'Italia, ed avrebbe imbaldanzite le forze del nemici armati di essa.

Domandiamo ora pacatamente e di buona fede al Gabinetto di Torino, se queste illazioni del suo sistema, semplicemente per un caso della Provvidenza, siano finalmente una lezione per esso, Noi non esitiamo nel tener con sicurezza all'affermativa: noi non intendiamo dubitare un momento che il Gabinetto recederà alfine dalla sua via, perché dubitandone, dubiteremmo della sua buona fede politica, e riterremmo in esso intenzioni segrete contro l'Unità Italiana: lo che fu, ed è ben lontano dal nostro pensiero.

Dunque attendiamo prontamente i risultamenti di un mutamento di indirizzo, ed attendiamo innanzi tutto con la celerità del fulmine, la caduta de'  borbonici dalla Magistratura, e il castigo esemplare de'  rei. La vostra indulgenza li ha fatti! Questa è una grande e solenne occasione per dimostrare a sospettosi che il gabinetto poteva ingannarsi, come avviene agli uomini di Stato, ma che è di buona fede, e dimostrerebbe oltre a ciò un'altra cosa: che se nell'animo del Conte di Cavour prevalse malaugurata mente per qualche tempo una fatale gelosia per l'Eroe liberatore di queste Contrade, e per l'opera sua, il Conte di Cavour non è poi al livello di que’ volgari che sacrificano la patria all'astio, ed alla privata gelosia. Ah tutti i sentimenti che ritraggono dalla creta debbono dileguarsi co me la nebbia innanzi all'alba di un giorno luminoso, quando d'accanto a voi, nella stessa Aula Sovrana, al cospetto della nazione, sopravviene quell'Uomo che ritrae dal Nazzareno, sulla cui fronte mesta e sublime sta scritto a veggente degli Italiani – Concordia! e l'Italia sarà.

F. MAZZA DULCINI

LE CONTRADIZIONI

La Camera de'  Deputati plaudisce al Ministero per l'Amministrazione dell'Italia meridionale, conseguentemente loda ed approva questa Amministrazione, la quale si è creduta atta e sufficiente a tutelar l'ordine, a garentire persone e cose; e nel contempo si scovre (e non certo per le cure antivegenti dell'Autorità) una vasta congiura borbonica, in atto di esplosione!

La Camera – respinge le dimande di Lamarmora, s'inchina al Ministero, ne loda gli atti, e d'altra parte il Governo è obbigato di riconoscere il suo torto, pregar Lamarmora a ritirare la sua dimissione, e consente le dimande per un Campo trincerato lungo il Mincio, con aumento di forze!…

La Camera approva la condotta del Ministero pe' fatti dell'Amministrazione di Napoli, della quale ammette l'esattezza, e frattanto respinge un inchiesta, provocata dal Deputato Ferrari, per la quale avrebbe potuto chiarivisi il vero!

I Deputati dell'Italia meridionale, che avrebbero dovuto rappresentare i veri interessi del paese, del quale presuntivamente non dovrebbero ignorare i mali, approvando la condotta del Ministero, han ritenuto di essere stata, e di essere l'Italia meridionale ben governata; ed intanto una Petizione è in soscrizione nelle Provincie per contestare il contrario!

La Camera ha renduto plauso al Ministro Cassinis pel trapiantamento di alcune leggi piemontesi nell'Italia meridionale, nel mentre nell'Italia meridionale si sono soscritte e si sono mandate molte petizioni per escludere o differire l'ammissione di dette leggi!

Il Ministero non potendo negare tutt i mali che aggravano la condizione di questo paese, li ha addebitato agli Agenti del potere locale; la Camera approvando ha ritenuto le stesse idee del Ministero, ed intanto qui si lasciano al potere quegli stessi che sono stati la causa immediata de'  mali che si è creduto riconoscere!

Crede forse la Camera, annuenti o no i Deputati di queste provincie, crede il Ministero, che nell'Italia del mezzodì vi sono realmente de'  Cretini?

D.

Notizie Diverse

L'Havas reca pure il seguente telegramma da Varsavia, in data del 2 aprile:

Fu pubblicato un secondo proclama della luogotenenza generale. Il principe Gortscakoff dice, che la gravità delle circostanze lo costringe nuovamente a far appello al buon senso della popolazione. Le istituzioni pro messe garantiscono, dic'egli, gl'interessi più cari del paese, la religione e la nazionalità, e le promesse sa ranno lealmente eseguite. Per conseguenza egli invita la popolazione ad evitare tutte le occasioni di turba menti, che il governo non potrebbe sopportare e non farebbero che compromettere la sorte di tutte le con cessioni future.

– Giusta un altro dispaccio dell'Havas, in data di Pietroburgo 2 aprile, in una circolare diretta il 20 marzo dal principe Gortschakoff ai rappresentanti russi presso le corti straniere, si legge:

«La Russia e l'Europa hanno la prova che l'imperatore, ben lontano dal ricusare le riforme, ne prese l'iniziativa e intende di proseguirle con perseveranza. L'Imperatore vuole che ciò, ch'egli concede, sia una verità e guidi la Polonia sulla via di un progresso regolare».

– Scrivono per via telegrafica all'Havas, in data del 2 aprile:

Si annuncia da Varsavia in data del 31 marzo:

«Il signor Plutonoff, aggiunto al ministro segretario di stato, era atteso a Varsavia. Egli è inviato dall'Imperatore in qualità di commissario imperiale, incaricato di mettere in esecuzione le riforme concedute al regno di Polonia.

– Le dame di Varsavia, per dare alla classe operaia una prova di riconoscenza pella sua nobile e saggia condotta, s'accordarono di dar loro dei banchetti pel giorno di Pasqua. In ciascuna delle classi principali furono invitati 25 operai. V'erano in tutto più di 4000 invitati.

UNGHERIA

– A Dunavesce accadde un sanguinoso conflitto per le elezioni: i concorrenti erano il conte Giulio Teleki ed un certo Farkas. La minoranza che stava per que st ultimo, irritata dello scacco avuto, cominciò con bastoni e con sassi a percuotere gli elettori di Teleki in poco te:po il conflitto divenne generale: Teleki, leggermente ferito, si pose in salvo colla fuga.

PRUSSIA

Vienna a Berlino, leggesi nell'Havas in data di Berlino, 28 marzo:

«È certo che il nostro ambasciatore a Vienna è qui giunto per assistere alle deliberazioni del consiglio dei ministri circa i rapporti della Prussia coll'Austria.

Parlasi variamente sull'oggetto di tali deliberazioni.

Alcuni pretendono che si stia preparando un trattato politico tra le corti di Berlino e di Vienna.

Secondo altri, si tratterebbe d'intendersi coll'Austria sopra una riforma della costituzione federale, nel caso in cui questa potenza volesse fare alla Dieta germanica una proposta su tale argomento. Questa versione pare la più probabile, perocchè anche il rappresentante della Prussia a Francoforte, signor d'Usedom, è qui giunto. In ogni caso codeste deliberazioni devono essere importanti, poiché il re medesimo vi ha ieri assistito; ed eranvi pure il ministro degli affari esteri, il barone di Werther, il ministro della guerra e ministro di Stato, signor di Auerswald».

– La Gazzetta austriaca annunzia che il principe Adamo Czartoryski ha lasciato Parigi per Breslavia, ove dicesi che debba aver luogo un convegno di parecchi mobili polacchi dopo Pasqua.

AMERICA

– La nuova confederazione del Sud manda ai governi di Francia e di Inghilterra inviati straordinarii, con incarico di offerire in cambio del riconoscimento

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati – Tornata del 3 aprile

PRES. RATTAZZI.

(Cont. e fine, c. num. prec.)

Minghetti sostiene che furono fatte le legali intimazioni; che il suo rapporto uffiziale gli dice che uno solo fu ferito e trasportato all'ospedale, che egli mancherebbe al suo dovere se permettesse in qualunque parte del regno tumulti di piazza; che fuori degli arrolamenti del regio esercito e dei volontari della Guardia Nazionale, tutti gli altri arrolamenti sono illeciti, contrari alla legge e passi bili di pena.

Natoli. Risponde a Massari circa il contratto per la monetazione dei 12 milioni; ma parla sottovoce, e non è inteso.

Un deputato di destra si dichiara soddisfatto della dichiarazione del ministro di reprimere i tumulti di piazza e rinunzia alla parola.

Cassinis, guardasigilli. Il deputato Massari chiese se la legge sull'organico giudiziario sarà applicata alle provincie meridionali dalle luogotenenze o dal ministero.

Vennero pubblicati il codice penale, quello di procedura.

Saranno abolite le corti criminali e saranno sostituite dalle Assise: questi provvedimenti sono assai gravi, e quindi il governo si dirigerà esso stesso, si nominarono già delle commissioni per avere le indispensabili nozioni che voglionsi attingere sui luoghi nei quali debbonsi effettuare le innovazioni.

In quanto alla legge che abolisce le corporazioni religiose nulla ho da rispondere e quindi mi restringerò al monastero di Montecassino che l'onorevole Massari non vorrebbe soppresso. Ricorderò l'articolo della legge che dice:

«Sono soppresse le corporazioni eccettuate quelle che sono benemerite».

Ora parlando di Montecassino quale è quell'italiano che non lo conosca e non mandi a quell'istituto un saluto di riconoscenza! Si assicuri a dunque il signor Massari: quei padri che primi salmeggiarono l'inno italiano saranno conservati.

De Blasis si dichiara soddisfatto, dice che il governo deve agire con energia sostenuto da molta forza, propone la chiusura della discussione ed un analogo ordine del giorno.

Presidente comunica alla Camera che sono trasmessi al banco della presidenza diversi altri ordini del giorno, uno di Leotardidi, l'altro di Miceli.

Ricciardi domanda la priorità del suo ordine del giorno che fu proposto pel primo.

Presidente propone che si apra la discussione sopra questi ordini del giorno. e dichiara che darà la paro la a chi voglia proporre altro ordine di discussione.

Bruno si oppone alla chiusura, e il presidente da la parola a Massiotti.

Massiotti approva la disposizione del milione di sussidii ai danneggiati politici; solo è necessario che sia ben distribuito, e non fare come si fa delle pensioni che sono ancora pagate agli assassini degli eroi di Sapri. Trova inopportuna la legge sui conventi, raccomanda la pubblica istruzione.

Greco. Ognuno conosce quell'esercito che percorse vittorioso le provincie meridionali fino a Capua. Questo era composto di molti elementi tra cui di ufficiali borbonici i quali vergognando di servire un tiranno pugnarono strenuamente per la patria. In ultimo quando l'ex-re perdette ogni speranza, molti altri ufficiali si unirono al nostro esercito. Era naturale che si accogliessero con ogni riguardo i primi a preferenza dei secondi. Or bene successe precisamente il contrario.

Inoltre vorrei che in Napoli si conservasse un centro di governo in fino a che sia portata in Roma la Capitale.

Le finanze napoletane sono rovinate. Io vorrei che il governo nominasse una commissione incaricata di esaminare l'uso che si fece e si fa del danaro.

In quanto alle colonne mobili vorrei che il nostro esercito non fosse destinato a ciò; questo dovrebbero farlo i carabinieri insieme alle guardie nazionali mobilizzate.

Prego il ministro dei lavori pubblici perché si com piano al più presto gli studi delle ferrovie.

Vorrei in ultimo che fosse demolito il castello di Sant'Elmo come fu decretato da Garibaldi.

Piria parla per un fatto personale.

Cardente pronunzia anch'egli un discorso; dice che quelle provincie han fame di moralità; conchiude che se Garibaldi e l'esercito han vinto l'acuto del male borbonico, rimane pur sempre a combatterne la lue.

Altra piaga fu il flagello dei governatori delle provincie. Pare che scegliessero i più tristi. Posso assicurare che vi è un governatore il quale era intendente della mia provincia solo perché cognato di Aiossa.

Se mai ve né per uno onesto ed abile questi veniva subito dimesso.

Castellano dice che sinora non si è fatto altro che distruggere, invita il governo a sottoporre alla Camera tutti gli atti legislativi del governo dittatoriale e delle luogotenenze, e propone anch'egli il suo ordine del giorno.

Presidente. Fa noto alla Camera che vi sono tre altri ordini del giorno (ilarità). Ne dà lettura, i due ultimi sono di Amari Emerico e di Ferrari. Due deputati rinunziano alla parola.

Valente. Mietuto è il campo, signori, e a me non restano a raccogliere che poche spighe. Pur le raccoglierò per soddisfare al grido di dolore che esce dal mio paese: Sempre soffrire, sempre! – La prima di queste spighe è l'esclusività della luogotenenza nella distribuzione degli impieghi.

Altra piaga è la diffalca delle finanze; eppure sotto al Borbone si pagavano gli stessi pesi che si pagano adesso, e il Borbone, manteneva un esercito di 100 mila uomini, un mezzo milione di spie, lautissimamente una camarilla, mandava fondi all'estero; eppure le finanze erano fiorenti, mentre ora sono esauste.

Altra piaga è la fame, che non soffre dilazioni, che non si appaga di parole. Gli immegliamenti morali sono sentiti dalle classi culte, ma le mediane, le basse sen tono la fame e voglion pane.

La tornata fu sciolta alle 5 e mezza.

_________________

Non vogliamo chiudere questa importante seduta senza riportare per intero il discorso dell'egregio Avvocato e deputato signor Castellano Errico, nostro concittadino.

Castellano. Io sarò brevissimo nelle parole che rivolgo alla Camera, imperciocché non intendo abusare del suo tempo ma nondimeno trovo debito della mia coscienza di manifestare l'opinione che porto sulle gravissime circostanze in cui versa il paese, che in questo Parla mento io rappresento. ll Governo, come è stato esercitato sinora nelle provincie napoletane, solleva una questione pregiudiziale, ed è quella delle norme secondo le quali fu condotto in quel le provincie, come nelle siciliane, e come, credo, anche nelle Marche e nell'Umbria dai commissari straordinari.

Ora io domanderei al Ministero, se questi commissari sono stati o no muniti di sue istruzioni; imperocché nel primo caso ritengo che le istruzioni furono malamente date, come nel secondo credo ugualmente che la responsabilità sia nel ministero per non aver dato le convenienti istruzioni.

Difatti, o signori, dove troviamo, quando non voglia mo dissimularci tutta la profondità della piaga che si è voluta svelare, dove il maggiore dei danni che a quelle provincie sia toccato dall'azione del Governo?

Per me io non posso in verun modo acconsentire a quella facoltà di legiferare che hanno creduto di poter esercitare tutti gli uomini che si sono succeduti al potere nei successivi Governi; imperciocché le leggi nuove che si venivano facendo non essendo corroborate né dalla necessità, né dal maturo giudizio, e, quello che è più, senza il prestigio dell'autorità del Parlamento, quelle leggi non hanno soddisfatto ai bisogni di quelle provincie, le quali aveva no necessità, più che di leggi, di essere bene amministrate.

Non è già che io voglia espressamente rimproverare a quegli uomini tutto ciò che essi hanno fatto, mentre io pure fo conto delle tante difficoltà che essi avevano da superare; ma non per questo io posso dividere il principio da essi adottato, di voler tutte rinnovare, ed a proprio arbitrio, le antiche istituzioni dell'ex-reame, per sostituirne delle nuove senza aspettare l'intervento del Par lamento nazionale.

Il ministro di grazia e giustizia, per esempio, alle interpellanze Massari rispondeva che la legge sull'ordinamento giudiziario si proponga d'introdurre nelle provincie meridionali il sistema dei giurati, quel sistema da cui tanti vantaggi debbe ripromettersi il paese per la migliore e più pronta amministrazione di un importante ramo della giustizia; ma io domanderei al signor ministro di grazia e giustizia: è forse la legge dell'ordinamento giudiziario quella che si propone soltanto di raggiungere siffatto scopo, col variare benanche tante circoscrizioni giudiziarie, e sopprimendo quelle che attualmente esistono, col creare uno spostamento d'interessi materiali, in modo da accrescere le difficoltà, già per sé grandi, che il movimento rivoluzionario ha fatto sorgere nelle provincie meridionali?

Se dunque questa legge ha potuto differirsi sino alla vigilia dell'apertura del Parlamento, valeva ben la pena di aspettare che fosse convocato, e che, colla maturità del suo giudizio e coll'autorità dei rappresentanti della nazione qui accolti, si fosse avuto il suo voto per tutte quelle molte leggi laggiù emanate; così quei governanti avrebbero potuto rendere ragione di un fatto che, in mancanza di ciò, niente basta a giustificare.

ll guardasigilli aggiungeva, che con la promulgazione della legge per la soppressione delle corporazioni religiose, non si fosse fatto altro che rendere comune alle provincie dell'Italia meridionale quella che era stata precedentemente sancita dal Parlamento subalpino.

lo però richiamerò il ministro guardasigilli al confronto delle due leggi, ed egli vedrà la grandissima mutazione che coloro i quali si sono fatti a promulgarla nell'ex-reane di Napoli hanno introdotta alla legge del Parla mento subalpino, perché abbia a conchiudersi che, senza l'autorità del Parlamento, non si potevano quei consiglieri di luogotenenza elevare alla qualità di legislatori.

Ma io continuo nel mio esame, e trovo che in quanto a tutte queste disposizioni, se alcune vogliano qualificarsi di opportunità politica, altre certamente non lo sono.

Io scorgo anzitutto che la ragione che il guardasigilli adduceva, cioè di aversi, con la pubblicazione di quelle leggi, lo scopo di unificare il dritto pubblico interno, non sussiste. Diffatti, o signori, avete forse trovato che questa ragione si fosse fatta valere per apportare le stesse innovazioni in tutte le novelle provincie, dove non ancora si sono introdotte, per attentare alle istituzioni proprie della Toscana, le quali rimangono ancora come sono? No certamente. Quindi non vi è ragione di dire che si possa così di leggieri mutare una legislazione senza che l'autorità dei rappresentanti della nazione all'uopo maturamente possa spiegarsi.

E dunque mio pensamento che in gran parte i mali i quali si sono prodotti nelle provincie meridionali dell'Italia, derivino sopratutto dalla soverchia leggerezza con cui le istituzioni antecedenti si sono andate immutando; imperciocché significa forse autonomia soltanto il conservare una separata amministrazione? lo credo che il senso di autonomia abbia una più alta portata, ed è quello di conservare, per quanto sia possibile, a ciascun paese le proprie istituzioni.

Noi non avevamo difetto di leggi più o meno buone ma sibbene di esatta, di morale esecuzione delle leggi stesse.

Ebbene, che cosa ha fatto il Governo che finora è retto quelle provincie? Non ha fatto che distruggere, senza possibilità di riedificare, non ha fatto che abbattere le vecchie leggi per sostituirne delle nuove, che, mentre mancavano del prestigio di autorità legittima, non si aveva la forza di far rispettare: e tanto valeva, e meglio l'attendere l'autorità del Parlamento, che almeno le avrebbe raccomandate colla sua maestà, che alla nazione le avrebbe potuto fare legittimamente accettare.

Egli è quindi sotto questo punto di veduta che io mi fo a pregare il Parlamento perché porti la sua se ria e sovrana attenzione su tutte le innovazioni le quali nelle provincie napoletane in materia legislativa si so ao venute consumando, e prego che la porti, perché l'unificazione pertanto sarà più duratura, per quanto più utile, dappoiché questa unificazione va fatta nel senso che vicendevolmente le provincie si mutuino il meglio delle loro istituzioni, e tutte le altre adottino per sé quelle che troveranno più convenienti in ciascuna di esse.

Io trovo quindi che, fatta questa discussione maturamente dal Parlamento, sarà il caso di potere opportunamente rimediare ai mali che affliggono le provincie napolitane. Per ora esprimo il voto che il Ministero sottometta alla Camera tutte le disposizioni legislative le quali dai governi dittatoriali e dalle luogotenenze furono emanate, perché la Camera possa portare sulla lo ro convenienza il suo giudizio. Imperciocché io ritengo nel dippiù che le dichiarazioni del Ministero, intese a stabilire che il riordinamento dell'amministrazione ha per iscopo di poterlo efficacemente condurre ad assumerne la responsabilità ministeriale, sieno sufficienti, perché al governo io lascio la facoltà di governare come glien'è propria la responsabilità.

Propongo quindi il seguente ordine del giorno, che ho l'onore di deporre sul banco della Presidenza, così concepito: «La Camera prende atto delle dichiarazioni del Mini stero, intese a stabilire che col riordinamento dell'amministrazione nelle provincie meridionali si proponga di diventarne effettivamente responsabile; ed invitandolo a presentare al Parlamento tutti gli atti legislativi promulgati in quelle provincie dai governi dittatoriali e dalle luogo tenenze, perché possano essere esaminati, passa all'ordine del giorno».

 

Camera di Deputati – Tornata del 4 aprile

PRES. RATTAZZI.

Le adiacenze del palazzo Carignano sono affollate di persone che vi attendono il passaggio di Garibaldi, il quale però non intervenne alla Camera.

Letto il verbale e il sunto delle petizioni si continua la discussione sulle cose di Napoli.

Massari, assicura la Camera che il personaggio cui ieri fece allusione il deputato Valente in termini non di lode, è superiore ad ogni encomio.

Valente domanda un'inchiesta al ministero sulle cose da esso dedotte e su quelle che è pronto a dedurre ancora relativamente a quel personaggio.

Ferrari. Le parole pronunciate ieri dal ministro degli interni, mi infusero una profonda tranquillità. Pareami che noi qui continuassimo una discussione iniziata la senatori nostri antenati di parecchi secoli; guardano intorno mi parve che queste colonne fossero di marmo e le mura di bronzo. Il ministro ci fece un quadro color di rosa, ad ogni danno rilevato aveva già in pronto un rimedio.

Noi siamo riuniti da ieri, non ci conosciamo appena: non siano i rappresentanti d'una rivoluzione, a cui il Piemonte diede una forma esterna di regolarità.

Tutti siamo soldati dello stato del mezzodì, e lo stato di quelle provincie importa al Piemonte, alla Lombardia, all'Emilia, quanto lo stato loro medesimo. Perciò propongo un’inchiesta parlamentare che esamini lo stato di quelle provincie.

La discussione presente non è che la continuazione di quella di sei mesi fa per l'annessione immediata.

Voi non potete accusar nessuno di avervi interrotta l'opera vostra; dittatori, prodittatori, tribuni, volontari scomparvero; voi avete trionfato su tutta la linea. Che cosa avete voi fatto, o ministri? In che modo avete voi impiegato il vostro tempo?

l municipi sono ancora adesso stato in cui li ha lasciati Garibaldi.

La Guardia Nazionale dopo quattro mesi è pressa poco come l'aveva lasciata Garibaldi. L'avete confessato voi!

Vi siete voi fatti amare? Questo vi domando! Vi perdono tutti i peccati, ma siete voi amati? L'amore è la base dei troni. I vostri governatori, voi stessi, i vostri luogotenenti sono benveduti?

Ad ogni momento vi sono dimostrazioni, queste avranno forse torto, ma infine ogni dimostrazione è sempre un reclamo. Non siete amati! Per di più v'è un fatto prodotto dall'onorevole Miceli, il quale merita un esame. Cento militi o popolani, che avevano forse torto, ma che avevano passati tutti i giorni dalle 9 alle 3 a domandar soccorsi, furono scacciati, repressi, mutilati. Voi dite che doveva essere represso il tumulto; sta bene, ma se invece di 100 fossero stati in 500, e il tumulto si fosse mutato in ribellione, che cosa né sarebbe avvenuto?

Voi dite che gli arruolamenti sono illeciti; ma l'anno scorso non se né facevano, non erano tollerati? E se voi non siete creduti in parola quando li disapprovate, di chi né è la colpa? Non parlerò delle finanze, quando Garibaldi coll'amore entrò solo in Napoli la rendita era a 112, ed oggi a qual tasso si trova?

Si parla dei disordini della stampa. Ma io domando: le accuse di dilapidazione non erano forse l'anno scorso riprodotte da giornali officiosi, e, direi quasi, ministeriali contro uomini eminenti ed onestissimi?

Parlerò degli impieghi.

Prestando appoggio ai servitori del Borbone voi, sic come non siete amati e poco considerati, invece di favorire la rivoluzione, fate la reazione. Voi dite che queste sono calunnie; ma la calunnia è un'arma politica, e se voi non siete amati, pei vostri nemici quest'arma sarà buona come qualunque altra.

Desidero un'inchiesta fatta dal Parlamento; non fo proposte: mi limito a constatare un fatto: che non siete amati. E l'amore è quello che crea i regni.

Le misure da voi proposte sono insufficienti. Quando io intendeva dirmi ieri: manderemo dei buoni gendarmi, abbiamo una discreta forza militare accantonata: quando io sentiva che le baionette piemontesi andrebbero a fare la polizia, io sentiva che voi eravate in errore, perché non è possibile che un paese il quale si diede a Vittorio Emmanuele, a Garibaldi spontaneamente, abbia bisogno di essere compresso e tenuto colla forza militare. Il ladro, l'assassino sono graziadio eccezionali disordini, mostruosità.

Il regno di Napoli è ancora adesso la terza capitale d'Europa in grazia della sua autonomia; i napoletani e i siciliani non erano infelici per essere napoletani e siciliani, ma per la pressione tirannica sotto cui gemevano. Qual sollievo avete voi loro arrecato? Che cosa volete voi fare ora di questo regno? dividerlo forse in più regioni? Ecco perché io mi opposi all'annessione immediata. Era per risparmiarvi le spine e riserbarvi tutti gli allori.

Molto eravi da fare; chi era andato avrebbe finito l'opera. Voi, governo d'ordine, non potevate purgare il paese, non potevate fare il compito dell'opera rivoluzionaria.

La nostra unione è recentissima; se in questo stato incerto ci giungesse una disgrazia nelle provincie meridionali quale sarebbe la nostra condizione?

(continua)

CRONACA BORBONICA

DEPOSITO DI POLVERE in sacchi scoperto e seguestrato nelle vicinanze della Posta.

DEPOSITO DI ARMI. In un vicolo del quartiere Montecalvario, dentro una specie di rimessa chiusa sempre a catenaccio.

Ieri il Console Svizzero Meuricoff si è presentato al Questore per proteggere il suo connazionale Berner proprietario di quelle armi: «io voglio, egli diceva, l'applicazione della legge, e la legge gli permette di tenere un deposito d'armi». Il Questore rispose con quella dignità e convenienza che gli son proprie, che né la legge non permette va a chicchessia di tenere un deposito d'armi nascosto, né queste armi possono spacciarsi in que sti momenti marcati di tentativo reazionario, senza la sorveglianza dell'autorità.

Intanto partirono dalla Questura due delegati a visitare il deposito: il sig. Meuricoff volle accompagnarli: ma mentre ciò avea luogo la guardia nazionale che era andata a farsi aprire il magazzino, trovando ostinate ripulse da parte del proprietario Berner stava per ricorrere ad uno scasso regolare, quando sopravvenuti i delegati, ebbe luogo l'apertura. – Cosa fu rinvenuto? Un classico deposito di fucili, la maggior parte usati, e una raccolta di bonnet di guardia nazionale Piemontese.

Immantinenti il Berner venne arrestato, e sottoposto ad interrogatorio, e il sig. Meuricoff ha ora trovato ragion di pentirsi della tenace protezione spiegata verso questo signore.

N. B. Parecchi cassoni erano partiti due giorni innanzi dal misterioso deposito, ma perché non si stava sulle guardie, non vennero pedinati.

Si procede con solerzia, gli arresti continuano.

ARTICOLO COMUNICATO

Avviso a chi và!

Il Direttore Generale del Registro e Bollo nelle province napoletane con rapporto del 9 novembre 1860 proponea Lelio Gatti a conservatore dell'Ipoteche in Cosenza.

La Commissione di scrutinio del Dicastero delle Finanze in febbraio del 1861 con deliberazione firmato da tutti i suoi componenti stabiliva di darsi a Lelio Gatti una delle migliori percettorie della città di Napoli.

il Consigliere di luogotenenza incaricato del dicastero delle Finanze con decreto nominava Lelio Gatti a Conservatore dell'ipoteche in una provincia del Napolitano, e nel 22 marzo di questo anno tale decreto mandavasi alla Luogotenenza per esser firmato.

Ancora nulla si vede!! È cosa assai dispiacevole questa tardanza!!

CORRISPONDENZA DELLE PROVINCIE

Cosenza 5 aprile 1861.

...È vero che si teme nella nostra provincia una rivoluzione in senso contrario all'unità? E se è vero sarebbero i Franceschini, o chi che vogliono tentarla? Qui non ce n'è alcun sentore per ricerche ed investigazioni ch'io faccia, che anzi si vive tranquilli, politicamente parlando quantunque la scompostezza governativa che si ammira in tutto, gli scandali che tutto giorno si scrivono da costì o da più alto, l'abbandono in cui siamo e la direi quasi calcolata indifferenza delle autorità locali stanchino la pazienza universale è stanchino a più non poterne gli appetiti i più disonesti. Se nelle nostre provincie vi sia gatto che cova non so, e perciò ve ne chiedo notizia.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 9 – Torino 8

Patrie 8 – L'ammiragliato inglese manda tre altri legni nel Mediterraneo.

Polonia 7 – Manifestazioni a Varsavia e nelle provincie.


Fondi Piemontesi 75,00
Tre per cento francese 67,65
Cinque per cento id. 95,60
Consolidati inglesi 95,50
Metalliche Austriache 91, ½

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ANNO I. Napoli 10 Aprile 1861 N. 39

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 10 APRILE 1861

Al GOVERNANTI

La presente situazione

Fra i modi indicati da Macchiavelli per tenere i novelli stati dietro conquista, o dedizione, ero primo quello di rovinarli–Non avendo creduto gli Agenti principali del potere, adottare gli altri due modi cioè di trasferire la sede del governo in Napoli, o di lasciare le due Sicilie all'ombra delle proprie leggi e del proprio sistema, prescelsero quello della rovina, rovina che può dirsi quasi completa per le provincie dell'Italia meridionale, perocché ogni elemento di buon governo è sparito, la sicurezza personale compromessa, e la proprietà in pericolo.

Checché si dica e possa dirsi nella Camera de'  Deputati, pro o contro al governo locale di Napoli, un fatto è permanente, è innegabile, ed è il vastissimo organamento della reazione borbonica sulla superficie dell'intero ex reame.

Questo tristo organamento è conseguenza del malgoverno, e degli errori politici del governanti. L'esercito delle due Sicilie parte in prima, e parte dopo la resa di Gaeta fu disciolto; i soldati o sbandati o congedati, o con permesso temporaneo rientrarono nelle loro case, ove recarono i loro convincimenti, le loro simpatie, e forse le avute istruzioni; e divennero nuclei e centri di concerti reazionari, e nel contempo militi disciplinati della reazione. E siccome codesti soldati sorpassavano forse gli ottantamila, ed appartenevano a tutt'i comuni dell'ex reame, così in tutte le provincie trovossi la reazione organizzata, o in via di organizzazione.

E quindi al minimo segno, alla prima scintilla dovea divampar l'incendio, e distruggere l'attuale politico edifizio.

Il Governo se volea esser logico, dovea dimandarsi se quei soldati dell'esercito borbonico erano da considerarsi buoni, o cattivi; e quindi dovea decidere, se buoni incorporarli nell'esercito Nazionale a piccole frazioni nei diversi reggimenti e nelle diverse arme; se cattivi, ritenerli nell'isole e sotto severa custodia per impedire ogni nefasto tentativo; ma il governo prescelse il peggiore del provvedimenti, e mandoli nei rispettivi comuni, fra i loro parenti ed amici per promuovere o secondare la reazione, che senza l'aiuto della Provvidenza, a questa ora, avrebbe dapertutto sparso il terrore, la strage, l'incendio, e la rapina.

D'altra parte, gli Agenti del potere nulla hanno messo in opra e per blandire le passioni, e per conciliare gli animi, per far sentire i vantaggi materiali e morali delle nuove istituzioni, alle popolazioni dell'Italia meridionale.

Quindi i Governanti non avendo la simpatia de'  popoli, ed essendo avversati da tutt'i borbonici, da preti, da frati, da'  retrivi, che dovea avvenire? che potrebbe tuttora avvenire? Pare, che le accuse contro il ministero, e specialmente contro Fanti avrebbero dovute esser più concrete su fatti di sopra cennati.

Ma – questi imperdonabili errori, sono effetto di propositi determinati, o d'inavvedutezza? Vuolsi rovinare, coll'idea di Macchiavelli, questa Italia meridionale per tenerla a discrezione di chicchesia? O vuolsi credere che il Sud sia il Nord, che il Nord comprenda il Sud, e che nella sua comprensione siavi la certezza del bene che può solo scaturire dalla sapienza del Governo di Torino, che pretende di essere infallibile, come lo ha preteso il Papa?

D.

Leggiamo nella Perseveranza, la seguente corrispondenza:

Roma, 28 Marzo.

È molto noioso ripetervi sempre le stesse co se: perciò vi dirò di volo che, dopo gli ultimi arresti ed esilii, furon chiuse le scuole di filosofia della l'ace e della Minerva, comechè le prime dirette da sacerdoti, e le seconde dai PP. Predicatori, e chiusa in pari tempo fu l'Accade mia di Belle Arti. Così alla gioventù oziosa per mancanza di lavoro, si aggiunge quella per mancanza d'istruzione.

Vi rammentate quando vi scrissi delle pratiche fatte qui e a Torino dal P. Passaglia. In mezzo a quelle pratiche era il dottor Pantaleoni; appena la cosa fu bene constatata, il signor Pantaleoni ricevette l'ordine di uscire da Roma in 24 ore, né gli valsero le premure di uomini influentissimi, né il suo diuturno soggiorno in Roma. Il Pantaleoni è di Macerata, antico e moderatissimo liberale, fu deputato alla Camera nel 1848, e si ritrasse dalla politica all'epoca della caduta del governo costituzionale. Ma un uomo come questo era appunto doppiamente pericoloso, e fu perciò irrimissibilmente esiliato.

Ma queste piccole scorreria della Corte romana sono un nonnulla a fronte di quanto va facendo nella provincia di Viterbo. Vi basti che, non credendo sufficientemente pieghevole al suo sistema il cardinale Pianetti, vescovo di Viterbo, viene surrogato da monsignor Bedini. Il nome di questo prelato è stato fatto troppo sovente segno alla pubblica riprovazione perchè io spenda parole nel farvi intendere in qual modo vuolsi castigare la città di Viterbo. Vi basti che, non credendo sufficientemente pieghevole al suo sistema il cardinale Pianetti, vescovo di Viterbo, viene surrogato da monsignor Bedini. Il nome di questo prelato è stato fatto troppo sovente segno ala pubblica riprovazione perché io spenda parole per farvi intendere in qual modo vuolsi castigare la città di Viterbo.

Però i fatti testé avvenuti a Canino meritano veramente maggiori spiegazioni.

È la terra di Canino feudo della famiglia Bonaparte, ramo Luciano. Quella piccola città, benché poco nota, è una delle più calde nei sentimenti di patriottismo, e tanto ardita, che non solo il 4 novembre 1860 compiè pubblicamente la sua votazione, ma i soldati del papa non osarono abbassare dal campanile del Comune la tricolore temuta bandiera. La sera del 22, alcuni giovani tornavano dalla campagna contando canzoni patriottiche; quando i gendarmi del papa, senza neppure fare una sola intimazione, nascosti nell’ombra di una casa, scaricarono le loro armi contro quei giovani, ed il caso volle che invece colpissero quegli altri che per combinazione passavano perla piazza. Quindi, temendo come Caino l’ira di Dio, senza che alcuno l’inseguisse (tanto fu il terrore e lo sbalordimento per tale assassinio) si dettero a precipitosa foga colle armi alla mano, e, incontrato per caso un vecchio che da una villa tranquillamente tornavasene a casa, a furia di colpi di sciabola e stile io massacrarono. Dirvi quale fosse il terrore, e quindi la rabbia e l'indignazione di quella popolazione, io certo non saprei; fatto sta che fu necessaria tutta l'autorità di quel Municipio. resa più valida dalla cooperazione del signor conte Valentini Bonparte. per frenar la plebe che voleva attaccare i gendarmi papali. Una rimostranza di quel Municipio giunse invano al governo, ché il cardinale Antonelli ordinò invece per telegrafo che il paese fosse messo in stato d'assedio.

Altra rimostranza fu inviala qui al generale Govon, pregandola interporsi pi-esso (Imperatore affinché la città sia occupata dalle truppe francesi, e salvata cosi dalla ferocia dei gendarmi e dei zouaves papali. Vedremo con qual frutto. Intanto però è ben doloroso alle porte del Regno d’Italia cedere compiere tali fatti e piuttostoché reclamare la protezione del Re, dover dimandare, la protezione di un sovrano straniero!.

De Merode all’udire tali avvenimenti, gongolò dalla gioia, e fece chiamare Becdelièvre, colonnello dei zouaves, affinché preparasse i suoi soldati a combattere contro i Francesi. Il colonnello stupito domandò a monsignore se scherzava, e avendogli questo risposto che parlava serio, non esitò a dichiarargli che egli era Francese, che Francesi erano i suoi soldati, e che tutti si sarebbero rifiutati a combatter centro i Francesi. Merode allora arrabbiato esclamò: Eh bien, dites a ces messieurs qu’ils sont des dròles. Becdelièvre protestò allora che avrebbe data la sua dimissione.

La condotta di Govon e di alcuni suoi ufficiali è inesplicabile, poiché fra le altre cose non arrossiscono a dimandar croci all'ex-re Francesco, il quale ora non avendone più. rilascia loro il brevetto con, che si comperino da un gioielliere il relativo ciondolo.

Stamane, giovedì santo, è giorno di grande solennità in Vaticano, perocchè il papa imbandisce una tavola e lava i piedi ai pellegrini, ecc. era presente tutta la Corte borbonica, ma si notò l'assenza di quasi tutta la nobiltà romana, solita a recarsi in simili funzioni.

P. S. Mi era dimenticato dirvi che nell'ultima dimostrazione, avendo avuto alcuni la temerità di voler collocare una bandiera sulla Colonna Traiana, sorpresi da una pattuglia di gendarmi, dove rotto desistere dal loro disegno; ma un infelice giovinetto, che aveva seco la bandiera, preso dai gendarmi, fu massacrato come il povero vecchio di Canino. Questo si chiama celebrare la setti mana Santa.

– Scrivono da Roma, 30 marzo, alla Bullier:

Il dottor Pantaleoni è partito. Molte persone distinte, e fra le altre l'ambasciatore di Francia, eransi interposte per far revocare l'ordine d'esiglio; ma tutto fu inutile. Il Santo Padre, sollecitato anche dal direttore di polizia, gli ha mostrato una lettera, dicendo:

«Leggete, e poi ditemi se debbo tollerare in Roma la presenza d' un tal uomo».

Era una lettera che il dottore avea scritta al Papa per indurlo a cedere ai desiderii dell'Italia e ad intendersi con Vittorio Emanuele, es sendo il governo temporale della Santa Sede impossibile, ed importando di lasciar Roma agli Italiani per farne la loro capitale. Io sono certo dell'esistenza di questa lettera, che ha destato indignazione nel Papa.

Il dottor Pantaleoni trovasi in grande intimità col conte Cavour, e fu per suo consiglio che questi scrisse all'abate Passaglia pregandolo di venir a passare qualche giorno a Torino.

Gli attacchi dei sedicenti amici del Papa contro l'abate Passaglia furono causa della pubblicazione d'una lettera, di cui molto si parla a Roma. Essa fu indirizzata all'Opinione, ed è di monsignor Liverani, prelato domestico di S. S., protonotario apostolico e canonico della basilica di Santa Maria Maggiore. Il signor Liverani difende il Passaglia contro il corrispondente romano dell'Armonia; palesa la sua indignazione, vedendo come il partito clericale versi ora il disprezzo sull'abate, tanto da esso esaltato. e comparato al Bellarmino, quando era gesuita. Monsignor Liverani, dichiarandosi ammiratore del Passaglia, accusa l'Antonelli come causa prima de'  mali della Santa Sede e del triste stato di Roma. Chiama il partito clericale germina viperarum, e si mostra irritato perchè le scritture appartenenti a quel partito gettino le più grossolane e ributtanti ingiurie contro Napoleone III ed il Re d'Italia. Dichiara che il Papa è circondato da persone immorali, ingiuste ed intriganti, e minaccia di pubblicare un'opera già pronta per con fondere i suoi contraddittori.

Monsignor Liverani, che scrisse questa lettera da Firenze, ove recossi sotto pretesto di salute, è un prelato colto e di costumi incolpabili.

Una folla immensa assistette l'altro ieri alle cerimonie che ebbero luogo nella Basilica Vaticana.

A mezzogiorno, il Santo Padre diede la benedizione urbi dall'alto della loggia del Vaticano, po scia procedette alla lavanda dei piedi e servì a tavola i 12 pellegrini. l Monsignor Merode, avendo scorto alcuni gen dermi francesi presso all'altare, quando il Santo Padre attendeva alla lavanda de’ piedi, li pregò di allontanarsi, rispondendo ad un brigadiere che il sito generale non aveva il diritto di porre de’ gendarmi nella chiesa di S. Pietro, come avea fatto. Lo stesso fu detto dal maggiordomo di S. S.,che ha sotto i suoi ordini i gendarmi pontificii, a cui è riservata la guardia dei palazzi pontificii. il brigadiere si ritrasse indignato, esclamando: «Voi mi fate partire, e pure, senza di noi non sareste più Roma».

Domani tutti gli zuavi e l’esercito francese saranno in armi sulla piazza di S. Pietro per ricevere la benedizione solenne che il Papa darà urbi et orbi.

Il signor Fremont, zuavo pontificio, ch’era stato arrestalo al caffè Colonna, fu assolto dal Consiglio di guerra francese.

80 furgoni piemontesi di munizioni e provvigioni passarono questa notte fuori delle mura di Roma. E venivano da Napoli, e giunsero alle nostre porte, senza che il governo pontificio ed il comandante militare francese ne fossero stati avvertili. Si presentarono alla poi la Salava, e fu loro vietalo l'ingresso. Si recarono allora alla porta del Popolo, ove pure non ottennero d’entrare. Il generale Govon li ha fatti scortare da’ suoi gendarmi. Quelli che dirigevano il convoglio hanno dichiarato d’avere scambiala strada e, giunti a Corese, d’aver prese la via di Roma invece di quella di Torino. Se sia un pretesto non lo so, è però vero che il foglio di via era visto per Terni. Non parlava! al Valicano che di questo incidente.

Notizie diverse

ITALIA

— Leggesi nell'Opinione del 5 corrente: 8. M. il Re ha, in udienza d’oggi,4, nominato il signor Francesco Lanza, principe di Bifferà, a segretario di legazione.

Crediamo ch'egli sarà destinalo per la legazione di Londra.

I generali Menabrea e Valfrè furono insigniti del grado di grand’ufficiale dell’ordine militare di Savoia.

SVIZZERA

— Il governo sordo ha notificato al consiglio federale la costituzione del regno d’Italia, esprimendo in pari tempo il desiderio di veder continuate le antiche amichevoli relazioni che esistevano fra la Svizzera e la Sardegna. L’ambasciadore sardo nella Svizzera avrà quind’innanzi il titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario del re d’Italia.

AUSTRIA

— La stampa viennese, persistendo nel credere imminente la guerra, invita il governo a non lasciarsi trascinare ad imprudenti provocazioni.

— La Gazzetta austriaca è convinta che il governo francese cerca pretesti di guerra, serbando però, por quanto gli sia dato, contegno tale da far parere che le provocazioni non vengano da lui, ma sieno ani contro di lui dirette.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera dei Deputati – Tornata del 5 aprile

PRESID. RATTAZZI.

(Cont. e fine, v. num. prec.)

Le provincie dell'antico regno son decise a una lotta mortale contro gli antichi governanti, ma queste provincie non sono contente punto della propria situazione; attendono riforme.

L'andata a Roma potrà risolvere tutto il malcontento che freme nelle provincie? In verità io nol credo.

Io credo alle annessioni; io ho giurato fedeltà al re e sono fedele; non riconosco altra repubblica che quella che si riunisce in questo recinto; ma, ciò posto, mi sia permesso di gettare uno sguardo libero sulle provincie meridionali. Esistono delle tradizioni a favore di Gioacchino Murat (rumori). ll Presidente interrompe l'oratore osservandogli che non può permettergli di discutere lo Stato italiano..

Ferrari ripete le già anche troppe dichiarazioni di fedeltà al suo giuramento, spiega agli intolleranti il valore delle sue parole e continua:

Io so che Murat diede al regno ottime leggi; ora io vi domando: se non contentate i popoli del mezzogiorno, che cosa potrebbe nascere? Sono i popoli che fanno i re. Io domando se non urge di occuparsi ad attrarre le provincie meridionali coll'amore e di fare un'inchiesta.

Che cercate governatori, luogotenenti, e che so io? Non avete voi Garibaldi il quale è invocato da quelle provincie, il quale riunisce in sé due cose rarissime. Egli è tribuno, egli è fedele. Non è egli il migliore amico di Vittorio Emmanuele? Voi forse penserete a Garibaldi quando sarà troppo tardi.

Nominiamo una commissione la quale non abbia altro scopo che di andare nelle provincie meridionali per constatarne lo stato e riferirne imparzialmente alla Camera.

L'occhio della nazione sia portato sulle provincie meridionali.

Pace domanda di fare una comunicazione alla Camera relativa allo stato di eccitamento di quelle provincie, giuntagli testé dalla posta; ma gli è negata dal presidente la parola.

Minghetti presenta due progetti di legge, uno per un sussidio di L. 100 mila alla società del tiro al bersaglio; l'altro relativo ai corpi distaccati della guardia nazionale.

Scialoia imprende a difendere con lungo e particolareggiato ragionamento i singoli fatti dell'amministrazione di cui egli fece parte.

Dopo aver parlato circa mezz'ora prende fiato un istante.

Pepoli si vale di questa momentanea interruzione per rispondere al deputato Ferrari riguardo a un fatto storico, ed esclama: L'avo mio Gioacchino Murat fu il primo a proclamare la necessità dell'unità d'Italia (bravo!).

Ferrari. Prego il signor Pepoli di ricordare che in questo Parlamento si rappresenta la più grande libertà che mai sia esistita in Italia e che L'Italia, in virtù della sua storia passata e grazie ai pontefici stessi, ha acquistato il diritto di giudicare colla massima libertà re pontefici ed imperatori.

Scialoia ripiglia il suo discorso, cerca dimostrare che le finanze napoletane non erano né tanto floride sotto i Borboni come pareva, né sono tanto miserabili adesso come si vuol far credere. Conchiude che durante la luogotenenza le provincie furono tranquille, meno gli Abbruzzi, dove i disordini erano cosa d'importazione da Roma.

Petruccelli. Dice che sinora non si è toccata la causa dei mali. Domanda al ministro della giustizia se sono aumentati i delitti; a quello delle finanze se vi è ristagno, se ebbero luogo dei fallimenti.

Che cosa domanda il popolo napoletano? Pane e lavoro, armi e magistrati.

La colpa di tutti i mali lamentati non vuole essere adossata a vari uomini che si succedettero al governo, ma al sistema luogotenenziale.

Domanda piena assoluta assimilazione di quelle provincie alle altre. Nicolucci e Bruno portano alla discussione il loro corredo di osservazioni, ma la Camera stanca non presta loro troppa attenzione. Quest'ultimo ragionò specialmente delle cose di Sicilia, e protestò contro i giornali che parlano di reazioni borboniche le quali non sono possibili.

Scopo del suo discorso era di provare indirettamente che la rivoluzione di Sicilia non fu opera di Garibaldi.

Depretis parla per un fatto personale. Il preopinante disse che durante la prodittatura i decreti del generale Garibaldi erano spesso ineseguiti e talvolta lacerati.

Spero che egli chiarirà quelle sue parole citando i fatti, perché io li possa rettificare se mi riguardano.

Bruno dichiara che i fatti cui egli alludeva non riguardano il deputato Depretis.

Depretis (con forza). Io non ho domandato all'onorevole Bruno una spiegazione unicamente per i fatti che potessero riferirsi a me: avendo egli accusata in genere la prodittatura, lo insisto perché egli voglia citare specificamente i fatti cui alludeva (bravo! bene!).

Bruno si tace.

Ugdulena, come membro del governo del prodittatore Mordini, domanda anch'egli spiegazioni al signor Bruno.

Bruno cita un fatto relativo al percettore di Nicosia, e dice che non né ha presenti altri pel momento.

Crispi dà schiarimenti sul fatto del percettore di Nicosia, né dimostra l'inesattezza e prova come, anziché essere contrario era perfettamente conforme alla volontà del dittatore.

Conforti rinuncia alla parola. Un altro deputato lo imita.

Gallenga domanda la chiusura. Crispi, Plutino e Amari si oppongono.

Presidente domanda se la chiusura è appoggiata.

Molti deputati di destra si alzano ad appoggiarla.

Presidente. Do la parola al deputato Crispi contro la chiusura. – Crispi osserva che la chiusura equivarrebbe al priva re i deputati siciliani della facoltà di parlare, perché sinora la discussione vertà quasi esclusivamente sulle cose di Napoli......

La chiusura non è adottata.

Bertolami è contento di quanto disse il ministro degli interni ma non di tutte le sue parole. Qualche frase non gli piace. Vorrebbe che la legge fosse eseguita inesorabilmente, inflessibilmente in Sicilia come altrove, perché l’anima sua ha troppo sofferto. Raccomanda lavori pubblici.

Amari come cittadino e deputato di Palermo non può lasciar passare certe parole troppo dolorose. Intese dire che in Sicilia non era possibile governo sinché que sto non si sottraeva alle influenze della popolazione e della piazza di Palermo. Quest'accusa così grave dovrebbe esser corredata di gran numero di fatti, o è gratuita. Quest'accusa porta con sé la sua confutazione, perché il deputato che l'ha proferita disse che i dolori e i mali dal sig. Massari lamentati per Napoli erano comuni alla Sicilia. Il sig. Paternostro conoscendo la legge rezza della sua accusa cadde nel ridicolo tentando di giustificarla, e si valse della parola indeterminata la piazza per lanciare accuse vaghe e insussistenti e inopp0rtune contro la città di Palermo così benemerita della causa italiana.

Dopo questa protesta fatta con tutta calma e dignità che contrastavano singolarmente colta virulenza del Paternostro, l'oratore proseguì a discorrere particolarmente dei bisogni della Sicilia in fatto d'amministrazione.

Respinse calorosamente le accuse di corruzione del popolo siciliano ed esclamò: siamo italiani, abbiamo fatta la rivoluzione e ciò basta per mostrare che non siamo corrotti.

Il suoi discorso fu interrotta a metà per l'ora tarda e chiusa la tornata alle ore 6.

SENATO DEL REGNO

Tornata del 5 aprile.

La seduta è aperta alle ore 2 34.

Approvato il processo verbale della tornata precedente, si legge il sunto delle petizioni.

Si accordano in seguito congedi ai senatori di S. Giuliano, della Rocca e Spada.

Taverna annunzia la nomina a senatore del comm. Giovanola, né riferisce i titoli e né propone la consolidazione. Il Senato adotta, Matteucci riferisce pure la recente nomina del senatore Mossetti, che è approvata.

l'ordine del giorno reca la discussione dello schema di legge per una leva di mare nelle antiche provincie dello stato e nei circondari di Ravenna e di Ancona.

Si apre la discussione generale e nessuno prende la parola. Vengono pure approvati senza discussione i singoli articoli componenti il progetto di legge.

Si passa allo scrutinio segreto e risulta approvato come segue: Votanti 70 favorevoli 68 contrarii,2.

Vacca. Desidero volgere un'interpellanza all'onorevole signor presidente del Consiglio intorno alle cose di Roma, e pregherei che mi assegnasse il giorno in cui egli intende rispondere.

Cavour. lo sono agli ordini del Senato, e se il se nato e l'interpellante credono, possiamo assegnare il principio dell'entrante settimana.

Sclopis legge al senatore Vacca due articoli del regolamento concernenti il modo di volgere le interpellanze e lo invita a deporre la sua sul banco della presidenza per darne lettura al Senato. L'interpellanza dice che in seguito alla discussione della Camera elettiva intorno alle cose di Roma, si chiede all'onorevole presidente del Consiglio quando sarà cessata all'attuale condizioni di Roma e quando essa sarà libera dall'influenza di tutti stranieri. E, secondo le spiegazioni date dal conte di Cavour nell'accennata discussione, sulle idee di conciliazione col papa, si chiede pure come intendasi questa conciliazione e a qual punt0 tr0visi avviata.

Cavour, premesse alcune parole sulla gravità e delicatezza dell'argomento, dice che, ove il senato lo crede, egli intenderebbe fissare la discussione a martedì.

Sclopis interroga il Senato se intenda approvare la proposta del presidente del Consiglio. Il Senato approva.

La seduta è sciolta alle 3 l'4.

Camera di Deputati – Tornata del 7 aprile

Pres. RATTAZZI.

Sono le 2 ore e la Camera non è ancora in numero.

Profittiamo del tempo e ringraziamo la presidenza di avere aderito ad uno dei nostri richiami, facendo allargare lo strettissimo tavolo superiore del banco destinato ai giornalisti, si che ora si può scrivere con minore disagio, Stiamo attendendo che venga fatta ragione anche agli altri.

Letto il verbale e il sunto delle petizioni fu dichiarata l'urgenza per uno dei medici e chirurghi di Crema i quali domandano che siano dichiarate obbligatorie per comuni le condotte medico chirurgiche.

Poi si accorda un congedo al deputato Salvagnoli.

Liborio Romano scrive che è giunto a Genova ma che non può venire alla camera perché malato all'albergo.

Amari ripiglia il suo discorso interrotto sul finire della tornata precedente. Investiga le cagioni dell'agitazione della Sicilia e le trova, non nella stampa, ma nello squilibrio e nello spostamento degli interessi cagioni dalla rivoluzione, nel vuoto del pubblico tesoro, nella difficoltà di attuarvi la nuova istituzione della leva, nel licenziamento e nella dissoluzione dell'esercito di Garibaldi, nell'ingratitudine di cui furono pagati i suoi prodi, nell'inesecuzione del decreto di"che ordinava il pagamento d'indennità a coloro che avevano patito per causa politica del discioglimento del corpo di marina il quale aveva combattuto nel 1848 e 49 ed aveva seguito Garibaldi in tutte le sue imprese.

I Siciliani, egli dice, amano ed odiano con passione.

Questo corpo idolatrava Garibaldi come tutta la Sicilia, dove non c'è capanna in cui non si trovi il suo ritratto. Or bene, si credette che sciogliendo quel corpo siasi voluto fare sfregio a Garibaldi, e ciò arrecò immenso dolore.

Altra causa d'agitazione è la confusione delle leggi.

Quella della soppressione dei monasteri non piace perché il clero è amato, avendo sempre parteggiato col popolo, il quale mandava nel 1848 al parlamento non meno di 40 sacerdoti.

Le leggi buone che esistono non vengono eseguite.

Discorre della legge sul giurì, istituzione che egli rivendica a Roma antica, e raccomanda di non attuarla in Sicilia che colla massima prudenza.

Contesta al ministero la facoltà di pubblicare leggi organiche in Sicilia; l'Italia non si governa se non coll'autorità del Parlamento.

Egli voleva proporre un ordine del giorno in questo senso, ma se né astiene perché ora non sarebbe discussa con pacatezza, e si riserva di farlo quando si parlerà di una petizione dei cittadini di Palermo tendente appunto a sospendere in Sicilia l'esecuzione di queste leggi.

Approva che siasi conservato il corpo dei carabinieri siciliani. Quanto alla promiscuità degli impieghi consiglia di attuarla colla massima riserva e confida assai più sulla rapidità, e la frequenza delle comunicazioni che egli eccita il governo ad attuare quanto più presto, lamentando che non si facciano più viaggi diretti dal continente alla Sicilia e che non se né faccia neppur parola nel capitolato del nuovo appalto Peruzzi dichiara che questa fu una inavvertenza, ma che i viaggi diretti si faranno.

Amari ringrazia il ministro di questa dichiarazione, insiste sulla necessità delle pronte comunicazioni colla Sicilia e ponendo fine al suo discorso esclama: Siate forti, più che forti, ma nelle vostre buone intenzioni, non reazione, non destituzioni in massa, non governo di partito; non transigete, v'han detto, e vi dico io pure; ma soggiungo, non transigete col vostro dovere; voi siete i padri dei popoli, beneficateli, e questi vi risponderanno colle benedizioni.

Paternostro domanda la parola per un fatto persona le: dichiara che attaccando la piazza di Palermo non volle attaccare la città, ma una minoranza ardita, sfrenata, ecc. ecc.

Amari accetta la dichiarazione del preopinante che egli non avesse intenzione di offendere la città di Palermo; assicura però che tale era l'impressione che in lui avevano prodotte le sue parole contro la piazza e nega che ai tumulti di questa debbasi ascrivere la caduta dei vari governi che si succedettero.

Cassinis con lungo ragionamento tenta difendere la legalità della pubblicazione in Sicilia delle leggi organiche.

Natoli intende dimostrare che non solo le leggi potevansi promulgare in Sicilia, ma che questa era anzi una necessità.

Ugdulena imprende a difendere i governi della dittatura e della prodittatura dalle accuse cui vennero fatti segno, e principalmente dall'avere nominato un numero strabocchevole d'impiegati, dall'essere stati esclusivi nelle nomine agli impieghi, dall'essersi serviti di sgherri borbonici, dall'aver dilapidato il danaro delle casse pubbliche, dall'avere accordate pensioni, dall'aver spregiata l'autorità di Garibaldi, di cui anzi essi fecero quasi l'apoteosi consacrando alla reverenza dei presenti e dei posteri la camera dove egli abitò nel palazzo regio di Palermo, inculcando ai Siciliani di scoprirsi il capo quando si pronunciava il nome del generale Garibaldi (rumori di destra) come in America si usa col nome di Washington (sensazione).

Prosegue esaminando partitamente tutti gli atti della prodittatura in Sicilia concernenti la pubblica sicurezza, le finanze, le dogane, la pubblica istruzione, la marina, che comprò 15 vapori per meglio coadiuvare le operazioni dell'esercito.

Eloquentemente difende il governo della prodittatura per non avere voluta l'annessione immediata in giugno.

Se l'annessione si fosse fatta nel giugno, né sarebbe avvenuta una delle due: o il governo del re indugiava, faceva lo svogliato come dovette fare per l'Emilia e la Toscana e allora non conseguiva alcun utile dall'annessione; se la accettava immediatamente, allora la liberazione del continente diventava impossibile perché era necessaria una flotta e un esercito per scendere sul continente e perché il governo del re non avrebbe più avuto alcun pretesto per intervenire sul napoletano.

Crispi rinuncia alla parola.

Voci. Ai voti, ai voti; la chiusura.

La chiusura essendo appoggiata, il presidente la mette ai voti ed è adottata.

Il Presidente dà lettura di un nuovo ordine del giorno del deputato Ranieri, e di due altri.

Castellano e Amari ritirano i loro ordini del giorno.

Torrearsa propone un ordine del giorno in cui la Ca mera si dichiara paga delle dichiarazioni del ministero.

Minghetti rettifica un errore sfuggitogli nel suo pre cadente discorso in cui aveva dichiarato che li 15 del corrente avrebbero luogo le elezioni comunali mentre invece avran luogo soltanto le affissioni delle liste; respinge l'ordine del giorno Ricciardi perché la moralità non basta metterla all'ordine del giorno per attuarla, quelli di Miceli e di Brofferio, perché ostili al ministero, quello di Ferrari perché improntato di diffidenza del Parlamento verso il governo. Quanto agli altri è disposto egualmente ad accettargli tutti, ma preferisce quello di Torrearsa.

Ricciardi invoca la priorità pel suo (ilarità).

Presidente. Fra tutti gli ordini del giorno quello che più si scosta dall'ordine del giorno puro e semplice è quello dell'onorevole Ferrari, il quale propone un'inchiesta parlamentare; perciò gli si deve dare la priorità. Ne dà lettura.

Alfieri che era iscritto contro il medesimo rinuncia alla parola per amore di brevità e dichiara di accostarsi a quello di Torrearsa.

Mellana parla in favore dell'ordine del giorno Ferrari perché un'inchiesta parlamentare darebbe forza al go verno. Invoca l'esempio dell'Inghilterra.

Sull'inchiesta, la votazione riuscì sfavorevole.

Aperta la discussione sull'ordine del giorno Torrearsa, parlarono Brofferio, Crispi e Torrearsa medesimo; ma non potè aver luogo la votazione perché la Camera non si trovò più in numero legale.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 9 (sera) — Torino 9

Parigi 8 — Semiino Garachanine antico Ministro Serbo parte domani per Costantinopoli per negoziare l’allontanamento dei Musulmani dalla Servia Nicksic è ancora assediata dagli insorti. Assicurasi che la mediazione dei consoli ha prodotto la conclusione di un armistizio fra i Turchi e gl’insorti della Bosnia — Timori di conflitti fra i Turchi e i Raias.

Washington 50 — Dicesi che 3000 uomini della Confederazione del Sud sono a Gensakola(?). Sunter sarà probabilmente tosto sgombrato. L’ambasciatore francese al Messico fu ricevuto da Tuvarez.

S. Domingo 46 — Tre legni da guerra con truppa furono inviati dall’Avana.

Napoli 9 (sera) — Torino 9

Moniteur 9 — Circolare di Delangle ai procuratori Generali intorno ai preti cattolici che verbalmente o in iscritto trattano materie interdette. Alcuni obliando che la missione de’ preti è di vegliare sull’istruzione religiosa de’ fedeli cristiani provocano la diffidenza sul governo e riprovazione sulla politica imperiale: altri togliendo di mira la persona stessa del sovrano la colmano dì oltraggi. Altri turbano le coscienze coll’annunzio di sventure immaginarie. Delangle rammenta tali abusi esser passibili degli articoli 201 e 204 del codice penale che puniscono colla prigionia i delitti di questo genere. Delangle rammenta che, se queste disposizioni son rimaste senza effetto, non hanno nulla perduto della loro autorità. Il Governo mancherebbe al proprio dovere se non le impiegasse contro te ostilità sistematiche. Incarica i procuratori genera li di farsi render conto delle infrazioni, e quando i fatti sono giudiziariamente constatati denunciare i loro autori, chiunque siano, alla giurisdizione competente. E tempo che la legalità ripigli il suo impero.

Napoli 10 — Torino 9

Nel Senato Vacca propone la soluzione delta questione di rivendicare Roma agli Italiani, e di restituire alla Chiesa la libertà e l'indipendenza mercé l’abolizione totale del potere temporale. Relativamente a Napoli invoca un intervento energico e dice che per pacificare il regno bisogna estinguere in Roma il focolare dell’agitazione.

Cavour rispondendogli divide l’opinione di Vacca relativamente alla connessione della questione di Roma con quella di Napoli. Ammettelo stato pericoloso di parecchie provincia napoletane, constata la ribellione aperta contro le leggi in questo paese, ma crede che occorrerà ancora molto tempo, avanti che la tranquillità sia resa all’Italia meridionale.

Ritornando alla questione dice che le opinioni emesse dal governo non hanno condotto ancora ad una soluzione, ma sono già divise da gran numero d’uomini illuminati in Europa. Però vede ancora in grande diffidenza dell'episcopato francese contro l'applicazione dei principii della libertà assoluta alla chiesa cattolica: per farla scomparire è necessaria l’unione compatta del partito liberale cattolico italiano.

Matteucci propone un ordine del giorno favorevole al governo che è approvato alla quasi unanimità.

Napoli 10Torino 9 (sera)

Parigi 9 — VarsaviaDomenica grande manifestazione nazionale pacifica.

Varsavia 9 Lo scioglimento della Società Agronomica fu provocato dalla immensa manifestazione di ieri. La folla numerosa ma disarmata presentitossi innanzi al castello. La cavalleria ha caricato, la fanteria ha fatto fuoco, più di cento fra uccisi e feriti.



Fondi Piemontesi 74,90 a 75,00
Tre per cento francese 67,55
Cinque per cento id. 95,20
Consolidati inglesi 91,58
Metalliche Austriache 63,40

ERRATA CORRIGE

Nel brano della Corrispondenza di Cosenza n. 38 in luogo di nostra provincia si legga nostre province – Stanchino a più non poterne si legga stuzzichino a più non poterne etc. Se nelle nostre province vi sia gatto che cova si legga. Se nelle altre province vi sia gatto che cova etc.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 11 Aprile 1861 N. 40

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 11 APRILE 1861

LA SOLUZIONE PIÙ’ ECONOMICA E PRUDENTE

Se gl'Italiani avesser potuto ottenere subito Roma per Capitale, vi sarebbe di già una soluzione soddisfacente, per la quale sarebbe ritornata la calma, ed eglino avrebbero cominciato ad intendersi intorno allo Statuto Costituzionale il meglio confacente a comuni interessi, ma poiché, le complicate vicende politiche allontanano ancora la desiderata soluzione, è mestieri altra proporne, che in oggi valga a tranquillizzare gli animi agitati, e salvar l'Italia da pericoli che la minacciano.

È in errore il Ministro Minghetti nel credere che la Stampa dell'Italia meridionale non sia l'espressione del sentimento e de'  timori del popolo, perocché la Stampa finora ha attenuato la gravezza del mali che né opprimono, anzicché esagerato. Non credano i Ministri di Torino agli adulatori, ed a mistificatori che il proprio interesse consiglia a mentire: vengano qui personalmente se amano di saper la verità nuda e schietta per com'è, e si convinceranno de'  gravissimi ed imperdonabili errori del Governo, nelle loro mani affidato.

È in errore il Ministro Guardasigilli, e secolui lo Scialoja ed altri, nel sostenere la necessità e l'utilità dell'introduzione delle leggi piemontesi in queste provincie, pria di compiersi l'unità italiana e di adottarsi una legislazione comune. Gli uomini più eminenti del Foro Napoletano, del Foro Calabrese, i giureperiti, gli avvocati hanno fatto petizioni per quelle leggi, che a confronto delle nostre, nell'insieme, non reggono, comunque di data più recente, perocché non tutto ciò ch'è ultimo, è migliore. Ritorneremo più specificatamente su questo soggetto.

E se il presidente del Consiglio conviene in torno allo stato pericoloso delle provincie Napoletane, e se crede esservi bisogno di molto tempo onde la tranquillità sia resa all'Italia meridionale, mostra di non esser certo dell'efficacia de'  mezzi e del provvedimenti che voglionsi adottare, e mostra in sostanza di non essersi a Torino compreso il vero stato delle cose, né di essersi valutate le cagioni del malessere, che affligge e contrista le popolazioni.

Quindi è, che gl'Italiani meridionali, comprendendo quanto sia loro nocivo l'inutile temporeggiamento, nelle vie legali insistono perché si provveda sollecitamente e valevolmente: e credono che due possano essere i mezzi Sovrani, de'  quali l'adozione porterebbe con certezza l'effetto desiderato, la tranquillità, l'ordine, il benessere.

Il primo mezzo sarebbe quello di trasferirsi il Re, colla sua Corte, col Governo, e col Parlamento in Napoli, e risedervi in fino che Roma non sarà la Capitale d'Italia.

Il secondo, sarebbe quello d'investire il Generale Garibaldi del poteri dell'Alter Ego nell'Italia meridionale, e confidarne l'Amministrazione ad uomini del paese, di sua scelta, escludendo tutti coloro che fecero parte delle passate consorterie, e tutti coloro che ritornarono dall'esilio, a carico di cui, non devesi mai dimenticare la sapiente massima del Macchiavelli.

Noi, non dubitiamo, che adottando o l'uno o l'altro de'  due progettati espedienti, abbiasi a raggiunger lo scopo, e pienamente e tosto; e si renderebbe insieme gran servigio ai veri amici dell'unità italiana, la quale, in opposto, non potrebbe dirsi scevera di pericoli e di gravi difficoltà.

Se il Governo persiste nel suo sistema, e se crede la compressione sia unico rimedio al male che giornalmente cresce, non ci rimane che con fidare nella Provvidenza che ha finora in que sti tempi, protetto l'Italia, e che, speriamo, siegua a proteggerla.

D.

DELENDA CARTAGO!

La caduta dei reazionari dalla magistratura con la rapidità del fulmine!

Imperciocché dovendo i reazionari esser puniti, ed i loro capi, a tenor di legge, pagar con la testé il fio del tremendo complotto; come volete che i loro fratelli in Borbone abbiano il coraggio civile, l'eroismo di far ciò? Essi che condannarono a morte ed ed a ferri i liberali, ora dovrebbero applicare l'istessa sanzione penale a borbonici? – Nol faranno, credetelo: non rinunzieranno in questa forma solenne alla solidarietà del passato, alla tacite speranze dell'avvenire, perché costoro non credono né all'Italia, né alla libertà, né a Vittorio Emmanuele: tutta la loro politica sta nel loro Credo: la loro filosofia appartiene alla scuola storica e il fondamento di questa scuola è, come dicemmo: I Borboni son tornati sempre!

Sono ben pochi tra loro che vorranno curare queste sifilide, questa lue del Borbone che né in fetta il midollo delle ossa col metodo di Hanemann similia similibus, vale a dire purgando una condanna con un'altra condanna.

Dunque noi altri che vogliamo l'Italia in buona fede, e Vittorio Emmanuele re di questa Italia indivisibile, staremo ora a vedere due cose: l'una cosa farà il governo riguardo al potere che è destinato a spegnere la reazione, l'altra cosa faranno i magistrati che debbono eseguire la legge. La prima è la questione intenzionale, è l'indirizzo, è questione di buona o cattiva volontà di far l'Italia da parte del Gabinetto, perché se fino ad ora può essere ammessa ignoranza in quanto che il Conte di Cavour p. e. abbia voluto livellare Napoli circa la fisonomia politica, alla Toscana, ciò è un errore colossale, ma passi: ma ora in nome di Dio, che l'esperienza ha fatto balzare un argomento ad hominem che per poco non ha confutato con le stragi l'argomento a priore del primo ministro, ora dico, niuno al mondo, dalla vecchiarella che fila, al ragazzo che studia il portoreale può incorrere più in un simile granchio, e come v'incorrerebbe il Conte di Cavour l'uomo che è predicato così dotto ed elevato in politica? Dunque, a chiare note e senza esitazione diciamo: la tenda di Pitagora ora è sollevata, le lezioni si danno all'aperto, e si vedrà a quali destrieri si vorrà riserbare il mezzogiorno d'Italia.

Nota Bene – Del resto il pezzo concertato cantato da Massari, questa cavatina parlamentare ha detto presso a poco quello che diciamo noi sulla Magistratura: ora a fatti! vedremo una volta se si giuoca la commedia interamente là sopra e se la nazione sia un teatro. Perdono, noi vogliam credere di nò: noi siamo di buona fede e dimentichiamo tutto quando si voglia fare il bene. Conclusione! la Diritta stessa, o chi ha condannato la permanenza borbonica in magistratura: A majori, ora che siamo freschi freschi in mezzo a mancati furori di una satanica reazione, i consiglieri o segretari generali di Napoli hanno l'obbligo di spazzare le aule della giustizia e della verità da tutto ciò che non è né giustizia né verità, ma è Borbone.

L'altra cosa che ci metteremo in cerchio tutti quanti per osservare, è poi il contegno de'  magistrati medesimi nell'applicazione delle leggi,cioè del codice penale, L'opinione del paese farà da corte di cassazione, e lo farà davvero, poiché: si tratta di pelle, La questione politica nella sua altezza riguarda i veri liberali; quella de'  reazionari riguarda tutti tutti coloro che non sono segretamente compromessi col Borbone o con qualsiasi pretendente questa questione tocca la pelle, e gli uomini divengano pericolosi quando la pelle ci va di mezzo – Rifletteteci.

F. MAZZA DULCINI

Notizie Diverse

ITALIA

TORINO

Secondo l'uso dell'antico Parlamento subalpino, fu coniata anche quest'anno un'apposita medaglia che, come contrassegno, viene data ai singoli deputati.

Da un lato questa medaglia porta l'effigie del Re galantuomo, circondata dalle parole: Vittorio Emmanuele II. E sebbene ci sembri che la questura della Camera abbia precipitato nello indicare fin d'ora il II anziché il l, pure ammettiamo che, non volendo ritardare la distribuzione delle medaglie, non potesse pel momento fare diversamente. Poteva per altro rivolgersi al deputato Farini, il quale le avrebbe suggerito d'imitare l'esempio suo, quando nella primavera del 1859 pose sopra un proclama, che ebbe tanta eco, questa modestia quanto eloquente intestazione: Vittorio Emmanuele, ecc.

Dall'altro lato poi la medaglia porta il nome del deputato, e sotto il nome di queste inesplicabili parole: Legislatura VIII. Noi domandiamo a chiunque se dopo la proclamazione non solo popolare ma altresì officiale del Regno d'Italia, se dopo il discorso della Corona che salutò il Parlamento come primo Parlamento italiano potevasi aspettare, ci si perdoni l'espressione, una più incongruente mostruosità.

Il generale Garibaldi ha accettato la presidenza onoraria dell'Associazione unitaria italiana colla seguente lettera:

All'Associazione unitaria italiana, Milano.

Con gratitudine accetto la presidenza onoraria offertami dall'Associazione unitaria italiana di Milano.

lo sono superbo di appartenere ad una Società, che tanto operò per la causa nazionale e che ne rappresenta le aspirazioni emancipatrici.

Fare il possibile per riunire mezzi e preparare gli uomini atti alle armi, al compimento della redenzione patria; poi non dar retta alle codarde paure che vogliono inspirare coloro che han trascinato l'onore italiano nel fango, e che non son capaci di capire che la nazione italiana, oggi serrata intorno al vessillo del Re galantuomo, affronterà qualunque nemico voglia manometterla: tali sono i doveri d'ogni buon italiano.

Con riconoscenza ed affetto.

Caprera, 30 marzo 1861.

G. GARIBALDI.

Il generale volle accompagnare la lettera col dono del proprio ritratto, lavoro del signor Cesare Bernieri, altro dei distinti suoi ufficiali nell'esercito meridionale – Sotto il ritratto leggonsi queste parole:

All'Associazione unitaria italiana di Milano, in segno di gratitudine per l'attiva di lei cooperazione al conseguimento della emancipazione e dell'unità italiana.

G. GARIBALDI.

BOLLETTINO SANITARIO

Il dolore artritico al piede destro che da vari giorni tiene in letto il generale Garibaldi va leggermente di minuendo coll'uso dei bagni a vapore.

I sottoscritti daranno un rapporto medico giornaliero o dell'andamento e variazioni della malattia dell'illustre infermo.

Torino, 7 aprile 1861.

Dott. RIPARI.

Dott. T. RIBOLI.

FRANCIA

Da quanto affermasi in carteggi privati, Ganesco l'ex redattore del Courrier du Dimanche testé espulso di Francia, avrebbe ottenuto facoltà di ritornare a Parigi e di farvi dimora.

– Il Siecle, l'Opinion Nationale e la Presse invitano il governo a sciogliere il corpo legislativo.

– Scrivono da Parigi alla Gazzetta Augusta:

Si trattano accordi tra le Tuileries il gabinetto di Pietroburgo, senza valersi dell'ambasciata russa a Parigi. Luigi Napoleone incalza, la Russia riflette ancora. La Russia, prima d'intavolare con Luigi Napoleone la quistione orientale e la revisione della carta geografica d'Europa, vuole avere guarentigie di fatto che l'alleanza fra Luigi Napoleone e l'Inghilterra non esista più. Se la Russia non rifugge dall'identificarsi, solidariamente col bonapartismo, questo deve avere il coraggio di romperla coll'Inghilterra. Nell'interesse di queste trattative si lanciò il veemente articolo della Patrie contro l'Inghilterra, a proposito della partecipazione ufficiale dei principi d'Orleans ai funerali della duchessa di Kent, che fu riprodotto per esteso dal Constitutionnel. L'articolo era degno d'alienzione maggiore di quella che gli fu dedicata. Nello stesso interesse avrà luogo, a quanto dicesi, un cangiamento ministeriale. Nei circoli russi, ove si suol essere ottima mente informati, non si vuol sapere nulla di tutti quei cangiamenti personali, di cui si discorre nelle sfere più influenti di Francia. Da questa inscienza reale o affettata è da inferirsi tutt'al più che a Pietroburgo si ha meno fretta che a Parigi, e che le annunciate nomine non sono immediatamente imminenti, né definitive.

– Assicura l'Indep. Belge, che fin del 30 marzo arrivò a Parigi la risposta di lord J. Russell sull'incidente della presenza del principi d'Orleans ai funerali della duchessa di Kent. Il ministro inglese si sarebbe limitato a dire che trattavasi d'un affare risguardante soltanto la famiglia reale personalmente, e sperava che ciò non provocherebbe nuove domande di spiegazioni.

Pretendesi persino che il gabinetto inglese abbia di chiarato, in seguito a nuove richieste, che non riceverebbe più alcuna comunicazione su quest'oggetto.

– All'Independance scrivono da Parigi:

«Si conferma che tra le corti di Parigi e di Torino corre pieno accordo. Dalle più recenti comunicazioni risulta che Roma deve inevitabilmente diventare capitale del reame italiano: ma è necessario che Vittorio Emmanuele sappia aspettare».

AUSTRIA

–Pressochè tutta la stampa viennese tiene per certa l'alleanza franco-russa:

– La Gazzetta di Vienna accusa il governo italiano di cercare pretesti di rompere nuova guerra.

– L'Ost Deutsche Post non crede che si possa ritenere per finita la crisi ministeriale.

– Leggesi nell'Oesterreichische Zeitung, in data di Cracovia 30 marzo:

L'inquietudine provocata dalle elezioni e dagli avvenimenti di Varsavia, viene ancora accresciuta dal contegno orgoglioso e assoluto del direttore di polizia Paumann. Questo burocratico, venuto da Praga, governa il paese in nodo deplorabile. Le guardie di polizia sono dì e polle per le strade. Il 28 marzo, dopo di aver fatto confiscare lo Czar, ordinò alle sue guardie di chiudere la stamperia. e fece gettar sottosopra le macchine, gli stroncali e i caratteri. É impossibile che quest'uomo si conduca secondo le intenzioni del go verno, essendoché nello stato presente degli animi potrebbe, col suo contegno, esser facilmente cagione di gravi conseguenze. Oggi il signor Kifchmeher è partito alla volta di Vienna, in compagnia di due persone ragguardevoli, probabilmente per fare al governo rimostranza in proposito.

— La Gazzetta d'Augusta pretende che l'Ungheria ed i paesi a lei vicini sieno pieni di agenti francesi.

PRUSSIA

— Scrivono da Berlino che quantunque si sappia che il governo non è ostile all’Austria, le voci di un alleanza con essa non incontrano alcuna fede.

SVEZIA

— Sì annunzia che la Svezia e la Danimarca dichiararono riconoscere il regno d’Italia.

TURCHIA

— Scrivono da Marsiglia, Scorrente, alla corrispondenza Havas-Bullier, in data di Costantinopoli, 27 marzo:

La voce corsa, a proposito d'uno sbarco di garibaldini, ha deciso l’invio di quattro vapori da guerra turchi sui punti che si credono minacciati. Varie lettere assicurano che le angustie dei Tesoro ritardano la partenza di questi legni.

Vely-pascià ha differito la sua partenza per la Francia.

Fuado pascià ha spedito a Costantinopoli il smuffì per esporre i suoi timori di nuove sventure, se il danaro per pagare le truppe avesse da mancare. Trattasi, a quanto si dice, di ricorrere ad uo prestito forzato, qualora non si realizzi il prestito inglese.

Altre lettere ila Costantinopoli ripetono che la divisione navale turca manca di carbone, non trovando chi voglia darne a credito; confermano eziandio essere andato a vuoto il prestito inglese e trattarsi di emettere nuova carta monetala. I commissarii del prestito inglese protestano.

Gli Albanesi chiedono l'autorizzazione di operare rappresaglie contro il Montenegro. Kabuli-pascià ha la missione di pacificare l'Erzegovina.

— Scrivono da Agram1, in data del I aprile all’Ost-Deutsche-Post:

L’odierna Gazz. di Agram contiene le notizie seguenti dal teatro della guerra nell’Erzegovina: «A Rlasovac in vicinanza di Bilec, avvennero nei giorni 22 e 23 marzo alcuni fatti d’armi nei quali Mahmud pascià. respinse gli assalti degli insorti, dopoché Dervisci! pascià gli potè giungere in aiuto. La guarnigione turca a Niksic è tuttavia bloccata. Le truppe turche neh’Erzegovina giungono a circa 15000 uomini. Essi sono male provveduti ed equipaggiati è soffrono molto, poiché, accampando a ciel sereno sono esposti a tutte le ingiurie dell’aria. I Baschi-bozuks sono indisciplinati e fanno temere una ribellione. Muscir Ismael pascià è partito per Bilesce».

AMERICA

— Il Niagara, giunto in Queenstown il 2 aprile, reca le seguenti notizie d’America:

Il New York Herald pubblica le tariffe degli Stati Uniti e della confederazione meridionale. Loda assai questa, ma biasimi quella. Nessuno diritto sarà percepito, a quanto dicesi, sopra merci che trapasseranno per gli stati confederati indirizzate ad altri luoghi.

Il sig. Carlo Adams era stato nominato ministro degli Stati Uniti in Inghilterra, e il signor Guglielmo Daylon ministro in Francia.

II sig. Lincoln tuttavia rifiuta d’accogliere i deputati del mezzogiorno.

Credevasi che il maggiore Anderson leverebbe le sue forze del forte Sumler il 23 marzo.

Il modo della resa non era ancora determinalo.

Le caserme sul fiume Braxos e in Santiago erano state cedute al Texas fra separatisti e unionisti.

Il congresso meridionale si era aggiornalo fino a maggio senza avere adottato la nuova tariffa.

La Carolina settentrionale aveva votalo contro la riunione di una convenzione, colla maggioranza di 1200.

La convenzione della Luigiana aveva rigettato la costituzione meridionale.

Dicevasi che le autorità doganali del porto di Havre in Francia abbiano notificalo che navi appartenenti agli stati separati saranno accolte negli stessi termini che quelle che navigano con bandiera federale.

Le banche di Filadelfia avevano ripreso i pagamenti in danaro.

Il parlamento canadese s’era adunalo a Quebec il 16 corrente.

Dalla Nuova Granada si sapeva che Mosquera continuava ad essere vincitore.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera dei Deputati — Tornata del 6 aprile

Presid. Rattizzi.

La tornata si apre alle 2.

Mellana annunzia al ministro degli interni un'interpellanza relativa al municipio di Casale, Minghetti dichiara d’essere pronto a rispondere anche subito.

Mellana non ha in pronto i documenti.

Brofferio intende di interpellare anch’egli il ministro degli interni sulla odiosa perquisizione fatta al Comitato centrale di Genova, di cui è presidente il generale Garibaldi.

Minghetti dichiara d’essere pronto a rispondere e si fissa l’interpellanza alla tornata di martedì.

Pepali Giovarchino domanda che si aggiunga al suo ordine del giorno il suo nome perché due sono i deputati di cognome Popoli.

Crispi. Prima di votare quest’ordine del giorno chiederò uno schiarimento al ministro dell'interno, giacche dietro le risposte che mi saranno date, io sarò nel caso di potermi decidere a votare in favore o contro.

Ho letto nei giornali che il governo del Re si è deciso d’inviare in Sicilia un ufficiale generale a voce del marchese di Montezemolo.

Domando quindi al ministro:

1. Se dobbiamo prestar fede alla notizia;

2. quest’ufficiale generale che vuolsi inviare dovrà accumulare i due poteri militari e civile.

Alle risposte che sarò per ottenere, mi riserberò fare le mie osservazioni.

Cavour risponde che il governo ha creduto di mandare in Sicilia il generale Della Roverre che è un abilissimo amministratore e si fece onore in Crimea e nella guerra di Lombardia, nelle Marche e nell'Umbria. Egli avrà le stesse attribuzioni dì Montezemolo, e vi comanderà eziandio le forze di terra e di mare di Sicilia.

Crispi. Il marchese di Montezemolo non avea che i poteri civili, ed il generale Della Rovera avrà i poteri civili e militari. Quindi ci è differenza nelle attribuzioni, dei due rappresentanti del re.

Da molti giorni, anzi da alquanti mesi i giornali ministeriali in Palermo parlano d’un governo militare che andrebbe ad istituirsi in Sicilia. Soggiungono ancora essere necessaria la dittatura per far ritornare al dovere quel paese.

Il signor ministro dell’interno, in altra tornata della Camera, si diceva ignaro dei fatti speciali dell’isola, ma soggiungeva al tempo stesso che a governarla la forza sia essenziale.

(il ministro fa segni di assentimento).

Così Proto scritto dalla stenografia.

Parlando di forza, il signor ministro dell’interno non intendeva certamente parlare di forza morale, perché quest’ultima voglio credere non mancasse neanche al signor di Montezemolo. Ei dunque parlava di forza materiale. E poiché si manda in Sicilia un ufficiale generale è p credere che tale scelta siasi fatta per avere chi sapesse usare la forza materiale.

Non so se all’onorevole ministro han narrata la storia di questi ultimi mesi; se gliel’hanno narrata, lo prego a ricordarsi che fu dovuto alla divisione dei poteri, fu dovuto alla preveggente moderazione del generale Brignone, se il 2 gennaio in Palermo non si venne ad una catastrofe.

L’accumulazione di tanti poteri nello stesso individuo, credo che possa riescire cosa mal accetta ad un paese sensibile e di calda immaginazione. Invece di,Cominciare la nuova era del governo con principii d’amore che sono necessari in un regime di libertà, essa va a cominciare con principii affata opposti.

Io non posso dimenticare, e credo che il ministro non abbia dimenticato, dalla discussione seguita in questi ultimi giorni risulta chiarissimo che in questi quattro mesi il ministero non ha saputo organizzare quelle provincie, non ha saputo nemmeno procacciarsi quell'amore, ch’è. necessario si procacci un governo.

Oggi, dopo che la Camera ha preso cognizione di questi fatti, està per volare un ordine del giorno, in cui si raccomanda, è vero, l’esecuzione della legge, ma per la vaga indeterminazione colla quale gli si raccomanda, è dato al governo pieno uso della forza materiale, la Camera può comprendere in qual condizione si va a mettere l’isola di Sicilia. Io mi permetto di far sapere al ministro dell’interno,che l'indole dei Siciliani è tutta differente da quella degli abitanti delle altre provincie della penisola. Quello è un paese che preso colle buone maniere s ne fa quello che sene vuole; non è lo stesso quando è preso col rigore.

Sotto lla dittatura di Garibaldi noi fummo in momenti più difficili di quelli in cui si trova oggi il ministro. Sotto la dittatura di Garibaldi non ebbimo bisogno di forza militare, anzi ci furono momenti che in Palermo non vi fu alcuna forza, giacché tutte le truppe erano state portate a Milazzo, e di là poi nel continente. Non ostante ciò noi abbiamo saputo farci rispettare.

E qui cade in acconcio ricordare un fatto il quale fa proprio al caso. Si parlò l’altra volta di governo di piazza in Sicilia.. Saprà il ministro dell’interno che governo di piazza non ne esiste mai nel mio paese. Ne’ due periodi nei quali io presi parte agli affari la piazza non influì mai su me né sugli uomini che erano con me. il primo periodo del mio ministero andò fino al 27 giugno, l'altro dal 2 agosto 5 settembre 1860. Nè ci fu mai governo di piazza, fuor quello del 28 giugno.

Presidente. Prego l'onorevole deputato Crispi di non entrare di nuovo nella discussione generale e di attenersi nei limiti dell’eccitamento che intendeva fare.

Crispi. Non entrerò nella discussione generale, ma mi permetterà il signor presidente che io compia brevemente il mio concetto. Dico adunque che governo di piazza non ce ne fu in Sicilia. Laddove ce ne sia stato che posa dirsi tale, non fo certamente il mio, ma quello che venne dopo.

Il ministero che successe, può dirsi francamente, apparteneva ed una classe d’individui che non sono miei amici politici del conte di Cavour e del governo attuale.

Conchiudo quindi ripetendo che noi non ebbimo bisogno di forza, ma governammo sempre coll'amore suscitammo l'entusiasmo delle popolazioni, e n’ebbimo i 44 mila soldati che andarono sul continente, n’ebbimo tutti quei generosi sacrifici, che la Sicilia va superba d’aver fatti per la libertà e per l’unità d’Italia sotto lo scettro di Vittorio Emmanuele.

Minghetti dichiara che il governo non vuole poteri dittatoriali, ma far eseguire la legge e reprimere colla forza chi non obbedirà.

La Farina afferma non esser vero che si debba al generale Brignone se li 2 gennaio in Sicilia non successe una catastrofe. Al generale Brignone non era stato dato alcun ordine.

Natoli contesta l’affermazione di Crispi che il gabinetto del 28 giugno sia surto dalla piazza; cita in sua lode una lettera scrittagli da Garibaldi.

Crispi. Io non dissi che il generale Brignone ebbe ordini, dissi che si deve alla divisione dei poteri ed alla preveggente moderazione del generale Brignone se non avvenne in Palermo una catastrofe il 2 gennaio di quest’anno. Quindi la risposta dell’onorevole La Farina non incalza.

Per quanto riguarda l’altro appunto fattomi dal ministro Natoli, risponderò aver io annunziato che se in Sicilia ci fu ministero che possa dirsi sorto dalla piazza fu quello del 28 giugno. Nè prova la dimostrazione alla quale si è accennato, la qua le bisogna altresì che si sappia, fu una dimostrazione dei ladri fatti uscire dalle prigioni. Si, lo ripeto, se ci fu un ministero che sorse dalla piazza, fu quello sorto il 28 giugno.

Mamiani desidera che questa disputazione,che dura già da 5 giorni, porti il maggior frutto possibile; se questo fruito si vuol raccogliere, conviene che il voto della Camera sia, se non unanime, almeno il più concorde possibile; perciò egli sottoscrisse l’ordine del giorno Torrearsa, il quale raccoglie in sé le opinioni che la Camera ha più generalmente manifestate; ma vi appose, d’accordo con alcuni suoi amici, un’aggiunta tendente a promuovere la più pronta e più ampia unificazione che egli dichiara di aver sempre propugnato anche quando faceva parte del gabinetto non già perché desideri l'accentramento, ma perché desidera il discentramento, non moltiplicando i governi, ma sibbene moltiplicando le libertà (approvazione).

L’aggiunta proposta da Mamiani è cosi concepita: «e confidando che esso piglierà i provvedimenti più capaci per accelerare l’unificazione amministrativa delle stesse provincie, non che insistendo sulla pronta ed efficace attuazione delle misure dal governo promesse circa la sicurezza pubblica ed i lavori pubblici, passa all’ordine del giorno».

Minghetti accetta l’aggiunta Mamiani benché la ravvisi superflua, purché non si intenda votando quell’ordine del giorno in cui è fatta parola d’unificazione, di pregiudicare sul voto che la Camera è chiamata a portare intorno al progetto di legge delle regioni da esso presentate.

Torrearsa da qualche spiegazione sul significato del suo ordine del giorno tendente a dimostrare che esso contiene già in sé l'aggiunta di Mamiani.

Presidente osserva che si possono votare l’uno e l’altra dividendoli, e votando prima la parte di Torrearsa, poscia quella di Mamiani.

CRONACHETTA BORBONICA

Al deposito dello svizzero Brenner furono trovati come da rapporto.



Fucili, la maggior parte usati. 1,500
Daghe 1,300
Revolver 6

Bonnet ed uniformi di guardia nazionale Piemontese in gran copia.

Ieri ebbe luogo una corsa della polizia dell'Italia Una, al quartiere di Campagna di Francesco Due, detto Portici. Un convento di quel piccolo Versailles venne percorso e visitato da'  quattro canti. Quantità di monaci arrestati e condotti.

Come Frati minor venne per via.

Rinvenute là ed altrove, carte, munizioni, ed armi ec. Altri arresti ed altri arrestati.

La G. Corte criminale avrà su che da divertirsi col codice in mano.

Dico col codice.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 10 (notte) — Torino 10

Pietroburgo — mercoledì — Varsavia — lunedì—I conflitti fra il popolo e le truppe rinnovansi varie volte.

De’ popolani 10 uccisi altrettanti feriti, 45 arrestati. Cinque soldati. uccisi.

La Gazzetta di Vienna in data del 10 ha un decreto in favore de protestanti che assicura loro una amministrazione indipendente, la libertà di coscienza, ed abolisce tutti gl’inciampi.

Napoli 10— Torino 10

Parigi 10 — Varsavia 9— Città occupata militarmente.

Barcellona 9 — Incendio del gran Teatro, il Liceo distrutto, varie case attigue ardono ancora.

Napoli 11 — Torino 10

Parigi 10—Gli avvenimenti di Varsavia hanno cagionato a Cracovia grandi agitazioni.

Napoli 11 — Torino 10 (sera)

Parigi 10… () parlando degli approvvigionamenti e degli aumenti della Guarnigione a Malta. accenna sotto riserva che tali armamenti sono in previsione d’imbarco d’un corpo di spedizione. Credesi che la prolungazione dell'occupazione francese nella Siria non sia estranea a queste misure di precauzione. Corre voce a Malta dell’intenzione dell'Inghilterra di occupare de’ punti di territorio fra l’alta Siria e l’Egitto.

Il Pays e la Patrie portano cifre delle vittime di Varsavia più considerevoli. Gli avvenimenti ebbero un contraccolpo nelle Provincie. Le truppe di Varsavia ascendono a 32.000 uomini. Temevasi il rinnovamento dei torbidi.

Napoli 14 — Torino 10.

Nella Camera dei Deputati ebbero luogo le interpellanze del Deputato Brofferio sulla perquisizione domiciliare al Comitato di Genova per l'arruolamento del volontari. Propose un voto per eccitare il Ministero a far eseguire le leggi e prevedere all’armamento delle truppe e dei volontari. Ministro dell’Interno difende la legalità dell’atto, e dice esservi stati indirli di reato d'illeciti arruolamenti. Ricasoli domanda che si fissi un giorno per le interpellanze sull’operato del Ministero riguardo allo esercito meridionale ed al suo Capo. Dice di non poter mai credere che sieno parole di Garibaldi quelle pubblicate dai giornali di critica al Re e di vitupero ai Deputati liberali. Esser dovere di Garibaldi di venire al Parlamento a smentire queste parole — si essere il solo cittadino ohe abbia fatto l’Italia (?) —Le proposte di Brofferio furono ritirate, e fu fissato quindi un giorno per le interpellanze Ricasoli in presenza di Garibaldi che era incomodato. Le parole di Ricasoli furono di fuoco ed assai applaudite.



Fondi Piemontesi 74,35 a 74,40
Tre per cento francese 67,60
Cinque per cento id. 95,50
Consolidati inglesi 91, 5/8
Metalliche Austriache 63,40

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ANNO I. Napoli 12 Aprile 1861 N. 41

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 12 APRILE 1861

UNA PETIZIONE AL PARLAMENTO

Nell'atto che nella Camera dei Deputati discutevasi intorno allo Stato delle provincie meridionali, e plaudivasi al Ministero, ed in lui si confidava e speravasi pronto e salutare migliora mento, i popoli di queste stesse provincie, guidati dal proverbiale loro buon senso, si occupavano a dare un semplice cenno de'  mali onde sono miseramente molestati, e lungi di confidare nei ministri e nel loro Agenti, per legale petizione, coverta già di migliaia di firme, venivano chiedendo provvedimenti decisivi e mutamento del Consiglieri della Corona. Eccovi un singolare contrasto tra il popolo ed i suoi Deputati, quello diffida e questi confidano; quello sente il dolore della piaga cruenta e grida, e questi sperano il rimedio da medesimi autori del male, e si acchetano!

A Noi, per ora riproduciamo questa Petizione che può dirsi importantissima, e ci riserbiamo di esaminarne i propositi e le conseguenze.

D.

ALLA CAMERA DE' DEPUTATI

AL PRIMO PARLAMENTO ITALIANO

I sottoscritti, in vista de'  mali che aggravano la loro patria, convinti per durata esperienza, di non valre ulteriore rassegnazione e protratta tolleranza, ad ottenere quei provvedimenti governativi, che suprema necessità di pubblica salute reclama, nell'esercizio legale di loro prerogative, presentano alla Camera de'  Deputati la seguente:

PETIZIONE

L'Italia meridionale, sollevatasi al grido di libertà, e costituitasi nella pienezza del suo dritto, sanzionò un plebiscito, e con esso il patto di dedizione al Re Eletto per l'Italia Una ed Indivisibile, a differenza delle Provincie dell'Italia Superiore, le quali tutte votarono l'annessione pura e semplice al Piemonte.

 Or l'accettazione del plebiscito si pretende tradurre in un quasi titolo di conquista, e si vuol togliere, anzi si è tolta, ogni forma di proprio governo, al già regno delle due Sicilie, senza che sia peranco formata quella Italia Una chi era condizione sine qua non, perocché per essa era sottinteso, che all'eterna Città di Roma, e non già a piè delle Alpi in Torino, si sarebbe istallato il supremo governo dell'Italiana penisola.

Il popolo dell'Italia meridionale se fu generoso e longanime nell'accettare il governo di Torino, non intese abdicare alla lettera ed allo spirito del suo plebiscito. L'azione unificatrice esser dovea l'effetto di quello e non la causa, e quindi una azione siffatta dovea diffondersi ed equilibrarsi per propria spinta, non per violento assorbimento, e per non giustificabile prevalenza. L'Italia Una avrebbe dovuto avere uno Statuto consentito da tutte le parti e non già uno Statuto Sardo, l'accettazione del quale non può dirsi implicata nel plebiscito Napoletano – Ciò non pertanto questo popolo non rifiutò gli uomini della Consorteria di Torino, e non disdisse al loro governo, che in realtà fu sgoverno pel paese; ed accettò quelli uomini, una ai loro atti per spirito di docilità, di abnegazione e pel desiderio di far l'Italia a qualunque costo.

Ma quando pe’ fatti stessi del governo, l'Unificazione d'Italia si espone a grandissimo rischio per le offese alla coscienza pubblica e per tutto che si ha ragione di aspettare in virtù di un sacrosanto diritto; quando l'amministrazione volge in estrema rovina, questo popolo che rappresenta meglio di 3/7 delle genti italiane chiamate a libero reggimento, e che ha portato all'Italia le sue forze, le sue tradizioni, le sue ricchissime risorse, ha motivo di alzar la voce per chiedere «che sia ben governato, che sia apprezzato, che sia rispettato» – Questo popolo del Napoletano che ha per Capitale la terza Capitale di Europa, la regina delle città italiane, avea ben fondata ragione da pretendere presso di sé la sede del governo, infino a che Roma per la sua incomparabile e storica imponenza, e per la sua centralità, non l'avesse per sé vendicata, e pure, questo popolo non se n'è doluto, e si è contentato anzi di mandare i suoi deputati a Torino! Ma a che son valute tutte queste ve generose di abnegazione? E poiché il male è venuto all'estremo, pria che trabocchi in eccesso, i sottoscritti, in nome del popolo, richiedono, che infino allo scioglimento dell'ardua quistione romana. la Capitale d'Italia, il governo e 'l parlamento abbian sede in una più centrale Città italiana, e che si chiamino nel Consiglio della Corona uomini onesti leali sin ceri amici della patria, osservatori scrupolosi del loro mandato e sapienti nella scienza e nell'arte di governo, a quali sia a cuore la pronta soluzione della quistione di Roma, il riscatto dell'infelice Venezia, e a retta amministrazione interna.

I Deputati dell'Italia Meridionale che attingono la loro missione dallo spirito e dalla lettera del plebiscito e che finora non hanno alzato la voce per sostenerlo e proclamarlo come principio del diritto pubblico italiano, propugnino almeno questa petizione, che vien sorretta da innumeri fatti ed assai notorii, fra cui, per sommi capi, si fa qui cenno de’ seguenti.

1. La sicurezza personale e la garentia della proprietà sono i primi bisogni di ogni società costituita, sotto qualsiasi forma di governo.

E questa sicurezza personale e la garentia della proprietà mancano affatto nell'Italia meridionale. E ciò per conseguenza di un sistema di governo irrazionale ed arbitrario, che annullò la forza materiale creata a tutela dell'ordine, e distrusse con la moralità di azione il prestigio ed il rispetto all'autorità.

2. La sicurezza personale e la garenzia della proprietà vengono compromesse per forza della fame e de’ bisogni del povero, cui mancato pane e lavoro, non rimane che la violenza.

I mezzi che si dissero presi, per alleviare que sti mali, furono o bugiardi o inconseguenti, o in parte mancati nell'applicazione, di guisa; che a nulla valendo, il male crebbe a dismisura. Si credette poter ricorrere a prestiti, e questi rimasero incerti tra progetti rovinosi e desiderii puerili.

3. La finanza in dissesto, non per le spese dell'esercito meridionale, ma per le dilapidazioni del pubblico danaro e per imperizia degli ordinatori, non ha potuto e non può disporre di un obolo pel povero.

E 'l dissesto della finanza si è renduto completo per provvedimenti disadatti, per variazione inconsiderata delle tariffe, per l'ammissione del gran cabotaggio in tutte le coste italiane, per collisione della giusta ed equa protezione delle manifatture indigene con la prematura influenza del libero cambio, del quale ammesso il principio, graduata dev'esserne l'attuazione.

Il mistero onde si cuopre tuttora la finanza del napoletano, ingigantisce il male ed ingenera negli animi la diffidenza e la sfiducia.

4. La marina militare annullata, e colpita nel suo amor proprio. Secondo il convincimento degli italiani del nord, pare, la marina di Napoli e Sicilia, sia stata e sia senza tradizioni gloriose, senza gesta onorevoli; nulla abbia fatto per la patria; e sia invalido il navilio, atto solo a trasporti; sia mancante il materiale, ed inabile il personale!

5. L'esercito di terra disciolto, e mandati nei loro focolari meglio di sessantamila uomini, che in momenti di periglio, non si raggrupperanno intorno a coloro che gli han disprezzati, e faccia Iddio che non si sollevino ostili!...

E conseguentemente, il paese, in totale disarmo, senza esercito regolare, senza esercito di volontarii, con una guardia nazionale non del tutto organizzata, e non bene armata, rimane, e forse a bello studio, a discrezione di qualunque ostilità straniera!

6. L'amministrazione della giustizia negletta, i collegi giudiziarii in gran parte chiusi, ed i magistrati, salve poche eccezioni, uomini nulli, chiamati o ritenuti in uffizio per solo favore. La nomi ma di costoro è aperta violazione della legge organica, ed il riscontro delle liste né somministra la pruova.

7. L'Azienda chiesiastica perturbata per leggi intempestive malconcette e per dippiù ineseguite, e quindi stato di perplessità, rovescio d'interessi, intrigo, concussioni e vendita di fumo!

8. L'amministrazione civile in collasso: niun riordinamento nei comuni e nelle provincie. La somma degli affari confidata ad uomini di consorteria, che all'incapacità uniscono la mancanza di principii e forse di onestà.

9. La pubblica istruzione in un vero caos: molte leggi, qui introdotte nulla valenti l’assegnamento xxxxx ed un numero enorme di professori che xxxxxx volontà di Napoleone xxxxxx riunito del collegio di Francia, della scuola di medicina e della Sorbona: cattedre create per gli nomini, non gli uomini ricercati per le cattedre, nomine di favore, assegni, promozioni, lauree gratuite e senza esami, e casse esauste.

10. De’ lavori pubblici, dell’agricoltura e commercio, non è a parlarsi, perocché non potrebbe dirsi, alto che sia, che agguagli a descrivere il male, qual esso è, nell'opinione di tutti.

Questo esposto sembrerà gravissimo, ma esso non rappresenta neanco il centesimo de'  mali reali.

Il sistema di governo finora adottato, persistendo, menerebbe all'evento fatale di dover protestare con mezzi più energici, per ottenere i provvedimenti che il dritto del meridionali, e la suprema salute della patria comune reclamano, e l'attuazione piena del plebiscito, e la proclamazione del novello dritto pubblico italiano non caldeggiato finora da deputati, e trascurato, per non dir tradito, dal governo di Torino, a peso di cui è tutta la responsabilità.

Napoli 2 aprile 1861.

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ESAME E GIUDIZIO

Nelle interpellanze sulle cose di Napoli fatte al la Camera, ed in altre occasioni, il Governo si è sforzato tradurre il contegno calmo del nostro po polo come un'approvazione agli atti delle luogotenenze, stimando esagerazioni il malcontento e l'inquietudine che regna in queste province – Ma erra in tali giudizii; e se avesse guardato profonda mente le nostre condizioni: o meglio, se non le dissimulasse, attribuirebbe questa calma piuttosto a virtù cittadina, anziché ad in scienza dello sgoverno dotto cui visse e vive tuttora il nostro popolo – Il quale, sempre calunniato ed oppresso, con la sua vivissima intelligenza vede le piaghe e si tace, o né piange in segreto, perché pensa quanto sia necessaria la concordia onde si faccia l'Italia Vede ancora il potere fra le mani degli antichi oppressori, vede alla patria anteporta una carta, sperimenta il difetto di lavoro e d'istruzione, rima né deluso intorno a vantaggi di un pronto sviluppo delle forze economiche della nazione, osserva negli ordini e negli atti più minuti lo sgoverno, e dissi mula e ride, o appena si lagna perché risoluto di affrontare i più duri sacrificii onde si faccia l'Italia.

E ora brillato un raggio di speranza alla semplice firma del contratto per le ferrovie, alla probabilità di veder continuati i vecchi lavori, riaprirsi nelle province gli antichi ginnasii ed a Napoli una scuola popolare, spedirsi bentosto i Commissarii ripartitori dei beni demaniali e comunali, tra le classi bisognose. Questi ed altri provvedimenti ora importantissimi si accolgano come arra de'  miglioramenti positivi, che sono la conseguenza legittima delle mutate condizioni politiche – Dunque il nostro popolo, non indegno de'  destini, a cui lo chiama la Provvidenza, se non ha manifestato il malcontento contro il Governo, non lo è però taciuto; e la stampa indipendente e spassionata n'è stato organo sincero e sfugge alla censura lanciatale durante la discussione sulle cose di Napoli – Sventuratamente il tentativo di reazione e la ordita congiura eloquentemente sentirono quanto si tentò di esporre a pro’ dell'Amministrazione di queste provincie – Lo scopo della Camera nell'accogliere le xxxxx e dare nuovo voto di fiducia al Ministero, (in seguito al precedente in occasione dell'interpellanza Lamarmora) sarà nobile perché versa sull'evitare imbarazzi ed ostacoli al compito dell'unità nazionale (!) ma per sì alto intento non sembra ultimo ostacolo né il difetto di un esercito, né lo sgoverno di 9 milioni d'italiani. Quindi non ci rimane che richiamare l'attenzione su questi due interessantissimi affari – Sono ben noti i nostri mali e i nostri bisogni, né riguardano noi peculiarmente ma l'avvenire dell'intera Nazione. Si penetri adunque il Governo di questa verità; compia l'opera sublime della rivoluzione seguendo una via franca e leale, e in concordia col popolo assicuri stabilmente le sorti della penisola – Il sogno di nove secoli sarà allora un fatto, una realtà luminosa, e spariranno tutti gli ostacoli al compito de’ nostri destini.

R. Mazzei.

Aurelio Saliceti

Lo ripetiamo: Aurelio Saliceti è un uomo superiore del quale il Napolitano abbisogna per essere rappresentato al Parlamento: la sua alte rezza tenendolo in una dignitosa riserba l'ha nelle prime elezioni messo fuori della palestra ove si propugnavano le candidature, buona parte fecondate dal soffio governativo. Ma ora che una trista esperienza ha messo sotto gli occhi della nazione, ed il pronunziamento dittatorio del Gabinetto, e l'annuenza obbligata dalla maggiorità che riproduce all'Italia una seconda edizione della maggiorità di Guizot, e la indeclinabilità di un indirizzo, possiam dirlo, antinazionale per questa vasta e splendida parte d'Italia,-ora, in nome di Dio! il soffio governativo debbe sparire innanzi a quello della nazione, ed i deputati che ci restano ad inviare siano tali che rap presentino con fermezza le nostre doglianze, che | proclamino con forza superiore ad ogni altra forza i veri rimedi: che diano una gran batta glia parlamentare, ed infine, anche nella sconfitta, sappiano protestare. Il Parlamento di Torino, non è un Parlamento eterno.

Le doti eminenti del Saliceti in politica ed in intelletto; l'energia indeclinabile ed il patriottismo non han d'uopo che altri li proclami.

Possiam dirlo: quest'uomo che non transige mai né co' nomi, né col potere, né con gli avvenimenti, ha qualche cosa del Catone: ed egli, siam certi, dirà al pari del Remano, di fronte agli avversari dell’alta politica nazionale: Delenda Cartago!

Sarà un'opera superflua; ma vorremmo qui riprodurre dei documenti che mettono in evi: denza incontestabile tre cose in Aurelio Saliceti:

Il suo indirizzo a tempi del Plebiscito dell’Unità: l'orrore per tutto ciò che sappia di confederazione:e l'alta stima per lui del Generale Garibaldi. Ecco alcuni di questi documenti.

(dal Giornale uffiziale di Napoli)

Napoli 18 ottobre 1860

Sig. Direttore

Il giornale ufficiale nel n. 35 è creduto dare il racconto della discussione che ad occasione dell'ultima crisi ministeriale ebbe luogo nel 14 del corrente innanzi al Dittatore, ed alla quale, dietro invito, presi parte.…

Se io avessi potuto prevedere che un ministro volesse rendere di pubblica ragione, ed in modo sì lontano dal vero, opinioni emesse in Consiglio privato del Dittatore, avrei domandato l'intervento degli stenografi e le (Qui il Saliceti riproduce il dibattuto nella sessione che poi riassume così, per ciò che riguarda va il suo parere):

Conchiusi proponendo al Dittatore.

1. Di rivocare il decreto degli 8 ottobre portante convocazione del popolo in comizii.

2. Dichiarare lo stato Napoletano costituitosi di fatto parte integrante della monarchia italiana sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emmanuele.

3. Convocare immediatamente un parlamento dello stato medesimo, eletto a suffragio universa le per determinare le condizioni dell'unione.

4. Sottoporre il voto del parlamento all'approvazione del popolo, in via di legge diretta, cioè per comizi a suffragio universale.

La prego, sig. Direttore, inserire la presente nel giornale uffiziale.

Aurelio Saliceti.

(Dal Giornale ufficiale 29 ottobre 1860)

ITALIA E VITTORIO EMMANUELE

IL DITTATORE DELL'ITALIA MERIDIONALE

Decreta..

Veduta la dimanda del sig. Aurelio Saliceti già Consigliere di Suprema Corte di Giustizia, ed ora nominatosi con grado ed onori di Presidente, con cui chiede il suo ritiro non meno di detta carica che dall'altra di professore della Università; Volendo alla pensione cui per legge ha diritto aggiungere l'attestato di nostra sodisfazione pe’ servigi da lui resi e pei quali ha ben meritato del paese.

Accordiamo al detto sig. Saliceti il chiesto ritiro con l'annua pensione di docati due mila e cinquecento a contare dal 19 settembre ultimo.–

Caserta 22 ottobre 1860.

(Non è dunque dal Gabinetto di Torino, ma bensì da Giuseppe Garibaldi che al Saliceti fu compartita la pensione di ritiro cui pochi altri al pari di lui avevano ugual diritto.)

(Corriere dell'Emilia 29 agosto 1860 V. 241)

Dichiarazione di Saliceti a proposito di un pericolo Murattiano, e di una delle solite lettere di Murat.

Il chiaro patriotta dopo aver osservato non es servi parentela di sorta fra il Saliceti di Corsica che fu Ministro di Gioacchino Murat e il Saliceti di Napoli, conchiude:

Quando l’unità era impossibile fu senno voler sostituire ad oscuro accozzamento di tirannelli, che col braccio austriaco martoriavano l'Italia, duplice principato, potente a cacciare lo straniero ed a dare libertà a tutta la penisola.

Ma poscia che gli avvenimenti han reso possibile l'unità, non è più permesso parlar di dualismo, non essendo seria questione quella di esaminare se l'Italia, potendo esser una, abbia ad esser due.

L'unità d'una nazione, in quanto al diritto ed all'utile, non si discute. L’è assioma e non problema.

L'unità italiana non solo è possibile, ma a parer mio, la si può dire già fatta, perocchè gli elementi del presente dualismo, cui è ridotta l'Italia, sono diversi d'indole e di forza, si che per sola opera del tempo il più forte finirebbe coll'assorbire il più debole. Per nostra ventura l'indole buona è solo nel più forte, ed il più debole, se non è ancor morto, è al certo tra morenti dopo che i valorosi, insofferenti delle lentezze del tempo, corsero a migliaia ad affrettare il gran momento. Contrariare quindi un'unità ch'è sul punto di compiersi, sarebbe da parte di un italiano scelleratezza, che non ha nome.

Bologna 28 agosto 1860.

Aurelio Saliceti.

–Noi non mandammo quest'uomo alla Camera, e il Gabinetto che ben conosce la sua tempra di ferro, ha avuta ragione di congratularsene. Ora è in ballottaggio in due collegi, ma non possiamo a meno di esternare la nostra sorpresa nel trovare a quello di San Carlo all'Arena per competitore di Aurelio Saliceti....il duca di San Donato. Noi non ci aspettavamo a questo parallelo, ma non è questione di ciò: è questione della nostra dignità nazionale, degli interessi di queste provincie, se ci tenghiamo sul serio, e non accademicamente.

Meglio tardi che mai. Ora il nostro liberatore Garibaldi è andato a sedere al Parlamento, il suo amico e compagno ci vada ancor egli: sederà al suo fianco, e ci stara degnamente.

ELEZIONI POLITICHE

Definitivo.

Clusone – Antonio Testa,voti 320 su 374 votanti.

Fano – Gabrielli Ortona – Vizzini, Montecorvino – Rovella.

Pontremoli – Giuliani.

Aosta – Carutti.

Alba -Michele Coppino.

Ballottaggi.

Brivio – Kramer 70, Cairoli 75.

Gorgonzola – Villa Pernice 92, Robecchi 26.

Codogno – Grossi 93, Guicciardi 73.

Forlì – Albicini 266, Saffi 29.

Castel S. Giovanni – Marazzani 213, Simonetta 100.

Imola – Rusconi 143, Toschi 33.

Casalmaggiore – Guerrazzi 318, Sartorelli 125.

Brescia – Avesani 460, Raccagni 16.

Pallanza – Cadorna 316, Gaataldetti 302.

(5° Coll. Vicaria) – Anguissola 180, Correra 60.

» (7° Coll. S. Carlo all'Arena) S. Donato 178, Saliceti 100

» (8° Coll. Vicaria) Costa 61, Moccia 48.

Ancona – Ninchi l'10, Bonomi 105.

Afragola – Pisanelli 265, Mandoi 159.

Notizie Diverse

– L'anniversario della rivoluzione siciliana, che ebbe tanto memorando principio al Convento della Gancia, venne solennizzato a Palermo come prima festa della Libertà Italiana.

I giornali di Palermo non ci recano ancora alcuna particolare informazione sull'esito della festa. Sappiamo però che il governo intervenne, e per organo del consigliere al dicastero degli affari ecclesiastici faceva invitare i frati della Gancia a celebrare una commemorativa funzione religiosa, e particolarmente invitando il padre Carmelo Pardi a volere per quell'occasione par lare dal pergamo al popolo.

L'invito fatto dal consigliere Santocanale il Padre provinciale della Gancia è il seguente:

Dicastero degli affari ecclesiastici

Molto rev. Padre,

È desiderio del Governo che il giorno 4 corrente, la prima festa della Libertà, italiana, santificata dalla Religione nel sacro suo tempio, dal quale sfolgorarono i primi lampi della guerra servile.

Nella gioia comune ricorderemo ivi la nobile cristiana rassegnazione della sua religiosa famiglia, che trascinata in catena, faceva trionfare la religione e la virtù: ed ivi la voce de suoi frati eleverà al cielo il grato sentimento del popolo.

Palermo, 2 aprile 1861.

Santocanale, consigliere.

– Riproduciamo sotto riserva la seguente lettera, che il Lombardo pubblica come il testo di quella che l'imperatore Napoleone scrisse testé al principe Murat:

Mio cugino, Pubblicando nei giornali una lettera che è una offesa alla memoria di vostro padre e alla politica del mio governo, avete dimenticato quanto dovete a me come parente, come sovrano, quanto dovete a voi come senatore, come francese. Ho deciso, dopo udito il mio consiglio di famiglia, che dobbiate fare un viaggio all'estero che durerà provvisoriamente sei mesi. Tale essendo lo scopo della presente, prego Dio vi abbia nel la sua salvaguardia.

Napoleone

MILANO

– Leggesi nel Regno d'Italia delli 8:

Questa sera arrivarono nella nostra città tre ufficiali ungheresi che disertarono nella mattina. Dicono che essi non sono che il preludio delle diserzioni che si preparano.

Regna nell'esercito austriaco un malcontento sempre crescente. La nostra popolazione s'accalcava intorno ai generosi ufficiali e li salutava con viva entusiastici.

SPAGNA

– Scrivono per via telegrafica da Madrid, 5 corrente, all'Havas:

ll duca e la duchessa di Montpensier partono per l'Inghilterra in seguito della malattia della regina Amelia.

Nel Congresso, la Commissione sulla stampa propone che, pei giornali di Madrid e di Barcellona, la cauzione sia di 5,000 piastre e per le altre città di 3,000.

I tribunali ordinari giudicheranno dei delitti contro la religione, la monarchia e la diffamazione. Il giurì statuirà sugli altri delitti. Il sequestro preventivo è soppresso.

– L'Epoca del 2 aprile assicura, che tutte le voci sparse sulla minaccia di un nuovo conflitto coll'Africa sono prive di fondamento. Al contrario, si potrà in breve convincersi che tutte le condizioni del trattato di pace saranno scrupolosamente adempiute.

– Secondo l'Ibernia del 2, l'ambasciatore inglese a Madrid, sig. Buchanan, parte nella ventura settimana pel suo paese. Egli sarà sostituito a suo tempo, pres la nostra Corte, del sig. J. Crampton.

FRANCIA

– Al Tagblatt di Berna si scrive che la Francia con centra nella Savoia settentrionale un corpo d'armata d'osservazione.

– All'Independance scrivono da Parigi che il maresciallo Mac Mahon fu dall'imperatore chiamato a Parigi: che il giorno 8 dovea aver luogo alle Tuileries un consiglio di marescialli: che il gabinetto di Torino chiese a quello di Parigi di mettere presidio in Ancona: che si spediranno nuove truppe in Siria e finalmente che l'imperatore anticipò la cerimonia della translazione delle ceneri di Napoleone l la quale dovea aver luogo il 5 maggio e ciò in previsione di gravi eventualità che lo costringerebbero a trovarsi fuori di Parigi all'epoca stabilita.

– I fogli di Parigi biasimano con molta asprezza la lettera di Luciano Murat, la Patrie ed il Costitutionnel annunziano che l'imperatore scrisse una lettera severissima al principe: di questa lettera abbiamo pubblicato più sopra il testo.

– Si conferma essere l'imperatore deciso a prendere misure di rigore contro le associazioni religiose.

– La proposta fatta dal Siècle di scogliere il Corpo Legislativo viene approvata da tutti i giornali parigini, tolti ben inteso i fogli clericali.

– ll sig. Cayla pubblicò col titolo Le 89 du Clergé un opuscolo in cui propone che il clero francese ritorni all'antico sistema di elezione diretta dei primati e chiede:

«L'inamovibilità dei parroci e loro vicarii; retribuzioni sufficienti per il basso clero rimanendo aboliti affatto i di ritti di Casuale: soppressione dei seminarii vescovili: matrimonio dei preti.

– Il Lloyd di Pesth ha da Vienna, in data del 31 marzo:

Si fecero pratiche fra l'Austria e la Porta, le quali condussero al risultato di stabilire il punto e le circostanze, belle quali il governo austriaco si vedrebbe costretto i d'intervenire in faccia al movimento nelle provincie del la Turchia europea. La presenza di Philippovich è in relazione con questo accordo.

– Una lettera da Venezia al Messaggiere Tirolese conferma che a difesa della sola linea del Po furono ragunati nel Veneto 150,000 soldati.

PRUSSIA

– Scrivono da Berlino all'Havas:

Corre voce essere stato conchiuso un trattato di alleanza tra la Prussia e l'Austria, giusta il quale la Prussia presterebbe soccorso all'impero austriaco, se venisse attaccato dagli Italiani.

Noi possiamo accertare che simile voce manca di fonda mento. E solamente vero che le disposizioni dei nostri circoli governativi verso il gabinetto di Vienna son di molto migliorate, a motivo che l'Austria, nelle conferenze relative alla quistione militare, si è mostrata assai più conciliante, ma dai più amichevoli rapporti alla conclusione di un trattato d'alleanza offensiva e difensiva havvi gran tratto.

TURCHIA

– Un telegramma da Costantinopoli, 4 aprile, all'Havas reca:

«La Porta diresse alle potenze un memorandum relativo al blocco delle coste dell'Adriatico. Omer pascià è ritornato in favore. l processi verbali della commissione per la Siria sono giunti. Havvi disaccordo tra suoi membri.»

– Omer pascià sarà probabilmente chiamato al comando supremo delle truppe della Bosnia ed Erzegovina.

AMERICA

– Scrivono da New-York, 19 marzo all'Italie:

Il signor Marsh è stato designato dal presidente Lincoln come rappresentante degli Stati Uniti presso il nuovo regno d'Italia.

Il signor Narsh è stato parecchi anni membro dell'assemblea rappresentativa; fu in seguito ministro a Costantinopoli sotto la presidenza dei signori Taylor e Fillmore.

– Il vapore inglese Oneida giunto il 2 aprile a Lisbona, recò la notizia d'un cambiamento di ministero al Brasile. L'organizzazione del nuovo gabinetto, che non era ancora compiuta, si componeva così: Il luogotenente generale, marchese di Caxias, e senatore, ministro della guerra e presidente del Consiglio.

– Il consigliere Silva Paramhos, ministro delle finanze e per interim degli affari esteri; Il capo della squadra Gioachino Josè Jgnacio, ministro della marina, e per interim, dei lavori pubblici, del commercio e dell'agricoltura.

L'ispettore della dogana Sayao Lobato, magistrato, ministro della giustizia e per interim dell'Impero.

Lettere di Garibaldi

–Il comitato cremonese di soccorso alla Sicilia dopo aver compilato il resoconto della sua gestione lo fece presentare a Caprera al generale Garibaldi, il quale rispose colla seguente lettera:

Signori del comitato di Cremona, Sono grato a quanto operaste a pro della patria, ed approvo la gestione vostra. Il mio desiderio è il vostro, o signori. Mi ritirai mai dall'opra, io? Questo sa il nostro popolo e basta.

Vostro

G. GARIBALDI.

Il Liverpool Mercury pubblica la seguente lettera indirizzata dal generale Garibaldi a sir Culling Eardley, presidente dell'Alleanza Evangelica, il quale aveva offerto al generale, una bibbia poliglotta, e aveva proposto di presentare una bibbia a ciascun soldato italiano: i Signore. Sono assai grato per tutto ciò che i cristiani dell'Inghilterra hanno fatto a vantaggio dell'uomo e in sostegno del diritto delle nazioni.

L'Alleanza Evangelica, a cui voi presiedete, è istituzione assai commendevole. Riceverò con gran de'  piacere l'offerta che mi fate di una bibbia in varie lingue, ma non consento che una deputazione di membri della vostra società si muova col fine di venirmela a presentare.

La gran maggioranza del popolo italiano se non è protestante di nome, lo è di fatto, come è provato dall'indifferenza, o meglio dal disprezzo con cui riceve gli anatemi del papa, e il ludibrio che suscitano fra noi i miracoli. Sia persuaso, o signore, che gl'italiani sono assai meno papisti che non si creda. Quanto a me mi tenga sempre come il nemico più irreconciliabile dell'ipocrisia e del dispotismo d'ogni maniera.

Suo affez.

G. GARIBALDI.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 12 – Torino 11 (sera tardi)

Parigi 11 – Frontiere di Polonia 11 -Un proclama di Gortschakoff invita gli abitanti di Varsavia a tranquillità; se no proclama lo sta to d'assedio. E pubblicata una ordinanza per pre venire torbidi. Proibizioni di portare bastoni impiombati – Proibizioni ai feriti di mostrarsi per le vie. Sino a ieri nessun conflitto.

Copenaghen 11 – 400 uomini chiamati per battaglioni: si raddoppierà appresso l'effettivo de battaglioni.

Vienna 11 – Dieta di Dalmazia completamente sotto l'influenza della maggioranza italiana.

Methovvichs – Numerosi insorti dell'Erzegovina minacciano Mehemed Pascià a Trebigne. I Baschi-Bozuks hanno invaso il villaggio di Gratowaz e il convento greco – uccisi gli abitanti.

– Nicolawisch con bande insurrezionali ha la sciato Sutorini – La Squadra Turca mantiene rigorosamente il blocco, massime di Spitra e Antivari.

Londra -Sconto ribassato.

Napoli 12– Torino 14 (sera).

Genova 11 -Jersera giungevano fraternamente accolti, i militi del battaglione mobilizzato di Napoli, reduci da Milano e diretti a Napoli.

Napoli 12-Torino 14.

Parigi 11–Costantinopoli 3-La situazione finanziaria si aggrava-Timori di sommosse nella Romelia–Istruzioni inviate ai Pascià a Tanina e a Scutari intorno alle sommosse preparate-300 Ungheresi son partiti per l'Italia.

Cocincina -I Francesi e gli Spagnuoli hanno preso cinque forti.



Fondi Piemontesi 74,10 a 74,25
Tre per cento francese 67,70
Cinque per cento id. 95,50
Consolidati inglesi. 92,58
Metalliche Austriache 63,30

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ANNO I. Napoli 13 Aprile 1861 N. 42

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 13 APRILE 1861

GARIBALDI

Garibaldi, la stella polare degli italiani ha lasciato Caprera per recarsi anche esso al consesso legislativo, deputato della città, del paese di cui è stato il liberatore: ma non vi è giunto ancora, la figura del Nazareno si è affacciata in mezzo a rappresentanti e già..... e già temperiamo il concetto – una voce audace lo ha invitato a giustificarsi.

Io credo che ci abbia invasi una cecità folle e fatale: io penso che il demone della discordia, esorato dall'Austria o dal Borbone stia finalmente pigliando formale possesso di noi, facendosi donno di que grandi uomini di Stato che danno al mondo lo strano spettacolo di schierare studiosamente in ordine di battaglia due elementi nello stesso stato, e fatto questo, lanciare dall'alto della tribuna o del Gabinetto l'anatema contro il dualismo. In verità, se quanto ci ha recato il telegrafo della impetuosa uscita del barone Ricasoli è esatto, i nemici d'Italia hanno suprema ragione di rallegrarsene. La novella a Francesco Giuseppe della Costituzione accettata in Ungheria; la notizia al Borbone che sette provincie in armi marcino sulla Capitale non riuscirebbe loro più gradita di questa: che dopo aver conculcati gli uomini del movimento italiano, il consiglio di Stato del Gabinetto e della Camera si accinga ora a chieder conto del suo amore per l'Italia a Giuseppe Garibaldi.

Oh! noi vorremmo presentare sotto un aspetto più mite la situazione, vorremmo, se fosse possibile, lanciarla nelle tenebre ove l'occhio di ventisei milioni non la discerna: ma gli avvenimenti si compiono sotto la lampa del sole, ed è forza guardarli in faccia col dolore, e l'avvilimento nel profondo del cuore. Facciamo uno sforzo; storniamo gli auguri supponiamo revocabile l'interpellanza che non ha nome: tutti gli uomini onesti, tutti coloro che non sono legati da un interesse speciale, da un egoismo cieco al potere dominante, sentono che questo deputato mette in mal punto, in resta una lancia parlamentare.

Barone Ricasoli! il giorno in cui Garibaldi si presenterà al Parlamento, ritirate, per amore dell'Italia, la vostra mozione. Se voi vi accingerete sul serio a questa impresa che avete annunciata, di fare smentire il liberatore di dieci milioni d'Italiani; se persistete nella determinazione di voler far confessare a Giuseppe Garibaldi, a Lui, che voi avete ragione nella politica italiana ed egli ha torto – questa è opera insensata. È opera che non ha nome: sarebbe ridicola se non fosse sacrilega: sarebbe cinica se non fosse incendiaria.

Questo incendio non mai partirebbe da Lui: oh quell'anima pellegrina ha sacrificato prima d'ora tutto quel che può sacrificare un mortale all'amore ed alla concordia degli Italiani e Caprera è stato il suo Calvario. Ma, ascoltate, ascoltate, ascoltate!

Ad un Uomo come Giuseppe Garibaldi, che ha fatto quello che non ha riscontro nella sto ria delle nazioni: che se non ha fatto egli solo l'Italia.

Egli solo fu indispensabile a farla, perché il Piemonte non potea venire giammai a Napoli: ad un Uomo che dopo tutte queste imprese ha sdegnato i tesori del mondo, è partito da Napoli con pochi scudi tolti in prestanza che ha divisi con una povera vedova che incontrava su la via; ad un dittatore, ad un re, ad un dio di dieci milioni che alla parola di Vittorio Emmanuele che egli ha qui proclamato regnante (e che egli ama teneramente) ad una sua parola ha lasciato i suoi figli, le sue squadre, il suo dominio, l'ha lasciato a suoi nemici e si è imbarcato sul Washington senza che una parola amara fosse da lui partita, ah nò! dicendo anzi, alle moltitudini affollate, «Non è a me che son dovute le ovazioni: andate miei figli a salutare l'Emmanuele, il re d'Italia!! a quest'Uomo che per tanti miracoli onde uomo non si creda capace si spicca in proporzioni piramidali dal resto dell'umanità, voi – ora – ricchi di potere, d'influenza, di favori – voi mietitori politici, avete il coraggio, atteggiandovi al risentimento – domandar conto, chiedergli di smentirsi se nell'amarezza del suo cuore e sul cerato non per se, ma per l'Italia, ha pronunziato in famiglia qualche parola che non a era di approvazione per l'opera vostra in nome, della coscienza del popolo, ciò è temerarie.

Rifletteteci, raccogliete le vele, ritiratevi: annullate la vostra mozione: non vedete che essa è un tizzo fumante? Il tempio d'Italia è qualche cosa di più del tempio di Efeso.

Ci avete abbastanza abbeverato di oltraggi; pure noi abbiam tutto sofferto e.... soffriremo – il pericolo interno per l'Italia viene dalla massa – Ma non attentate alla maestà di un Essere di cui i popoli di Europa pronunziano il nome come quello di un Messia: esso sfugge alla volgarità delle forme, e non si pronunzia, signori, – vedrete se la nazione né imporrà la legge, – che scovrendosi il capo per riverenza.

E dopo tutto ciò credete anche una cosa: que sto paese qui cui voi da costassù malauguratamente prestate poca attenzione, si persuaderà che tutto ciò è premeditato: che intendete a smussare il fascino di questo nome (opera insensata!) riducendolo alle ordinarie proporzioni, e che per que sta via in vece di dar riparazione, né chiedete.

Ora non ci resta da buoni italiani che a sperdere al vento gli augurii, a confidare che determinazioni più savie abbiano preso il luogo di un'esplosione di orgoglio e d'ingratitudine, e di una mozione che non fu delle più felici: e che l'Eroe popolare d'Italia trovi nel Parlamento – in quel Parlamento che senza di Lui non sarebbe, – un Parlamento Italiano.

F. MAZZA DULCINI

SENATO DEL REGNO

Senato del Regno—Tornata del 9 aprile

Presidenza SCLOPIS.

La seduta è aperta alle 2 ½.

Le gallerie pubbliche e riservate, quelle dei giornalisti, impiegati, ecc., sono stipatissime, da non potersi trovar più un posto.

Si approva il processo verbale, si legge il sunto delle petizioni e si accordano congedi ad alcuni senatori.

L’ordine del giorno reca l'interpellanza del senatore Tacca sulle cose di Roma.

Vacca, sorge e dice che la questione di Roma è oggi entrata in un campo ove tutte le opinioni son d’accordo sul fine: bisogna dichiarare Roma parte integrante d’Italia, sua capitale naturale. Ma intorno ai mezzi si differisce di gran lunga; vi sono i due partiti estremi: ultramontanissimo e demagogia; si devono evitare entrambi; il giusto mezzo, come la diagonale nel parallelogrammo delle forze, c’indica la via da seguire. L’oratore entra poscia a parlare della questione napoletana che dice connessa con quella di Roma, perché i disordini, gli scompigli che agitano le provincie meridionali hanno lor centro nella città santa, dove nemici interni ed esterni, quanto v’ha di corrotto e corruttore, cospirano continuamente contro le nostre libertà. Conchiude coll’invitare il governo a sciogliere la questione romana dando indipendenza al papato, libertà alla chiesa, prova all'Europa xxxxxxxxxxx al senatore Vacca confermando le dichiarazioni già fatte nella Camera elettiva.

Non possiamo nemmeno dare un sunto di questo discorso, perché non essendoci stato possibile trovare nella tribuna dei giornalisti un posto per assiderci e scrivere, non potemmo prendere alcuna nota,

Parlano Matteucci é Campello nel senso del presidente del consiglio. Il primo propone in ordine del giorno.

Villamarina discorre delle cose napoletane dopo d’aver chiesto permesso al Senato e trattare la questione dal punto di vista più strettamente collegato colle interpellanze Vacca.

Ha in seguito la parola il senatore Musio, il quale dei mezzi probabili di soluzione della questione romana da molti messi in campo, si prevale per chiedere al presidente del consiglio quanto di vero siavi nella voce di cessione dell’isola di Sardegna, la quale, ripetuta da giornali nostrani e stranieri, inquieta l'animo dei Sardi, non ostante le dichiarazioni fatte dieci mesi or sono dal conte di Cavour che non cederebbe mai un palmo di terra italiana.

Cavour risponde a Musio essere quei timori, quelle apprensioni senza fondamento; egli non aver altro a dire intorno a ciò che ripetere le sue dichiarazioni, le quali non cambiarono col decorso di dieci mesi, né cambieranno per fluita la sua vita.

La discussione ha termine con una breve replica del senatore Musio per un fatto personale.

Messo ai voti l’ordine del giorno Matteucci è approvato.

La seduta si scioglie alle ore 4 e tre quarti.

(Dal Diritto)

Camera dei Deputati – Tornata del 9 aprile

Presid. Rattazzi.

Sull'aprirsi della tornata si concede un congedo di 6 settimane al deputato Ricciardi il quale ha ritirata la sua demissione.

Si dà lettura d'un progetto di legge presentato dal deputato Corleo sulle enfiteusi in Sicilia, non che di un altro tendente a sospendere il decreto col quale è costituita la provincia di Benevento.

Prestano giuramento una dozzina di deputati fra cui Liborio Romano e Stefano Romeo.

Gallenga svolge una proposta così concepita: La Camera penetrata del compito che incombe ad es sa di far cessare ciò che v'ha di eccezionale e di transitorio nelle varie provincie del regno dichiara che dessa non si prorogherà volontariamente finché non abbia votata una legge od un provvedimento qualunque per la piena attuazione dello Statuto e i bilanci complessivi del regno 1861-62.

Dice che la parola Parlamento viene da parlare e che molti credono che i deputati non vengano alla Camera che per parlare. Dobbiamo essere legislatori e non parlatori; le Camere sono legislative non parlamentari. Sono due mesi che noi siamo radunati e nulla si è fatto che interpellanze, utili certamente ma troppo lunghe, perchè la Camera non è ancora disciplinata; molti discorsi pieni d'inutili ripetizioni si sarebbero potuti evita re; le interpellanze non devono essere che una sinfonia, un hors d'oeuvre, un manicaretto, un intingolo nella discussione, e non durare per più di una mezza seduta o al più una intera, mentre quella di Napoli occuparono cinque intere sedute.

È vero che durante la stagione calda è quasi impossibile tener riunita la Camera, e siccome il paese mormora e reclama provvedimenti, perciò se il governo crede che sia possibile il governare parlamentarmente presenti subito i provvedimenti più urgenti; se nol crede, domandi i pieni poteri.

Un deputato di sinistra vorrebbe aggiungere qualche cosa alla proposta Gallenga qualora venga accetta, ma parla così basso che non è inteso.

Gallenga accetta raggiunta a noi ignota.

Mellana energicamente protesta contro al dubbio espresso da Gallenga con queste parole: «Se il governo crede di poter governare parlamentarmente, se non domanda i pieni poteri». Gli domanda se egli assuefatto alla scuola inglese possa citare che siansi mai pronunciate nei Parlamento inglese parole cosi sconvenienti, e se le Camere inglesi compiano in due o tre legislature quello che compiono le nostre in una.

Se la Camera non si potrà occupare in tempo della discussione dei bilanci, di chi è la colpa, se non che del governo il quale li ha presentati appena pochi giorni sono? Respinge la mozione Gallenga come lesiva della dignità della Camera, perché mette in dubbio che la Camera possa venir meno volontariamente al suo dovere.

Gallenga dichiara che le sue parole non avevano tal significato.

D'Ondes Reggio. Il deputato Gallenga fa una proposta essenzialmente incostituzionale; non è la Camera che si proroghi; ma è prorogata dalla Corona. Cita un aforisma-giuridico in lingua latina e richiama Gallenga alla scuola inglese.

Bertea. La Camera non può imporre a se stessa una legge alla quale l'avvenire potrebbe obbligarla di contravvenire. Perciò s'unisce a Mettono perché sia respinta.

Posta ai voti la proposta essa è respinta all’unanimità (ilarità generale).

É convalidata l'elezione del collegio di Volterra in persona dell’avv. Vincenzo Nelli.

Colombani domanda che venga rimandata a domani la nomina della commissione del bilancio, perché non sono che poche ore che i deputati conoscono che essa era all’ordine del giura, e la nomina di questa commissione è di somma importanza.

Il presidente fa qualche osservazione a bassa vo ce che non è intesa.

Alfieri si oppone alla proposta Colombani perché è probabile che uo primo scrutinio non basti a compiere questa nomina, e sarà più facile intendersi dopo il risultato di questa prima roteatone che avrà fango oggi.

La preposta Colombani posta ai voti non è adottata.

Il Presidente dichiara che se niuno si oppone la commissione sarà di 27 membri.

La Camera assente.

Minghetti prega Mellana che gli muova tosto la sua interpellanza dovendo egli assentarsi dalla Camera perché ha presentata una proposta di legge in Senato e deve recarvisi a sostenerla.

Presidente sospende l’appello nominate per la nomina della commissione e invita Mellana a parlare.

Mellana domanda al ministro degl’interni di rispondere a queste sue interrogazioni:

1. Se sia vero che un delegato del governo sia andato ad assumere le finzioni di commissario regio presso il Municipio Caselle senza essere preceduto dal decreto reale.

2. Se sia vero o no che il decreto di scioglimento non fosse preceduto da relazione alcuna al re:

3. Se oltre ai motivi espressi nel decreto il governo ne avesse altri che furono taciuti.

Minghetti risponde prima all'ultima domanda e dice che i motivi per cui il governo ha sciolto il municipio sono perché esso era composto di elementi eterogenei, disarmonici e dissidenti fra loro; perché non era quasi mai in numero alle sedate per poca diligenza. Altra difficoltà veniva dalla formazione della giunta: appena il governo nominava la giunta, questa si dimetteva, non per ostili là al governo, ma per dissidi! interni fra i membri: la contabilità del municipio era da molto tempo assai malandata, ed era confusa con quella di. altri corpi morali, inoltre il sindaco era per una svista del governo anche sindaco di un altro comune.

Afferma che il decreto fu presentato alla firma del re e che era accompagnato dalla relazione. Assicura d’aver trasmesso regolarmente il decreto in tempo all’autorità competente.

Mellana osserva al ministro che egli non ha risposto alla sua prima domanda riflettente il commissario regio; ripete e sostiene che i motivi del decreto di scioglimento non furono pubblicati come dovevano essere; dichiara che non vi è un fatto tra quelli presentati dal ministro alla firma del re che sia conforme al vero (sensazione) e che egli non avrebbe certamente sciolto il municipio se invece di prestare ascolto a quattro sole persone che egli potrebbe citare avesse interrogato i casalaschi membri della Camera, fra cui cita Lanzi ed Alasia. Esprime il suo rincrescimento che la persona onorevole del signor Minghetti abbia apposta la sua firma a un decreto si ingiusto, poi dà lettura dei motivi che precedono il decreto di scioglimento.

Confuta minutamente e lungamente ogni singolo motivo del decreto.

Minghetti. fatti da me esposti non sono menomamente contestati dal preopinante, benché egli li apprezzi e interpreti diversamente da me; ninna considerazione politica provocò lo scioglimento; conosco la storia gloriosa del municipio casalasco, perciò appunto ho creduto di rendere omaggio al popolo chiamandolo a ricomporre coi suoi suffragi il consiglio disciolto.

Mellana non consente che la Camera resti sotto l’impressione delle parole del ministro, e replica una terza volta esponendo una serie di considerazioni alle quali la Camera per la troppa lunghezza del discorso presta poca attenzione.

Esaurita questa interpellanza senza alcuna speciale proposta, si passò all’appello nominate per la nomina della Commissione del bilancio.

Terminato l’appellò nominate si estrassero a sorte cinque scrutatori per fare lo spoglio delle schede, e la tornata fu sciolta alle 4.

(Dritto)

Notizie Diverse

TORINO

— La Gazzetta ufficiale del 9 aprile contiene:

Un decreto che in rettificazione del disposto dal precedente decreto 12 dicembre 1860 ordina che i centesimi da aggiungersi ai tributi diretti in esecuzione del 2° alinea dell’art. 1 della legge 31 ottobre 1860 sono stabiliti nella sola proporzione di diciotto per ogni lira di tributo.

Un decreto che proroga sino a tutto maggio p. v. il termine fissato dal commissario generale straordinario delle Marche per effettuare le consegne dei redditi dei corpi o stabilimenti di mano morta;

Alcune serie di disposizioni nel personale di segreteria e in quello della carriera superiore dell’amministrazione provinciale, nel personale del ministero dell’istruzione pubblica;

Una serie di promozioni nell’arma di fanteria;

Alcune disposizioni nel personale dell’artiglieria.

GERMANIA

— La Gazzetta di Colonia racconta come segue il fatto del conte Schlippenbach già annunciato dal telegrafo, e che si riferisce alle note lettere del generale Bosco.

Verso la fine di marzo, un conte Schlippenbach, applicalo all’ambasciata prussiana a Roma, giunse a Palermo, proveniente da Civitavecchia, in compagnia, d’un principe Schonburg. L’autorità, avendone ricevuto avviso da Roma, fece sorvegliare quei signori. L'applicato dell’ambasciata prussiana a Roma, portatore di una lettera del generai Bosco ad un monaco di Monreale, compì la sua missione. Una visita domiciliare fu tosto eseguita presso ih monaco, e vi furono trovati le lettere di cui si tratta.

Questa scoperta produsse una viva irritazione nella città, ove non si sono ancora dimenticate le compiatenze del conte Perpoucher.

Il direttore della polizia disse al conte che egli non comprendeva come un uomo vestito di un'uniforme cosi onorevole, potesse degradarsi con tali servigi. All’indomani. egli dovette lasciare la Sicilia.

La stessa Gazzetta di Colonia soggiunge:

È vero, pur troppo. che le legazioni prussiane in Italia sono in gran parte rappresentale da ultra-politici, che mettono il dritto divino dei principi decaduti al di sopra dei bisogni e dei voti della nazione italiana. e che sperano ancora nel ritorno di coloro presso i quali essi godevano di una si piacevole posizione. Ma egli è certo che le legazioni di Prussia non devono servire di schermo ad intrighi politici. Il signor Schleinilz dividerà senza dubbio il nostro parere; ma disgraziatamente il ministero pare meno d’accordo con noi intorno alla politica della Prussia in Italia. Questa politica, malgrado alcune apparenze, non sembra essenzialmente differire dalla politica austriaca. Tra la stampa ufficiale prussiana e quella dell'Austria regna un accordo molto significativo circa la politica esterna.

L’opinione pubblica in Prussia è lungi,al contrario, dal riconoscere la conformità tra gli interessi prussiani e gli austriaci. Essa vedrebbe un pericolo qualora la Prussia s’attaccasse ad una nave che sta per affondare, e le voci di negoziati segreti per una convenzione tra l'Austria e la Prussia sono causa d’inquietudine. Si giunse fino a parlare d’una nuova mobilizzazione, che non ha ragione d’essere.

Se noi seguiamo una politica contraria ai voti del paese, dobbiamo aspettarci delle guerre impopolari. Il popolo prussiano non comprende perché avrebbe ad adottar gli interessi delle case d’Austria, d’Este e di Borbone in Italia. Esso comprende l’odio profondo della Corte di Vienna contro Vittorio Emanuele, ma crede che, nel suo proprio interesse, la Prussia deve vivere in bnono accordo colla Corte di Torino.

(Perseveranza)

AUSTRIA

— La Gazzetta Austriaca lamenta gli abusi della polizia a Cracovia ed i danni che ne potrebbero nascere per l’effervescenza già manifestatasi in tutti i distretti dell’antica repubblica.

— Scrivono da Vienna al Llovd di Pesth:

... Nell’occasione che ne! consiglio dei ministri deliberavasi intorno alla restaurazione dei comitati, l'imperatore esclamò: «checché succeda non mi deciderò mai più a far amministrare l’Ungheria da funzionari tedeschi.»

— All'Independance scrivono da Vienna, che trattasi di bel nuovo di un progetto di riscatto delta Venezia, al quale l’opinione pubblica, desiderosa che si eviti ogni conflitto, non sarebbe avversa: appena ci occorre di dichiarare che crediamo non fondata la notizia.

— il Giornale tedesco di Francoforte opina che esagerati sieno i timori di guerra, dacché i governi tutti s’ingegnano di mantenere la pace.

Secondo questo foglio i pericoli per l’Austria sarebbero piuttosto dalla parte d’Ungheria che da quella d'Italia.

— La Gazzetta Austriaca dispera della pacifica soluzione delta questione ungherese.

PRUSSIA

— Assevera la Gazzetta del Weser che il gabinetto di Vienna insiste presso quello di Berlino affinché rifiuti di riconoscere il regno d’Italia e per persuaderlo a rispondere con una protesta alla notificazione. La Prussia, secondo lo stesso giornale, avrebbe risposto essere nella ferma intenzione d’evitare una cottura con la corte di Torino.

— Si conferma la notizia di grandi apparecchi per l’occupazione dei ducati danesi.

— La stampa è unanime nel biasimare la condotta del sig. Schlippenbach e chiede che si prendano contro di lui severi provvedimenti.

POLONIA

Leggesi nel Morning Advertiser:

«Nei primi racconti dei recenti avvenimenti di Varsavia si narrava che un ufficiale avendo ricevuto l'ordine di comandare il fuoco ai suoi soldati, ruppe la spada e si strappò le spalline. Coloro che non possono credere alla possibilità di simpatie tra Polacchi e Russi, s’immaginarono che questo ufficiale non fosse al servizio dell'autocrata. Siamo oggi informati che quest’ufficiale è propriamente un capitano russo per nome Popoff. Egli fu immediatamente sottoposto a consiglio di guerra, e dopo tre ore era fucilato. Egli non pronunciò che queste parole: Sapeva la sorte che mi aspettava.»

— Un dispaccio dalle frontiere della Polonia dà notizia di una manifestazione pacifica avvenuta il 27 a Gzenstochowa, nella provincia di Kalisch, ad onore di Giovanni Pulawski. uno dei capi della confederazione di Bar, che nel 1771 difese quella città in modo eroico. Il servizio religioso celebrato in quest’occasione avea attirato una folla considerevole. L’ordine non fu turbato.

— Il generale Garibaldi mandò al redattore in capo della Gazzetta Tedesca di Berlino la seguente lettera.

Signore,

Sono profondamente tocco dalla vostra lettera; le vostre parole sono altrettanto buone quanto umane. Sì, noi siamo tutti fratelli! I tedeschi e gl'italiani divisi per tanti secoli dall’egoismo dei potenti, devono riunire i loro sforzi per vicendevolmente soccorrersi; abbiano eglino oggidì:in solo cuore, una sola volontà, posciaché devono affrontare le stesse lotte per farsi indipendenti dalle straniere influenze.

L’unità, ecco il più grande dei bisogni, tanto per l'Alemagna che per l’Italia; Guglielmo, ecco la vostra parola d’ordine; la nostra continuerà ad essere: Vittorio Emmanuele.

Scrivetemi sovente, io farò lo stesso. Noi vogliamo entrambi lavorare alla fraternizzazione di due nazioni che dovranno quindi innanzi rimanere unite di indissolubile vincolo nella grande famiglia umana.

Con stima ed affetto

Vostro G. Garibaldi.

CRONACA BORBONICA

La guardia nazionale di Napoli ha reso ieri notte un bel servizietto.

A San Giovanni a Teduccio, e Fuori Grotta ci erano de'  gruppi di gente sospetta ricoverati in due abitazioni spartate.

Avutone sentore, il Maggiore Raffaele Martinez alla testé di un distaccamento di Guardia Nazionale si recò prontamente ad un punto ed all'altro: quale fu il frutto della spedizione?

Una nidiata di sorici, o signori, di sorici siciliani, poliziotti del più arrabbiati, capitanati da chi? dal segretario del Maestro delle torture, Maniscalchi. Erano, s'intende, vestiti alla borghese, e ognuno di essi aveva addosso dalle 30 alle 50 piastre: erano forniti i più di coltelli, e bastoni animati. Con loro era un guarda porta di Palazzo, che aveva in saccoccia una fascia, la quale da una parte portava la Croce di Savoia, e dall'altra la frittata borbonica.

Interrogati, quid pensassero di fare, riuniti in que’ due punti, risposero: essere profughi di Gaeta; e avere appartenuto al battaglione di Francesco 2. cui veniva dato l'appellativo de'  saccheggiatori. Erano in numero di 38.

– Si attendono importanti rivelazioni.

CORRISPONDENZA DELLA PERSEVERANZA

Venezia 8 aprile.

 A malgrado che parecchi membri della Congregazione centrale abbiamo rinunciato, pure la pubblica opinione è tanto potente nel Veneto, che i rimanenti si dicono disposti a dichiarare la loro incompetenza nell'eleggere i deputati perii Consiglio dell’Impero, sopra le terne che saranno presentate dalle Congregazioni provinciali.

Se ciò è vero, come si dice, sarà questo per essi un titolo di dimenticanza, il quale sarà loro di molto giovamento.

Però il governo austriaco vuol riuscire ad ogni modo. Vi basti a mostrarvi il suo modo di procedere,quello che accadde nel Comune di Murano, Buratto ed altre isole vicine.

Il commissario distrettuale Marta convocò il Consiglio comunale. A forza di stimoli ai consiglieri giunse a radunarne otto; ma per rendere valida la seduta ne volevano dieci.

Sapendo che due consiglieri si trovavano a casa loro, approntò due procure, l’una per il segretario comunale, l'altra per il cursore comunale, ed intimò ai detti consiglieri di firmarle senz’altro.

Agl’impiegati comunali, ed intimò ai detti consiglieri di firmarle senz'altro.

Agl’impiegati comunali è per legge prescritto di non accettare simili procure. Anzi esse sono invalide da per sé.

Dopo tali violenze, in Marta disse ai presenti, che si dovea procedere alla elezione d’un deputato, e perché nessuno avesse l’imbarazzo della scelta, propose, il conte Alvise Mocenigo di Alvisopoli, uomo, ei disse, benemerito ed accetto al governo.

Difatti il conte Alvise-Mocenigo, marito ad una Spaur, ha servito agli scopi del governo in più occasioni, ed abita adesso a Vienna, donde riceve le sue ispirazioni.

Mi scrivono da parecchi paesi del Padovano, del Trevigiano e del Friuli, che i Consigli comunali andarono a vuoto.

CORRISPONDENZE

Pubblichiamo con piacere la seguente lettera del ch. dottor Zerienga nostro amico.

Gentilissimo Amico

....Nell'aver io pubblicato per la stampa alcune osservazioni sull’opuscolo del Tosti: S. Benedetto al Parlamento ecc. «non ho inteso alludere di proposito a personalità, sibbene attaccare un sistema, che la mia breve esperienza sugli effetti del medesimo, mi fa giudicare incompatibile con la civiltà presente. Dimorando dieci anni in Montecassino in qualità di Medico, ho disimpegnato alla meglio il mio ufficio, cui non ho ligato mai la mia coscienza, né le mie opinioni per ciò che riguarda il dovere di cittadino. Fu per me doloroso essere obbligato dalle circostanze a levare pel primo la voce a tutela degli interessi della società messa sotto la garentigia delle sapienti leggi che ora ci governano: ma fui consolalo abbastanza dal sentimento d’aver, a costo di ogni sagrifizio, adempito al mio dovere.

Restino i monumenti e chi li custodisce rispettati e venerati; ma tolgasi ogni vecchio rapporto che ritardar potesse il corso della presente civiltà, frullo del sonno di adulta nozione, che non à più bisogno dell'opera degli antichi tutori. Se un tempo con la preghiera e le salmodie abbiamo ammansita l’ira de’ barbari; ora, con la concordia col valore dei nostri prodi, ne tocca a difendere l’indipendenza, che la patria sta acquistando col sangue de suoi più cari figli....

Gradite, mio dolce amico, i sensi di stima ecc.

Raffaele Zarlenga

___________________

Un capitano di guardia nazionale di un casale di Cosenza ci scrive così in data 9 corrente.

Jeri fui avvertilo che al Piano del Lago eravi un attruppamento di persone di cui s’ignorava lo scopo. Avendo inteso che cercassero di me mi affrettai ad incontrarli nella consolare sotto il Paese. Trovai una sessantina di persone metà armate di fucili ed altra con scuri, i quali al vedermi mi salutarono cortesemente. Dimandato loro l’oggetto dell’assembramento gridarono: pane e lavoro se non si vuol far morire noi e le nostre famiglie di fame!

La folla, intanto, cresceva, soprarrivando ognor nuova gente da casali circostanti; ma mi riuscì di calmarla pel momento e con bel garbo la condussi tranquilla io Rogliano ove s’intrattenne col colonnello da coi dichiaravano voler dipendere come anche da me. Si conchiuse rapportare il tutto ai governatore e gli si spedì un espresso. Vedremo l’esito. Così finì la dimostrazione che avea per oggetto di scassare ogni magazzino ove slava genere chiunque ne fosse il proprietario. Le conseguenze (se il fatto fosse avvenuto) potete bene immaginare quali avrebbero potuto essere. Voglia il cielo che il Governo prenda in considerazione l’avvenuto, e vi dia riparo; in contrario temo qualche ripetizione meno inoffensiva; poiché. se ci è riuscito per ora evitare qualche sinistro, Dio sa se il potremo in avvenire.

Finora gli uomini della rivoluzione sono riusciti a mantenere gli animi in calma ed aspettativa, ma ove il governo continua a disconoscere la rivoluzione e non realizzerà le promesse fatte, se nelle nostre popolazioni si conserverà inalterato il principio nazionale unitario; non potremo per altro garentire la pubblica tranquillità.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 13 — Torino 12 (sera)

L’Italia crede potere potere annunciare che il Decreto per l'Esercito Meridionale fu firmato oggi dal Re. L’Italia soggiunge che la divergenza fra la maggioranza della Camera e Garibaldi fu appianata in modo soddisfacente.

Parigi 12 — Cassazione per vizio di forma della condanna del Canonico Ma Ile t. Sarà rinviato ad altra Corte di assise.

Patrie — Lo sbarco di volontari! a Spitza è esatto. I volontarii si sono rifugiati nelle montagne della Dalmazia in numera di circa 500.

Napoli 13 — Torino 12

Parigi 12 — Londra — Il Morning-Post smentisce che gli armamenti a Malta sieno destinali alla spedizione di occupazione di un punto della Siria — La Fregata corazzata Resistane fu varata.

Vienna 12 — Una Deputazione invita l’Imperatore a farsi coronare a Praga.

Melkovich 10 — Gl’insorti Montenegrini hanno attaccato Bihor, devastato 3 villaggi, uccide parecchi Turchi. Alcuni villaggi dichiaransi in favore de’ Montenegrini.

Dalle frontiere di Polonia — Il numero degli uccisi Lunedi è di 30 — Varie centinaia di feriti. I prigionieri subiranno la pena d'internamento nel regno. Molti furono arrestati — il Municipio sciolto.

Napoli 11 (sera tardi) — Torino 12

Moniteur 12 —Banca — numerario diminuito 18 18 milioni.

Belgrado 11 — 568 Bulgari sono emigrati in Siria; i Turchi ne hanno arrestato e punito 160. L’agitazione cresce alle frontiere.

Copenaghen — Ordine di completare le forze di cavalleria e artiglieria.

Itizehoe 11 —Dieta chiusa. Il Presidente ha accennato al carattere accettabile delle proposte del Governo.



Fondi Piemontesi 73,80 a 74,00
Tre per cento francese 67,55
Cinque per cento id 95,25
Consolidati inglesi 92, 1/8
Metalliche Austriache 63,35

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ANNO I. Napoli 15 Aprile 1861 N. 43

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 15 APRILE 186

ANCORA DELLE ATTUALI EMERGENZE

Quando taluno nella Camera Elettiva si atteggia sinistramente per conciliar Garibaldi – i quando la maggioranza della Camera, plaudente per ogni sillaba del Ministero, non ostante lo scontento generale della Nazione, rende saldo un governo, di cui l'esperimento finora è tornato implausibile –: quando mancata per ora una delle soluzioni, che poteano render calma l'Italia meridionale, Roma!... –: quando si studia a neutralizzar l'altra soluzione, che potrebbe restituir la quiete a questa provincia, già di troppo agitata, il venir di Garibaldi!... –: giova render noto, che né gli amici veri d'Italia, né la stampa seria, han mancato e nell'indicare la soluzione, e nel chiedere la soluzione che nelle attuali emergenze pare sia la sola e la migliore, onde non si franga quel vincolo d'unificazione italiana, che il plebiscito nostro ha sanzionato.

Questa manifestazione è nettamente specificata nella lettera che il benemerito cittadino Dassi fin dal sette di questo mese diresse all'illustre General Garibaldi.

Sul contenuto non occorrono comenti; ci pregiamo d'inserirla; agli Italiani il resto.

D.

LETTERA A GARIBALDI

Napoli il 7 aprile 1861

Carissimo Amico,

Il mal governo di Napoli produce i tristi affetti che da tutti i buoni si prevedevano. Scontento e ribellione nelle provincie, agitazione ognor crescente nella capitale, che già trasmoda ad atti e tentativi insani che tendono a sciogliere quel sacro vincolo fondato col sangue di tanti martiri «L'Unità Italiana».

La politica di campanile, l'esclusivismo, il manco d'ingegno amministrativo dei governanti, hanno disgustato tutti gli ordini sociali del napoletano, e preparato un vasto terreno alle mene dei nostri nemici.

Nulla si è fatto pel popolo, nulla per favorire il commercio e l'industria, nulla per sollevare un pò di spirito guerriero in queste popolazioni piene di vita. – Tutto si concentrò in una piccola schiera di persone, a cui hanno dato in balia e quasi in appannaggio, questo bel paese.

Ed essi conquistatori da saloni, né sfruttarono le risorse ed ora stanno guardandolo agonizzante.

Quali frutti doveva portare questo sistema? Lo vediamo. Negli Abruzzi, quantunque quà e là represse, le reazioni continuano. Ier sera il telegrafo segnalava esser stati scannati in una città dell'Appennino gran numero di liberali. – Le Calabrie in armi, parte per la fame, parte dietro le suggestioni dei preti.

Nei contorni della capitale mischie sanguinose ogni giorno; e in Napoli?

Il 19 del mese passato il paese unanime volle festeggiare l'onomastico del suo Garibaldi.

Prendeva occasione dal vostro caro nome per protestare contro la luogotenenza.

 E come il popolo è schietto e generoso lasciò trapelare molti giorni prima del 19 il fine che si proponeva. Si cercò turbare l'unanimità con falsi allarmi sparsi ad arte; – ma tutto fu vano.

La sera del 18 atterriti dalla gran voce del popolo, che saliva fin dentro le aule ministeriali, diedero tutti la loro dimissione che fu tosto dal luogotenente accetta e pubblicata.

Napoli, soddisfatto, fu generoso; e il 19 segnò nell'istoria una delle pagine più belle, perocché il popolo tutto, disceso festante nelle vie, non fece risuonare altro che le grida di «Viva Italia, Viva Garibaldi!».

Sopito il leone, lo credettero spento. E dopo 15 giorni d'interregno, preposero ancora, mutato il nome, gli stessi uomini alle faccende pubbliche, contro cui il paese aveva protestato.

Questo tratto codardo, di fuggire d'innazi alla volontà popolare, e sfidarla quand'era tranquillata indignò tutto il paese, che d'allora ha guardato il governo come suo nemico.

Di tali dissidenze, di questo generale malcontento, né approfittava, com'era in buona tattica, il reo partito che in Roma ha la testa. Quindi tacitamente si organizzava una reazione in città, che potea trascendere a deploranti eccessi.

Gran parte dai prigionieri fatti a Gaeta erano rinchiusi nella caserma de'  Granili e guardati da debole presidio. – Le corrispondenze fra essi ed i capi facilissime. Si indicava il giorno e l'ora propizia onde irrompere sull'inconscia città, e in luoghi vicini si preparavano migliaia di fucili. La congiura si estendeva a tutti gli antichi impiegati e specialmente ai custodi degli edifici i pubblici, dall'imprevidenza e lunganimità del governo, conservati di loro posti. – Si dovevano aprir le carceri e diffondere così il terrore con masnade armate di audaci banditi. Segnali sarebbero, grandi incendii appiccati a diversi punti della città.

La congiura era ordinata su scala troppo vasta, perché nulla né trapelasse. E infatti un panico, un agitazione indicibile regnava dovunque, – Diverse aggressioni in pieno Toledo coll'intimazione di gridare «Viva Francesco II», davano l'allarme.

E mentre tutti erano ansiosi, spiegavasi l'incendio nel grande albergo de'  poveri e precisamente dentro le gallerie dove conservasi il tabacco.

La guardia nazionale correva sul luogo e insieme coi pompieri isolavano l'incendio, poi so spettando l'orribile trama, s'impadroniva delle carceri e metteva forti presidii ai Granili. Dispersi colla forza i pochi reazionarii che erano discesi nella via, né arrestava i capi, e così per solerzia cittadina, e non per previdenza di governo, erano stornati da questa città, gravissimi danni. Ma questo stato di tensione non può, né deve durare, poiché di fronte allo straniero non dobbiamo essere indeboliti da intestine discordie.

Per quanto essa faccia, la luogotenenza non può rapacciarsi col paese. E intanto tutti i partiti avversi lavorano; poiché il popolo, e giusta mente, oltre un principio morale, vuol anche un po' di benessere materiale; né è possibile pretendere da contadini, de'  quali le terre sono devastate dai briganti borbonici, né dagli operai, che sono senza lavoro, una vita tutta dell'anima.

Unico, solo rimedio in questo stato di cose è la presenza vostra. Il vostro nome vale esercito, ricchezza, benessere. Venite in questo paese, e l'Europa stupita vedrà un nuovo spettacolo d'amore e di patriottismo.

Venite, ed assumendo con mano ferma le redini del governo, e circondandovi di uomini onesti, farete miracoli. – Avrete esercito, flotta, entusiasmo generale e cesseranno quasi per incanto le ree sedizioni che funestano tutte le provincie.

Nella speranza di abbracciarvi presto, vi saluto cordialmente. Amate il

Vostro

Giuseppe Dassi

al Dittatore

Giuseppe Garibaldi

Torino

Notizie Diverse

ITALIA

Torino, 9 aprile

– La maggior parte delle elezioni conosciute sinora sono favorevoli al Ministero. Parecchi fra i candidati risultarono eletti alla quasi unanimità. Tali sono, per citarne qualcuno, il comm. Carutti, segretario generale presso il Ministero degli affari esteri, che ad Aosta ebbe solo sei voti contrarii; il cav. Cordova, eletto a Siracusa e a Caltagirone, in quest'ultimo collegio con soli 3 voti contrarii su 1000 circa, e a Siracusa anche a grandissima maggioranza. Fra i candidati in ballottaggio è il sig. Rusconi, ch'ebbe ad Imola 143 voti, laddove il Toschi, suo competitore, n'ebbe soli 33. E a questo proposito mi occorre avvertire che il Rusconi, candidato ad Imola, non è il consigliere Rusconi, al quale accennava recente mente il vostro giornale, ma bensì il marchese Carlo Rusconi, romagnuolo, il quale fu nel 1848 deputato al Parlamento romano, e successivamente ministro, e nel 1859 fu consigliere di Stato a Parma.

– I tentativi di accordo fra Garibaldi e il Governo per quel che concerne l'esercito meridionale sono stati ripresi, e si ha speranza ch'essi avranno questa volta ottimo risultato. Frattanto mi gode l'animo nell'annunziarvi essersi già firmato il decreto che ammette a far parte del nostro esercito il Corpo di marina dell'Italia meridionale. l sottotenenti di questo Corpo sono stati ammessi collo stesso grado: gli altri ufficiali, colla diminuzione di un grado; ma a tutti indistintamente è tenuto conto, negli avanzamenti, del tempo trascorso dalla nomina dittatoriale sin oggi – per modo che in occasione delle nuove promozioni da farsi nel Corpo della regia marina, gli ufficiali della marina meridionale riacquisteranno per diritto di anzianità il grado provvisoriamente perduto.

ll nuovo ministro della pubblica istruzione ha dato incarico a cummendatori Fava e Bertoldi, ispettori generali degli studi, di recarsi nelle provincie meridionali per prendervi esatte ed estese informazioni sullo stato dell'istruzione elementare, secondaria, universitaria e tecnica. Il commendatore Fava partirà a tal effetto per la Sicilia, la sera del prossimo venerdì, insieme col nuovo governatore dell'isola, il generale Della Rovere. Il commendatore Bertoldi si recherà, a giorni, nelle provincie napolitane.

Il conte Manzoni, romagnuolo, si è recato nelle Marche e nell'Umbria a visitarvi le librerie dei frati, le quali racchiudono molti libri e manoscritti preziosi, ma è priva di fondamento la notizia data dall'Armonia di stamane che, cioè, il Manzoni riceva a tal uopo un lauto stipendio dal governo.

Corrispondenze dal Veneto accennano a un ordine del giorno di Benedeck, il quale dice non potere attualmente fornire altro che pane alle truppe, e fa assegnamento sulla generosità (!) degli ufficiali, e soldati perché vogliano fare a meno del soldo. Questa strana notizia ha fatto qui molta impressione; e prevedesi che, in seguito a sì in grato annunzio, le diserzioni nelle fila dell'esercito austriaco si moltiplicheranno quotidianamente.

Il generale Klapka è giunto in Torino.

È voce che il consiglio dei ministri abbia incaricato il ministro della guerra di ritirare il progetto di legge inteso ad ottenere un annuo assegnamento di lire 10.000 al generale Cialdini. Il governo si riserverebbe di presentare altro progetto tendente a stabilire pensioni sull'ordine militare di Savoia.

 AUSTRIA

— Scrivono all’Havas da Vienna, in dal dell’8 aprile:

L’Ostdeutsche-Post annuncia, in un telegramma da Praga, che in una riunione di membri tedeschi della Dieta, i rappresentanti della grande proprietà fondiaria dichiararono di aderire a un programma, in cui si riconosce l’unità della monarchia e il mantenimento della costituzione. Durante questa riunione, una deputazione czeca venne a dichiarare di congiungersi al programma unitario. Una deputazione tedesca fu incaricata di dare agli Czethi rassicurazione, che i Tedeschi sono disposti a un acconto e domandano ch'essi presentino il loro programma.

UNGHERIA

— Scrivono, per via telegrafica, da Pesili, in data del 7 aprile, all'Havas:

La gioventù magiara prepara una grande dimostrazione contro il nuovo monsignor Hans, il quale assisteva ieri all'apertura della Dieta a Buda ed è di ritorno a Pesth.

TURCHIA

— Un telegramma da Vienna,9 aprile, alla Gazzetta ufficiale di Venezia dice: La mancanza di viveri e diserzioni frequenti de’ óascibozuk, determinarono lsmail a conchiudere un,armistizio cogl’insorti sino a San Giorgio (23 aprile).

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati—Tornata del 10 aprile

Presidenza Rattazzi

Sull’aprirsi della tornata un deputato napoletano si lagna che si facciano delle difficoltà all’imbarco dei deputati di Napoli.

Massari riferisce sull'elezione di Giuseppe del Re, direttore della Stamperia Reale di Napoli, la quale è annullata per la qualità d’impiegato che riveste l’eletto.

Si approda invece quella del commendatore Carutti nel collegio d’Aosta.

Dopo questo il presidente dà la parola al deputato Brofferio per la sua interpellanza.

Brofferio (vivi segni di attenzione). Narro incresciosa vicenda.

A tutti è noto come sull’aprirsi della spedizione di Sicilia si stabilissero in tutte le provincie dell’Italia comitati di provvedimento per somministrare munizioni, denari, armi al grande capitano che si accingeva a così ardita impresa di cui la storia non offre esempio.

A tutti è noto che alla direzione di questi comitati ponevasi a Genova un comitato centrale di cui era capo il deputino Soriani che fece prodigi di operosità, di intelligenza, di coraggio, che fu argomento di pubblica maraviglia; la quale traducevasi più tardi in magnifica retribuzione di splendide calunnie.

A tutti è noto come terminato gloriosamente e dolorosamente l’epopea delle Due Sicilie, il Generale Garibaldi nel prender commiato dalle provincie meridionali, si volgesse ai giovani italiani e dicesse: «Se noi non avremo nella prossima primavera 500 mila uomini in armi, guai a noi, guai all'Italia!»

Nello scorso inverno, mutate le condizioni di Napoli e di Palermo, il comitato di Genova, non che tutti gli altri comitati delle italiche provincie deponevano il nome di comitati di provvedimento per Palermo e Napoli e assumevano quello di comitati di provvedimento per Roma e Venezia, nella speranza di continuare nell’opera loro ch'era tornata sì propizia alle Due Sicilie, a favore delle capitali dell’Adria e del Tebro.

Giunse la primavera; corsero voci di guerra in tutte le parli; rinarrò come l’Austria si concentrasse ora sul Mincio, era sul Po; vedemmo sorgere in Polonia, agitarsi l’Ungheria, scuotersi la Grecia, ingrossarsi insomma gli eventi e mostrare i popoli oppressi che volevano finalmente divenir liberi.

Fra questi preludii di prossime riscosse la gioventù italiana intendeva l’orecchio verso il mare; volgevasi verso un arido scoglio sbattuto da solitarie onde; attendevila risveglio del Leone di Caprera. Ma come percosso da occulto fascino il Leone stava confitto sulla deserta roccia; il suo ruggito non volava sui mari suscitatore di battaglie: tutto era mestizia e silenzio.

Come mai accadeva questo inesplicabile mutamento? lo nol dirò: e spero che la Camera mi saprà buon grado del silenzio. Fatto è che il generale Garibaldi raccomandava a tutti i comitati di non provvedere i volontari arruolamenti; e perchè la gioventù italiana non fosse bersaglio di crudeli delusioni, voleva che la suo raccomandazione fosse pubblicata da tutti i giornali della democrazia.

Come questa notizia giungesse funesta agli ardenti giovani che attendevano l'istante di correre all’armi, per compiere gl’italici fatti, è inutile che io dica: tuttavolta le istruzioni del generale Garibaldi venivano accolte con multa fedeltà; alle sollecitazioni che giungevano da tutte lo parli risponde vasi con riposali consigli di calma e di prudenza, due virtù difficili a praticarsi, quando il paese chiede slancio e coraggio.

Intanto il generale Garibaldi. deputato di Napoli, udendo come si trattasse in questa assemblea dei Destini delle Due Sicilie, si credeva in dovere di recarsi sopra il suo seggio acciocché non potendo compiere ai doveri di soldato, potesse compiere almeno agli obblighi di cittadino. Giunto appena a Genova partiva per Torino, e poche ore dopo la sua partenza una nuvola di genti di polizia invadeva il comitato centrale della Liguria da lui presieduto e per cinque ore consecutive eseguiva mia rigorosa perquisizione domiciliare, ponendo sossopra archivii, libri, documenti e registri.

Certamente non si accingeva il governo a cosi arbitrario allo centro un uomo riverito da tutta Europa senzaché fosse stato informato dalla polizia che seguissero arruolamenti, appresi azioni d’armi, provvigione merli di munizioni, senza che si assicurasse che trattavasi di casi gravi, urgenti incalzantissimi.

Come le informazioni della polizia fossero esatte, e quali prove di questi reali si prosciogliessero lo dicono i sequestri che vennero operali nell’uffizio del comitato centrale.

Uditene il ragguaglio.

Primamente si sequestrò un registro dei nomi di 170 nizzardi emigrati che la carità di Garibaldi fa soccorrere dal comitato centrale al solo scopo di non lasciarli privi dei pane giornaliero sino al giorno in cuj per opera del comitato potranno avere collocamento e lavoro. Si sequestrarono due lettere per consegna di carabine alla società dei carabinieri di Genova e di Pavia. Si sequestrava una lettera di consiglio a persona che chiedeva provvedimento ai bisogni dell'emigrazione veneta. Si sequestrava un altra lettera del signore Cumuli di Milano il quale offriva acquisto d’armi al comitato che gli riscontrava, non occorre armi. Finalmente si sequestrava un avviso relativo a qualche manzo di flanella acquistata presso i fratelli Pagano e C. Tali erano le prove di arruolamenti volontarii che il governo acquistava da quella rigorosa perquisizione; e la polizia del signor ministro che suggeriva al governo quell’atto violento non merita, certamente per la sua vigilanza i complimenti nostri (Bravo dalla sinistra).

La notizia di questa violenza poliziesca si diffondeva per tutta Genova, si diffondeva per tutt’Italia; cagionava dovunque profonda indegnazione; e l’illustre generale. appena giunto in Torino, doveva ricevere quasi nello stesso giorno, l’annunzio che il governo gli faceva una perquisizione domiciliare nel suo comitato centrale di Genova, e che i suoi soldati erano cucciati nelle vie di Napoli colle baionette alle reni. (bravo! Bravo!)

Questa, o signori, è la dolorosa storia; ora veniamo ai commenti.

Sono appena tre o quattro giorni che il signor ministro assicurava la Camera voler egli governar colla legge, unicamente culla legge, unicamente colla legge soltanto per la legge. Io gli rispondeva che governare colla legge era dovei e ili qualunque governo del mondo; ma che un legale provvedimento non avrebbe cessato di essere una misera cosa quando generoso e sapiente non fosse stato, e parmi che io avessi ragione. Tanto è veto che in questa circostanza l’illegalità e la miseria del provvedimento si associano con perfetto accordo.

È noto al signor ministro come lo statuto all'articolo 27 così si esprima: «Il domicilio è inviolabile; niuna visita domiciliare può aver luogo se non inforza della legge, e nelle forme che essa prescrive».

Il domicilio per comandamento dello statuto é dunque inviolabile; e questa inviolabilità è una delle guarentigie le più sacre e le più sante della libertà nazionale.

Fa lo statuto qualche eccezione. Permette lo statuto che si entri nel domicilio del cittadino in alcune speciali contingenze. E quali? Vediamole.

Il codice di procedura criminale all’articolo 142 dice: «il giudice incaricato dell'istruzione sull'istanza del procuratore del re, od anche d’ufficio potrà procedere a perquisizioni quando esistono gravi indizi».

Ecco come la legge permette le visite domiciliari, per marniate del giudice incaricato della istruzione processuale; la qual cosa suppone di necessità che istruzione processuale vi sia; e vuole la legge che ciò segue au istanza del pubblico ministero; e quando esistano gravi indizii di reato.

Nel caso presente l’autorità giudiziale dov’era?

Presentatasi ai comitato di Genova un Signor Ansalo, assessore di pulizia in Genova; il signor Bettazzi lodatissimo direttore di quel comitato in assenza dei presidente chiedeva agli agenti della forza pubblica se fossero muniti di regolare mandalo ed essere spediti dal signor governatore Magenta.

Fin qui adunque la violazione tanto dello statuto che del codice di processura criminale è manifesta.

Havvi per altro un caso unico in cui anche l'autorità politica è investita della facoltà di penetrare nel domicilio dei cittadini, e questa io la trovo nella legge sulla pubblica sicurezza, all'art. 108 in cui leggiamo quanto segue:

«In ogni caso di grave sospetto, l’autorità di pubblica sicurezza potrà procedere a perquisizioni domiciliari presso le persone comprese nei tre articoli precedenti».

Gli articoli precedenti parlano di oziosi vagabondi, ladri di campagna, sospetti, mendicanti, ladri, buffatori, glossatori, borsaiuoli e licei latori.

Quindi il signor governatore non poteva penetrare nell'uffizio del comitato centrale a meno che fosse persuaso, quel sig. governatore, che gli amici di Garibaldi fossero ladri, truffatori, borsaiuoli, ricettatori, oziosi e vagabondi (ilarità).

Su che io alcune contingenze qualche governatore trovò un mezzo termine per eludere la legge. So che qualche governatore volendo lare perquisizioni poliziesche invitò i procuratore del re. Un giudice qualunque ad associarsi agli agenti di pulizia; e so che qualche giudice e qualche fiscale non ebbe vergogna di uccellare l'invito. Ma ciò, senza scemare l’arbitrio del governo, mostra l’ipocrisia dei governami; i quali colla presenza di un giudice, vorrebbe simulare un atto giudiziale e legittimare una violenza.

Ma quando anche si volesse concedere che la perquisizione domiciliai e fosse seguita secondo, tutte le di posizioni della legge, cesserebbe forse quella legale perquisizione di essere un oltraggio alla grandezza italiana?...

E che? Mentre tutti i giorni siamo avvertiti che l'Austria ingrossa sui nostri confini e minaccia di assalirci, dobbiamo noi, confidenti soltanto nelle subdole diplomazie dobbiamo noi rimanerci freddi spettatori dei perigli della patria? Mentre la gioventù italiana vorrebbe raccogliersi iti armi sotto il comando dell'eroe dei due mondi per unirsi all'esercito perché il governo, che dicesi italiano, invece di stendere le braccia a questa gioventù, di secondare questo slancio, di tener desto questo sacro fuoco, si adopera a cuoprirlo. a soffocarlo, a spegnerlo sotto ceneri immonde? (applausi dalle gallerie).

E ciò accade, a Ironie dell’agitazione che commuove tutta l’Europa?... Tutto ciò che è movimento anima, vita si direbbe che egli ingiunga il sonno all'Italia sino a che gli permetta di risvegliarsi il telegrafo straniero (movimento). Badate o ministri, che quando questo popolo da voi addormentato voleste svegliarlo badate che non sia più tempo; badate che le permissioni del telegrafo non giungano troppo tardi (bene). Troppo dovrei dirvi sa questo proposito ma ho promesso a me medesimo di non addentrarmi in politiche discussioni, e qui mi arresto.

Voglio soggiungere unicamente che se il governo in vece di circondarsi di borbonici, di duchisti e di papalini a cui si mostra così beneviso avesse pensalo ad essere un po' meno ostile agli uomini della democrazia che lo precedettero nelle lotte della libertà non si troverebbe in questi giorni nell'Italia meridionale a così dure strette.

Entrando a Napoli, il generale Garibaldi veniva informato che il cardinale Riario Sforza tramava borbonicamente contro Vittorio Emmanuele; ed egli cacciava immediatamente da Napoli sua eminenza (Ilarità).

Sottentrava la luogotenenza e la prima cosa che faceva era di richiamare sul suo seggio il signor cardinale; e richiamato vedete voi in qual modo vi tratta? che ne avvenne? Eccolo in questo momento alla testé della reazione, clericale che vi sfida ed insanguina le vie di Napoli (Applausi dalle gallerie).

Presidente. Prego le tribune di non applaudire, né di dar segno qualsiasi di approvazione o disapprovazione.

Brofferio. lo non ho dimenticato come tre o quatto giorni sono il signor ministro di grazia e giustizia ci dicesse con molta espansione di cuore che voleva ad ogni costo conservali i monaci benedettini per i meriti che avevano 390 o 400 anni fa (si ride).

Legga ora il signor ministro la lettera del generale Bosco il quale. per operare la contro rivoluzione, è in segreto corrispondenza col priore di quei benedettini, che egli vorrebbe conservare, e impari che cosa si guadagni a proteggere i conventi e a far lega coi frati (Benissimo).

Qui mi arresto e chiedo al signor Ministro:

Primo: in virtù di qual legge egli siasi fatto lecito di ordinare una perquisizione domiciliare nell’uffizio del Comitato centrale di Genova.

Secondo: se vogliano persistere nel doloroso sistema d’impedire che i volontari corrano sotto la patria bandiera a difesa della libertà e della patria.

Il signor ministro dell'interno chiudeva negli scorsi giorni, un suo discorso, dicendo che voleva il governo forte ed anch’io lo voglio; ma più che i governi forti amo i governi giusti. Farò plauso per tanto alla forza del signor ministro quando io la vedrò associato alla legalità, alla fede, all'amore della patria, alle grandezza italiana (bravo! applausi dalle gallerie.)

Minghetti invoca l'articolo dello Statuto che i cittadini. qualunque sia il loro titolo, onore e grado sono uguali innanzi alla legge, alludendo tacitamente in tal modo a Garibaldi dichiara che sarà più scrupoloso dello interpellante nell’astenersi nel rispondere da ogni considerazione politica, e soggiunge; Mi è accaduto non di rado che mi fossero denunziati dei fatti, i quali stavano compiendosi e dove la traccia della verità sarebbesi potuta smarrire se non si procedeva immediatamente a una perquisizione. Anche a me soccorse il pensiero allora dell’inviolabilità del domicilio; consultai persone competenti e mi risposero che l’articolo 64 del Codice di procedura penale permette che l'ufficiai; di pubblica sicurezza possa procedere a perquisizioni senza mandalo giudiziario; esso vi appone tre condizioni; la prima di flagrante reato; la seconda che questo sia passibile di pena maggiore del carcere; la terza che vi si sia pericolo di fuga.

Mi fu inoltre citata la consuetudine invalsa, e costantemente praticata dalla nostra polizia, di interpretare l’articolo, io modo che s’intenda essere flagrante reato sempre quando vi siano forti indizi!

Ciò mi avveniva quell'occasione in cui per telegrafo ebbi notizia di falsificatori di cambiali false (sic).

Il caso di cui si tratta rientra nella classe: di quelli in cui l'autorità di pubblica sicurezza è autorizzato dall’articolo 64 a fare perquisizioni senza mandato giudiziario.

L’arrolamento illecito è punito di pena criminale; l’autorità politica era stata informata che in via Giulia, num. 10, si facevano ad ora tarda arrolamenti; non è a meravigliare se messasi alla sorveglianza e vedendo entrare dei giovani in quel luogo e in quell’ora, entrò essa pure e perquisì.

Vero è che le persone dell'ufficio risposero che i giovani che la convenivano non erano arruolali ma vi si portavano per ricevere un sussidio finché non avessero trovato un impiego; ma in quanto a me io non debbo entrare in queste investigazioni; spetta al tribunale a decidere se tali indizi sono sufficienti a costituire un reato; amo basta che gl’indizi vi fossero e che i giovani siano stati veduti nel vestibolo.

Ritiene che l'autorità di pubblica sicurezza avesse piena ragione di fare la perquisizione; al re solo appartiene il potere esecutivo e se vi è una prerogativa del potere esecutivo ella è questa appunto del chiamare gli uomini all’armi. Nessun cittadino senza ordine o permesso del governo può fare arrolamenti.

Mauro Macchi, Poiché tra il deputato interpellante e il ministro interpellato sì convenne di lasciare in disparte la questione politica, di buon grado anch'io mi rassegnerò a non toccai la, anche per tema che la discussione possa diventare più aspra e più dolorosa di quello che tutti noi ci proponiamo.

Mi terrò dunque soltanto alla quistione legale o, per lo meno, mi limiterò alla semplice rettifica di alcuni fatti.

Dirò per altro soltanto, in via preliminare, che la ragione ultima addotto dal signor ministro, cioè che spetti unicamente al poltre esecutivo la facoltà di arruolare, è evidente, in forza dello statuto; ma non avrà dimenticato il signor ministro quello che disse io una delle passate ternate il suo collega, il presidente del consiglio; cioè che v’hanno delle circostanze supreme nella vita dei popoli, netta storia delle nazioni, per le quali la legalità riesce micidiale, per le quali conviene talvolta uscire dalla legalità (mormorio). Ed è noto che se i Comitati di provvedimento non si fossero l'anno scorso istituiti, e che se essi non avessero raccolte forze d'uomini e di armi per sussidiare l’impresa di Garibaldi, a quest'ora non si sarebbe fatto il regno d'Italia. Dunque la legge l’anno scorso si è violata, e ne venne un immenso beneficiò (bravo! dalle tribune pubbliche).

(continua)

(Dritto)

BOLLETTINO SANITARIO

Generale Garibaldi Notte, tanto quanto tranquilla—condizione della parte offesa stazionaria— Minaccia d’invasione di località lontane — Sospeso il bagno—Ripreso il purgare.

Torino, l’11-aprile 1861.

Doti. Ripari

Dott. T. Riboli.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Lo notizia che la Russia e l’Inghilterra avrebbero reso la Danimarca responsabile delle rotture colla Germania è inesatta. Le notizie da Pesth annunciano un progresso nella politica di conciliazione.

La dissoluzione della Società agraria a Varsavia è considerata dai Polacchi, che si trovano a Parigi, come un colpo di Stato. Si erede però all'annullamento di tale misura.

Mahmoh e Dervisch pascià hanno operato la loro congiunzione nell’Erzegovina e vanno a sbloccare Nicksìch occupata dai Montenegrini Veflk, ambasciatore turco cessalo, è partito per Costantinopoli, ed il suo successore Vely è atteso per sabbato a Parigi.

Parigi 11 aprile (sera).

Vienna, il. Li Dieta della Dalmazia è posto sotto l'influenza di una maggioranza italiana.

Metkovich, 9. Gl’insorti dell’Erzegovina sono numerosi: essi minacciano Mehemd pascià Trchigne. I Bachi Bozouks hanno invaso il villaggio di Gratòvaz, sonosi introdotti in un convento greco, e hanno ucciso varii abitanti. — Njcolovich alla testé di bande insurrezionali, ha lascialo Sutorina,. ed è andato verso Luheo. — La squadra turca mantiene rigorosamente il blocco, massima a Spitza e Aiitivari..

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 13—Torino 12

Parigi 15—Vienna—Le scissioni cominciano fra i partiti ungheresi. La popolarità di Deach diminuisce. I magnati vorrebbero il ristabilimento dello stato prima del 1848 i liberali sono opposti.

Napoli 14 (sera) — Torino 13 (sera).

Parigi 43 — Polonia 12 — Il Municipio non fu sciolto no furono ristrette le attribuzioni — Arrivano continuamente truppe. Kisrieff fu inviato a Lublino con truppe. Grande agitazione.

Parigi 13 — La Borsa inanimata e debole.

Napoli 14 — Torino 13 (sera).

Parigi 13 — Pubblicazione della lettera del Duca di Aurnale di risposta al discorso del principe Napoleone.

Vienna 13 —Dicevi di larghe concessioni fatte agli ungheresi—Ministri responsabili separati, eccetto quello della Guerra e degli affari esteri.

Napoli 11 (sera tardi) Torino 14.

La Gazzetta ufficiale pubblica un decreto per la formazione di tre divisioni di corpi di volontari italiani—pubblica l'accettazione della dimissione di Montezemolo, e la nomina di della Re vere a Luogotenente della Sicilia — pubblica il decreto che divide in quattro dicasteri l'amministrazione della Sicilia presso la Luogotenenza.

Napoli 15 — Torino 14.

Parigi 14 — Dalle frontiere di Polonia 13 continuano gli arresti. A Varsavia due antichi membri della Delegazione della Borghesi furono arrestali. Assicurasi che fu ingiunto a Zamovskv di lasciare Varsavia. Gortchakoff ha ricusalo di ricevere personaggi alto locati.

L’attitudine energica del Governo è attribuita al Generale Kiscleff.

Londra—Observer—Gladstone presenterà domani il bilancio senza deficit. Non istabilirà verno altra imposta diminuirà quelle esistenti.



Fondi Piemontesi 72,50 a 73,00
Tre per cento francese 67,30
Cinque per cento id. 95,00
Consolidati inglesi 91,78
Metalliche Austriache 63,50

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 16 Aprile 1861 N. 44

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 16 APRILE 1861

LE ALLEANZE

In oggi per come sono le cose in Europa, le alleanze offensive e difensive, nella significazione più lata del vocabolo, non sono facili, anzi parrebbero impossibili; perocché gl'interessi rispettivi delle diverse nazioni, sono tanto diversi, per quanto va ria il numero di esse: così se la Francia è di accordo con la Russia per le quistioni orientali, non lo è intorno alla nazionalità Slava, e peculiarmente su' destini della Polonia; se la Francia è di accordo con l'Inghilterra per le cose italiane, od in qual che parte di esse, non la è di accordo per l'Oriente, per le frontiere renane per la Nazionalità greca; se Francia Russia ed Inghilterra sono d'accordo per le quistioni della Danimarca con la Russia e la Germania non lo sono fra loro per le quistioni Ungariche, per quelle de'  principati, per la Serbia, pel Montenero e via dicendo: se Prussia si accorda con Inghilterra intorno alla tutela del Belgio, non si accorda per le contingenze germaniche e per l'Holstein: e l'Austria, altro non sognando che la Santa alleanza, vorrebbe veder questa ripristinata, e però in fondo non è di accordo completo con alcuno – Da questa contrarietà d'interessi nelle diverse quistioni nasce l'impossibilità di accordo per un sistema generale. Se le quistioni potessero definirsi una per una e gradatamente, sarebbe facile delineare le parziali alleanze; ma poi ché il tempo ad alcuno giova, e ad altri nuoce, né siegue che al primo urto potrebbe nascere uno scompiglio non ben delineato, anzi affatto indeterminato.

Quindi ogni nazione, ogni popolo deve mettersi in misura di rispondere alla eventualità che potrebbero presto o tardi sorgere imponentissime.

Dopo queste premesse osservazioni generali potrebbe farsi dimanda, vi sarà guerra? e quando?

Che le quistioni dell'attualità difficilmente potranno definirsi per sola via diplomatica, ognun comprenda: che la guerra generale, in cui non so no determinati gli interessi specifici di ciascun popolo, e non può prevedersene il risultamento, si cerca evitare, puranco si comprende: che la guerra particolare e limitata sarebbe desiderio di qual che grande potenza, non vi è dubbio, ma è pur certo, che la potenza avversaria non può desiderare che l'opposto – E quindi da una parte si agisce per evitare e dall'altra per provocare.

E quindi, nel rapporto d'Italia, l'Austria vorrebbe accendere la guerra generale, anche a rischio di uno scompiglio indefinito, perché in essa spera o conservar tutto, e riescire prestamente col meno imbarazzo possibile; il tempo le nuoce, più che la guerra medesima. –

L'Inghilterra, per interesse del popolo inglese non dovendo muover guerre verso la Francia, opera per evitare ogni collisione, od almeno per localizzarla.

E Francia si prepara a tutti gli eventi, e prende tempo, anche per lasciare agl'Italiani il potersi completamente armare, e costituirsi.

Quanto l'interesse di Italia sia oggi legato a quello di Francia ognun vede! Dunque si profitti e e si provochi e si compia l'armamento generale.

D.

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Odio eterno ed odio atroce

In quell'anima si serra

Sanguinosa orrenda guerra

Da costui ci si farà!..

I DUE FOSCARI

FANTI

Il Ministro della guerra ha giurato di non sostare dalle sue persecuzioni contro ogni uomo, ogni cosa, ogni nome che sente di Garibaldi, se non quando uomini cose e nomi spariranno dinanzi a lui come sparisce la vita innanzi al simoun, il vento del deserto.

Citeremo un nuovo fatto, una nuova opera Fantesca che, pel parossismo di rabbia onde è mossa, salta proprio nel domini del ridicolo.

Come ognuno sa, l'inclito Ministro, ritenne col suo monumentale decreto, irrite e nulle tutte le nomine, gradi ed avanzamenti dati dal Dittatore Garibaldi agli uffiziali del reprobo esercito meridionale, ed a quelli dell'esercito Borbonico, i quali commisero il delitto di abbandonare la bandiera del tiranno, e schierarsi sotto quella dell'Italia.

Ma fin qui la cosa cammina: è l'applicazione del principio borbonico, un corollario, un lemma governativo che serve come un pò di balsamo a stendersi sulle piaghe di Francesco 2: una consolazione nell'esilio all'Augustolo Borbonico, un elisire di soddisfatta vendetta a Cutrofiano, agli Afan de'  Rivera, a Bosco, e a tutta l'altra canaglia sanfedista.

Ma le falce ministeriali di Fanti dopo aver raso il campo nemico (cioè de'  liberali) in modo da passarvi sopra l'erpice e l'aratro, passa i confini ed entra minacciosa ne’ dicasteri.

Ne’ dicasteri... ma cosa avea da farci colà? – I pacifici impiegati del dicastero della guerra, vanno forse alla guerra anche essi? sono militari? Non si è detto mai questo fin da tempi che si è sparato un fucile o scagliata una freccia: ma che importa, se Fanti lo crede, diventano tali, ad onta del loro cartolai e memoriali.

Entrato dunque nel Dicastero, il mietitore Fanti adocchia alcune spighe, o sia taluni impiegati, che per antichità, per ritiro de’ più vecchi etc. erano avanzati di un posto, come il solito, e secondo le regole prescritte. Ma ohimè! questi avanzamenti di giustizia aveano avuta la disgrazia di verificarsi sotto la costellazione del sette settembre, vale a dire dopo le venuta di Garibaldi, e caddero recisi come escrescenze infette, o come funghi velenosi cresciuti sopra le piante di un giardino. Vi erano poi al Dicastero come sopra, stati impiegati due o tre giovani novelli, uno de'  quali un ufficiale Garibaldino. Misericordia! destituiti a vista, cacciati fuori come se avessero tre bubboni sotto l'ascella, e messi sul pavè.

Ora non resta, altro a fare al generale Fanti che destituire gli impiegati nuovi dagli altri dicasteri, poi i giudici, controlori, intendenti, delegati, etc. sotto pretesto che furono nominati dopo il 7 settembre. Avviso a Mancini, Imbriani, Spaventa... quanto al Dottor Sacchi venuto qui come medico delle Finanze, si saranno, a quanto pare, messi d'accordo col Ministro della guerra su questo articolo, e saranno venuti a transazione, perché dopo l'arrivo del dottore i finanzieri borbonici si mostrano molto allegri, e fanno il ghigno a liberali.

Generale Fanti, idolo della Nazione, salvete!

F. MAZZA DULCINI

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati—Tornata del 10 aprile

Presidenza Rattazzi

(Cont. fine, v. num. prec.)

Presidente. Avverto le tribune che le farò sgombrare se danno ancora altro segno d’approvazione o di disapprovazione.

Macchi. Lascio questa questione e vengo immediatamente al fatto.

Il diritto che ha il cittadino d’avere inviato il proprio domicilio, è tale che io credo sia uno dei più grandi dal xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx deputato Brofferio e dal signor ministro annoverati. Or bene: può il fatto della perquisizione perpetratasi a Genova considerarsi provocata da una di queste circostanze? — lo dico di no.

Il signor ministro conveniva che quella perquisizione non fu fatta con mandalo giudiziario, ma solo per volere decisione dell’autorità politica. Vi era il flagrante reato che potesse autorizzare, e quindi scusare l'autorità politica di aver violato la legge considerando quello fatto come un’eccezione? A tutta sua giustificazione, disse il ministro che constava all'autorità politica come nella via Giulia, n. 15, cioè presso il comitato di Genova, si facessero arruolamenti. Ma se bastasse siffatto pretesto a giustificare le domiciliari perquisizioni non vi sarebbe più garanzia di sona pei cittadini; avvegnacché la polizia, dietro la prima denunzia, avrebbe la facoltà di entrare in casa di chicchessia. La questione sta nel vedere se quest’accusa era o no rag ione volente. Poteva l'Autorità politica ragionevolmente credere, anzi soltanto sospettare che nel comitato di Genova si facessero arruolamenti? Qui sta la questione. Ed io dico che non poteva; mentre vi erano molti atti pubblici, molti atti dei quali l'autorità politica se facesse il suo dovere, doveva conoscere l’esistenza, i quali escludevano finanche il sospetto che il comitato di Genova permettesse o fomentasse arruolamenti. Parlo di fatti pubblici; e sono lettere di Garibaldi nelle quali il generale vietava assolutamente ogni sorta di arruolamenti. Vi è una lettera che Garibaldi scrisse da Caprera il 13 gennaio 1861. nella quale così si esprime: «Credo debito mio rendere avvertiti gli Italiani che nessun arruolamento è stato da me promosso né consigliato per ora.» E il comitato di Genova con apposite circolari mandò ai giornali più diffusi dell'Italia e dell’estero a rendere pubblica questa dichiarazione. E con altrettante circolari la mandò eziandio ai comitati subalterni, dando, ordine preciso che vi si confermassero.

Siccome però malgrado questi eccitamenti, da parie di individui che veramente non sì conoscono, si seguitava a ripetere gli arruolamenti si facevano, il comitato di Genova si ritolse di nuovo a Garibaldi esponendogli francamente la cosa come stata, ed interrogandolo se, per avventura, dal 31 gennaio in poi egli avesse cambialo consiglio, ed avesse autorizzalo un arruolamento qualsiasi. Al che il generale Garibaldi con altra successiva delli 3 marzo scriveva così: «Caro Bettazzi» (è il collega mio nella presidenza del comitato di provvedimento, che (sta alla direzione di esso) «lo approvo gli avvisi che cotesto comitato diede al pubblico, acciocché nessuno si lasci trarre in qualche inganno; a me è affatto ignoto lo scopo e le persone che si prestano, nei clandestini arruolamenti.»

Ciò essendo, vede il ministero, vede la Camera che l'autorità di polizia cd il governo non avevano alcuna ragione di credere, di temere, o di sospettare che il comitato di Genova (il quale, in tutti gli atti suoi, sì pubblici che privati, non ha fato mai altro che conformarsi scrupolosamente alle istruzioni avute dal suo presidente che è il generale Garibaldi) avesse potuto promuovere clandestini arruolamenti.

Dunque, se questo non è, la perquisizione deve considerarsi, quale è realmente, affatto illegale.

Ad attenuare questo fatto, il signor ministro vi annoverava la nota delle cose che la polizia ha sequestrato. Io comincio a premettere, in tesi generale, che ogni qualunque volta una autorità politica (ossia quell'autorità che fa le parti del fisco) va alla casa di un cittadino qualsiasi a fare una perquisizione, può certo raccogliere materia per fare un processo.

È nota la sentenza di quell’uomo di Stato, il quale diceva che può bastare una linea, una frase per dar argomento di impiccare un galantuomo. Ma nel nostro caso speciale, quand’anche la perquisizione sia stata fatta con una idea preconcetta, quand’anche questa perquisizione sia stata fatta non in casa di un privato cittadino, ma in un comitato dove vi è tanta ampiezza di materia, di corrispondenze per fatti e presenti, e passati e futuri; anche xxxxxxxx io dico, l'autorità politica non è riuscita a trovare argomenti a giustificare il suo illiberale sospetto.

La xxxx: cui accemnava il signor ministro, è chiara e manifesta; e nessuno può in alcun modo alterarla. È l'elenco dei nizzardi emigrati (perchè adesso ci sono in Italia emigrati nizzardi), i quali per ordine del presidente Garibaldi vengono dal comitato sussidiati.

Le lettere e gli ordini per consegna di carabine è detto e provato che si riferiscono ad armi destinate alla società dei Carabinieri di Genova e di Pavia; e questa società la Dio mercé nel 1861 non può più, fra noi, essere un delitto né politico, né criminale.

L’altra lettera era del signor Comoli di Milano il quale offeriva un acquisto d'armi. Bisogna notare la circostanza che, unita a questa lettera, v’era la risposta del comitato, lacuale diceva che armi per il momento non v’era mestieri. E siffatta risposta il commissario perquisitore si rifiutò ostinatamente di raccogliere, cosicché rimane svisato completamente il fatto.

Basterà forse che ad uno venga in mente di far un’offerta di fucili, per mettere un galantuomo in istato di flagrante delitto.

Dunque né in fatto né in dritti io credi che possa l’autorità politica giustificare la perquisizione fatta al comitato di Genova: e per questo mi permetto anch'io di dichiararla illegale.

Mari trova ché la perquisizione si n giustifica sia che la si consideri politicamente che legalmente; la Camera non può occuparsi di una disputa che è di esclusiva competenza dell’autorità giudiziaria.

Brofferio risponde a Minghetti e dimostra sino all'evidenza che non solamente non si verificarono gli estremi dei flagrante reato passibile di pena maggiore del carcere ma che non esistette reato di sorta alcuna, come prova Tessersi il fisco sinora astenuto dal procedere. Stabilita per lai modo con nuovi argomenti la flagrante illegalità della persecuzione dica che se esiste la consuetudine di polizia allegata dal ministro, questa consuetudine è indegna di un libero governò; il quale dev’essere non solamente forte, ma giusta; e conchiude che per provare come egli abbia mossa questa interpellanza non per vaniloquio né per sistematica opposizione proporrà un ordine del giorno in cui sia eliminata ogni parola che possa interpretarsi come una censura al governo. L’ordine del giorno proposto era approssimativamente questo: «La Camera invita il ministro a garantire con ogni maggior cura l’inviolabilità del domicilio dei cittadini a promuovere colla maggior possibile celerità l’armamento dell’esercito e dei volontari.

Ricasoli trova inopportuna la seconda parie dell'ordire del giorno proposta da Brofferio, perché non gli par bene collegare la quistione importantissima dell'esercito meridionale sulla quale egli intende da demani dare ai ministero di espone permuterò i suoi pensamenti con quella perquisizione al Comitato di Genova e preroga l’onorevole deputato Brofferio a voler disgiungere una parte dell’altra.

Presidente propone di sapere in due parti distinte l’ordine del giorno e metterlo ai voti luna dopo l’altra.

Brofferio risponde al preopinante che la votazione del I suo ordine del giorno non pregiudicherebbe per nulla al voto che la Camera volesse poi emettere in seguilo alla discussione che il preopinante ha manifestalo l'intenzione di suscitare; tuttavia egli si adatterebbe a lasciate in sospeso la seconda parte del suo ordine del giorno sin dopo quella discussione.

Minghetti dice effe la perquisizione non è essenzialmente connessa col fatte dell’armamento del paese e respinge l’ordine del giorno Brofferio perché. contiene una censura al suo operato.

Brofferio sostiene che la concessione esiste.

Del Re trova anch'egli inopportuna la seconda parie dell'ordine dei giorno Brofferio. Il presidente osserva che la Camera può votare l’una parie indipendentemente dall'altra mettendole separatamente ai voti.

Macchi. Voleva combattere alcune teorie propugnate dal deputato Mari, le quali mi sembrano contrarie alla lettera ed allo spirito delle nostre instituzioni. Ma, poiché la discussione si è tanto fuorviata, né mi par conveniente il riprenderla, rinuncio ala parola.

Bruno trova che l'ordine del giorno proposto è estraneo alla discussione che ebbe luogo e cita il regolamentò in suo appoggio.

Il presidente gli risponde che il regolamento vuole che si metta ai voti ogni proposta presentala belle forme debite alla presidenza, libero essendo alla Camera di approvarla o respingerla.

Ara prepone l ordine del giorno puro e semplice per la stessa ragione adotta da Bruno.

Cavour. La conclusione a cui Brofferio arriva, è in contraddizione diretta con quello che egli aveva annuncialo e che si e discusso perché dopo aver detto che intende escludere la quistione politica, venire a proporne un voto eminentemente politico, quale è quello dell’armamento del paese. Il governo accetta la quistione politica, ma non in modo incidentale; quindi il ministero si mette alla Camera; se essa vuole votare immediatamente essa deve votare l’ordine del giorno puro e semplice; se vuole entrare nella quistione politica, allora essa non è abbastanza illuminala. In tal caso gli onorevoli Brofferio e Ricasoli svolgano i loro argomenti, e il ministero darà le più ampie spiegazioni sul sistema militare che esso intende seguire per lamia mento del paese.

Brofferio se ne riferisce a Ricasoli.

Ricasoli non accetta di proseguire immediatamente la discussione essendo sua intenzione che vi si consacri una tornata speciale, in cui il governo renda conto ampio alla Camera delle misure adottale e di quello che intende adottare per l’avvenire relativamente all’esercito meridionale.

Presidente dichiara che Brofferio ha ritirata la seconda parte del suo ordine del giorno, e legge la prima per metterla ai voli.

Minghetti respinge anche la prima parte dell’ordine del giorno Brofferio perché vi ravvisa una censura del suo operato.

Brofferio. Ciò prova che il ministro non solo rifiuta una censura, ma anche un consiglio. Ritira anche la prima parte del suo ordine del giorno (ilarità generale).

Ricasoli domanda al presidente del consiglio dei ministri di fissare un giorno nel quale voglia dare piena ed ampia spiegazione di quel che è stato fatto relativamente all’esercito meridionale non che di quello che si intenda di fare per l’avvenire. Vorrebbe che alla tornata in cui si discuterà questa importante quistione fosse presente il generale Garibaldi perché egli desse spiegazioni di certe parole a lui ascritte dalla pubblica stampa contro il parlamento e la persona del re. Qui l’oratore esci fuori del seminalo, e, protestando per oratorio artificio che non crede dettalo da Garibaldi le parole da lui sottoscritte, smesso ogni riguardo dovuto all’onorevole generale assente, ne critica acerbamente la risposta da esso data in Caprera alla deputazione degli operai e da noi pubblicata, stabilisce un confronto tra la persona di Garibaldi e la propria, e si fa ardito di dichiarare che il generale Garibaldi non può e non deve pensare né parlare altrimenti da lui.

Brofferio. Il discorso del preopinante non fu soltanto una proposta, ma una sconveniente censura contro il generale Garibaldi la cui persona avrebbe dovuto tanto più essere rispettata perché assente. Rinfaccia al Ricasoli il suo incandescente zelo di convertilo, conchiude con dirgli che alla Camera non occorrevano i suoi intempestivi quanto indelicati eccitamenti di ossequio al re.

Cavour propone alla Camera di fissare la tornata di lunedì?

Il presidente osserva che la Salute del generale Garibaldi non gli permetterà probabilmente d’intervenire alla tornata di lunedì.

Cavour. Allora si fisserà lunedì, ma subordinatamente allo stato di saluterei generale Garibaldi.

Cassinis presenta un progetto di legge di cui non ci vien fatto d’intendere il titolo per la confusione e i umori fra cui si sciolse la tornata alle ore 4.

_______________

Camera dei Deputati – Tornata degl'11 aprile

Presid. Rattazzi.

Letto il processo verbale e il sunto delle petizioni il presidente comunica il risultato dello spoglio della prima votazione per la nomina della commissione del bilancio. Eccolo:

Votanti 206

Maggioranza necessaria 104

Riuscirono eletti i signori Busacca con voti 152, Lanza 140, Audinot 139, Pepoli G. 121, Depretis 122, Pasini 115, Oytana 110, Torrearsa 109, Amari 104, Cini 104.

Si procede ad una seconda votazione pel com pimento della commissione; terminato l'appello nominate il presidente estrae a sorte gli scrutatori per lo spoglio di questa 2. votazione, poscia annuncia che i deputati Cordova e Bastogi, membro quegli della commissione per la cassa depositi e prestiti, il secondo di quella per la cassa del debito pubblico essendo stati assunti a pubblici impieghi rimase vacante il po sto da essi occupato in ciascun commissione, e fa procedere all'appello nominate per nominare loro un surrogante.

Compiuta l'operazione, Tari, domanda la parola per interpellare il deputato Brofferio su alcune parole da lui pronunciate nel discorso della precedente seduta contro i monaci Benedettini, i quali al dire del deputato Tari e di un altro deputato della maggioranza sono fiore di liberalismo.

Brofferio risponde che egli volle alludere alle due lettere del general Bosco pubblicate sui giornali e dirette a un priore di quei monaci, che sarebbe il padre Monreale.

L'incidente fratesco non ebbe seguito.

Si riferisce a nome del terzo ufficio sulla elezione di Milazzo in persona del sig. Piraino la quale fu convalidata dichiarando vacante ad un tempo il collegio per avere l'eletto accettata la carica di governatore.

Rasponi, colle mani in tasca e la schiena addossata al banco superiore, domanda al ministro dei lavori pubblici qualche ragguaglio sulle ferrovie delle Romagne e delle Marche.

Borghetti si associa al preopinante e domanda al ministro quali siano i suoi intendimenti sulla costruzione della ferrovia da Ferrara a Modena.

Mayr, deputato di Ferrara, raccomanda al ministero la linea da Pontelagoscuro a Bologna.

Cini raccomanda la ferrovia da Bologna a Pistoia.

Massari ringrazia il ministro dei lavori pubblici per le ampie e soddisfacenti spiegazioni da esso date in una precedente tornata sullo stato dei lavori delle ferrovie delle provincie napoletane, e lo prega di volergli dare qual che schiarimento sulla ferrovia di Foggia.

Toscanelli interpella anch'egli il ministro sulle strade ferrate di Toscana, e specialmente sul tronco dalle Salline a Pontedera.

Plutino prega il ministro perchè si prenda a cuore le ferrovie delle Calabrie, e perchè il vapore che parte da Genova per Messina vada a toccare il porto di Reggio.

Briganti-Bellini e un altro deputato rivolgono essi pure brevi parole al ministro.

Peruzzi risponde intorno all'affare delle strade ferrate romane, che i lavori trovansi oggi in con dizioni tali da non lasciar nulla a desiderare. I ritardi sono in parte dovuti alle condizioni finanzia rie singolarissime delle società; che non ha sofferto nulla dal fallimento Mirès; si diffonde con lunghissimo decorso a fornire spiegazioni a tutti gli interpellanti; ma il suo tuono di voce non giunge sino a noi che interpolatamente, la quale interruzione ci vieta di poter dare un sunto esatto è fedele del suo discorso.

Conforti presenta la relazione sul progetto di legge presentato dal governo per la intestazione degli atti.

Il presidente annuncia che oggi, venerdì non si sarà sedata; legge L’ordine del giorno per quella di sabato, in cui avran luogo, fra le altre cose, le interpellanze. Alfieri al ministrò dell’istruzione pubblica e la discussione del progetto di legge per l’esoneramento delle spese di trapasso di proprietà nei contralti fatti per causa politica.

Rasponi ringrazia il ministro dei lavori pubblici degli schiarimenti datigli e prende alto della sua dichiarazione che il ministero non può esimersi dal presentare al Parlamento l’approvazione della convenzione della linea da Bologna a Ravenna. Aggiunge alcune altre osservazioni.

Toscanelli si dichiara soddisfatto.

Un deputato di destra difende l’importanza commerciale del porto di Ravenna in confronto di quello d’Ancona.

Peruzzi pronuncia brevi parole in risposta alle osservazioni dei preopinanti.

Pescetto domanda a qual punto si trovino le trattative del governo colle due società che hanno inoltrate domande per la concessione della ferrovia da Torino a Savona. L anno scorso il presidente del consiglio ne aveva promesso anche dieci e ora non se ne vogliono dare che sei.

Peruzzi si esime dal rispondere perché egli non faceva parte del ministero quando Cavour pronunziò quelle parole, e prega Pescetto di fissare un altro giorno in cui egli risponderà.

Pescetto accetta.

Il presidente comunica alla Camera il risultato della seconda votazione per la commissione del bilancio nella quale riescirono eletti i signori Cantelli, Monticelli, Ricci Vincenzo, Broglio, Brunet, Vegezzi, Conforti, Devincenzi, Ricci V, Possenti, Colombani, Chiapusso, Galeotti, Ricasoli, Casaretto, De Blasiis e due altri di cui ci sfuggirono i nomi. Restano ad eleggere quattro membri per cui vi sarà ballottaggio tra gli otto che conseguirono, dopo gli eletti, un maggior numero di La tornata è sciolta alle ore 5 ¾.

Notizie Diverse

ITALIA

MILANO

— L’altro ieri é partito il battaglione della guardia nazionale napoletana. Il maggiore comandante, a nome di tutti i militi, indirizzò ai milanesi il seguente affettuoso addio:

Milanesi!

Accogliete dal mio cuore la parola dell’affetto e della riconoscenza, lo ve la rivelo nell’ora dell’addio, coll’affanno del fratello che lascia il fratello, col palpito amoroso dei miei cinquecento giovani.

Nei tripudi delle feste e dei banchetti, voi vedeste sui nostri cigli la lagrima dell’entusiasmo e della gioia nella religiosa commemorazione dei morti per la salute della patria, vedeste la lagrima dell'ammirazione e del dolore.

Ecco il solò ricambio che noi potevamo offrire alla nobile e generosa città, che doto aver offerti tanti valorosi suoi figli, dai lidi di Marsala alle sponde del Volturno in olocausto della nostra salvezza, volle a novello pegno di affetto allietarci in amorevoli gare le troppo rapide ore.

Milanesi!

Nel tornare alle nostre case, che son per vostre (cono nostri (brano i palagi de vostri governanti e de cittadini tutti) narreremo alle nostre genti, che qui pesi è l’eroismo nella guerra alle virtù nella pace, e che voi amate i figli d’Italia quanto abborrite lo straniero nemico.

Milano, il 9 aprile 1861.

In nome di tutto il battaglione

il maggior comandante

Marchese Ulloa.

MONTENEGRO.

—Scrivono da Trieste, 3 aprile, alla Gazzetta di Augusta:

Si ha dalla Dalmazia che te comuni dell’alto e basso Spizza e di Obrodovich si sottomisero al principe del Montenegro, che ha accolto la loro sommissione.

Coll’annessione di questa parte del litorale, il Montenegro, ritroverebbe in possesso del porto che da tanto tempo esso desidera avere nell’Adriatico, per mettersi in comunicazione co' suoi amici ed alleati esterni.

L’importanza di questa usurpatone è facile a comprendere. Il triangolo illirico sarebbe aperto a qualunque invasione. La posizione dei Turchi diverrebbe intollerabile, e la Dalmazia e le provincie slavo dell’Austria sarebbero gravemente minacciate.

— I tre officiale ungheresi, di cui annunciammo l’arrivo a Milano, erano due primi-tenenti ed un tenente aiutante di battaglione del reggimento arciduca Enrico, num. 62, stanziano a Riva di Trieste, donde essi passarono a Limone sul lago di Garda. Quivi furono accolti festosamente dalla popolazione, e cosi pure negli altri paesi sino a Milano, m particolare a Brescia, ove ricevettero le più cordiali dimostrazioni. Ieri partirono alla volta dell’Italia meridionale.

(Unità Italiana.)

DESENZANO

— Scrivono alle Sentinella Bresciana in data dei 7 aprile:

Ieri sera disertarono da Peschiera quattro marinai della flottiglia austriaca, tre veneti ed un ungherese.

Per mandare a termine il loro divisamento, s’impossessarono d’un legnetto svelto e sottile, denominato Vipera e dati i remi in acqua, in un ora e mezzo approdarono da quella fortezza a queste porto.

Le persone di cui si parla, sono giunte a Milano.

UMBRIA

— Nei diversi comuni dell’Umbria la leva procede mirabilmente.

INGHILTERRA

I fogli inglesi continuano a trattare la vertenza daooa alemanna e per la maggior parte prendono a difendere. la Danimarca. Il Morning Post scrive in proponilo un articolo, dal quale vogliamo ricavare alcuni passi che sembrane! più acconci a palesare gl’intendimenti del gabinetto inglese. Il Post, come a tutti è noto, è organo di Palmerston; esso così scrivea.

Se vi sono ora quistioni italiane, ungheresi, croate illiriche, che turbano 11 riposo, minacciano la pace d’Europa; se vi è una questione germano-danese, si dee sopratutto alla casa di Asburgo; se la forza nel centro di Europa è sconvolta, infiacchita, e trema sulla sua base è la colpa del gabinetto di Vienna; se quaranta milioni di probi e religiosi tedeschi, di cui gran parte assai cotti e dotti, sono senza forza morale e materiale nel sistema degli Stati d’Europa la colpa è precipuamente, se non interamente, dell'Austria. L’Austria è al presente una vasta aggregazione di popoli diversi di schiatte e di lingue diversi di costumi d’aspirazioni, di desideri senza unità, ma i tedeschi dell'Austria hanno te stesse tendenze che i loro fratelli del settentrione, del levante o dell’occidente; e se vi fosse sui troni della Germania un principe d'animo grande, avrebbe già rivolto il pensiero a guidare i suoi nazionali verso quell'unità, quella coesione e forza a cui tanto vivamente aspirano.

…………………………………………………………………………………………….

In luogo di innalzarsi all'altezza di così bella occasione, approfittare degli errori e della ruina dell’Austria e confondere io uno i diversi stati della Germania rendendo ad essa quel luogo che le si conviene come grande potenza nel centro dell’Europa, la Prussia è stata sleale alla missione a cui la chiamava tutta h famiglia e la nazionalità germanica. In luogo di dare pieno sfogo al sistema costituzionale, allo sviluppo della libertà individuale, della libertà del pensiero, della parola, della stampa, la Prussia si tiene stretta alle sue forme antiquate, alla sua burocrazie, alla sua corrotta polizia alle sue formalità del medio evo, per cui si antepone il voler delle certi e delle camarille alle aspirazioni della nazione. Mentre l’Austria accenna a cadere, sconfidate o abborrita dagli slavi, dagli ungheresi, dagli italiani, dai boemi mentre l'Austria non amala da'  suoi stessi soggetti tedeschi inutile come alleata, ed è di nino pericolo copie nemica, la Prussia non profferisce una sola parola che dinoti il desiderio di ricostruire e legare insieme l'edilizio che cade e rovina. Per contrario, io luogo di comporre insieme tutti i popoli in un sólo e polente stato la Prussia sembra aver in mira di soffocare gl’impulsi patriottici verso la ricostruzione dell’Impero. In luogo di tenere gli occhi sopra i nemici comuni della Patria ad oriente e ad occidente, il re prussiano cerca divertir® l'attenzione dei suoi soggetti eoo occupare parte del suo esercito o delle truppe federali in una guerra contro te Danimarca.

Sarebbe il più grande errore il credere chela nazione germanica o la nazione prussiana abbino alcun interesse, in questa vertenza. Il re i suoi ministri, insieme a un piccol numero di assolutisti e retrivi delle due Camere sono forse ardenti nella crociata, che è anche sostenuta e stimolata da parecchi nel congresso di Francoforte; ma che milioni di Tedeschi abbiano a cuore questa guerra e la desiderino e vi dieno il loro voto, questo può essere francamente negato.

…………………………………………………………………………...

Se la Prussia snuderà la spada essa dovrà vedere che un potente amico, forse più d’un amico si leverà all’aiuto delta Danimarca. Centro le forze della Francia h Prussia non potrebbe resistere tre settimane, e dovrebbe come altri più potenti imperi, soggiacere alle conseguenze della guerra. I nemici vinti sono costretti sottomettersi al duro fato delle cessioni e dei compensi, trannne che ei non sieno sostenuti da confederati. Queste sono gravi quistioni che debbono essere ben ponderale dal re di Russia prima di gettarsi ad un atto, temerarie, e ad una pazza invasione.

CRONACA REAZIONARIA

La banda di Ripacandida venne assalita da un distaccamento di guardia nazionale, ma questa ultima fu respinta.

In seguito a ciò, un condottiero patriotta, Buchicchio, alla testé di una ventina di uomini, assicura la corrispondenza.

Assaltò i reazionari con successo, uccise loro due del capi, e fè quattro prigionieri – Altrove si è organizzato qualche altra co sa dl somigliante.

Signori del Governo, se credete che sia il tempo di usare indulgenza pe reazionari; e di continuare il patrocinio per coloro che dovrebbero condannarli, ma non lo vogliono, non lo debbono e non lo possono, perchè appartengono alla livrea, siete, i padroni. La nazione ve ne sarà riconoscente.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 15 – Torino 15

Moniteur 15-L'opuscolo del Duca di Aumalo è stato sequestrato.

Napoli 16 – Torino 15 (sera tardi)

Parigi 15 – La Dieta d'Istra ricusando d' inviare Deputati al Consiglio dell'Impero è stata minacciata di proroga.



Fondi Piemontesi 72,50 a 73,00
Tre per cento francese 67,60
Cinque per cento id. 95,40
Consolidati inglesi 91,7/8
Metalliche Austriache 63,50

ANNUNZI

Agli associati all'opera del CANTU'

STORIA DEGL’ITALIANI.

Quest'opera di cui nello scorso anno videro la luce le prime quaranta puntate, venne da noi sospesa dal perchè la Censura. d'ingrata memoria, pretendeva accomodare e tagliar varie cose; sicché preferimmo sospendere la pubblicazione, attendendo tempi mi glori.

Possiamo ora annunziare che i fasc, 41 e 42 già pron ti sono a disposizione degli associati quanto prima sarà totalmente completata l'opera.

Si riapre l'associazione consegnando in una volta i 40 fas. già pubblicati, ed obbligandosi lo associato a pagare doppi i fas. dal 41 all'80 ed ultimo. –Il prezzo rimane lo stesso di gr. 20 a fascicolo.

Per maggiori schiarimenti dirigersi alla Libreria del sig.

Giov. de Ferrà Strada Costantinopoli N. 102 e nell'uffizio di questo Giornale, ove si fa la distribuzione.

Gli Editori

STORIA DELLA REAL CASA DI SAVOIA

DALLE ORIGINI FINO

A VITTORIO EMMANUELE II.

Pubblicate puntate 7–gr.20 l'una

Dirigersi all'Uffizio di questo Giornale

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 17 Aprile 1861 N. 45

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 17 APRILE 186

LE REAZIONI

Nella lettera scritta da Dassi al nostro Liberatore da noi già riportata, stava detto che le Calabrie erano in armi, parte per la fame e parte per le suggestioni de'  Preti. Ciò veramente non è esatto ed è derivato da una di quelle voci che giungono sempre dalle provincie, di generale malcontento. Ma quello che non era ieri, che non è oggi, potrà es sere domani. Le Calabrie che hanno tante ragioni di disgusto e di malcontento, che racchiudono elementi di impetuosa energia, di nobiltà e di fierezza di patriottismo e di vendetta e che son fatti per sentire potentemente l'ingratitudine, non si sono finora mantenute nella legalità, che per effetto della recente sollevazione armata a pro dell'Italia alla qua le cooperarono così efficacemente pel battesimo di gloria onde furono segnate da Garibaldi nel suo elettrico passaggio attraverso di quelle contrade: e dalla influenza de'  patriotti. Ma è verissimo che quelle contrade si trovano in uno stato poco rassicurante per tre ragioni.

1 La fame ed i bisogni ognora crescenti a cui gli accademici Consiglieri della Luogotenenza non hanno creduto finora sopperire nel minimo modo spiegando invece classici progetti all'uopo e parlando sempre in tuono magistrale di pane e lavoro al popolo, per aggiungere al danno lo scherno.

2 L'assoluta atonia amministrativa.

3 Il disprezzo del Governo pe' liberali e la protezione indiretta concessa a Borbonici.

Quest'ultimo fatto è una piaga viva che affetta il cuore, la vitalità tutta intera di quelle popolazioni suscettive ed altere dove l'ingratitudine è tenuta per qualche cosa di più abbominevole dell'assassinio. Un tratto più marcato della fisonomia di quel paese, è questo: che i liberali che condussero sotto la bandiera di Vittorio Emmanuele le colonne armate del popolo, essendo state maltrattate dal Governo da esse creato, e le masse rimanendo disilluse pel disprezzo e l'abbandono dello stesso Go verno, i patriotti non hanno più in generale, l'influenza necessaria per mantenere in esse mai sempre indeclinabile lo spirito italiano e l'abnegazione del sacrificio. Ognun sa, senza perderci in utopie che la massa del popolo è essenzialmente egoista quando l'entusiasmo non né sovraeccita lo slancio, nobilitando delle passioni e creando un senti mento; e diventa poi pericolosa quando questo stesso entusiasmo è retrospinto brutalmente, e calpestatane la virtù. Come araldi, forieri sinistri del futuro alcuni casi isolati hanno avuto luogo: così, come riferimmo, tra Cosenza e Rogliano una moltitudine armata avea già fatto un nucleo, e non si disperse che alla fervida esortazione degli uomini di Garibaldi, per questa volta. In breve i borbonici impuniti, la fame e lo sdegno, son presso, io temo, a produrre i loro frutti, e quel che si teme in Calabria comincia già ad avvenire in altri luoghi. Il Governo dittatoriale d'Italia guardando dall'alto in basso dirà così: le truppe piemontesi per ranno, all'occorrenza, tutto all'ordine in breve ora.

O cecità! O alto senno di Cavour e consiglieri!

O storie patrie gittate alle fiamme.

Ricordate voi di quante colonne Francesi fu tomba il nostro suolo vulcanico? ed erano anche quelli, i vincitori di cento battaglie, i guerrieri che avevano percorso l'Europa lasciando prodigi ad ogni canto. La situazione presente è diversa, sta bene: le proporzioni non sono più quelle, d'accordo: ma i luoghi son sempre gli stessi, la guerra di banda non cangerebbe mai natura colà; e sarà sempre verità incontestabile, che non basta la forza regolare ad annientarla.

Ma in nome di Dio! perché mai voler condurre il paese a queste estremità? Perché perché perché ridurci a scannarne a vicenda, a veder devastate le nostre campagne, arse le nostre abitazioni, trucidati sotto gl'occhi delle spose e delle madri i mariti ed i figli? Perché far guardar dalle genti tra i furori d'una guerra civile, il glorioso Vessillo di Vittorio Emmanuele, il Re senza macchia – come una infausta cometa apportatrice di calamità?

E far tutto questo quando i rimedi sono in vostra mano? In nome di Dio, ciò è un sacrilegio!

Volete o no atterrare i Borbonici, dico i reazionari nostri nemici irreconciliabili? dare de'  gli esempi – non dati mai finora – per atterrire i malvaggi che si organizzano a veggente? ed hanno già pronti i loro Mammoni, i fra Diavoli, i Bizzarri, e i Papasoderi alla loro testa? Volete dar prontamente, sull'istante, lavoro al popolo che già ha cominciato a invadere le terre? Volete dar forza a patriotti – io dico gli uomini che amano veramente l'Italia, non già ischiamazzatori, – rialzarli e porli in caso di prevenire o di domare sul bel principio il di sordine, le reazioni che si organizzano? Volete voi tradurre in fatto il Governo tenendo con mano forte le redini dell'amministrazione sfa sciantesi? I pericoli che intorno ci minacciano non sono oh nò! un fantasma di cervello ammalato! li vede il fanciullo, il vegliardo, la donna, il dotto, l'ignorante, li vedono tutti meno che voi.... o governanti.

E né risponderete.

F. MAZZA DULCINI

ELEZIONI

Le discussioni nel Parlamento Nazionale finora accorse, tanto sulle quistioni interne, quanto sulle interpellanze per gli affari dell'Italia meridionale, sono state o frastagliate a bello studio, o nulla, od anco non rispondenti al vero. Si è scritto da Torino, si è pur detto, quel sistema essere stato preferito, per non dimostrare apertamente le piaghe cancerigne e corrodenti che affliggono questa bella parte d'Italia. A noi pare non potersi riferire quel sistema a carità di patria, e molto meno a necessità politica, perocché essendo a tutti noto lo Stato attuale delle cose, il silenzio, l'interpolazione, o l'erpello valgono più ad esagerare il male, anzicché ad attenuarlo o a dimostrarlo qual è; né valgono poi a migliorar la condizione delle cose, neanco moralmente, perché negandosi l'esistenza del male, o impicciolendolo, non si provvede, o non si provvede quanto basta alla sua eliminazione.

A queste cose – qui nettamente delineate, l'opinione pubblica, e diciamo anche la coscienza pubblica, si sono scosse e conturbate, di guisa che si mostra di volersene un poco, alla maggioranza della Camera elettiva. –

D'altra parte, questa preoccupazione non pare affatto inconsiderata o irragionevole, atteso la per duranza del male, e 'l cammino peggiorante delle cose pubbliche – La reazione organata su larghe basi, ha cominciato le sue operazioni fratricida e nefanda, ed ora riesce più difficile d'arginarla, per quanto era ben facile pervenirla.

Q:indi, ognun comprende, e desidera che il Governo stesso, ed il paese siano meglio illuminati, perché l'uno e l'altro sinceramente ed efficacemente e senza mistificazioni concorrano a provvedimenti di salute pubbliche.

Sulle nuove elezioni dunque sono rivolte le pre mure e le speranze del buoni e degli onesti, e per la verità è mestieri confessare di essersi ora pre ceduto e di procedersi con maggiore accorgimento, con maggiore indipendenza, con maggiore giustizia che nol fosse stato nell'elezioni precedenti, quando l'intrigo e 'l broglio la vinsero su tutto, e dei quali pruove gravissime sonosi raccolte per darsi luogo ad inchiesta, o a procedimenti penali.

A sodisfazione del pubblico interesse, ed anco della prevenzione pubblica vuolsi che i nuovi Deputati ad eligersi siano ben noti per indipendenza di opinione, per onestà e rettitudine di principi, e non appartengono a quelle Consorterie che tanto male han fatto a questa Italia meridionale, nell'averla voluta governare a modo altrui; o ad inetto modo proprio. Pare quindi giusto, che nelle novelle elezioni, si escludono.

1. Quelli che si presentano per rielezione che dietro accettazione di uffici, che gli han messi alla dipendenza dell'attuale Gabinetto. L'aver trascurato i principi del plebiscito, e gl'interessi de’ popoli che non doveano rappresentare, e l'avere accettato delle possessioni dipendenti nel Ministero, escludono la fiducia pubblica.

2. Quelli che appartennero alle Consorterie che sgovernarono questo paese. L'interesse che avrebbero costoro a sostenere quelle inette ed arbitrarie amministrazioni, nuocerebbe alla patria, ed al bene pubblico.

3. Quelli che nella privata, o pubblica vita autentica, si son comportati fuori i principi dell'onore, dell'onestà, della delicatezza – E si badi su ciò, perché è quistione di moralità pubblica.

Faccian quindi senno gli elettori, se amano sinceramente la patria. Illuminati del passato, operino in meglio.

D.

LA PRESENTE CONDIZIONE DELLE COSE

Tutto ciò che si va gradatam ente svolgendo giunge opportunissimo per calmare gli animi preoccupati dal sistema governativo sinora prevalso.

Grata per tutti gl'italiani fu la dichiarazione del governo riguardo all'isola di Sardegna, e di non essere sua intenzione distrarre un palmo di terreno che appartenga all'Italia. Questo proponimento è conforme ai voti dell'intera nazione. Gratissima all'universale è riuscita pure la conferma che il decreto per l'esercito meridionale sia stato firmato dal Re. Cosi solamente si farà appianata in modo soddisfacente la divergenza della maggioranza della Camera col generale Garibaldi. Ricasoli avrebbe però dovuto essere più riservato nel toccare i comenti su quell'uomo straordinario.

L'Italia è legata a Garibaldi da vincoli di tanto affetto e di tanta gratitudine che il solo dubbio sulle sue intenzioni urta la più delicata coscienza; ed era bastevole l'associarsi al nostro Eroe per propugnare la vitale quistione dell'armamento.

Frattanto ci congratuliamo di cuore che tale quistione siasi risoluta, e facciamo plauso alla concordia così necessaria per affrettare il compito dei nostri destini col valore del nostro esercito ingrossato e colla concordia di tutti gli elementi della nazione non vi sarà difficoltà che non si risolva e sparisca. Anche per altre gravi quistioni il governo pare avesse spiegato un contegno energico e risoluto. La nota del Conte Cavour all'Imperatore dei francesi accenna ad una vicina soluzione della quistione romana. Se Napoleone III è vere amico d'Italia e propugnatore della civiltà non dovrà disconoscere l'urgenza del provvedimento invocato. La congiura austro-borbonica clericale, le sozzure e le immoralità di cui si è fatta fucina la città eterna, rendono indispensabile il termine di tanta barbaria, eccezionale nel nostro secolo, che turba il riposo di tutta l'Europa. Il mondo cattolico sarà pago di veder risorgere, come al tempo degli Arrighi, la morale possanza del Pontefice; e veder la chiesa nel possedimento di quella libertà che rimase finora il sogno sospirato de'  soli Filosofi. È deplorabile la cecità di Pio IX nell'alternativa del bene e del male, ma non è ostacolo da ritardarne l'impresa: dopo ciò non sarà difficile neanche la risoluzione della nostra totale indipendenza. L'ultim'ora del dominio straniero sta per suonare! Non vi rimane attualmente altro se non le quistioni interne, e non riesce superfluo richiamare l'attenzione del Governo su le condizioni di queste provincie meridionali. La soluzione più facile è stata pro posta in Senato dal marchese Villamarina, e l'opportunità del nuovo ordinamento dello stato la rende attuabilissima. Qui si spera che i provvedimenti successivi su questo rapporto non discordassero da quelli sperimentati nel piano del personale di pubblica sicurezza, pel quale se non troviamo intera mente equa la ripartizione degli uffici, non rileviamo però eterogeneità né principii politici. Torniamo a raccomandare l'organizzazione e l'arma mento della guardia nazionale, e la provvidenza sollecita di lavoro alle classi bisognose, onde s’evitino una volta le conseguenze non liete per difetto del necessario. Animati dallo spirito di concordia che dee guidare ogni animo italiano, abbiam fede che il Governo si penetrerà dell'urgenza di tali provvedimenti.

P. MAZZEI.

Notizie Diverse

ITALIA

TORINO

— La Gazzetta Ufficiale del giorno 13 contiene; le menzioni di due regi decreti che restituiscono ai comuni di Buonalbergo nella provincia di Bologna e di Torre dì Lusema nella provincia di Torino i loro antichi nomi, di Malalbergo il primo e di Torre Pellite il secondo;

Un decreto del 4 correrne che intuisce: un sesto gran Comando Militare in Napoli con sedici comandi militari provinciali e trentotto comandi militari distrettuali: un comando generale di divisione militare territoriale in Palermo con due comandi militari sotto divisionali e ventiquattro comandi circondariali nell’isola di Sicilia: due comandi generali di sotto-divisione militare nell’Umbria e nelle Marche;

Un decreto del 27 gennaio che approva un nuovo regolamento per le carceri giudiziarie, regolamento che fu altresì pubblicamente con apposito supplemento;

Altro decreto del 13 marzo che regola gli emolumenti del personale addetto alle carceri giudiziarie;

Un decreto del l'aprile che approva il trattato conchiuso fra Sardegna e Francia il 7 e ratificalo il 16 marzo di quell'anno concernente la delimitazione dei nuovi confini dei rispettivi stati e che lo considera come parte integrante dell’infausto trattato 21 marzo 1860.

Il testo del trattato 7 marzo oi mentovato.

AUSTRIA

— Secondo lo Star di Londra, il governo austriaco avrebbe dichiarato a parecchi potenze non potei egli procrastinare più a lungo le ostilità contro l'Italia.

— Il Wanderer annunzia Rinvio di nuove truppe nel Veneto.

— L’Independance e persiste a credere che il marchese di Moustier abbia incarico di rimettere in campo 1«questione della cessione della Venezia.

SPAGNA

— Leggesi nell’Epoca del 6 aprile:

Noi crediamo false tutte le voci sparse che la Spagna avesse decoralo Francesco II della croce d’alloro di S. Fernando, per la sua nobile condotta durante l’assedio di Gaeta. La Spagna, rimasta neutrale in tutte le lolle dell’Italia, non poteva, qualunque fossero le sue simpatie per un grande infortunio, compiere l’atto suaccennato.

— Scrivono pure da Madrid ai giornali francesi:

L’epoca della chiusura della sessione non è ancora fissata. Parlasi della seconda quindicina di aprile; ma il governo cerca, a quanto pare, di nulla decidere prima della votazione della legge sulla stampa, ora sottoposta all'esame del Congresso. E questo progetto darà luogo, senza dubbio, a lunghe discussioni.

Il conflitto col Messico è sempre il soggetto di serie preoccupazioni. Si attendono con impazienza gli schiarimenti che devono esser dati alle Cortes; si attendono specialmente le spiegazioni del sig. Pacheco nel seno del Senato. Se devesi prestar fede a voci molto accreditate e che produssero il miglior effetto, esisterebbe pieno accordo tra la Francia e la Spagna sulla questione messicana.

— Scrivono da Madrid, 9 corrente, all'Havas per via telegrafica:

Il senatore marchese Ogavao interpella il governo sui mezzi che intende adottare per reprimere la tratta dei Negri. Il governo risponde ch'esso compie rigorosamente il trattato coll’Inghilterra, e che adotterà nuove misure repressive.

— Domani a sera salperà da Genova per Palermo la Maria Adelaide, a bordo della quale s’imbarcheranno il generale nella Rovere, il contr’ammiraglio Albini e comm. Fava.

Il generale Carlo Mezzacapo è destinalo comandante militare in Ancona. lo questa città è giunta parte del corpo di esercito di Cialdini, Pallia è in cammino: allorquando sarà tutto riunito, parlerà alla volta di Bologna.

Dalle notizie ricevute dall’Umbria risulta che l'operazione della leva in quello provincie procede egregiamente.

È voce che il generale Klapka abbia offerto i propri servizii al nostro governo.

A Torino continuatasi audio oggi dai novellieri a spargere la voce della morte del papa; voce ch'è superfluo smentire.

PRUSSIA

– La Gazzetta di Colonia smentisce una seconda volta le voci di accordo tra Austria e Prussia: «La Prussia, serve quel giornale, è troppo prudente per associare i suoi destini a quelli di una potenza minacciata quanto l'Austria, d'altronde essa non ha dimenticato che l'indebolirsi della sua rivale non può che giovarle.»

– La Gazzetta Nazionale invita il governo a ri conoscere immediatamente il regno d'Italia.

– ll giornalismo prussiano spiega sempre più le sue simpatie in favore dell'Italia; egli vorrebbe che il re Guglielmo invece di meditare una guerra contro la Danimarca a proposito dell'Holstein, prendesse in mano francamente la bandiera dell'unità alemanna... ma il re è troppo vecchio per adottare un simile partito.

La notizia della cospirazione scoperta a Napoli qui non sorprese nessuno; il duca di Caianello che si dice arrestato; era pochi giorni sono a Parigi; di qui partono gli emissari; da Roma parte il denaro. Come il governo francese, il quale per motivo di umanità s'era interposto on de cessasse la resistenza di Messina, come possa egli tollerare che all'ombra del vessillo imperiale francese si possano ordire delle cospirazioni e far immolate delle vittime, è tal mistero che non posso spiegare. Ci avrà il suo fine, e non attenderemo a lungo per conoscerlo.

UNGHERIA

– Leggesi nell'Osservatore Triestino in data di Pest, 8:

Il requiem per Stefano Szechenyi ebbe luogo testé in mezzo a straordinario concorso degli abitanti e con perfetto ordine. Quest'atto religioso non fu celebrato dall'arcivescovo d'Erlan come dicevasi da principio, ma dal cardinale primate in persona.

– Ieri fu terminato lo spoglio dei voti per la rielezione di questa rappresentanza civica, e risultò che molti dei suffragi caddero sopra emigrati ungheresi ed altri personaggi esteri, o ne ottennero nominatamente: Luigi Kossuth 976. Giorgio Klapka 933, Stefano Turr 835, Maurizio Perezel 723, Francesco Pulsky 597, Giorgio Kmety 433, F.

Vetter 456, F. Figyelmessy 450, Michele Horvath 326, Daniele Iranyi 200, Magyorody 134, Sabbas Vukovies, 97, Giovanni Xantus 247, l'Imperatore Napoleone III 213, il Re Vittorio Emanuele 183, il principe Napoleone 92, Garibaldi 437, Vinke 38. Ebbero dei voti inoltre il conte Cavour, il generale Cialdini, il segretario di legazione Dunlop, Antonio Somogyi, Nccolò Kiss, N. Jozsika ed altri.

– Il Times, dopo avere lungamente discorso delle manifestazioni dei partiti nel Corpo legislativo francese, e mostrato i grandi vantaggi che ne deriveranno alla libertà così in Francia come in Italia; si rallegra coll'imperatore degli effetti benefici delle sue recenti concessioni, e l'incoraggia a sciogliere il presente Parlamento onde adunarne un nuovo che l'aiuti a riconoscere il regno d'Italia e a rendere a questa nazione la sua capitale.

Dee essere, conchiude il Times, di grande soddisfazione all'imperatore che il primo sperimento del governo costituzionale sia così felicemente riuscito. Per mezzo dell'inconcepibile follia de'  suoi oppositori clericali, egli è ora innanzi all’Europa come il campione della civile libertà, dei diritti personali, pell'abbassamento della potestà ecclesiastica, d'ogni cosa infine ch'egli ha validamente sostenuto. I legittimisti hanno costretto i liberali a perdonare nove anni di tirannia.

L'uomo che atterrò l'Assemblea del 1851 è ora chiamato dagli amici della libertà a salvare la Francia dall'Assemblea del 1861. usando il suo diritto sovrano.

L'imperatore liberale è pregato di sciogliere il Parlamento, di appellarsi al popolo, di perseverare ne' suoi buoni disegni, ad onta delle agitazioni delle arringhe, dei voti de clericali. Se vorrà adempiere il suo compito italiano, la Francia gli fornirà un'Assemblea in cui non avrà a tenere l'opposizione.

I suoi veri oppositori sono quelli cui egli stesso, per favore mal collocalo, fece entrare in Parlamento quando era monarca assolute. Si dia alla Francia l’opportunità, ed essa empierà la Camera di nomini liberali, ma devoti alla causa imperiale. Tali sono i cambiamenti che un anno appena di libertà ha arrecato! La virtù non e più il solo suo guiderdone. Conciliandosi gli nomini intelligenti della nazione, Napoleone rimuoverà i più grandi pericoli che ora minacciano il suo trono. Noi ben tosto vedremo come la Stampa francese lo incoraggerà a non curarsi dell’insolentire della parte oltremontana. La ricognizione di Vittorio Emanuele a re d’Italia sarebbe degna risposta alle romorose manifestazioni del cessalo mese. Se la Francia vuol conservare la sua vantata supremazìa delle idee, se vuole camminare in fronte o almeno a fianco della civilizzazione. essa dee affrettarsi a riconoscere il portentoso movimento che scuote ora l’Europa. Il gigante del popolo permuto già, come da montagna, dal peso del potere assoluto, sta ora rivolgendo il fianco addoloralo. Dopo dodici anni di spossamento, dopo un lungo stupore, introdotto solo da sogni febbrili, le vaste popolazioni dell’Europa mezzana sorgono contro il sistema di governo, di cui il defunto imperatore Nicolò era la forza e la rappresentanza. Nulla di più meraviglioso quanto l'atteggiamento degli Ungari, e dei Polacchi s’è vedute in Europa ai nostri dì. É una sorta di pacifico 1848 che ora avviene. Popoli e governanti si guardai!) da ogni più menomo atto di violenza; ma non meno perciò il conflitto ferve fra loro, conflitto che dee riuscire ad una rivoluzione. Questi avvenimenti debbousi totalmente ai successi degl’Italiani nelle diverse parti della Penisola. Se gli Ungheresi, se i Polacchi si commuovono, mentre che i loro signori guardano con sorpresa e indecisione, ciò si dee alla sentenza profferita contro i cattivi sovrani della patria italiana. E veramente, Francesco Giuseppe ed Alessandro hanno ambedue riconosciuto, senza avvedersene, il nuovo regno; e l’influsso di questo traspare da tutti i loro atti. Spelta ora alla Francia seguire francamente l’esempio, e non chiudere gli occhi al. sole che splende nel cielo.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati—Tornata del 13 aprile

Presidenza Rattazzi

Si apre la tornata colle formalità consuete della lettura del verbale e del sunto delle petizioni, poscia il presidente fa procedere al ballottaggio per la nomina dei quattro membri che mancano a compiere il numero di 27 per la Commissione del bilancio. Quelli che nella precedente votazione avevano ottenuto il maggior numero di voti inferiore alla maggioranza assoluta, e fra i quali per conseguenza ebbe luogo il ballottaggio sono: Possenti, Colombari, Chiapasso, Galeotti, Ricasoli, B., Mellana, De Luca e Plutino.

A istanza di Maccabruni è dichiarata d’urgenza la petizione degli abitanti d’una frazione del comune di Pavia, i quali ridomandano l'autonomia comunale loro tolta dal governo austriaco.

Fanti,presenta un progetto di legge per una leva di 18000 uomini nelle provincia meridionali.

È convalidata l’elezione del collegio di Cossato in perdona di Quintino Sella, il quale presta giuramento.

Presidente. Dà lettura della seguente lettera di Garibaldi:

«Signor Presidente

«Alcune mie parole malignamente interpretale hanno fatto supporre un concetto contro il Parlamento e la persona del Re.

«La mia devozione ed amicizia per Viticcio Emmanuele sono proverbiali in Italia, e la mia coscienza mi vieta di scendere a giustificazioni.

«Circa al Parlamento nazionale, la mia vita intiera, dedita all’indipendenza ed alla libertà del mio paese, i non mi permette neppure di scendere a giustificarmi di irriverenza verso la maestosa Assemblea di rappresentanti di un popolo libero, chiamata a ricostituire l'Italia e a collocarla degnamente accanto alle prime nazioni del mondo.

«Lo stato deplorabile dell’Italia meridionale, e lo abbandono in cui si trovano così ingiustamente i valorosi miei compagni d'armi, mi hanno veramente commosso di sdegno verso coloro che furono causa di tanti disordini e di tanta ingiustizia.

«Inchinato però davanti alla santa causa nazionale io calpesto qualunque contesa individuale, per occuparmi tipicamente ed indefessamente di essa.

«Per concorrere per quanto io posso a cotesto grande scopo, valendomi della iniziativa parlamentare, le trasmetto un disegno di legge per lo armamento nazionale, e la prego di comunicarlo alla Camera, secondo le forme prescritte dal regolamento.

«Nutro la speranza che tutte le frazioni della Camera si accorderanno nello intento di eliminare ogni superflua digressione, e che il Parlamento italiano porterà tutto il peso della sua autorità nel dare spinta a quei provvedimenti che sono più urgentemente necessari alla salute della patria.

«Torino,13 aprile 1861.

«Sottoscritto: G. Garibaldi.»

(sensazione,)

Dopo ciò è votato senza discussione di sorta il progetto di legge per l’esenzione di tasse proporzionali per la rivocazioue di contraili simulatamente stipulati per cause politiche, colle modificazioni introdottevi dalla commissione. Allo squittinio segreto esso ottenne 192 voti sopra 193.

Ecco il testo del progetto adottalo:

Art. 1.

Gli atti e i contratti che per sottrarre al pericolo di sequestro, confisca o multa per motivi politici, sostanze situate nelle provincie soggette ai cessati governi siano simulatamente stipulati dal 1 GENNAIO 1847 fino all'epoca in cui a quei governi subentrarono i commissari! del Re o i dittatori, potranno essere dalle parli contraenti o dai loro eredi annullati in forza di nuovi atti, i quali andranno esenti dal pagamento di tasse proporzionali o graduali di commisurazione, di insinuazione, di registro ed altre analoghe, e saranno soltanto soggetti ad una tassa fissa di lite tre.

Art. 2.

Per godere di quest’esenzione é però necessario riportare un decreto di ammessione dal ministero della finanza, il quale giudicherà sulle relative domande previo il parere del Consiglio di Stato.

Art. 3.

Un regolamento approvato per decreto reale stabilirà il modo del procedimento, e i termini, perentori, così per esibire le domande, come por giustificarne gli estremi. come finalmente per profittare del decreto di ammessione quando sia stato ottenuto.

Bastogi presenta due progetti di legge, di cui uno per variazioni alla tariffa daziaria, l’altro per maggiori spese.

La Camera gliene dà allo.

Busacca presenta una relazione.

Presidente. Ora ha la parola il deputato Alfieri per la sua interpellanza relativa alla pubblica istruzione.

Alfieri premette che egli appartiene alla turba degli ignoranti; parla non sappiam bene a qual proposito di appetito e di fame, chiede scusa a’ suoi colleghi di essersi fatto ardito di parlare in siffatta materia, e con poco ordinato discorso domanda al ministro qual sistema egli intenda seguire, si dichiara propenso per la riduzione del numero delle università; crede che il governo debba avere un insegnamento proprio, biasima la nomina di Ansosonio Franchi.

Tommasi vorrebbe che si scegliessero ottimi professori, e che, siccome se ne difetta, il ministro stanziasse un annua somma di 100 mila franchi per mandare i giovani più eletti a studiare in Germania, in Inghilterra ed in Francia.

De Sanctis ministro, dichiara che l'amministrazione della pubblica istruzione non è una macchina che cammina; che è evidentemente sopraccarica di complicazione di ruote; che un povero ministro non può nulla fare di buono se non cominci prima a sbarazzarsi di tutto questo ingombro.

Ha trovato un cumulo di regolamenti e disse:

Piuttosto che ficcarmi in capo tutta questa roba gitterei per la finestra dieci portafogli (ilarità). Questi regolamenti ereditati dalle precedenti amministrazioni hanno costituita una scienza arcana.

(continua)

(Dritto)

DISPACCI PARTICOLARI, DELLA PERSEVERANZA

Parigi,15 aprilo (sera).

Il Morning-Post di oggi mette in ridicolo la notizia, data dal Pays, che sarebbe intenzione dell’Inghilterra di occupare un punto fra l’Egitto e la Siria.

il Times dichiara che l'Inghilterra non può né ritardare, né accelerare ì movimenti diversi in Europa. Essa potrà solo aiutare ulteriormente una transazione per ristabilire la pace. L’Austria avrebbe torto di troppo contare sulla gelosia dell’Inghilterra verso la Francia. Se essa entrasse in Lombardia, e se la Francia aiutasse l'Italia, i voti dell’Inghilterra sarebbero per l'Imperatore Napoleone, fino a tanto ch’egli non pensasse ad aggraudire il suo territorio.

Vely-pascià, ambasciatore turco, è arrivalo a Parigi.

Gli armamenti della marina austriaca sono spinti con grande attività.

Varsavia e ancora occupata militarmente. La truppa è accampata nei quartieri più popolosi della città. Cinquecento (?) furono gl’individui uccisi. C’è anche nelle provincie russe una certa agitazione negli spiriti. Gli studenti di Kiew e di Wilna fecero un indirizzo simpatico alla Polonia liberale.

Quattro vascelli di guerra hanno rinforzalo la squadra ottomana dell’Adriatico con truppe da sbarco.

 

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 16 (sera tardi) — Torino 15 (sera)

La Camera dei Deputati discusse e prese in considerazione la proposta Corteo su' beni ecclesiastici e demaniali della Sicilia. Mossoli no ritirò la proposta pel dono nazionale a Garibaldi. Fu pure discussa e presa in considerazione la proposta del Deputato tirso per la sospensione della legge che porta la formazione della provincia di Benevento. Ha parlato contro di essa Liborio Romano.

Napoli 17 — Torino 6 (sera tardi)

La lettera del duca di Aumale giustifica gli Orleans dice che anche i Re e gl'imperatori vanno soggetti ad errori. La Dinastia di Savoia è antica ed illustre: con lutto ciò un suo membro ha chiamato, duecento anni fa le armi straniere per guerre interne. Ammira Napoleone I, ma dice non doversi scrivere il suo nome per giustificare i suoi successori. Dice di amare l’Italia libera ma biasimare l'invasione di Garibaldi e di Vittorio Emmanuele. La lettera difende Lamoricière. Dice che Cialdini ha stretto la mano al Capo della Francia a Chambery e poi à combattuto contro i francesi a Castel fidante.

Augura alla Francia un regime assolutismo.

Napoli 17 — Torino 16.

Parigi—Breslavia 16—Varsavia 15—In tutti i distretti firmatisi petizioni di ringraziamenti e di fiducia in Zamoiskv. Leninski chiamato p funzionare da Ministro dell'interno ha posto tre condizioni. Presidenza del consiglio di stato per Zamojski—ritiro delle truppe oella cittadella e nelle caserme ristabilimento dei Constabili. I signori ricusano di deporre il lutto; apparecchiansi al pellegrinaggio di Notre Dame.

Gestackova—Gl'impiegati russi avendo lasciato Lublino, l'autorità è esercitata dal Municipio sotto la presidenza de! vescovo, il general Kronlcff è in cammino per Lublino.

Berlino 16. —In seguito al servizio funebre per le vittime di Varsavia sono scoppiati torbidi a Kiew. capitale dell’Ucraina. Conflitto sanguinoso tra gli abitanti e le truppe russe molti morti e feriti.

Lumberg 15 sera. —La Dieta di Gallizia è aperta. La Dieta domanda l’autonomia per questa parte della Polonia.

Napoli 17 — Torino 16.

Alla Camera di i Deputati discutendosi il progetto di legge per l'intitolazione degli atti pubblici, i deputati Ferrari e Miceli non ammettono le parole per la grazia di Dio e propongono che sia detto Vittorio Emmanuele 1° Re d’Italia, invece di secondo Petruccelli e Varese si oppongano solo alle parole grazie di Dio.

Il Ministro Natoli ed i Deputati d’Ondes Bertolami e Boggio difendono il progetto.

Napoli 17 — Torino 16.

Patrie 16 — L’Imperatore e l'imperatrice di Austria visiterebbero varie provincie ai primi giorni di Maggio.

Presse — I feriti e gli uccisi a Ktenr sarebbero 150.

Vienna. —Una grande manifestazione in favore di un deputato liberale ha motivato l'affissione di un avvertimento contro gli assembramenti.

Berlino—Credesi che lo Czar rifiuterà le condizioni di Lewinskv.

Pesth — La conferenza dei magnali considera l’ordine del giorno Benedech come sopra.

Napoli 17 — Torino 17

Parigi 17 — Domani la Divisione Bazaine sarà passata in rassegna alle Tuilleries Cracovia 16 — Divieto agl’Israeliti di Cracovia di celebrare il servizio funebre po’ correligioniarii uccisi a Varsavia.



Fondi Piemontesi 73,00 a 73,25
Tre per cento francese 67,75
Cinque per cento id. 95,40
Consolidati inglesi 92,00
Metalliche Austriache 64,00

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ANNO I. Napoli 18 Aprile 1861 N. 46

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 18 APRILE 1861

Dove si va?

La reazione è cominciata.

È così dove si va adesso dittatori dell'Italia? dove ci si conduce? questa curva politica che ci converrà attraversare a momenti, questa iliade tenebrosa che ci sovrasta, questa strada irta di precipizii, sparsa di cadaveri e di sangue, dove scroscia il fulmine, dove mugghia l'oragano con voce sinistra, dove il genio del male evocato da Merlini politici, pianta di nuovo, sogghignando la sua bandiera; a quel meta mette capo?

Chi il suo voto è un ipocrita chiunque fra noi consegna il suo pensiero alla stampa, onesta e senza rancori, e tace o mentisce nelle pre senti emergenze, non è italiano. I momenti in cui volgiamo nell'Italia del mezzogiorno, cominciano ad esser supremi. Ognuno lo sente; questa verità pesa come un incubo angoscioso nella coscienza di tutti, di tutti co loro che nel disordine e nella confusione non sperano–insensati una restaurazione, o meglio veggenti, un nome nuovo e Italicida.

Cominciamo ad aver de'  dati positivi, e si curi, che il Gabinetto di Torino, con l'appoggio della inqualificabile Diritta, guardi le petizioni ed i voti di questo popolo con una in differenza premeditata e profonda: e i generosi della Camera che sentono carità della Patria, – hanno invocato con le più alte insistenze il con corso del loro nuovi colleghi del Napoletano per resistere ad una dittatura guizottiana, che accenna ad un avvenire difficilissimo e forse fa tale per noi. Ora è bene riprodurre con la fedeltà del cronista, a coloro che ci governano in questo modo vale a dire ci menano dirittamente alla dissoluzione, le diverse edizioni del commenti che la gente onesta, che essi naturalmente appellano Capi ameni, ha fatto e fa allo indirizzo che è all'ordine del giorno.

Vi ha di coloro che credono il Governo di Torino, ed in accordo per conseguenza, quello di Napoli, vogliamo aprire le porte alla reazione, come soluzione della quistione di Roma, affinché le stragi, gli incendii ed i saccheggi testimoniassero all'Europa, e la suprema immoralità politica del Vaticano brigante, e l'eventualità de'  pericoli per l'Europa, per questo focolaio inestinguibile di perturbazioni.

Il commento veramente ha un pò dell'eccentrico, ma esso si verifica tuttodì, nelle situazioni poco esplicabili.

Altri invece guardando a precedenti del Governo e del popolo del mezzogiorno, alla rivoluzione nazionale di questo, ed alla reazione morale di quello; al dualismo che si è voluto far nascere, al disaccordo scambievole; alla mostruosa ingratitudine del Governo per gli uomini che hanno cooperato all'Italia, profondamente sentita: guardando all'ambizione d'indirizzo e di dominio del Conte di Cavour, e con lui Fanti, etc. e la creatisi consorteria, credono che al Governo non dispiaccia trovare in queste parti quà il disordine e la reazione, per avere l’opportunità comprimendo con la forza una sanguinosa agitazione, far tacere e divergere la quistione politica, proclamare la forza come dominante, stigmatizzare poscia di anarchisti tutti coloro che con le proprie opinioni osteggino, questa proclamazione che è la salute del paese lacerato dalla guerra civile. Altri poi più maligni – pensano e spaccia no, senza cerimonie, che il Gabinetto sta in segreto accordo con l'Imperatore de'  Francesi, di dividere l'Italia in due, aiutante Luigi alla emancipazione della Venezia – e riserbando le provincie di Napoli a Murat, o al principe Napoleone.

Gli amici poi del Governo, o per meglio dire, coloro che sono meno profondamente disgustati di quello, vanno ad una soluzione più semplice, soluzione che se salva l'onore del Governanti, né abbassa il senno a delle proporzioni degradanti, cioè l'ignoranza di Governo.

Per parte nostra non sapremmo che dire. Noi non crediamo al tradimento: la ragione principale per la quale non ci crediamo, si è che molti rappresentanti del Napolitano, concorrendo come fanno, a sostenere il Gabinetto, se fossero questi antiunitari, si troverebbero, per frutto, de'  loro sforzi, non solamente maledetti, ma tagliati fuori dal Napoletano; e non possiamo d'altra parte ammettere che siano tutti quanti senza eccezione in tale stato di politica cecità, a tale livello di crassa ignoranza da non vedere l'abisso premeditato cui essi prestano mano a scavare: e ve né ha tra essi di elevata intelligenza.

Noi seguitiamo per ora, a credere in questo: che una aristocratica, tenace ambizione di do minio e di governo, una profonda gelosia d'indirizzo avverso agli uomini del movimento nazionale, e più avverso l'Eroe, Stella purissima che li ha ecclissati; una ignoranza abbastanza marcata della natura e delle condizioni di queste contrade, una inettitudine nel reggimento interiore; sostenute dal timore che cedendo un palmo di terreno la reazione dello spirito nazionale oltraggiato li metta alla porta del reggimento; mantengano e serbino in questi uomini che regnano col monopolio, una politica fatale.

Concludiamo: la reazione e il malcontento di giorno in giorno, di ora in ora va a pronunziarsi, e si è già cominciato a pronunziare i diversi settari separatisti si mettono per ora di concerto per mettere in forse il regno novello, per mostrare all'Europa che qui non vi è accordo. La Francia Noi le siamo obbligati ed il Governo ci ha messo nella necessità del suo aiuto ma la Francia, non può non vedere di buon occhio ciò che tende alla fin fine a porre sul trono di Napoli un ramo della sua dinastia: e se nelle condizioni funeste le quali si appressano a volgere nell'interiore, scoppiasse la guerra... o chi non vede il pericolo, netto, preciso, evidente, di un intervento delle armi francesi, per comprimere il moto reazionario alle spalle della guerra con l'Austria? ed allora? allora Iddio che è l'ultimo rifugio degli oppressi e del traditi, guardi con occhio di compassione l'Italia. Ma frattanto, ritirarsi dalla breccia è da vile.

Noi qui, pe' quali è superiormeute statuito, che i reclami e le lamentanze debbono perdersi nel vano dell'aura, come le esclamazioni di un de'  mente, o di un fanciullo impertinente: noi però battezzati da Garibaldi in una guerra meraviglio sa, in una epopea nazionale della quale a buon dritto possiamo andar superbi: noi stiamo fermi uniti, compatti nella resistenza che la legge e il plebiscito ci da. Garibaldi è là: e un Garibaldi né si oltraggia né si mistifica nelle sue domande a nome di una nazione che egli ha fatto: la riserva nazionale del nostri rappresentanti novelli ben di versi ingenerale dalla più parte di coloro che li precederono, va a sostenere il principio, il plebiscito e l'Italia, e si unirà co forti che l'attendono ansiosamente. Stia la nazione alle spalle: i buoni formino un corpo solo e senza partiti: qualche cosa né nascerà.

F. MAZZA DULCINI

LE CARNIFICINE DI VARSAVIA

Il generale Garibaldi ci comunica la seguente lettera che egli dirige al xxxxxxxxxxx Hertzen a Londra.

Noi crediamo che i nostri lettori ci sapranno buon grado di vederla riferita nell'idioma stesso in cui fu dettata:

Mon cher Hertzen – à Londres.

Il n'y a pas longtemps la parola d’émancipation desserts en Russie fut saluée en Europe avec admiration et reconnaissance. Le prince initiateur de'  cette grand'oeuvre se posa par ce seul fait à cotà des plus illusteres bienfaiteurs de'  l'humanité.

Aujourd'hui – je le dis avec douleur! – l’œuvre de'  bienfaisance a été souillée par le sang répandu d'une population innocente. Et c'est le devoir de'  ceux qui applaudirent au bienfait, de'  jeter une voix de'  malédiction sur la consommation du plus détestable des crimes.

Que votre journal, justement apprécié dans ce grand empire, porte un mot de'  sympathie de'  la nation italienne à la malheureuse et héroïque Pologne – un mot de'  gratitude aux braves de'  l'armée russe, qui comme Popoff. ont brisé leurs sabres plutôt que de'  les trempre dans le sang du peuple et un cri de'  réprobation des nations sœurs de'  l'Europe contre les auteurs de'  l’effroyable massacre.

Ce 14 avril 1861.

G. GARIBALDI.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati—Tornata del 13 aprile

Presidenza Rattazzi

(Cont. e fine, v. num. prec.)

Biasima l’istituzione degli ispettori generali, e soggiunge che l’istruzione per troppo zelo di medici si trovi veramente ammalala. La cosa giunge al punto che non più tardi di stamattina un impiegato domandava seriamente quale doveva essere. il modo di regolare i fregi di un diploma. Tanto è minata l'ingerenza.

Annunzia che ha già fatto un primo passo per semplificare tutta questa ingerenza Egli trovò il cammino in parte agevolato dagli studii preparatorii del suo predecessore.

Annuncia d’aver mandato due ispettori generali ad ispezionare lo stato dell'istruzione in Napoli e Sicilia.

La somma difficoltà di far approvare dal Parlamento una legge generale della pubblico istruzione gli fa temere che per molto tempo noi non la potremo avere, perciò non dirà di fare una legge generale e di aggiornare ogni riforma spicciale; dirà bensì che l’ottimo l'avremo col tempo: perciò egli ha incaricato il consiglio generale di esaminare le partì buone della legge Casati.

Noi dobbiamo rassegnarci a vivere per qualche tempo ancora sotto la legge Casati.

È una illusione credere che lo stato deplorabile in cui si trova la pubblica istruzione dipendo da insufficienze delle leggi in Napoli. La legge sulla pubblica istrione ha tante parti buone, eppure fa sì mala prova, perché in Napoli la legge si può dire lettera morta. Dichiara alla camera che armato della legge Casati egli crede di poter fare ora del molto bene all'istruzione; dichiara che l'istruzione popolare sarò la sua prima la sua principale cura.

Non saremo contenti che quando in Italia l'ultimo degli italiani sappia leggere (bene).

Sarà cura particolare saranno le scuole normali in Napoli senza le quali non possono esistere buone scuole elementari.

L’istruzione superiore, non sarà da lui trascurata. Egli intende applicarvi il principio della più ampia di insegnamento perché tutte le forze della nazione possono concorrere al nostro risorgimento che egli crede non debba essere soltanto politico, ma anche intellettuale: Anni addietro, i liberali guardavano con sospetto la libertà d'insegnamento; ma egli non la teme; ai reazionarii la repressione la compressione, a noi la libertà. Nè teme che la libertà della scienza possa offendere il sentimento religioso, a cui anzi la crede giovevole. Egli non ama né gli spiriti forti senza convinzione, né gli ipocriti che masticano paternostri ad avemarie; ama gli uomini convinti.

Per l’istruzione elementare, provvedimenti urgenti, immediati; por l'istruzione superiore piena libertà.

Conchiude che se non gli verrà meno l'appoggio e la fiducia della Camera egli osa promettere che saprà emanciparsi dai consorzi offensivi difensivi che intendessero d'inceppare le riforme che egli medita.

Mamiani parla contro la farisaica intolleranza di coloro che lo biasimarono d'avere nominato alla cattedra di filosofia della storia Ausonio Franchi. Dice che questi nella quistione politica non è in nulla avverso al governo attuale, avendo temperato di molte l'ardore e la baldanza delle sue opinioni giovanili; e che nella quistione religiosa fece prova di rispetto e di massima tolleranza alle opinioni prevalenti; che egli condusse sempre una vita integra, illibata, insindacabile, che visse povero austero.

Le sue parole ottennero applausi generali.

Prosegui l’oratore a difendere il sistema della sua cessata amministrazione e a dimostrare come egli appunto intendesse ad attuare quelle riforme che ora il nuovo ministro annuncia, in base al principio di libertà per l’istruzione superiore, alla maggiore diffusione dell'istruzione popolare.

L’eloquente discorso dell’ex-ministro fu salutato reiteratamente da continui tutte le gradazioni della Camera.

Alfieri replica al ministro che egli non ha risposto al punto pratico delle sue interpellanze, perché egli chiese la riduzione della università, e il ministro su questo si tacque.

Non chiede di riformare la legge Casati, ma di applicarla solo a sette università anziché a tutte.

Presenta un ordine del giorno in cui si domanda che il ministrò sia invitato a ridurre a sette le università che sono sotto la direzione del governo, emancipando le altre ore costituite in Italia.

L’ordine del giorno è appoggiato dal numero strettamente necessario, dieci.

Tommasi insiste per la più ampia libertà della scienza.

De-Sanctis risponde che nulla havvi di illimitato, e che perciò aonche la libertà deve avere, i suoi limiti; assicura però che quelli con cui egli intende limitare la libertà dell'insegnamento saranno tali da contentare anche le più spinte esigenze; prega Alfieri di ritirare il suo ordine del giorno; dichiara che non respinge, anzi accetta il suo concetto, ma che desidera d’essere libero nell'apprezzamento di quel che più convenga di fare.

Alfieri lq ritira.

Amari rinuncia alla parola, dichiara però che intende che la Camera non abbia preso impegno per la riduzione delle università.

Presidente, Dal momento che la Camera non prende alcuna deliberazione, non esiste impegno di sorta.

La tornata è sciolta alle 5 e 3/4.

(Diritto)

ATTI UFFICIALI - Risultamenti delle votazioni di ballottaggio

1. Chieti — Giovanni de Sanctis.

3. Ortona — Rodrigo Notti (209).

8. Atessa — Bertrando Spaventa.

55. Lagonegro — Francesco Maria dallo.

91. Spezzano grande — Gabriele Gattucci.

92. Ragliano — Gaspare Morsico, di Attilio.

444.. Serrastretta — Francesco de Luca, di Cardinale (288 sopra 249)

258. Palata — De Giuseppe de Martino (288 sopra 456)

262. Napoli 5. Collegio Avvocata — Amilcare, Anguissola (265 sopra 434).

265. Napoli —7. Collegio S. Carlo all'Arena. Duca dii S. Amato (479 sopra 476).

Napoli— 8. Collegio Vicaria Orònzio Gabriele (tosta (99 sopra 80).

269. Napoli — 14. Collegio Pendino. Aurelio Saliceli. 495 sopra 88).

344. Montecorvino Rovella — Ulisse de Dominicis.

Sii. Sala —Domenico Abatemarco.

349. Atripalda —Giuseppe Dassi 223 sopra 235)

350 Montesarchio — Errico Cosenz (313 sopra 267).

377. Conversano — Giuseppe Lazzaro (538 sopra 235).

380. Bitonto — Errico Pessima.

386. Piedi monte — Gaetano dei Giudice, di S. Gregorio (851 sopra 316).

395. S. Maria — Carlo Gal tozzi (486 sopra 146).

405. Taranto — Giuseppe Pisanelli.

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ITALIA

Torino 14 aprile

Il giornale Les Nationalitès annunciava jeri sera nientemeno che la morte del Papa; ma questa notizia non allarmò alcuno, dacché, come vi ho già scritto, questo canard faceva da vari giorni il giro della capi tale. Tuttavia le ultime notizie ricevute ier sera da Roma asseriscono che il pontefice, ricaduto ammalato, ispira apprensioni abbastanza gravi.

Lo stato di salute del Generale Garibaldi ha subito in questi ultimi giorni un notevole miglioramento; sicché sperasi ch'egli possa intervenire alla Camera verso la metà di questa settimana.

-Leggesi nella Gazzetta Ufficiale del 10 corr: Sulla proposta del Ministro dell'Interno e con decreti volgente. S. M. si è degnata conferire le insegne di gran d'uffiziale dell'ordine dei Santi, Maurizio e Lazzaro al marchese Ottavio Tupputi, senatore del regno, luogotenente generale comandante in capo la Guardia nazionale della città e provincia di Napoli. E la croce di cavaliere dell'ordine stesso al marchese Girolamo Gavotto, sindaco della città di Genova.

FRANCIA

— Corre voce che Napoleone abbia mandata allo czar una lettera sulle cose di Polonia.

SPAGNA

— Scrivono da Madrid, 11, all’Havas Bullter:

Al Congresso, il sig. Rios Rosas diresse al Governo l’annunciata interpellanza sulla politica interna. Egli attaccò severamente, ma in termini moderati, l'amministraziune attuale.

— La Correspondance dice che il Governo spagnuolo è interamente straniero al movimento annessionista di & Domingo.

INGHILTERRA

— Il Morning Herald pubblica il carteggio scambiatosi tra il marchese d’Azeglio e lord John Russell relativamente al riconoscimento del regno d’Italia.

Il governo della regina, dice il dispaccio del 30 marzo, prende per sua norma il principio che l’indipendenza delle nazioni d’Europa debb’essere rispettata.

— La società degli amici della pace di Londra pubblicò un indirizzo al popolo francese: in esso indirizzo si lamentano le gare e le gelosie che dividono i due popoli: si fanno grandi proteste di amicizia: si esternala speranza che l’alleanza anglo-francese non sabbia a rompere mai...

— La mozione fatta da Barra alla camera bassa per la riduzione del censo elettorale fu respinta.

— Parecchi giornali pretendono che una deputazione delle Jonie si recò a Parigi e che vi fu ricevuta dall’imperatore.

AUSTRIA

— I fogli Viennesi recano la Seguente proteste di S. A. R. il duca di Modena contro re Vittorio Emmanuele. pel titolo arrogatosi di re d’Italia.

Noi Francesco l'arciduca d'Austria Este, principe reale d'Ungheria e Boemia, per la grazia di Dio, duca di Modena, Reggio, Mixandola, Massa, Carrara, Guastalla, ecc. ecc.

Il re di Sardegna, essendosi fatto dare il Titolo di re d’Italia da un’assemblea composta in gran parte di sudditi ribelli ai loro legittimi sovrani, ha messo il suggello alla lunga serie di alti di usurpazione, contro i quali protestammo già in data 14 maggio e 22 giugno 1859, non che in data 2 marzo 1860.

Onesto nuovo oltraggio, fatto alle sovranità legittime in Italia, e per conseguenza anche alla nostra, c’impone il dovere di nuovamente ed altamente, protestare per la conservazione di diritti, che nessuno altro estraneo al volere nostro potrebbe mai pregiudicare od indebolire.

L’Europa vorrà rammentarsi che quegli, il quale conculca sì indegnamente ed opprime lo stato che ereditammo dai nostri maggiori, è lo stesso sovrano, che, mantenuto sul suo vacillante trono dal generoso vincitore di Novara, raddoppiò d’allora in poi le mede rivoluzionarie non solo contro di esso, ma ben anche contro tutti gli altri governi d’Italia, con cui simulava d'altronde le più amichevoli relazioni.

Incapace dapprima d'intraprendere conquiste, non fu che coll'aiuto di un'armata straniera, da esso attirato in Italia, ed a cui devesi intieramente il successo, che egli potè impadronirsi dei paesi, ai quali agognava da tanto tempo. Eravi fra questo il nostro stato, che, perduta la nostra autonomia, divenne d'allora in poi una provincia semplicemente contribuente agli onori sempre crescenti di imposte e debito pubblico, e non conobbe oltre a ciò i dominatori attuali che per le vessazioni, le perquisizioni domiciliari, gli arresti arbitrarii,i sequestri dei beni e le raddoppiate coscrizioni militari.

E se tutto ciò non bastasse ancora a qualificare il governo, che si è imposto al nostro stato, rammenterei che esso è quel medesimo che in mezzo alla riprovazione generale degli uomini onesti, procedendo di sorpresa nella invasione delle Marche e dell’Umbria, sopraffece i pochi ma prodi soldati, accorsi dai diversi paesi cattolici in aiuto del sommo pontefice: e quello stesso governo che dando mano ad una banda di facinorosi d’ogni nazione che stava già per soccombere, irruppe slealmente nelle stato del nobile e valoroso re delle due Sicilie.

I feroci proclami, le crudeltà inaudite, commesse in quel regno contro quanti per sentimento di fedeltà al loro legittimo sovrano, rifiutarono di sottomettersi all'usurpatore, sono fatti d’incontestabile notorietà.

A tante nequizie non va disgiunto il più perfido sistema tendente ad abbattere la religione ed a corrompere la pubblica morale: sistema sotto il quale, non meno che gli altri popoli d’Italia, gemono i nostri sudditi, che si distinsero sempre nella grande loro maggioranza, per ossequio alla fede cattolica, e per attaccamento al loro legittimo sovrano.

Profondamente dolenti di un tale stato di cose, sentiamo l’obbligo in noi alzare di bel nuovo, anche in nome di questa stessa maggioranza, la nostra voce contro il recente atto dei re Vittorio Emmanuele commesse in opposizione diretta a tutti i principii di onestà ed a tutti i trattati internazionali, comprensivamente quello di Zurigo; e facciamo un nuovo appello alle potenze amiche, le quali, vogliamo esserne certi, finiranno col vendicare tante ingiustizie.

Conscii finalmente della validità dei nostri diritti sullo stato affidatoci dalla divina provvidenza, ed ereditalo dai nostri maggiori, e penetrali del pari di quauto dobbiamo ai nostri successori, ci dichiariamo risoluti di cogliere ogni occasione, che ci si presenti propizia, per rientrarne al possesso, ricondurci coll’ordine il nostro legittimo governo; cosi richiedendo l’onore ed il dovere, non meno che il sentimento d’affezione la più sincera, che serbiamo sempre al nostro paese un gran numero dei quali non cessa ri darci, con costanza veramente ammirabile, prove di fedeltà e di devozione.

Vienna, 30 marzo (861.

Francesco V.

— La Gazzetta Ufficiate di Venezia ha i seguenti telegrammi da Vienna, 13 aprile:

E’ arrivato il segretario Alesani, incaricato dalla Dieta dalmata d’adoperarsi perché sia rivocata l'ordinanza di spedire deputati alla Dieta di Zagabria. La voce sparsa oggi da giornali di Vienna, che il co. Apponyi avesse ottenuto larghe concessioni per l'Ungheria, un Ministero indipendente e la dispensa d’inviar deputati al Consiglio dell’Impero, è priva di fondamento.

—Scrivono da Mantova, silo Sentinella Bresciana:

Sono dati ordini pressanti dal governo, militare perché stano allestiti alloggi militari a Soave Marmirolo, S. Antonio. alla Stazione della strada ferrata, a Bagnolo S. Vito. In questo comune fu dato ordine di prender nota di tolti i buoi dei dintorni, del fieno e dell’avena, e di portarla al domando di Piazza.

Sono chiamati sotto le armi entro il mese tutti i soldati in permesso, e quelli della riserva.

Altre dodici compagnie di truppa si attendono qui di guarnigione.

Iersera arrivò da Verona un convoglio di ambulanza.

— Leggesi nel Lombardo, in data Parenzo, 10:

La mozione della votazione per mandare, deputati a Vienna fu respinta dalla Dieta con 20 voti contro 9. La proposta dì un indirizzo di ringraziamento all'Imperatore e di fedeltà, e attaccamento a tutta la famiglia imperiale, fatto dal partito clericale a mezzo del canonico Ferrench venne respinta dulia Dieta tanto io via pregiudiziale per l'illegalità della forma, franto nel merito. I dettagli a un’altra volta

UNGHERIA

— Leggesi nell’Osservatore Triestino, in data di Pest, 9 aprili:

Oggi la Camera dei deputati s'occupò a costituire i suoi ufficii. La seduta non presentò grande interesse. Il Poster Lloyd reca Una grande protesta sommamente» energica, fetta ieri dal concitato di Gran, riguardo alla partente di febbraio e all’intenzione dei ministri austriaci d'ingerirsi nello faccende interne dell'Ungheria. Appony è partito oggi per Vienna.

— Leggesi nella Triester-Zeitung, in data di Pesi, 10 oprile:

I magnati e i deputati incominciano a trovarsi in disagio nella nuova sala delle sedute, e molti lamentano che la sede «della Dieta sia stata trasferita da Buda in questi città. Alla proposta di fabbricare un locale provvisorio, per la somma di 70.000 fiorini, il deputato conte Csaky rispose, che si impieghi piuttosto quella somma nella compera di fucili e che le sedute si tengano all’aperto.

— Leggesi nell’Osserv. Triest., del 12:

— Sua Maestà I. R. Apostolica, con sovrana risoluzione del 29 marzo a. c., si è graziosissimamente degnata di nominare a regio Personale e presidente della regia Tavola giudiziaria (Personali praesentiae Regine in Judiciis Locumtenens) in Ungheria k il settemviro Stefano Melezer de Kellemes a prelati della regia Tavola giudiziaria il canonico d’Erlau, Gabriele de Mariassy, ed il canonico di Kalocsa, Giuseppe Kovacs, inoltre a baroni della stessa Tavola, l’i. r. ciambellano Antonio barone Nvary de Nvaregyhaza e l’i. r. ciambellano e regio consigliere di luogotenenza, Alessandro barone Apor di AlTorja, finalmente il già vicedirettore causarum regalium, regio consigliere Eduardo Fluck, a direttore causarum regalium.

RUSSIA

— Ecco il lesto del dispaccio circolare diretto dal ministro degli affari esteri alle legazioni imperiali di Russia all’estero intorno alle concessioni fette alla Polonia:

Pietroburgo, 20 marzo.

Il rescritto diretto da S. M. l'Imperatore al suo luogotenente nel regno di Polonia vi fece conoscere il giudizio portato dal nostro angusto signore sugli ultimi avvenimenti di Varsavia.

Nella coscienza della sua forza e de’ suoi sentimenti di affezione pei suoi sudditi, S. M. hon ha voluto vedere che un trasporlo laddove, di fronte ai disordini della strada, sarebbe stato ben meritato un più severo giudizio.

Si tenne molto conto di questo trasporto nelle misure di repressione che l’autorità aveva il potere e il diritto di esercitare, affine di lasciare air agitazione il tempo di calmarsi. Ma S. M. l’imperatore non Ip voluto restringere in questi limiti la propria indulgenza. L’atto solenne di emancipazione, inaugurato col manifesto del 19 febbraio, attesta la profonda sollecitudine che il nostro augusto signore dedica al benessere dei popoli affidatigli dalla Provvidenza. La Russia e l'Europa vi videro la prova che, lungi dall’escludere o dal ritardare le riforme reclamale dal progresso delle idee e degli interessi, S. M. ne prende l’iniziativa e le compì? con perseveranza.

Il nostro augusto signore estende la stessa sollecitudine a suoi sudditi del regno dì Polonia, e non ha voluto che una penosa impressione arrestasse il corso delle Sue benevole intenzioni.

L’ukase di cui ricevete qui un esemplare ri metterà in grado di conoscere la importanza delle istituzioni che la volontà dell'imperatore introdusse nella Polonia.

La prima è quella di un Consiglio di Stato, in cui l'elemento indigeno trovasi largamente ammesso mercé l'aggiunta di notabilità poste al di fuori della gerarchia ufficiale, o rivestile di' funzioni elettive. Esso offre al paese i mezzi di concorrere all'amministrazione degli affari nella misura de'  suoi interessi.

La creazione dei Consigli di governo e di distretto, e di Consigli municipali basati sul principio elettivo, assicura agli interessi locali la facoltà di amministrarsi da sé.

Finalmente gli affari ecclesiastici e l’istruzione pubblica sono affidate ad una commissione amministrativa speciale, disgiunta dalla commissione pegli affari interni. Essa si troverà in grado di sottoporre al governo le misure necessarie allo sviluppo della educazione pubblica.

Con queste diverse istituzioni, gli interessi materiali e morali del paese ricevono nuove guarentigie, una espressione legale è assicurala ai suoi voti ed a'  suoi bisogni, e finalmente è fatto luogo ai miglioramenti che suggerirà l'esperienza, i cui insegnamenti saranno sempre consultati nei limiti del possibile e del giusto.

I resultamenti pratici di queste misure dipendono ormai dal modo con cui i sudditi dell'imperatore nel regno di Polonia sapranno giustificare la fiducia di cui S. M. diede loro prova.

L’imperatore vuole che ciò ch'egli accorda sia una verità. S. M. credè aver compiuto, un dovere di coscienziosa sollecitudine, aprendo al regno di Polonia una via di regolare progresso. Il suo più vivo desiderio è di vederlo mantenersi e prosperare. Egli ha la ferma fiducia che questo risultato sarà ottenuto, se le sue intenzioni saranno apprezzate e secondate dalla saggezza del paese.

Leggiamo nella Gazzetta di Breslavia la seguente corrispondenza, da Varsavia,8 aprile:

Dopo le scene di ieri, era facile il prevedere che cosa sarebbe succeduto. Oggi, sulla piazza del castello e nelle strade vicine# si raccolse una folla che diveniva continuamente più compatta. Verso le 6, il principe luogotenente fece avanzare le truppe e intimare al popolo di disperdersi. Si rispose ai parlamentarii con grida e fischiate, essendosi sparsa la voce che il principe luogotenente avesse ricevuto da Pietroburgo l’ordine di non far tirare.

Verso le 7 abbiamo sentito, l'una distanza alquanto vicina altea tra del combattimento, il rombo del cannone.. Le persone, che stavano più vicine, assicurano che la cavalleria cominciò a caricare le, masse, facendo uso della spada e che poi l’infanteria fece fuoco di pelottone. Ma l’artiglieria non avrebbe fatto altro che dar dei segnali per far avvicinare le troppe che stavano acquartierale fuori della città.

E in vero abbiamo veduto anche dei razzi, ai quali rispondevasi con altri dalla campagna. Alcuni dicono che anche l’artiglieria abbia tirato sul popolo, ma non sembra verosimile. Ai tiri della fanteria la folla si ritrasse, cercando di andarsene per la via dei Senatori, ma non era possibile, perché anche il sobborgo di Cracovia era pieno di truppe. Le truppe perseguitarono il popolo a fucilate ed a colpi di spada.

Questa volta i morti e i feriti non si lasciarono suda via, ma furono raccolti dalle truppe che li portarono in castello, onde questa volta non vi avranno pubbliche esequie. Verso le 8 ½ il fuoco cessò.

CRONACHETTA REAZIONARIA

Reazione a Melfi. proclamazione del governo, provvisorio borbonico: desolazioni come di dritto.

Noi siamo civette, upupe Geremia; non è vero o Governanti?

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 18 —Torino 17 (sera)

Parigi, 11 Berlino, Dalle frontiere di Polonia 11 — Le trattative con Zarmovsky e Lepviasky furono finora senza risultato., Wiclopolskv andrò prossimamente a Pietroburgo, l’imperatore desiderando parlare de’ Matti di Varsavia. Notizie dalle provincie accennano allo spirito di agitazione della popolazione rurale contro i nobili. Dicesi di una insurrezione sanguinosa a Lublino.

Vienna 7 — Le radunanze furono rinnovate ieri sera: 16 persone furono arrestate, tranquillità prontamente ristabilita.

Napoli 18— Torino 17 (sera tardi).

La Gazzetta Ufficiale — pubblica un Decreto sopprimente l’Amministrazione Generale delle Poste e la Direzione Generale dei Telegrafi in Sicilia a partire dal prossimo maggio. Gl’impiegati, di quelle amministrazioni dipenderanno dal Ministero de’ Lavori Pubblici.


Fondi Piemontesi 73,50 a 73,60
Tre per cento francese 67,75
Cinque per cento id. 95,00
Consolidati inglesi 92,00
Metalliche Austriache 63,80

ANNUNZI

Agli associati all'opera del CANTU'

STORIA DEGL’ITALIANI

Quest’opera di cui nello scorse anno videro la luce le prime quaranta puntate, venne da noi sospesa dal perché la Censura, d’ingrata memoria, pretendeva accomodare e tagliar varie cose; sicché preferimmo sospendere la pubblicazione, attendendo tempi migliori.

Possiamo ora annunziare che i fasc. 41 e 42 già pronti sono a disposizione degli associati quanto prima sarà totalmente completata l’opera.

Si riapre l'associazione consegnando in una volta i 40 fas. già pubblicati ed obbligandosi lo associato a pagare doppi i fas, dal 41 all'80 ed ultimo.

Il prezzo rimane lo stesso di gr. 20 a fascicolo.

Per maggiori schiarimenti dirigersi alla Libreria del sig. Giov de Ferra Strada Costantinopoli N,102 e nell'uffizio di questo Giornale, ove si fa la distribuzione.

Gli Editori


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ANNO I. Napoli 19 Aprile 1861 N. 47

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 19 APRILE 1861

LA CONDIZIONE INTERNA DELLE PROVINCE DEL NAPOLETANO

Deplorabile è la condizione delle provincie, e sotto ogni rapporto; qui, un momentaneo trionfo della reazione borbonica dà luogo a governi provvisorii, là il popolo ridotto all'estremo, e sgovernato manda via gli uomini inetti o malvaggi che gli si erano dati per amministratori: confusione, incertezza, perplessità da per tutto, e la società è scossa da cardini suoi. E frattanto quali sono i provvedimenti, che debbono arginare questo torrente, che minaccia di travolgere nell'abisso quanto altro vi rimane di legale di onesto e di virtuoso? Ieri il filo telegrafico delle Calabrie non rispondeva, e fino ne’ paesi vicini della capitale davasi segno a movimento reazionario: oggi si minaccia un'insurrezione e per domani si annunzia un trionfo, che Dio disperda, col suo alito onnipotente, se gli uomini non sanno o non vogliono distruggere, o prevenire. – Gli errori governativi han creato questo stato miserando di cose; Iddio perdoni agli autori, ma protegga la società e l'Italia.

Oggi per amor della patria e per interesse generale, dovrebbero cessare i risentimenti ed i rumori degli uomini onesti intelligenti, e sincera menti liberali, i quali, posposti agli inetti, agli intriganti, a mestatori politici, stannosi quali spettatori indifferenti, perocché oggi hanno anch'eglino una famiglia ed un focolare a difendere e tutelare.

Si difenda adunque oggi il Palladio della libertà, sicuri di far trionfare la bandiera dell'indipendenza nazionale, si annienti l'idra nefanda del dispotismo che tenta di risorgere, e domani si chiederà il trionfo del dritto e dell'onesto, dell'intelligenza!… e della virtù, e sarà fatta giustizia!

D.

GIUSTIZIA E CALUNNIA

Sotto questo titolo il Nazionale rileva il fatto che il Chiarissimo Avvocato Marini Serra nommai rifiutò difesa a quegli uomini, che per vicende po litiche, furon travagliati, perseguitati, e peggio, e deduce esser la difesa ora da quell'egregio avvocato assunta pel Duca di Caianiello, altrettanto onorevole, quanto lo fu quella per le vittime del 1848.

Noi plaudiamo all'idea ed all'assunto del Nazionale sì perché tenta di respingere calunniose asserzioni, neganti un fatto, che per esser fatto non avrebbe bisogno di dimostrazione, e si per ché proclamo e difende l'inflessibilità di principi, che non possono ritenersi onorevoli per un caso, e disonoranti nell'altro.

Noi – per costatare il fatto che Marini Serra difese, e difesa, come egli sa e suole, gli uomini politici che invocarono il suo patrocinio, ci saremmo limitati a rimandare i malignanti a registri della Corte Criminale e della Corte Suprema, e più nell'ultimo periodo dodecennale dell'assolutismo; alla storia delle nostre vicende, che non può e non deve essere ignorata, da chi ora si dice libero dal vero: non avremmo fatto ricorso ad attesta ti ed a lettere di chicchessia, perché trattandosi Noi, avremmo rilevato di esser sempre glorio, sa ed onorevole la missione dell'avvocato, che di i fende un nomo e sia chiunque, contro il potere dominante! Berryer e Favre sono commendevolissimi comunque di oppostissimi principi politici, difendendo contro il potere dominante i legittimisti ed i repubblicani; la missione dell'avvocato è sublime, e sta al disopra delle contingenze de'  partiti in lotta. Ma noi – avremmo rilevato, in fatto di co raggio civile, che il sig. Marini Serra né ha dato pruova inconcussa, quando altri s'inchinavano plaudenti al sole sorgente tenendosi pronti a ma lenire nel tramonto, mentre egli rispettando sé stesso ed i suoi convincimenti, non fece delle sue opinioni una unificazione.

Noi non siamo fra gli amici politici dell'eminente Avvocato, ma come vogliamo rispettati i nostri principii, dobbiamo rispettare quegli degli altri, essendocché nel progresso dell'Umanità dev'essere trionfante la tolleranza politica e religiosa; e quando i principi opposti, sono di buona fede, ed onesti, colla tolleranza dee concorrervi il rispetto.

 

PARLAMENTO NAZIONALE - SENATO DEL REGNO 

Tornata del 15 aprile

Comincia la seduta in modo affatto accademico con interpellanza fatta da Pareto al ministro della guerra circa gli spedali militari di Genova. L’interpellante vorrebbe che il ministero pensasse a stabilire un adatto e capace ospedale secondo le esigenze di quella località che è il punto di partenza e d’arrivo dei corpi d’armata per ogni spedizione, e perciò centro di numerosa soldatesca. Il ministro risponde che si è già proceduto alto stabilimento di spedali succursali, che si fa come si può, che i malati sono curati colla stessa amorevolezza usata negli altri spedali. militari, e conclude non esservi alcun pericolo per là città anche se negli spedali militari si manifesti qualche caso di tifo con esito funesto.

Prosegue Vella interpellare il ministro stesoci rea la distruzione della cittadella di Messina invocata da quella popolazione. Rispondono i ministri della guerra e dell’agricoltura e commercio.

Assicurano l’interpellante che è già decisione presa di atterrare tutte te parti di quelle fortificazioni che sono ad offesa e non a difesa della città.

Martinengo poi annunzia voler interpellare il ministro dei lavori pubblici sulle ferrovie Lombardo-venete. Non essendo presente l'interpellando ministro, la presidenza si riserva di fissare, d'accordo col ministro, il giorno per tale interpellanza.

Viene quindi in discussione il progetto per la riduzione in legge dei vari decreti reali a favore di coloro che ebbero a patire destituzioni e danni per causa politica nelle provincie già soggette ai governi tirannici, ed ora annesse e formanti parte del Regno d'Italia. Lanzi sorge a parlare in favore del generale Solera, che presentò una petizione a riguardo di questa legge, ma è deciso di rinviare la petizione all'apposito ufficio per esser poi riferita in altra seduta.

La legge è approvata con voti 67 sopra 72 votanti.

Viene quindi in discussione la legge per un avanzamento ed anzianità distinta per gli uffiziali subalterni nel corpo, dei bersaglieri. E approvata con voti 65 sopra votanti 67.

Camera di Deputati – Tornata del 15 aprile

Presidenza RATTAZZI

Sul principio della tornata il presidente comunica alla Camera il risultato della votazione di ballottaggio pel compimento della commissione del bilancio.

Ottennero la maggioranza i signori Colombani, Ricasoli B., Cottino, Possenti.

La commissione è dunque composta dei signori Busacca, Lanza, Audinot, Pepoli G., Depretis, Pasini. Oytana, Torrearsa, Amari. Cini, Pescetto, Vegezzi, Zaverio, Conforti, De Vincenzi, Briganti-Bellini, De Blasiis, Saracco, Cavallini, Colombani, Ricasoli B., Cottino, Possenti.

Partecipati alla Camera alcuni omaggi. il presidente dà la parola a Corleo per lo svolgimento del suo schema di legge relativo alle enfiteusi redimibili dei beni-fondi ecclesiastici e demaniali in Sicilia.

Corleo compie dottamente il suo assunto con lungo discorso in cui ragiona delle condizioni speciali della proprietà in Sicilia.

La proposta Corleo è appoggiata.

Cassinis non si oppone alla presa considerazione, ma presenta alcune osservazioni perchè colla presa in considerazione di questo progetto enfiteutico, la quale verrà opportunamente in discussione quando egli presenterà un progetto per modificare appunto la legge del 3 giugno 1857 sulle enfiteusi, nella qual occasione si vedrà se sia il caso di applicarla anche alle altre provincie del regno, e se convenga mantenere la distinzione tra il dominio utile e il dominio diretto.

Corleo insiste e trova che il suo progetto non pregiudica per niente quello che promette di presentare il ministro.

Musumeci si dichiara avverso al progetto e lo combatte, Corleo ribatte alcune delle osservazioni del preopinante.

Posta ai voti la presa in considerazione della proposta Corleo, dopo prova e controprova è adottata.

Bastogi presenta due progetti di legge, di cui uno per vendita di beni demaniali.

Musolino dichiara che a malincuore ritira il suo progetto di legge per un dono nazionale a Garibaldi, progetto che egli avrebbe desiderato che fosse presentato o dal gabinetto o da un membro nella maggioranza, progetto il quale aveva incontrato l'approvazione generale degli ufficii:e dichiara di ritirarlo per ordine perentorio avutone da Garibaldi il quale glielo impose.

Presidente. Ora ha la parola il deputato. Caso per lo svolgimento del suo progetto di legge.

Caso espone brevissime considerazioni a favore della proposta da lui presentata per la sospensione della legge pubblicata dalla luogotenenza di Napoli li 17 febbraio scorso per costituire una speciale provincia di Benevento.

Minghetti non si oppone alla presa in considerazione, ma crede la proposta non guari opportuna.

Torre appoggia la presa in considerazione e protesta contro alcune parole pronunciate da Massari, in occasione delle sue interpellanza, relativa mente alla provincia di Benevento Massari da spiegazioni soddisfacenti di quelle sue parole, e appoggia anch'egli la presa in considerazione.

Così pure gli onorevoli Napoletano, Conforti ed altri.

Liborio Romano difende la legge 17 febbraio che fu dietro sua proposta sancita dal principe Carignano.

Non è vero che la legge fosse sancita quando già il Parlamento sedeva, poiché questo non si apriva che il giorno 18; non è vero che la costituzione della provincia di Benevento sia stata arbitraria, poiché essa fu discussa per ben cinque giorni in seno al consiglio dei ministri non senza aver prima consultato i deputati delle provincie interessate, e mandatovi un commissario regio a studiarla. Prega la Camera di voler respingere la proposta, o almeno di non voler de liberare la presa in considerazione prima d'avere esaminato i documenti tutti che si trovano presso il ministero di Napoli, i quali provano l'utilità di quel decreto, mentre gli avversari non corredarono di alcuna prova le loro asserzioni.

Massari parla per un fatto personale, risponde ad alcune parole che la lo riguardano, e replica alle sue osservazioni.

Pica esprime il suo rincrescimento che il ministro dell'interno non abbia colta questa occasione per dare alla Camera qualche schiarimento intorno ai dolorosi attuali fatti di Napoli e ai provvedimenti presi biasima anch’egli le leggi della luogotenenza e loda le popolazioni napoletane.

Liborio Romano risponde a Massari e dice: Se le censure del deputato Massari centra il decreto del 17 febbraio stessero, perchè non ha egli censurato anche gli altri decreti che furono pubblicati nello stesso giorno? Perchè egli voleva ferire personalmente (con energia) Liborio Romano! (rumori).

Il presidente gli osserva che Massari censurò soltanto il decreto, non la sua persona.

Liborio. La persona fu un sottinteso! ilarità.

Caso protesta contro le interpretazioni date da Liborio alla deliberazione della Camera sulle interpellanze di Napoli e insiste perchè sia presa in considerazione la proposta.

Dopo prova e contro prova la proposta è pro presa in considerazione, La tornata è sciolta alle 5.

Notizie Diverse

ITALIA

BRESCIA

– Leggesi nella Sentinella Bresciana:

Vennero qui arrestati tre emissari austriaci incaricati di fomentare la diserzione nelle regie truppe. Essi sono Polvere Giovanni di Pouti, Polvere Lazzaro di Ponti Broglia Giacomo di Peschiera.

L'autorità è sulla traccie di altri.

GENOVA

– 13 aprile. Un misterioso avvenimento seguiva quattro giorni addietro sulla spiaggia che tra Quarto e Quinto più precisamente sottostà al luogo detto La Castagna. Si trovò il cadavere di un uomo. Era un suicidio? Fu un omicidio! E quello che la giustizia studiasi di rintracciare. Il cadavere fu scoperto verso le tre del pomeriggio, né si può precisare l'ora in cui la morte avveniva.

Quel cadavere era vestito con ricercatezza, indossava abiti e calzatura finissima. Una sola parte dell'abbigliamento era in forte dissonanza con tutto il resto, Era un farsetto di velluto di cotone, quale sogliono por tare i manovali e gente di fatica. Era troppo grande il contrasto di quel farsetto col resto delle vesti per supporre che appartenesse e fosse abitualmente portato da chi lo indossava.

La figura dell'individuo, tuttochè chiazzata di sangue: presentavo i lineamenti piuttosto belli di un uomo tra i 45 ed i 50 anni.

La barba, aggiustata in favoriti rotondi come sogliono portare gl'inglesi, il poco della capigliatura era bionda con qualche mistura di crini incanutiti.

Il cadavere stava appoggiato contro un masso aveva una ferita penetrante nel capo dal basso in alto.

A pochi passi era una pistola di piccola misura. Più avanti un portamonete vuoto. Indosso al morto non si rinvennero che 38 soldi.

Nella mano sinistra, contratta nello spasimo della morte, stringeva un pezzo di carta bianca che portava i segni di recente bruciatura, ed aveva impresse tracce di scottatura sulla mano in cui era stretta.

Oltre il portamonete e la pistola trovossi in terra anche un piccolo album, in cui era cominciato il disegno di un paesaggio. Tutte le altre carte erano bianche.

Nessun indizio potè fornire mezzi di riconoscimento. Il cadavere fu lasciato esposto per tutta la giornata:

Taluni asseriscono averlo veduto nella giornata aggirarsi attorno alla Villa Spinola, ma nulla di preciso si potè rintracciare. Nelle sue biancherie erano le iniziali C. V.

(Mov.)

ULTIME NOTIZIE

La salute del generale Garibaldi è sempre in via di progrediente miglioramento.

Ieri si fecero dal governo le prime pratiche per un nuovo prestito di 500 milioni. Si assicura che le prime offerte della casa Rothschild di Parigi sono al 64.

– Troviamo nell'Osservatore Triestino:

Nella Dieta della Dalmazia, al dire dell'Ovest e West, il quale in affari slavi è molto ben informato, il partito slavo, ossia dell'incorporazione alla Croazia, conterebbe soli quattordici voti, mentre il partito italiano ossia dell'indipendenza dalla Croazia ne conta ventinove.

A quest'ultimo è già riescito di far eleggere il segreta rio presidiale Alesani coll'incarico di recarsi a Vienna e fare in modo che venga rivocata la sovrana ordinanza, a termini della quale la Dieta provinciale dalmatica dovrebbe mandare dei deputati alla Dieta croata in Zagabria.

– La Dieta di Boemia ha deliberato di chiedere al governo una generale amnistia. (Express.)

– La Gazzetta di Trieste annunzia che il ritorno dell'imperatrice da Madera seguirà nella prima metà di maggio: essa approderà in quel porto e verrà ad incontrarla Francesco Giuseppe coi suoi due figli.

– Alla Presse di Vienna scrivono da Lemberg:

Un avviso della direzione di polizia, in appoggio a un decreto della luogotenenza, proibisce ogni dimostrazione politica, e così il portare segni rivoluzionari, come coccarde di lutto, cravatte e catene d'orologio coi tre colori, gli stemmi della Polonia, bastoni uncinati e nodosi, ecc. ecc. È pure vieta la riunione di elettori, essendo ora mai compiuto l'atto delle elezioni.

– Scrivono da Cracovia in data del 9 aprile: ieri sera nel nostro teatro si udì repentinamente il grido:

«A casa, a Varsavia si ammazzano i cittadini».

Pochi minuti dopo il teatro era vuoto.

UNGHERIA

– Alla Gazz. di Trieste si scrive da Pesth:

I magnati e i deputati incominciano a trovarsi in disagio nella nuova sala delle sedute e molti lamentano che la sede della Dieta sia stata trasferita da Buda in questa città. Alla proposta di fabbricare un locale provvisorio per la somma di 70.000 fiorini, il deputato conte Csaky rispose che si impieghi piuttosto quella somma nella compera di fucili e che le sedute si tengano all'aperto.

– Un dispaccio da Pesh pubblicato dai fogli austriaci reca:

Ieri sera ebbero luogo vive discussioni in una conferenza privata di deputati. Da quanto si può giudicare da esse, la proposta di Eotvos per l'indirizzo all'imperato re resterà probabilmente in minoranza. Corre voce esse re stato deciso di tenere oggi ancora una seduta della Camera bassa, e di aggiornare quindi le tornate ad una settimana. Le simpatie per desk vanno diminuendo essendochè non vuole esprimersi incondizionatamente in favore d'un ministero ungherese indipendente della finanza e della guerra. Nella Dieta incominciarono ormai a formarsi dei partiti. La tavola dei Magnati vorrebbe ritornare alle leggi vigenti prima del 1848, mentre i liberali vogliono attenersi fermi alle leggi del 1848.

BAVIERA

– Nella Gazzetta d'Augusta troviamo il seguente telegramma:

ll giornale amburghese Hamburger Nachrichten reca un telegramma di Vienna, secondo il quale il governo bavarese si sarebbe rivolto a Parigi chiedendo se il governo di Francia nulla avesse di contrario al caso che i bavaresi avessero ad occupare eventualmente il Salisburghese ed il Tirolo. La Nuova Gazzetta di Monaco dichiara oggi tali notizie una mera invenzione del corrispondente viennese.

RUSSIA

– Scrivono da Pietroburgo all'Independance che i sovrani d'Austria e di Prussia con ripetute e caldissime istanze esortarono lo czar a reprimere i moti della Polonia: aggiunge il corrispondente che si fu dietro tali istanze che lo czar sciolse la società agronomica, ordimando severi provvedimenti contro qualsiasi futura manifestazione.

– Ecco il proclama del principie Gortschakoff, annunziato da dispacci telegrafici:

In nome di S. M. l'imperatore Alessandro II, autocrate di tutte le Russie, re di Polonia, il consiglio di amministrazione, visto che replicati assembramenti turbano l'ordine pubblico, ed impediscono il libero sviluppo delle instituzioni accordate da S, M. per ordine della maestà sua ordina quanto segue:

Art 1. Tutti gli assembramenti, ossia riunioni non autorizzate dal governo nelle contrade e vie pubbliche, sono proibiti.

Art. 2. Quando un assembramento od altra riunione illecita si farà nelle contrade e vie pubbliche, il presidente, il borgomastro, il capo del comune od il suo rappresentante, il commissario di polizia, od altro funzionario, dovrà recarsi sul luogo. Egli intimerà all'assembramento di disciogliersi.

Se questa prima intimazione rimane senza effetto, sarà rinnovata per due volte al suono del tamburo. Dopo la terza intimazione, se la folla non si disperde, si farà uso della forza armata. Questa potrà intervenire dopo la prima o seconda intimazione, se non sono possibili le altre.

Art. 3. Tutti quelli che non evacueranno la piazza dopo l'intimazione saranno immediatamente arrestati, e mandati in una fortezza del regno per quindi essere tradotti innanzi ai tribunali competenti.

Art. 4. Chi non lascierà la piazza dopo la prima intimazione, sarà punito della prigione da 8 a 20 giorni: dopo la seconda, dell'arresto in casa correzionale da tre a sei mesi: dopo la terza della stessa pena da i sei mesi a due anni. Tutti quelli che resisteranno in qualunque modo alla forza armata saranno puniti da tre a cinque anni di fortezza.

Art. 5. Quelli che in qualunque modo provocheranno alla disobbedienza od alla resistenza contro l'autorità saranno puniti col doppio della pena, che incoglierà quelli che hanno obbedito alla loro provocazione.

Art. 6. Ogni invito a partecipare agli assembra menti proibiti dal 1° articolo con affissi manoscritti o stampati, o con distribuzione di questi affissi sarà punito colla detenzione di sei mesi a due anni nella casa di correzione. Saranno puniti colla stessa pena quelli che avranno redatto, litografato o stampato scritti di A questo genere. Chi porta od affigge questi avvisi sarà punito col carcere da otto a 20 giorni.

Art. 7. Se in questi assembramenti venissero com messi delitti non previsti in questo decreto, saranno puniti secondo le leggi ordinarie.

Art. 8. Quando si rinnovassero frequentemente assembramenti o torbidi nella stessa località, quelli che li eccitano saranno arrestati e trasportati in una fortezza del regno, ove si procederà contro di essi giudiziariamente.

Art. 9. Il direttore generale dell'interno e della giustizia è incaricato dell'esecuzione del presente decreto, che sarà inserito nel bollettino delle leggi.

Firmati: Gortschakoff, luogotenente generale del regno.

– Wolowski Karnik, direttore generale della commissione di polizia.

SPAGNA

– L'arcivescovo di Saragozza ha diretto a tutti i curati della sua diocesi una circolare da cui trascriviamo testualmente questo passo:

»Io non m'immischio mai, e voglio che neppur voi, signor curato, v'immischiate nelle quistioni e nelle lotte puramente politiche... Non è un dogma di fede che il papa sia sovrano temporale. Non è un precetto di morale che Pio lX sia re di tali o tali altre provincie».

– Don Juan di Borbone, l'ultimo figlio di don Carlos, ha pubblicato un nuovo manifesto, in cui si pronuncia col massimo sdegno contro alcune voci sparse relativamente alla morte de suoi due fratelli. Egli approfitta dell'occasione per dichiarare, ch'egli, benché legittimo sovrano di Spagna, non intende di assumere le redini del governo se non in forza del suffragio universale.

Per espresso desiderio della regina ci si trasmettono da Roma frequenti dispacci sullo stato di salute del papa. (Galignani)

– Scrivono da Madrid, 12, all'Havas-Bullier:

Al Congresso, il sig. Rios Rosas ha terminato le sue interpellanze, 169 voti contro 68 approvano la politica del governo.

La Gaceta pubblica la legge d'alienazione de beni ecclesiastici.

– Leggesi nell'0st-deutsche-Post, che la famiglia reale di Napoli è attesa a Vienna nella seconda metà del mese d'aprile. Contemporaneamente col Re e la Regina arriveranno anche i conti di Trani e Caserta; gli altri membri della famiglia restano per intanto a Roma.

POLONIA

– Scrivono da Varsavia, 9 aprile:

«Nella giornata di lunedì, 8, tra le cinque e le sei ore, una folla numerosa si è radunata dinanzi al castello reale, secondo l'avea annunciato la vigilia, nell'intenzione di reiterare le sue domande. Al medesimo momento una sedia da posta passava nella piazza e il postiglione fece udire colla sua cornetta l'aria nazionale di Dombrowski:

«La Polonia non è ancor perita.» Questa fanfara elettrizzò la popolazione che, senza armi, volle penetrare nella corte del castello. Allora la cavalleria caricò la folla e l'infanteria fece fuoco. Dei giovani afferrarono un crocifisso per separare l'adunanza e trascinarsela dietro nelle vie adiacenti Podwal e Senatorska, ma si trovarono il passaggio sbarrato dall'infanteria. Eh bero luogo nuove scariche. Il numero delle persone uccise e ferite non può ancora essere precisato. Esso è considerevole. I soldati portarono molti cadaveri al castello. Altre vittime furono deposte all'ospedale di S. Rocco e all'albergo dell'Europa.

» Mentre queste scene sanguinose avvenivano dinanzi al castello all'altro capo della piazza una folla di 3 a 4 mila persone, nella quale si trovavano molte donne e ragazzi, circondava l'immagine della santa Vergine e, prosternati in ginocchio, intonavano canti religiosi che si prolungarono fino a sera. L'infanteria la circondava da tutte le parti senza riuscire a disperderla e a far cessare le preghiere. Finalmente al cadere della notte, la truppa si è ritirata e la folla si allontanò tranquillamente.

» La stessa sera una deputazione della città si presentò presso il principe Gorciakoff, che rifiutò di riceverla. La costernazione è generale. Si temono notizie spiacevoli dalle provincie, ove la dissoluzione della I società agricola ha prodotto la maggiore esasperazione. Durante le manifestazioni del 7, un aiutante di campo del generale Chrulevy si fe’ saltar le cervella al castello.

» Il direttore delle finanze Lenski, direttore della Banca Neopokozyehi, il governatore di Lublino, Makievviez, diedero le loro dimissioni nella mattina dell'8 aprile.»

TURCHIA

—La Porta comunica alle potenze copia del nuovo trattato di commercio da esso conchiuso colla Francia e coll'Inghilterra.

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Parigi 15 aprile (sera).

Bixio parte per Torino. Vimercati è partito per la stessa città.

Corrono voci di trattative per lo sgombero di Roma.

Il preteso dispaccio di Cavour riferito dal Pungolo è apocrifo.

La Baviera e la Prussia si occupano delle difese della Germania.

Vay porta a Pesth proposizioni concilianti. L'Ungheria insisterà per la restituzione integrale.

L'agitazione continua in Polonia. L'esercito occupante sarà riorganizzato in tre corpi.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 19 – Torino 16 (ritardato).

Moniteur 16. Dichiarazione ufficiale del blocco delle coste dell'Albania nell'Adriatico e delle frontiere vicine alle austriache. I legni turchi sono incaricati di esercitare regolarmente il blocco datare dal 13 aprile.

Cracovia 14. – Le autorità hanno proibito le processioni quotidiane che turbano l'ordine. Il giornale Cras scongiura di conservare la tranquillità.

Polonia 15. Dicesi che due Polachi entrerebbero nell'amministrazione. Zamoysky diverrebbe Consigliere di Stato – Levvinsk surrogherebbe Moncanoff.

Londra. Gladstone espone il bilancio: gl'introiti superano le spese di 48 milioni di franchi. Impiegherà l'eccedente a diminuire le imposte sulla renditi. Abolirà il dazio d'importazione sulla carta.

Napoli 18 – Torino 17

La Camera dei Deputati terminò la discussione del progetto di legge per la intitolazione degli atti del governo. Dopo uditi ancora Carutti Ferrari, Ruggiero. Crispi, ed ili Cassinis la Camera approvò la formola ministeriale Vittorio Emnanuele II per la grazia di Dio e per la volontà della Nazione Re d'Italia con 174 voti contro 58.

Napoli 18 – Torino 17

Cracovia 16 Agitazione crescente in tutta Polonia. Gli arresti continuano a Varsavia.

Vienna-La Dieta d'Istria assicurando (ricusando?) di eleggersi Deputati pel consiglio dell'Impero è prorogata.

Napoli 18-Torino 18.

Parigi 17–Polonia 17–Proibito severamente portare segni politici. Le sole famiglie (degli uccisi) accompagneranno i corteggi funebri. Varsavia è costretta a pagare quotidianamente una contribuzione di 2,000 rubli pel mantenimento delle truppe.

Pesth, mercoledì-Riunione dei deputati. Si sono costituiti gli uffici della Camera. Le sedute effettive avranno principio probabilmente nella setti mana prossima.

Parigi. Il corpo legislativo dietro le osservazioni di varii membri addotta ad unanimità il pro getto di esenzione del bollo pei supplementi dei giornali portanti le sedute.

I Giornali di questa sera fanno cenno degli armamenti della Russia. Sei corpi d'esercito sarebbero posti sul piede di guerra per la prossima estate.

Napoli 19–Torino 18 (sera).

La Camera dei Deputati udì le interpellanze del Paese.

Fanti da lunghe spiegazioni sull'operato. Garibaldi parla vivamente delle disposizioni prese sull'esercito meridionale. Accusa il ministero con parole antiparlamentari di aver voluto promuove re discordie fraterne. Ne nasce un tumulto e la sospensione della seduta, la quale dopo è ripresa. Cavour difende con parole conciliative ma conferma gli atti del Ministero, Bixio pure parla caldamente, e con plauso, per la conciliazione.

Garibaldi ravvisandosi (rimettendosi?) dichiara, credere Cavour amante dell'Italia e dei volontarii. Furono proposti varii ordini del giorno per la conciliazione e l'armamento nazionale. Quello di Ricasoli confida nel ministero a cui solo spetta di armare. La discussione continua domani.

Napoli 19 — Torino 18 (notte)

Parigi — Londra 18—Al Banchetto di Lord Maire Somerset parla della necessità di mantenere la marina potente soltanto come guarentigia. Palmerston dice, che a missione dell'Inghilterra è di mantenere la pace. L'Inghilterra non ha ambizioni né una politica aggressiva: la sua influenza dipende dalla forza interna; altrimenti i consigli pacifici sarebbero considerati come causa li guerra. Le questioni attualmente pendente possono fornire una mezza dozzina di guerre rispettabili a coloro che desiderano turbare la pace; ma tutte possono essere onorevolmente e pacificamente sciolte. Palmerston spera che la saggezza de’ Governi e de’ Capi de partiti produrrà tale conclusione. Esprime le simpatie dell’Inghilterra fer la realizzazione dell’Unità Italiana. L’influenza dell'Inghilterra sarà impiegata a mantenere dapertutto la pace Europea. Spera che il 1861 scorrerà in pace. L’ambasciadore di Turchia risponde al brindisi pel Corpo Diplomatico. Esprime voti, che il mondo sfuggirà ai mali della perturbazione generale.

Costantinopoli 11 (sera) — Omer è nominate Generalissimo dell’Erzegovina. Materiali da guerra e rinforzi sono spediti in Aniivarii. Garaphanin è giunte domandando lo sgombro dei Musulmani da Belgrado.

Breslaoia 18 —Varsavia 16 — Il sistema di repressione aumenta. Le trattative finora senza risultato — non ispirano grande fiducia. Le truppe bivaccano nelle piazze. L’entrata degli stranieri in Polonia è sottomessa a minuzioso esame.

Washington 6 — Timori della lotta imminente.

Costantinopoli 10 — I Capi della marina dichiararono che non risponderebbero più della disciplina senza paga. Altra carta monetare con essa — le paghe incominciate. Gl’insorti dell’Erzegovina partirono da Montenegro sostenuti da danaro ed armi della Serbia. La Porta ha ordinato l'espulsione degli stranieri sospetti dall'Erzegovina.



Fondi Piemontesi 74,10 a 74,50
Tre per cento francese 67,75
Cinque per cento id 95.00
Consolidati inglesi 92,00
Metalliche Austriache 63, 40

ANNUNZI

IL SANNITA GIORNALE DELLA PROVINCIA DI MOLISE

(ITALIA MERIDIONALE)

DIRETTO DALL'AVVOCATO

PASQUALE ALBINO

CONDIZIONI DELL'ASSOCIAZIONE

Il SANNITA si pubblica in Campobasso in ogni 15 giorni, cioè nel giorno l'e 15 di ciascun mese in foglio grande di sesto reale, a 4 pagine con 12 colonne.

2. L'associazione è obbligatoria per un anno solo ossia per 24 numeri del giornale, cominciando dal numero 1, che si è pubblicato fin dal 20 ottobre 1860.

3. Il prezzo di associazione è di carlini 15 napolitani, pari a lire italiane 6, e 37 centesimi, da pagar si anticipatamente nelle mani del Direttore del giornale sig. Pasquale Albino.

4. I pagamenti non sono validi senza una ricevuta stampata a tallone, e firmata dal detto signor Albino.

5. I fogli del Sannita si spediscono agli associati col bollo franco come per legge.

6. Il SANNITA si ricambia con qualunque altro giornale d'Italia.

Agli associati all'opera del CANTÙ

STORIA DEGLI ITALIANI.

Quest'opera di cui nello scorso anno videro la luce le prime quaranta puntate, venne da noi sospesa dal perchè la Censura, d'ingrata memoria, pretendeva accomodare e tagliar varie cose; sicché preferimmo sospendere la pubblicazione, attendendo tempi migliori. -Possiamo ora annunziare che i fasc. 41 e 42 già pronti sono a disposizione degli associati quanto prima sarà totalmente completata l'opera.

Si riapre l'associazione consegnando in una volta i 40 fas. già pubblicati ed obbligandosi lo associato a pagare doppi i fas. dal 41 all'80 ed ultimo –ll prezzo rimane lo stesso di gr. 20 a fascicolo.

Per maggiori schiarimenti dirigersi alla Libreria del sig. Giov. de Ferra Strada Costantinopoli N. 102 e nell'uffizio di questo Giornale, ove si fa la distribuzione.

Gli Editori

AVVISO INTERESSANTE

Dal primo maggio in poi si pubblicheranno i nomi di tutti gli associati che non hanno pagato.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. Napoli 20 Aprile 1861 N. 48

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 20 APRILE 1861

LE ACCUSE

Il Gabinetto di Torino, la Diritta che lo sostiene, i deputati del Napoletano che siedono a questa diritta, e gli uomini della Luogotenenza che fecero una così cattiva prova nell'amministrazione politica di queste vaste provincie, cominciano a vedere finalmente le con dizioni poco liete in cui volgiamo, e l'orizzonte coprirsi di nubi; cominciano i meglio veggenti tra loro a scorgere i tetri pericoli del futuro: e come era da aspettarsi, lungi dall'accusar se medesimi o almeno – perché ciò era troppo accagionarne la posizione difficile per se medesima, levano alto la voce, ed accusano noi e la nostra intemperanza come causa efficiente di tutti i mali che ci minacciano.

Ebbene, a fatti: si può una volta formulare matematicamente l'eterno ritornello della nostra situazione? da parte le declamazioni e i cavilli: è questa non pagina a veggente di tutti, e quando non ci rifugiamo nell'astratto, l'uomo di stato ed il ciambattino vi scorgono con la stessa evidenza il Mane Thece Phares, e la mano che l'ha scritto.

Il Napoletano si divide in tre categorie: i patriotti, o sia gli unitari, gli anti unitari, e la massa divenuta unitaria per opera de'  patriotti.

I patriotti hanno combattuto, trionfato, e fatto trionfare il principio dell'Unità: il popolo è stato con loro; non si sono trovati a fronte nella lotta propriamente un partito della Nazione, ma de’ briganti e de'  reazionari.

Ma il combattimento non era finito con la proclamazione dell'Unità Italiana. Fu una sosta: il partito schifoso, il partito della negazione di Dio è di corta vista come dicemmo altra volta, esso non legge né la politica presente né la futura; esso non ha che un solo libro: il passato. E questo libro gli ha fatto vedere i Borboni, tutte le volte che espulsi, ritornati sempre. Per conseguenza si è riaccinto ad una prova, trincerandosi fra questo dilemma: se vince… e tutto è detto: se perde, sempre guadagnerà qualche cosa: la vendetta, la preda, il merito presso i Borboni, e quello ch'è più di tutto, l'impunità. Per miserabile, per disperato che sia questo partito, non è poi tanto bestiale nella parabola del suo ragionamento.

Il popolo è liberale, essa ha fatto il plebiscito, è stato per un ora un popolo re, e l'Italia è balzata in quest'ora dalla terra tutta armata come Minerva. Ma sia detto in famiglia, questo plebiscito è dovuto a patriotti. Per altro ciò lo si sa.

Ora il popolo re, la massa sovrana come tutti gli altri popoli dell'universo, dopo aver fatto una bella azione, voleva esser trattato bene; amministrato meglio; voleva anche fino ad un certo punto, toccare con mano – perché il tatto è fra suoi cinque sensi il predominante – i vantaggi immediati di questa Italia che sentiva di aver fatto. Ma ciò in fondo non era possibile alla lettera: gli imbarazzi gli attristi, le difficoltà di un regime nuovo, che sorge dopo tanti secoli, non potevano mettergli il frutto così presto a portata della sua mano. In conseguenza, due condizioni erano necessarie perché questa massa si contentasse, e continuasse a plaudire: amministrare alla meglio, e con un discreto senno pratico: farle un pò di bene: mantener viva sopra di essa l'influenza degli onesti patriotti che la manodussero al movimento. In una parola, l'entusiasmo. L'entusiasmo, s'intende, regolato e diretto.

Ora non si è fatta né l'una, né l'altra di tali cose. Lasciamo da parte la prima, la si è ripetuta alla sazietà; è stata anche riconosciuta dal Gabinetto; solamente vi è stato ballottaggio fra gli autori immediati della stessa.

Veniamo alla seconda.

Gli autori del movimento nazionale; coloro che si sono più arditamente pronunziati ed hanno contribuito potentemente con la loro influenza ad atterrare la vecchia monarchia, sono stati disconosciuti, e presi in generale in gelosia dal Governo.

Si sono fatti tutti gli sforzi per annullarne il credito presso le popolazioni, si sono abbassati dalla situazione culminante che essi avevano in faccia a partigiani del Borbone, si è creata una consorteria – salvo le eccezioni – fra gli emigrati i quali hanno piantato la loro bandiera del trionfo là dove non avevano combattuto, e in una parola, non si è agito generalmente parlando, da galantuomini. Queste cose sono anche una notorietà; ma non vengono poi riconosciute dal Gabinetto.

La questione del patriotti, e sia pure del Personale come Villamarina diceva, è stata sempre o sfuggita o trattata obbliquamente. È naturale. Posti così i fatti – incontestati – venghiamo diritto alle conseguenze: Da chi ci viene il male, i pericoli, da chi il tenebroso avvenire che c'incalza? – Dagli uomini della rivoluzione, dalla massa, da borbonici? Il vedremo.

F. MAZZA DULCINI. (continua)

NUOVA PROPOSTA DI PRESTITO MUNICIPALE

Si darebbero alla città due milioni e mezzo di ducati in otto mesi, cioè dal primo maggio prossimo al fine dicembre: la restituzione sarebbe (in 50 anni cominciando dal 1863 alla ragione di ducati 70 mila all'anno) di ducati 3,450,000. L'interesse del 5 per 100 sopra la somma, cioè di annui ducati 172500: – Dunque l'interesse sulla somma che realmente si vorrebbe sborsare sarebbe in effetti del 6,90 per Cento.

L'utile che a prescindere dell'interesse la casa mutuante otterrebbe, sarebbe di ducati 950 mila.

Quindi confrontando questo prestito agli altri precedenti, lo si rinverrebbe più oneroso, prima perché la somma regalata in omaggio dell'affare essendo di duc. 950 mila supera le somme che si pretendevano nei precedenti prestiti. 2. perché la ragione dell'interesse è maggiore di quella che si era scritta nei detti prestiti.

E tutto ciò – senza calcolare le differenze di utile pel pagamento degl'interessi semestralmente.

In tutti questi affari, che successivamente si son proposti al Municipio, quel che sempre si è mostrato gravissimo è l'enorme somma che si pretende restituire al disopra della sborzata.

Pare, che nelle contingenze della scarsezza del numerario, o nelle difficoltà della circolazione, o in circostanze più eccezionali, l'elevazione dello sconto possa purificar tutto. – Se quindi invece dell'interesse oggi consentito del 6:90 per 0|0, si dasse al 7,7,50, ed anco all'otto per 0|0; e lo si pagasse annualmente, e si aumentasse l'annuale cifra della restituzione del Capitale, coll'interesse a scalare, non sarebbe un progetto più giusto, più equo, meno dannoso? Lo si calcoli – indi si giudichi!

D.

 

Notizie Diverse

ITALIA

TORINO

– La Gazzetta Ufficiale del 16 aprile contiene:

Un regio decreto che sopprime le ispezioni e le sottoispezioni dell'ex-esercito napoletano.

Diverse disposizioni nel personale del ministero delle finanze.

– L'ex-prodittatore Antonio Mordini risultò eletto a deputato del 3 collegio di Palermo.

– Vuolsi sapere che quando il principe Napoleone effettuasse il suo viaggio fermandosi alcuni giorni in Genova, verrebbe in Torino in stretto incognito.

-Vay porta a Pesth proposizioni concilianti. L'Ungheria insisterà per la restituzione integrale dei suoi diritti nazionali.

– Stando a relazioni provenute a Parigi dall'amba sciata residente a Madrid pare che in Ispagna il partito legittimista-democratico di don Juan vada acquistando numerose aderenze.

— Scrivono da Parigi alla Gazzetta di Milano:

Sono in caso di mandarvi alcuni curiosi particolari circa alle negoziazioni che effettivamente furono impegnate a Roma in questi ultimi giorni. V'ebbe un momento che il conte Cavour potè creder? ad una composizione: ora qualunque speranza è pienamente svanita contro la immobilità arciostinata del papa e della Europa. Di presenta, crede di essere bene informato, assicurandovi che una nota confidenziale del vostro gabinetto diretta al nostro, chiede con suprema insistenza il richiamo delle troppe francesi da Roma; insistendo sulla necessità di questa misura per dar forza al ministero di lottare è dì resistere con frullo alle impazienze del partito estremo.

— E giunto a Parigi Lord Clyde incaricato di trasmissione segreta e straordinario presso l'imperatore per parte del governo inglese. Il nodo gordiano deve presto esser sciolto o rotto.

— L'agitazione continua in Polonia. L’esercito occupante sarà riorganizzalo in tre corpi.

—Si discorre d’una protesta dell’Austria presso tutte le potenze contro lo sbarco dei garibaldini (patrioti greci) a Spùza.

— Corrono voci di trattative, per lo sgombro di Roma.

— La riunione del consiglio comunale di Mondava, per l’lezione di un deputato alla dieta, non ebbe luogo. Un solo consigliere si presentò alla seduta.

—Alla dieta d’Innspruk non si presentarono i deputati del Trentino.

— La questione danese minaccia di prendere proporzioni allarmanti. La Svezia sembra decisa di opporsi colla forza a una invasione dello Schloswig fatta dall’esercito federale. Il governo inglese è inquietissimo.

GENOVA

— Fu di questi giorni tra noi il generale francese Nouè che da Roma recavasi a Parigi.

A questo fatto malamente. riferito devesi attribuire la voce corsa che fosse venuto a Genova il maresciallo Niel.

— Ieri mattina alle 6 ½ salpava da questo porto diretta per Palermo la pirofregata Maria Adelaide; essa batteva bandiera di contrammiraglio avendo a bordo il cav. Albini, che accompagna il generale Della Rovere, il quale va ad assumere luogotenenza generale di S. M, in Sicilia.

(Mov.)

ROMA

— Scrivono da Roma alla Lombardia:

È costume qui in Roma di recarsi nei venerdì di marzo a San Pietro. In tutti gli altri venerdì erano state attaccate alle pareli della chiesa e dispensale carte in lode di Pio IX; e di queste venne sempre staccata buona par' te. Nell'ultimo venerdì furono appostati de'  gendarmi per osservare chi strappasse e all’uopo dar loro una buona lezione di busse. Ora, come si venne ad affiggere dette carte secondo il solito, gli agenti trovarono, con stupore, attaccate altre carte col motto: Viva Vittorio Emmanuele Re di Italia! E qui a correre come matti a lacerare questi affissi. I gendarmi che non sapevano la cosa corrono addosso ai medesimi e li caricano di busse e ci volle del bello e del buono per farli persuasi che avevano messo le mani sopra pecore della stessa lana. Oh! va a dire che non hanno perduto la bussola!

AUSTRIA

— Il signor Sefraelka, noto pei suoi sentimenti liberali e pella sua partecipazione agli avvenimenti del 1848 rinunciò all'ufficio di deputato alla Dieta provinciale di Vienna, mediante la lettera seguente, diretta al presidente della Dieta medesima: Altezza, Dacché il cattivo stato dei miei affari privati venne senza il menomo riguardo, fatto conoscere al pubblico da un membro di questa Dieta, il mio sentimento di onore wi obbligo a dividermi dall’assemblea.

Mentre depongo il mio mandato come deputato dell’80 circolo elettorale della città capitale di Vienna, prego V. A. di far conoscere alla Dieta la mia risoluzione, e con profonda stima, ecc.

Vienna 12 aprile 1861.

Francesco Schuselka.

Data lettura del documento soprariferita alla Dieta, essendo la notizia stata accolta con rammarico, il deputato Berger, che sentiva alludere a sé medesimo, si alzò a giustificarsi. ma dichiarò poco più oltre di essere stato la causa occasionale ed volontaria della demissione del signor Schuselka. Egli soggiunse, che non avrebbe potuto entrare ir più minuti particolari, senza offendere riguardi delicati.

La Gazz. di Venezia reca poi su questo proposito il seguente dispaccio telegrafico in data Vienna, 15:

» Iersera fu qui fatto un charitari contro il deputato Berger. provocatore della dimissione del deputato Schuselka. Si fecero parecchi arresti. Dopo mezz’ora, la quiete era perfettamente ristabilita».

— L'Oesterreichùche Zeitung annuncia in data del 13 che l’imperatore accondiscese alla domanda della deputazione boema, ch’egli si facesse incoronare a Praga.

Il giornale medesimo ha da Praga, che il popolo di ritorno dall’aver accompagnalo alla stazione la deputazione che partiva per Vienna, si abbandonò ad ogni maniera di dimostrazione in favore o contro di parecchi personaggi. La pubblica forza tentò invano di disperdere la folla, la quale però fatta notte avanzala si dileguò a poco a poco da sé medesima.

GERMANIA

— La Gazzetta Crociata, ha in data di Berline, 11 aprile:

La notizia dell’entrata del conte Pourtalès al ministero degli affari esteri è priva di fondamento, non essendo egli ritornato qui se non per sedere alla Camera dei Signori. Egli vi rimarrà perciò parecchie settimane, pel qual tempo gli affari della legazione a Parigi saranno spediti dal principe Reuss, primo segretario.

— Leggesi nel Nord del 12:

La Camera dei deputati di Sassonia, sì beo disciplinata dal signor di Beust, ha fatto testé un alto d’insubordinazione. Essa ha deliberato unanimemente di protestare centro t’abuso di autorità della Dieta federale, che s’è attribuito il dritto di sospendere, modificare o abolire le costituzioni speciali legalmente esistenti in Germania. La Camera chiede che il Governo intervenga in favore della Costituzione assiana del 1831. Nell’Assia granducale e nel Wurtomberg. le Camere tendono egualmente a liberarci dalla tutela dei loro ministri, e un rivolgimento non larderà a prodursi nel mezzodì della Confederazione. Ad Aonover, uno dei capi dell’Associazione nazionale aveva convocalo una riunione, per compilare un atto di sfiducia contro la politica interna del Governo. La riunione fu sciolta dalla polizia.

SERBIA

– Leggesi nell'Osservatore Triestino del 13:

Sulla missione del principe Garatschanin a Costantino poli, abbiamo i seguenti ragguagli ll principe fu già ne mico del defunto Miloseh, e protetto dalla Francia, aspi rava al trono ai tempi dell'ultima rivoluzione Avvicinato si poi al principe Michele, a è uno dei più caldi difensori. Montenegrino d'origine e serbo di sentimenti, vorrebbe libera la patria, non però coll'aiuto dei Russi, sibbene con quello dei Francesi, Andò a Costantinopoli per dichiarare al governo turco che i Serbi respingerebbero la forza con la forza, da qualsiasi parte fossero attaccati; che però il principe Michele ed il popolo serbo, sotto certe condizioni, non sarebbero alieni dal trattare in via pacifica: si conceda l'abolizione della vecchia legge fondamentale, ed i Serbi in base del loro diritto di libera amministrazione interna ne farebbero una nuova; si riconosca il dritto di successione per la famiglia Obrenovitsch e s'allontanino interamente i turchi dalla Serbia, cosa le tante volte promessa con degli imp hattischeri?. L'anno scorso furono fatti presso la Porta dei passi in egual senso ma senza effetto; il principe Milosch spera ora vedere compiuti i suoi desideri grazie agli imbarazzi in cui si trova il governo ottomano ed allo stato delle faccende politiche in Europa.

PARLAMENTO NAZIONALE

Camera di Deputati-Tornata del 16 aprile

Presidenza RATTAZZI

Letto il sunto delle petizioni, sorge Del Drago a do mandare che sia dichiarata d'urgenza la petizione 6659 per la soppressione del convento di Casa di Monopoli, fucina di spergiuri e di assassini.

L'urgenza è dichiarata.

Si convalida l'elezione del generale de Sonnaz al primo collegio di Perugia.

Si apre la discussione generale sul progetto di legge per l'intestazione degli atti del governo.

Presidente. La parola appartiene al deputato Ferrari.

Ferrari (movimento d'attenzione). Questo e l'anno delle proclamazioni, l'anno scorso era quello delle annessioni. Prima fu proclamato, il regno, poi la capitale del regno; Nulla di più importante di questo battesimo, di questa iscrizione laconica, la quale deve essere scritta sulle bandiere, sulle monete, deve penetrare nella vita intima del popolo.

Legge la formola dell'intestazione, poi soggiunge:

Ogni parola è importantissima: la prima che si affaccia è questa: per grazia di Dio. La formola è antichissima, è la formola del dritto dinastico. lo aveva vagheggiato un'altra Italia, nella quale il diritto di grazia cedesse il posto ora si tratta d'una terza proclamazione pel battesimo del regno a un altro diritto; io sperava che il voto universale potesse essere il voto della ragione, e che nelle nostre dichiarazioni fossero ammessi i principi dell'89.

Se fossero proclamati in questa intestazione i diritti della rivoluzione francese, io avrei una certezza di poter giungere nella capitale del regno, perchè vedrei nei disordini attuali di Roma gli ultimi aneliti di un principato che muore. Ma giacché queste parole vi sono io le lascierò come sono, e mi rinchiuderò nelle bolge del passato.

Esaminerò, così rinchiuso nel passato le altre parole dell'intestazione. lo leggo Vittorio Emmanuele re d'Italia. Il regno d'Italia non fu inventato da Napoleone I; egli non ha fatto che rinnovarlo. Se Vittorio Emmanuele si chiamasse Berengario o Desiderio potrebbe essere secondo o terzo; ma poiché si chiama Vittorio Emmanuele deve essere primo. (Dimostra questo con lunga e splendida digressione storica impossibile a riassumersi in poche parole.

Se Vittorio Emmanuele è secondo è secondo di chi? di Vittorio Emmanuele I? E Vittorio Emmanuele I che cosa fece?

Ci vien fatta obbiezione che l’uso della casa di Savoia fu di sempre conservare la sua numerazione. Ma noi prima di guardare ad un uso che per caso prevalesse a Chambery, dobbiamo guardare alle usanze generali d'Europa. Chambery non potrà certamente derogare a Londra, Parigi, Worms. L’uso generale fu sempre questo. che ogni qualvolta uff principe di luno Stato minore saliva al trono di uno Stato maggiore abbandonava la prima numerazione e ne cominciava un altra. Questa fu la tradizione di Germania, d’Inghilterra, di Francia, di tutte le nazioni. E senza (andare più oltre nel passato, tutti si ricordano che nel 1838 vi fu un'incoronazione a Milano, e che quando. si proclamò Francesco I, sorse in mezzo al silenzio della cerimonia una voce che disse: VII d’Ungheria.

E questa voce rintrona ancora adesso nei confini di quella nazione. Tale fu pur l’uso delle case italiane, non esclusa quella di Savoia. Vittorio Amedeo II quando prendeva la corona di Sicilia soppresse immediatamente la sua cifra. Gli editti si trovano estensibilissimi agli archivi, le monete sono al medagliere e registrate dal cav. Promis. Cita molti altri esempi di principi di Savoia che si conformarono a questa universale consuetudine delle case regnanti.

Conchiude ripetendo essere massima generale che tutti i re e imperatori passando da uno Stato minore ad uno Stato maggiore cambiarono numerazione; che negli stemmi non devonsi commettere sbagli, i quali ammettano un'erronea interpretazione; e se Vittorio Emmanuele si chiamerà II e non I, potrà parere ai paesani, agli elettori, che egli,abbia poca fiducia nella solidità dei regno, che poco conto faccia dell'Italia. Per queste sole ragioni dichiara d’aver presa la parola.

Natoli risponde al preopinante e cita altri esempi di re, imperatori duchi, i quali noni cambiarono nome.

Lasciando l'elemento storico e passando all’elemento razionale osserva che chiamando Vittorio Emmanuele primo anziché secondo ciò equivarrebbe al rinnegare il passato che preparò la via al presente.

Ondes Reggio sostenne la formola per grazia di Dio come formola di progresso, come espressione dell’uguaglianza degli uomini, proclamata dal cristianesimo contro il paganesimo, e domandò che V. E. non si chiami né primo, né secondo, ma semplicemente V. E. per grazia di Dio e volontà della nazione. La numerazione seconda lui è cosa di pochissima importanza e necessaria soltanto per evitare confusione di nomi.

Bertolami con diffuso ragionamento sostenne contro le obbiezioni di Ondes e Ferrari il progetto della commissione.

Miceli. Non farò una quistione né teologica, né storica, ma quistione politica, una quistione di principii. La monarchia sabauda comprese la rivoluzione attrasse nella sua orbita la monarchia.

Che cosa età scritto sulla bandiera di C. A. e di V. E.? il santo diritto della patria italiana: essi intimavano guerra allo straniero non da usurpatori, ma da liberatori.

Le formule che prima indicavano il diritto della monarchia, non possono essere, usate per indicare il diritto nuovo.

Da questa formola si tirerà sempre la conseguenza: a Deo rex, a rege lex. Pare quistione di parole, ma così non è; questa formula ottenebra la mente dei popoli di perniciose superstizioni.

In nome del diritto della nazione, esclama l'oratore, domando alla Camera che elimini della legge il titolo di secondo col nome del re, e la formola per grazia di Dio, e vi sostituisca: Vittorio Emmanuele re dell’Italia una e indivisibile, la quale sarà un programma dell’avvenire, un saluto ai nostri fratelli di Roma e Venezia, un eccitamento perenne al nostro dovere per compiere la liberazione della nostra patria. L’Europa apprenderà che noi siamo decisi a compiere la nostra unità, che sino a tanto che l’Italia sarà lasciala nello stato attuale essa non sarà mai un elemento di pace.

Oltre questo ragione ve n’ha un’altra. Le provincie meridionali votarono il plebiscito dell'Italia, una e indivisibile, e quei loro deputati che non rimarranno, fedeli al plebiscito tradiranno al loro mandalo.

Petruccelli non si preoccupa del numero di ordine; si preoccupa molto più della grazia di Dio? Di qual Iddio, domanda l’oratore, s’intende parlare? V’è il Dio dei galantuomini, e della onesta gente; per quest’Iddio non v’ha grazia; la grazia è un privilegio, una violazione della giustizia, e quest’Iddio non la può violare.

Sq poi si parla del Dio d'Antonelli e di Pio IX (rumori), del Dio dei Croati e dell'Austria (rumori) questo Dio è l’ingiustizia e la tirannide; e non è il Dio di Vittorio Emmanuele.

(continua)

(Dritto)

CORRISPONDENZA DELLE PROVINCIE

Cosenza 14 aprile 1861

Parmi che qui fossimo caduti negli obblissi – Qui si sta sempre in palpiti. Anche di giorno dobbiamo stare colle porte chiavate a catenaccio, per tema de'  tanti ladri che si sentono. Questa mattina vi è stato un allarme serio, e tutta la Guardia Nazionale è stata chiamata sotto le armi per accorrere in Castiglione, ove la notte scorsa hanno inalberata la bandiera bianca. Colà è accorsa la Guardia Nazionale di S. Pietro e Celico, e da Lui due compagnie di Linea e Guardia Nazionale. Dicesi vi fosse stato conflitto; ma non si sa il vero.

Qui si tentava una evasione nelle prigioni: ma essendosene avveduto l'Ufficiale di Guardia non successe nulla. Si procedette ad una perquisizione nelle carceri e niente si trovò di criminoso. Però ieri un carcerato fece sapere ad un Giudice: che se si volessero trovare armi e munizioni ed altro si fossero portati a Paradisiello (uno dei locali addetti a prigione). Infatti dentro la volta di quel luogo che cosa non si trovò? Munizione di qualunque sorta, armi di ogni natura, e gli anelli di piombo distintivo della congiura reazionaria. Che si aspetta perciò.

Che fossimo tutti massacrati.

Parmi che dicea bene la Vecchia di Nerone.....

Il rimbabito Governatore da più giorni è andato in S. Vincenzo, dicendo avere colà una figlia gravemente ammalata: e se Plutino non verrà presto, saremo ben tosto ed immancabilmente in preda ad una perfetta anarchia. Sapete quando vale l'altra testé Europea rimasta a far le veci del Governatore. De' capi di Ufficio non vi parlo affatto. Se da essi va qualcuno che facendosi dritto della giustizia chiede il pronto disbrigo d'un affare, essi domandano: Avete portato dieci piastre? in contrario non avrete nulla.

Vedete in quale stato lagrimevole siam giunti.

Ed il governo dorme di un sonno riprovevolissimo e lascia l'amministrazione delle provincie in mano a quegli stessi che furono i nostri crocifissori per ben 12 anni. E questi uomini che il governo protegge sono oramai talmente inorgogliti che disprezza no non solo ma calpestano i liberali, i quali finora han tutto sopportato per un amore al loro principio. Ma continuando ad esser alla cosa pubblica essi che assetati di sangue cittadino suscitano la reazione il furto e l'assassinio, che faranno i veri propugnatori della causa d'Italia i liberali? Al governo la soluzione di questo problema. Un popolo che ha saputo sbalzare dal trono un tiranno saprà del pari disfarsi dai suoi satelliti.

P. S. Apprendo al momento che siasi presa la pre cauzione di assicurare alla Giustizia i signori Pasqua le Bombino, Cardone, Tommaso, Scinti Roger, Tommaso Corigliano, Antonio Grimaldi, Pugliano ed alcuni studenti. Si è cercato di Raffaele Falco ma non si è fatto trovare in casa.

Questo ci dice la corrispondenza in quella data:

Nel prossimo Numero daremo altri ragguagli.

Ornatissimo Direttore

Nel N. 44 del Giornale il Parlamento da lui diretto nelle osservazioni di un articolo sulle cose del Ministero della Guerra stava scritto che un uffiziale garibaldino, ivi impiegato, era stato destituito – Ora per quanto io sappia, sig. Direttore, in questa Direzione Generale di Guerra, non vi sono altri garibaldini che io solo; ed io non sono menomamente destituito, né è ragione alcuna a dolermene, per conseguenza le ànno riferito sull'assunto un'assurdità.

Sicuro ch'ella sarà contentissima nel rettificare sollecitamente questo errore, io glielo partecipo per l'analoga inserzione nel prossimo numero.

Napoli 18 aprile 1861.

Pietro Poggio Gregorio.

Infatti siamo contentissimi di rettificare questo sbaglio; volesse il cielo che fossimo incorsi sempre nello sbaglio a proposito del Ministro Fanti!

FRANCESCO MAZZA DOLCINI

DISPACCI PARTICOLARI DELLA PERSEVERANZA

Parigi. 16 aprile (sera)

La voce corsa che Mazzini avesse lasciato Londra è inesatta.

Credesi che l’imperatore d'Austria viaggerà presto le provincie, desiderando di conoscere i voti delle popolazioni. Avrebbe luogo il coronamento io Boemia ed in Ungheria.

Una lettera da Pietroburgo crede che gli avvenimenti di Varsavia non distruggeranno le concessioni già fatte.

All’Avana c’è grande agitazione a causa dell’annessione della Repubblica di San Domingo (parte spagnuola ed indipendente dell’isola di Haiti) alla Spagna. Corre voce che Haiti subirà là stessa sorte di San Domingo col consenso della Francia.

Il re di Prussia inviò una lettera autografa allo Czar.

Dispacci Elettrici AGENZIA STEFANI

Napoli 19 (sera tardi)—Torino 19.

Parigi 19. Londra 48 — Russell rispondendo a Griffith dice, che ignora se l’Austria abbia comprato dei congedi di Garibaldini. L’ambasciatore d’Austria ha dichiarato di non saper nulla di questo affare.

Costantinopoli 43 — La Francia domanda l’esecuzione degli atti di Hati-mavoum.

Napoli 20—Torino 19 (sera).

Alla Camera dei Deputati continuarono le discussioni sulle interpellanze Ricasoli Casaretto Cadolini sostennero la ricognizione assoluta degli ufficiali e dei gradi conferiti fin dal principio nell'Esercito Meridionale.. Liborio Romano difende l'Esercito Napolitano. Bixio combatte il discorso de! Ministro della Guerra, e insiste vivamente per un pronto e forte armamento anche della Guardia Nazionale. L’Esercito debb’essere, e presto, di 300,000 uomini p-r resistere a tutti i nemici. Garibaldi propose un altro voto motivato per la ricognizione di ufficiali meridionali ammessi dalla Giunta dr scrutinio, secondo Decreti Dittatoriali, lasciando al Ministero dì organizzare e chiamare a tempo opportuno i volontarii e incaricandolo di mettere in attività i quadri dell’Esercito Meridionale. Cugia Generale rispondendo agli oppositori sostiene il Decreto 11 aprile quale utile e il Decreto pei volontarii; e dichiara di non poter votare l’ordine del giorno di Garibaldi.

Napoli 20 — Torino 19 (sera).

Parigi 49 Bucharest — L’Assemblea elettiva di Valacchia è convocata pel 22 aprile. L’Assemblea di Moldavia ha votato con 34 voti contro 46 l'unione delle Assemblee di Moldavia e Valacchia per deliberare in comune intorno ai rapporti fra i contadini e i proprietari, la cui soluzione definitiva e urgente. Il ministero ha votato per unione.

Vienna 49 — Protesta di 80 Deputati Nazionali della Dieta di Boemia contro l’invio di Deputati al Consiglio dell’Impero. t Napoli 20— Torino 49 (sera tardi).

Parigi Pesth venerdì—Seduta dei Deputati. Il Presidente deplora l'assenza dei Deputati della Transilvania e della Croazia. Il Vice-presidente constata le difficoltà della situazione. La sedute continua.

Patrie. — l'legni Turchi in crociera nell’Adriatico hanno catturato e condotto ad Antivari un Brich con bandiera Ionia,segnalato come portatore di armi e munizioni da guerra.

Napoli 20— Torino 19 (sera lardi).

Oggi il Generale Garibaldi ritirò l’ordine dei giorno che aveva presentato e ne propose un altro più conciliante. Lo sostennero i Deputati Casaretto Cavallini e Mellana. La discussione fu assai tranquilla. Domani Parleranno di nuovo Ricasoli ed il Ministro Conte Cavour.

Napoli 20 (notte)— Torino 19.

Parigi, Costantinopoli — La Porta accorda l’unione de’ Principati sotto Principi a vita. Domanda alla conferenza di Parigi di prenderne alto, ed assicura che nessuna opposizione fu fatta dai rappresentanti, neppure da Prokesch.

Madrid, Corrispondencia — Il Governo accetterà l’annessione di S. Domingo, allorquando il voto sia verificato. Nessuna Potenza ha protestato contro l'incorporazione di S. Domingo alla Spagna.

Napoli 20— Torino 19 (notte).

Opinione 20 — Notizie di Lisbona recano che il Governo del Re Don Pedro ha dichiarato di riconoscere il Regno d’Italia.



Fondi Piemontesi 74,25 a 74,50
Tre per cento francese 68,20
Cinque per cento id. 95,0
Consolidati inglesi 92 ½
Metalliche Austriache 63,30

ANNUNZI

IL SANNITA GIORNALE DELLA PROVINCIA DI MOLISE

(ITALIA MERIDIONALE)

DIRETTO DALL'AVVOCATO

PASQUALE ALBINO

CONDIZIONI DELL'ASSOCIAZIONE

Il Sannita si pubblica in Campobasso in ogni 15 giorni, cioè nel giorno l'’ e 15 di ciascun mese in foglio grande di sesto reale, a 4 pagine con 12 colonne.

L'associazione è obbligatoria per un anno solo ossia per 24 numeri del giornale, cominciando dal numero 1, che si è pubblicato fin dal 20 ottobre 1860.

Il prezzo di associazione è di carlini 15 napolitani, pari a lire italiane 6, e 37 centesimi, da pagarsi anticipatamente nelle mani del Direttore del giornale sig. Pasquale Albino.

I pagamenti non sono validi senza una ricevuta stampata a tallone, e firmata dal detto signor Albino.

I fogli del Sannita si spediscono agli associati col bollo franco come per legge.

Il Sannita si ricambia con qualunque altro giornale d'Italia.

Agli associati all’opera del CANTÙ

STORIA DEGLI ITALIANI.

Quest’opera di cui nello scorso anno videro la luce le prime quaranta puntale, venne da noi sospesa dal perché la Censura, d’ingrata memoria, pretendeva accomodare e tagliar varie cose; sicché preferimmo sospendere la pubblicazione, attendendo tempi migliori.

Possiamo ora annunziare che i fase. 41 e 42 già pronti sono a disposizione degli associali quanto prima sarà totalmente completata l opera.

Si riapre l'associazione consegnando in una volta i 40 fas. già pubblicati,ed obbligandosi lo associalo a pagare doppi i fas. dal 41 all'80 ed ultimo. —il prezzo rimane lo stesso di gr. 20 a fascicolo.

Per maggiori schiarimenti dirigersi alla Libreria del sig. Giov. de Ferra Strada Costantinopoli N. 102 e nell’uffizio di questo Giornale,ove si fa la distribuzione.

Gli Editori

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PASQUALE CASTAGNA

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Si vende presso i principali librai

AVVISO INTERESSANTE

Val primo maggio in poi si pubblicheranno i nomi di tutti gli associati che non hanno pagato.

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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ANNO I. SUPPLEMENTO 1 N. 48

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO


NAPOLI 22 APRILE 1861

Parlamento Nazionale Camera di Deputati

Tornata del 18 aprile Presidenza RATTAZZI

Gli accessi della Camera dei deputati sono ingombri da gran folla di popolo che vi attende il generale Garibaldi.

Le tribune private e le pubbliche gallerie riboccano di spettatori, fra cui fanno bella mostra di sé molte camicie rosse.

Nella tribuna dei diplomatici sono presenti sir Hudson, ambasciatore d'Inghilterra, quello della Turchia, due segretarii della legazione francese, uno della Spagna, un altro della Svezia.

Al tocco e ½ si apre la tornata colle formalità consuete, poscia si procede all'appello nominate per lo squittinio segreto sul progetto di legge per una convenzione addizionale al trattato di commercio e di navigazione colle Città Anseatiche, adottato in fine della tornata di ieri.

L'articolo unico del progetto è così concepito: «Il governo del re è autorizzato a dare piena ed intera esecuzione alla convenzione addizionale al trattato di commercio e di navigazione tra la Sardegna e le Città Anseatiche in data 29 aprile 1851, conchiusa a Berlino il 20 settembre 1860, le cui ratifiche furono ivi scambiate il 12 successivo novembre.

Ecco il risultato dello squittinio proclamato dal presidente:



Votanti 288
Favorevoli 286
Contrarii 2

La Camera adotta.

Alle 140 entra nell'aula per la parte di sinistra il generale Garibaldi, che indossa il suo noto costume, ed è è sorretto dai deputati Macchi Zuppetta.

Applausi universali e prolungati per più di cinque minuti, grida generali, entusiastiche, frenetiche di Viva Garibaldi salutano l'ingresso dell'Eroe che va a sedersi sul banco superiore dell'estrema sinistra.

Il presidente legge la formula del giuramento e lo invita a giurare.

Garibaldi giura; dopo lui giura Zuppetta.

Si riferiscono due elezioni, fra cui quella di Cosenz, che sono entrambe convalidate.

Un segretario dà lettura del progetto d'armamento nazionale presentato dal generale Garibaldi, che i nostri lettori già conoscono, per averlo noi pubblicato nel foglio di lunedì.

Terminata la lettura il presidente invita Garibaldi a dichiarare quando intende di svolgere il suo progetto.

Garibaldi. Subito! Non è la prima volta.

Presidente. Ma ora ci sono le interpellanze Ricasoli.

Garibaldi. Ebbene, subito dopo le interpellanze.

Un segretario dà lettura di altro progetto di iniziativa parlamentare sulla statistica.

De Luca proponente interrogato da Rattazzi quando intenda svolgerlo dichiara che lo svolgerà sabbato.

Si legge un 3° progetto di iniziativa parlamentare; poscia un 4º; se né fissano i giorni per lo svolgimento, poscia il presidente dà la parola al deputato Ricasoli per la sua interpellanza sulla quistione dell'esercito meridionale.

Ricasoli premesso un lungo preambolo sulla necessità della concordia e sull'alta missione del Parlamento soggiunge: La Camera non aspetta certamente che io tessa la storia di quanto si oprò nell'Italia meridionale dai volontari guidati dal generale illustre che oggi con grande compia cimento nostro siede fra noi (Applausi). Essi tramanderanno ai posteri pagine gloriose e una storia non peritura.

Ma dirò liberamente come dopo fatti così gloriosi, ispirati da tanta carità di patria e di tanta virtù, abbia oggi preso origine un dissenso, un dualismo, un antagonismo che tiene divisi gli animi della nazione, e può essere fonte di grandi sventure alla patria.

Quali le cause dell'irritazione che il tempo lungi dal calmare invece aggravò? Si accusa il ministero di non avere gratificato l'esercito meridionale e forse avrà avuto le sue ragioni.

Si va tant'oltre che si accusa il ministro della guerra di decisa ostilità all'esercito meridionale.

In presenza di questi fatti il Parlamento non può tacere.

Esso deve avocare a sé la contesa.

Io non dubito che in questa tornata si eliminerà ogni equivoco, epperciò sparirà ogni dissenso; quindi io mi rivolgo al patriottismo del ministero e lo invito a volermi informare partitamente di quanto operò a proposito dell'esercito meridionale e di voler dire degli atti suoi le ragioni; lo prego parimenti di voler dichiarare le sue intenzioni quanto alle gloriose reliquie di quell'esercito; in fine dirigerò al ministero la domanda su quanto si è fatto rispetto all'armamento generale della nazione; quanto si pensi di fare onde mettere la nazione in grado di bastare alla propria difesa (Bravo).

Fanti prende la parola, ma parla così sotto voce, che niuno lo intende.

Da sinistra; Forte, forte.

Fanti. rapidamente imprende a leggere un discorso nel quale dice che coll'assedio di Capua cessava il compito dei volontari. Fa, per quanto ci venne dato di com prendere, la storia delle trattative con Garibaldi in Napoli per riconoscimento dell'esercito meridionale, e dice che il progetto da lui presentato non fu creduto accettabile dal ministero per le seguenti ragioni.

Rispetto alla bassa forza; i Il volontario è avverso ad ogni disciplina; i suoi operati sono mossi dalla passione; ma la ragione più potente quella si è, non essere in facoltà di alcun governo di co stringere chicchessia non chiamato dalla legge a prestare servizio militare.

Rispetto agli ufficiali era inammessibile il progetto, perché il riconoscerli sarebbe stato come lo sciogliere l'esercito nazionale.

Le promozioni furono troppo rapide. Cita l'esempio di Cialdini, Cucchiari, Durando e del generale Prim, i quali pervennero lentamente al grado che ora occupano. Cita altri esempi di generali della rivoluzione francese; come Hoche, Bernadotte, Moreau.

A che servirebbero le leggi sull'avanzamento, le accademie, i regolamenti? Passa quindi in rivista tutti i singoli i provvedimenti dal governo adottati relativamente all'esercito meridionale dei quali dà lettura.

Terminata questa prima parte del discorso, imprende a leggere la seconda relativa all'esercito borbonico.

La terza parte del discorso del ministro della guerra riguardò specialmente l'esercito stanziale.

Quando egli venne al ministero trovò difetto di cavalli. di materiale; d'ogni genere, non vi erano ancora i tribunali militari gli istituti militari erano insufficienti, gli ospedali non erano più adeguati ai nuovi bisogni: a tutto questo egli doveva mettere riparo, e lo mise.

Divisi l'esercito in 5 corpi d'armata della cui mobilità diedero prova splendidissima nelle ultime campagne.

L'esercito consta oggi di 17 divisioni, un po' più magre d'uomini, ma ricche di materiale.

Colle leve delle Marche e dell'Umbria, e quella di Sicilia, ed i 18 mila uomini dell'ex-regno l'esercito sarà completato.

Inoltre voi vedeste sorgere 4 piazze forti; magazzini sono pieni. ec.

Eccovi la situazione, ora giudicate.

Crispi prende la parola per l'ordine della discussione e propone che la Camera differisca ad altra tornata la discussione, perché il discorso del ministro della guerra sia stampato e distribuito stante la sua importanza.

Il Presidente domanda se sia appoggiata la proposta del deputato Crispi.

La preposta è appoggiata.

Il Presidente domanda a Ricasoli se assenta all'aggiornamento.

Ricasoli. Non vedo ragione di assentire, perché nelle mie vedute il discorso scritto equivale al parlato (ilarità).

Bixio. Appoggia la proposizione, Crispi perché il discorso del ministro Fanti contiene cifre; e documenti che si devono avere sott'occhi per poterli consultare comodamente, proponendoci noi di fare una discussione pacata e spoglia di personalità.

Fanti nega che il suo discorso contenga cifre; esso non contiene che semplici fatti e una serie di documenti.

Garibaldi (movimento d'attenzione). Io risponderò anzi tutto ad alcune allusioni del discorso del deputato Ricasoli, e lo ringrazierò di aver sollevata la quistione dell'esercito meridionale. Dirò anch'io con lui che l'Italia è fatta. Sì l'Italia è fatta; io né ho la coscienza. Ad onta degli ostacoli che gli intrighi ci hanno frapposti, sì l'Italia è fatta. Io ho fiducia nel valoroso nostro esercito, e nella nazione la quale mostrò di saper tanto operare anche senza forze regolari. Circa al dualismo accennato dal deputato Ricasoli, dirò francamente che come capitano di una delle due parti del preteso dualismo sono implicato anch'io. E giacché disgraziatamente sono stato portato ad una quistione personale, dirò ancora che io sono completamente convinto nel più profondo dell'anima mia di non aver dato mai causa a questo dualismo.

Mi sono state fatte delle proposte di riconciliazione è vero; ma le proposte furono sempre di parole – l'Italia sa che io sono uomo di fatti – e i fatti furono diametralmente sempre opposti alle parole. Ma quando quel dualismo ha potuto nuocere al bene dell'Italia, io ho sempre piegato, come piegherò sempre (applausi generali). Però, lascio alla coscienza dei rappresentanti dell'Italia il dire se io possa porgere la mano a chi mi ha fatto straniero in Italia... (Rumori a destra; applausi dalle tribune. Il presidente avverte le tribune che il regolamento vieta ogni segno d'approvazione o disapprovazione, e che le farà sgombrare se questi si ripetono).

Garibaldi prosiegue: Però non sono d'accordo coll'onorevole Ricasoli che l'Italia sia dimezzata. No, l'Italia non è dimezzata, perché Garibaldi e i suoi amici saranno sempre con coloro che propugnano la causa d'Italia e né propugnano i principii (applausi).

Risponderò ora alcune parole al signor ministro della guerra. Egli disse, che per patriottismo andò nell'Italia centrale a sedare l'anarchia.

Fanti nega d'aver detto questo.

Molte voci: Sì, si.

Altre voci: No, no.

Garibaldi. Questo è un fatto: io non fo che risponde re alle sue parole. (Il presidente gli osserva che forse non ha ben compreso. Fanti seguita a far segni di diniego col capo, e scartabella il quaderno scritto che tiene in meno per cercarvi le parole che non ricorda di avere pronunziate). Me né appello a quelli che governano l'Italia centrale se v'era anarchia, quando le mie truppe erano nell'Italia centrale.

Presidente. Non sono state dette precisamente queste parole.

Garibaldi domanda perdono alla camera di averla dovuta con suo dolore occupare della sua personalità, ma doveva farlo per difendere il suo decoro, la sua dignità di comandante le forze dell'Italia centrale che si trovava no allora a Modena; poscia passando a ragionare dell'esercito meridionale, principale oggetto che lo portò oggi alla camera, così continua.

Parlando dell'esercito meridionale io dovrei anzitutto narrare dei fatti ben gloriosi. I prodigi da esso operati furono offuscati solamente quando la fredda e nemica ma no di questo ministero (rumori) quando la fredda e nemica mano di questo ministero fece sentire i suoi male?ici effetti... (rumori più forti) quando per amore della concordia, e l'orrore d'una guerra fratricida provocata da questo stesso ministero... (Violenta interruzione dal banco dei ministri, esclamazioni da banchi della maggioranza. Cavour si alza e rivolto al presidente lo apostrofa con piglio di coniando: il presidente gli impone di tacere e invoca la sua autorità assoluta nel dirigere le discussioni).

Garibaldi (calmato un istante il rumore, ripiglia colla massima calma l'interrotto filo del suo discorso e ripete): Quando per l'orrore di una guerra fratricida provocata dal ministero... (nuove e più violenti interruzioni da destra e dal banco dei ministri. Molti deputati gridano: all'ordine all'ordine).

Cavour (ritto in piedi e agitando convulsamente le braccia). Non è permesso di insultarci in questo mo do... Noi protestiamo...

Crispi domanda la parola per l'ordine della discussione.

Garibaldi (con fermezza ed energia). Credeva di aver ottenuto, in trent'anni di servigi resi al mio paese, il diritto di dire la verità davanti ai rappresentanti del popolo.

Il Presidente. Prego Garibaldi di esprimersi in modo da non offendere la persona dai ministri.

Cavour. Ha detto guerra fratricida.

Garibaldi ripete per un'altra volta il suo concetto.

I deputati della maggioranza e i ministri si alzano strepitando e gridando dal loro stallo, il presidente agita convulsamente il campanello, e vedendo di non poter riuscire a vincere né colla voce, né altrimenti i rumori, si copre il capo e la seduta rimane sospesa er più di una mezz'ora tra una generale agitazione più che febbrile, durante la quale i deputati delle varie parti della Camera e i ministri si apostrofano e si dicono parole tutt'altro che cortesi.

Cavour si mostra infuriato specialmente contro Crispi; esce e rientra nell'aula agitato e convulso, pallido e fremente; il presidente discende dal seggio.

Garibaldi resta al suo posto, calmo e sereno in volto «A guisa di non quando si posa.» Calmata alquanto l’effervescenza, sedato il tumulto il presidente ritorna al suo posto e riapre la seduta pronunciando queste parole: Sono costretto dal mio dovere a disapprovare le parole pronunciate dal generale Garibaldi e invitarlo ad astenersi da ogni espressione non parlamentare.

Garibaldi. Dunque non parlerò dell'azione ministeriale nell'Italia meridionale.

La Camera, spero, non mi lascerà solo ad affermare che l'esercito meridionale ha fatto il suo dovere (bravo, bene!); la storia imparziale dirà il resto.

Ma, domando, che cosa né ha fatto il ministro della guerra dell'esercito meridionale? Perché non l'ha e gli fuso nell'esercito nazionale come quello dell'Italia centrale? E se lo credeva men degno dell'esercito del centro, perché non né fece un corpo a parte? Se poi l'armata meridionale non si voleva viva sotto nessuna forma, doveva scioglierla, ma non umiliarla.

Parlando dell'esercito meridionale non posso a me no di fare un cenno della situazione dell'Italia meridionale, la quale non è un segreto; ci sarebbe però un rimedio, che il ministero ricusa di applicare.

L'unico motivo che mi ha mosso a intervenire al la Camera si è l'armamento nazionale. Io non conosco altro rimedio per uscire dalla nostra difficile posizione che armare ed armare (segni d'approvazione).

Con tale intendimento ho presentato un progetto di legge di armamento nazionale, e sarò fortunato se la Camera vorrà correggerlo, modificarlo; ma ciò che imploro è che i rappresentanti della nazione se né occupino, perché è questa l'unica via di salvamento pel nostro paese.

Conchiudo che come considero l'armamento necessario per la salute d'Italia, stimo del pari necessaria la riorganizzazione dell'esercito meridionale come principio di questo indispensabile armamento, come atto di giustizia e di sicurezza (approvazione generale).

FANTI risponde che i sei mesi di paga furono pagati all'esercito meridionale perché i soldati potessero tornare alle loro case e riprendere le antiche abitudini. Quanto a quello che Garibaldi disse, che i no stri soldati se si offrissero loro sei mesi di paga se né andrebbero tutti, osserva che non solo i nostri, ma i soldati di qualunque paese se n'andrebbero alle loro case, se si dicesse loro: andatevene.

Garibaldi. Sono in questo completamente dell'avviso dell'onorevole ministro.

Fanti prosegue, si difende dall'accusa d'aver voluto infliggere delle umiliazioni agli ufficiali.

Garibaldi. Non parlerò della passione e della simpatia del ministro della guerra per i volontari; dirò solo che se si volevan conservare, non si dovevano eccitare i volontari col danaro ad andarsene: c'era il mezzo di dar loro un semplice congedo di tre mesi.

Bixio. Sorgo a parlare nel nome dell'Italia e della concordia; io, la cui vita fu sempre e innanzi tutto consacrata al mio paese. Io credo alla santità dei fini che spinsero il generale Garibaldi nell'Italia meridionale, e d'altronde sono fra quelli che credono al patriottismo del conte di Cavour. Vengo ora da Parigi e ivi ho visti amici del nostro paese, che venivano dalla Polonia, dalla Germania, dall'Ungheria, e li ho visti contristati, che spesso sorgano dissensi fra questi due uomini che in certo modo sono alla direzione del nostro movimento nazionale.

Ma intorno a Garibaldi e a Cavour sono molte persone che purtroppo non desiderano che fra quei due sia accordo. Eppure entrambi possono rendere gran di servigi al paese, come lo possono ambo le armate, regolare e dei volontari. Per me ritengo che occorre valersi di tutte le forze vive della nazione, valersi delle forze del volontari diretti dal generale Garibaldi, sviluppare potentemente l'armamento nazionale, e frattanto tener fermo e saldo l'esercito regolare nucleo di esso.

È grande ventura per l'Italia che in questa sua lotti per ridiventare nazione si trovi avere un esercito ordinato e compreso di sentimenti patriottici; senza ciò le difficoltà sarebbero state ben più gravi; ed io credo, per esempio, che in Francia sia corso nello scorso secolo tanto sangue, perché l'armata non ispirava nel tempo della rivoluzione alcuna fiducia al paese. Per ciò adunque che riguarda l'armata, facciamola forte grande, compatta, ammettiamo gli elementi di tutte le parti d'Italia, e specialmente si tenga conto di tutti quelli che fecero cose utili e gloriose per la patria senza distinzione delle opinioni politiche cui appartengono.

Io marinaro non farò, non so fare un discorso parlamentare; ma sento il bisogno di dir quel che sento. Il general Garibaldi, a cui ordini obbedisco ciecamente e senza badare ai sacrifici sul campo di battagli, mi scuserà se qui dico aperto l'animo mio. – Cosi il conte di Cavour, a cui io non ho mai fatto la corte; il quale però professo stima; sebbene anch'egli commise errori, ed anzi errori gravi nell'Italia meridionale.

Or bene io affermo che le parole del general Garibaldi non hanno, non possono avere in sostanza quel senso che alla prima, che alla lettera parrebbe avessero; e credo e chiedo che quelle parole ossia quella parte della tornata d'oggi si debba riguardare come non avvenuta (bene).

Io ho famiglia; ebbene io darei la famiglia e né stesso il giorno in cui potessi vedere la concordia fra quei due uomini. – Nel nome santo di Dio siamo uniti e concordi! Siamo ancora in lotta per far libera la nazione, non abbiamo ancora i nostri naturali confini; dunque sia fra noi, fra tutti la concordia, per la salute d'Italia (applausi prolungati).

CAVOUR. Chi prima in Italia ha organizzato i volontarii? Io, io che pregai il generale Garibaldi i lasciare l'esiglio di Caprera nel 1859, e venirsi mettere capo del volontari che io, contro l'influenze avverse e pregiudizi chiamai pel primo.

Io era talmente convinto del vantaggio morale che li Italia poteva trarre dal concorso dei volontari, che in tutte le difficoltà che si opponevano.

Se i volontari non vinsero nel 1859 le battaglie di Magenta e Solferino furono però d'immenso giovamento a causa italiana perché provarono che gl'italiani tutti sanno combattere. E si vorrebbe ora che io fossi avverso ai volontari? Accetto pienamente l'appello fattomi dal generale Bixio; ritengo una parte di questa seduta e né non avvenuta (applausi). Passa a spiegare il modo con cui il governo intende armare il paese. E convinto che la guardia Nazionale mobile può avere una gran parte anche nel guerra attiva; che se scoppiasse domani la guerra ministro della guerra manderebbe parecchi battaglio a combattere allato dell'esercito regolare.

Dichiara essere disposto tutto il ministero ad appoggiare la presa in considerazione del progetto del generale Garibaldi.

Passa a ragionare dell'esercito meridionale; di che esso ha una natura sua speciale; il volere di soggettare i soldati alla ferma sarebbe uno snaturarlo. Questi corpi non possono essere utili se non i tempo di guerra. Bisogna avere in pronto dei quadri perché tutta la difficoltà sta qui, e nel decreto pell’11 aprile si è appunto stabilito che i quadri sia no immediatamente formati.

In quanto al materiale abbiamo tutto ciò che occorre; e ove la guerra scoppiasse, in 15 o 20 giorni l'armata sarebbe in pronto.

(continua pel 2. Suppl.)

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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STAB. TIP. DELLE BELLE ARTI.

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ANNO I. 2 SUPPLEMENTO N. 48

IL PARLAMENTO GIORNALE POLITICO DELLA SERA
Si pubblica tutti i giorni (esclusi i festivi) alle 5 p. m.
COSTA UN GRANO

NAPOLI 22 APRILE 1861

Parlamento Nazionale Camera dei Deputati

Tornata del 18 aprile Presidenza RATTAZZI

Il progetto del generate Garibaldi avrebbe voluto che si procedesse immediatamente all'arruolamento per riempire i quadri; noi non lo crediamo opportuno né dal lato militare, né dal lato politico. Non per ragione politica perché equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra; non per ragione militare, perché non essendo incominciata la guerra, i giovani più colti non si presenterebbero.

Conchiude che il ministro non ha né gelosia, né ostilità pel corpo dei volontari, anzi stima e simpatia. Desidero che le sue parole sieno accolte da Garibaldi e suoi amici collo stesso sentimento di conciliazione e schiettezza come egli le pronuncia (applausi).

Garibaldi si alza per parlare.

Presidente. La parola è al deputato Crispi.

Garibaldi. Può continuar Crispi.

Crispi rinuncia alla parola a favore di Garibaldi.

Garibaldi rettifica i fatti asseriti da Cavour e afferma che nel 1859 a lui erano lasciati soltanto i volontari inferiori ai 18 anni e superiori ai 26, i gobbi, gli storpi; quei validi erano presi dal ministro della guerra.

Cavour soggiunge altre spiegazioni; fa una patetica dichiarazione del dolore da lui provato per la vendita di Nizza, il qual atto, egli dice, ha frapposto tra me e il generale Garibaldi un precipizio. E se non mi perdona non gliene so far colpa. Spiega altri fatti parziali.

Garibaldi. Mi considero soddisfatto della spiegazione datami; però mi permetterà la Camera di esprimere un desiderio che potrebbe far scomparire qualunque dei dissidi politici che oggi si attribuiscono a me e al conte di Cavour.

ll mio desiderio sarebbe questo: che l'onorevole conte valendosi della potente sua influenza promovesse il progetto d'armamento da me proposto, e facesse ritornare i volontari su quel terreno dove la loro presenza è tanto necessaria per placare le reazioni.

Crispi. Quand'io chiedeva l’aggiornamento della discussione, soggiungeva che esso doveva farsi con calma e sangue freddo. Ora dirò che io sarei fortunato, se da que sta discussione me. nascere e potesse consolidarsi quella concordia, la quale è supremamente necessaria al trionfo della causa nazionale.

E perché no? Noi né abbiamo avuti degli esempi anche in condizioni più difficili che l'attuale. i, Signori, io cospirai per sedici anni, affinché la mia patria avesse ottenuto un regime di libertà; e mi ricordo che sino dal 1845 in certe riunioni, alle quali prendeva anche parte il nostro collega l'onor. bar. Poerio, ci riunivamo uomini di diversa fede politica. In quelle riunioni vi erano monarchici, repubblicani, federalisti e unitari, ma tutti nemici dei governi che esistevano in Italia, tutti patrioti che lavoravano uniti e compatti per distruggere, per rovesciare questi governi.

Nel 1859 due volte percorsi, travestito e con finto nome, la Sicilia, e nei comitati trovai le stesse differenze negl'individui che li componevano. Ebbene, signori, noi sia mo giunti a metterci d'accordo sur un programma comune, e gli effetti di questa concordia li vedete nella rivoluzione che s'è fatta nell'Italia meridionale, e nella quale, mi permetta di dirlo il signor presidente del Consiglio, non demmo lo scandalo di avervi eccitato alcuna questione di principii. Ora, se questo successe nella cospirazione, io dico a me stesso: fummo e potemmo essere concordi per distruggere, non potremo esserlo per edificare?

Dopo le solenni manifestazioni della volontà nazionale, i dissentimenti, le discordie dovrebbe completamente cessare. In quest'aula per lo meno non vi può essere quistione di principii politici, giacché abbiam tutti, prestato lo stesso giuramento; ci potrebbe essere forse qualche differenza di metodo per raggiungere lo scopo che tutti ci siamo prefisso, ma lo scopo è identico; vogliamo tutti l'Italia una con Vittorio Emmanuele re costituzionale; vogliamo tutti, a suo tempo, io non vi dico oggi, cacciare lo straniero dove ancora impera. Ora se siamo d'accordo nello scopo, perché non si troverà anche un mezzo d'es sere d'accordo nel metodo? Ho voluto io stesso accennare a queste idee appunto perché venga da questi banchi un'eco alle generose parole del generale Bixio che con commozione ho sentito accettate dal presidente del Consiglio.

Verrebbe ora la quistione dell'esercito meridionale.

lo non tesserò la storia di questo esercito; d'altronde, son qui i vari attori di quel nobile dramma dell'Italia meridionale, i quali potrebbero parlarne meglio di me. Io non fui che un semplice soldato e non rappresentai la parte splendidissima che vi hanno rappresentato i nostri generali. Ma, senza tessere questa storia, limitiamoci unicamente a trovare un mezzo affinché a questi uomini che hanno reso si segnalati servizi al paese, sia fatta quella i giustizia che essi meritano. Io credo che non potremmo inaugurare meglio la concordia che ci vien chiesta, che rendendo a quel nobile esercito la giustizia che gli è dovuta.

Poste queste idee, io non mi dilungo; io non voglio a? fatto, per non amareggiare la Camera, per non mettere dei malintesi, che sarebbero in questo momento disaggradevoli, io non voglio fare nessuna censura a quello che fu detto dal ministro della guerra; io non vengo ad analizzare i fatti da lui accennati; non vengo a correggere la storia che egli ci ha dato dei volontari degli altri paesi; non vengo neppure a parlare degli inconvenienti che poterono anche succedere nell'Emilia quando si fece l'esercito che oggi gloriosamente e debitamente fa parte dell'esercito nazionale. No, non farò nulla di ciò, per non venire a paragoni che rifuggo di fare.

E qui concludo che, se da questa discussione potesse nascere quella concordia che desidero con tutto il mio cuore, io sarei pronto a benedire anche all'infausto incidente con cui cominciò questa seduta. Si, lo benedirei, qualora arrecasse questi utili risultati (bravo benissimo!).

Il Presidente annunzia che furono presentati quattro ordini del giorno, uno di Ricasoli, l'altro di Garibaldi, il terzo di Pace, il quarto di Ricci.

Ricasoli svolge brevemente il suo.

Garibaldi dichiara che mantiene il suo.

Bixio appoggia l'ordine del giorno Garibaldi e propone l'aggiornamento a domani della discussione.

Macchi domanda sia data nuovamente lettura dell'ordine del giorno del deputato Pacche forse accetteranno tutti d'accordo.

Il Presidente lo legge.

Pica appoggia l'aggiornamento della discussione sulla considerazione che non debbasi negare al generale Bixio, il quale commosso l'assemblea colle generose sue parole di concordia, la soddisfazione d'un suo desiderio così giusto.

La Camera consultata dichiara l'aggiornamento e la tornata è sciolta alle ore 5 ½.

Comunque io abbia avuto dei sentimenti.

Camera dei Deputati – Tornata del 16 aprile

Presid. RATTAZZI.

Cont. e fine, v. num. prec.

Qual è la provvidenza di cui si parla? La provvidenza di Vittorio Emmanuele fu Vittorio Emmanuele stesso a Palestro e S. Martino: fu l'esercito francese (ru mori); fu l'armata italiana che tornò cinque volte all'assalto nella giornata di S. Martino; fu il conte di Cavour che per dieci anni lo sostenne col suo consiglio (ilarità); fu Garibaldi (rumori) (una voce basta!) fu Giuseppe Mazzini col suo apostolato di trent'anni a favore dell'unità italiana (rumori). Non trasciniamo Iddio a discendere nella politica. La politica è affare umano.

Boggio non si spaventa della grazia di Dio, e accetta la formola perché esprime quel che noi stiamo facendo.

Sostiene il titolo di Vittorio Emmanuele II, perché l'unità italiana, al suo dire, non è cosa nuova, ma lavoro di molti secoli e frutto esclusivamente del principio monarchico; di fatti i repubblicani furono tutti federalisti...

Macchi. Non è vero.

Boggio conchiude che egli non parla come piemontese, ma come italiano, e si dichiara favorevole al progetto della commissione.

Pettinengo; Non sono oratore, ma soldato, parla dal cuore. Duolmi di non vedere al suo banco l'onorevole d'Ondes perché gli vorrei domandare uno schiarimento di alcune sue parole circa la provvidenza....

Ondes. Sono presente.

Pettinengo lo guarda e non riconosce l'oratore cui vo leva alludere.

Presidente. Forse voleva parlare dell'onorevole Petruccelli il quale è uscito testé.

Pettinengo. Appunto, il signor Petruccelli disse: se ho bene inteso...

Presidente. Forse sarebbe meglio che attendesse, se vuol parlare per un fatto personale, ch'egli rientri, e ch'io lo faccia chiamare.

Pettinengo. assente o il presidente manda un usciere a chiamare Petruccelli.

S. Severino domanda la parola per annunziare un'interpellanza; ma tosto sopraggiunge Petruccelli che va a sedere al suo posto.

Pettinengo. Se il mio udito non mi ha ingannato, e se m'ha ingannato son pronto a ricredermi, parmi che l'onorevole Petruccelli fra le varie provvidenze di V. E. che ha annoverate abbia pur nominato l'esercito francese a San Martino; ora io...

Petruccelli: No; dissi l'esercito italiano a Palestro e a San Martino che tornò cinque volte all'assalto.

Pettinengo. L'ha detto? Ebbene io era a San Martino e ho salito cinque volte il colle.

Petruccelli. Me né compiaccio! L'incidente non ebbe altro seguito.

Varese è contrario alla formola della grazia di Dio; né dimostra con frizzante spirito l'insussistenza.

D'Oria legge un lungo discorso contro il titolo di se condo.

Per l'ora tarda, 5 ½, i banchi dei deputati si vanno visibilmente spopolando.

Quando ebbe finito di parlare, il presidente diede la parola al deputato S. Severino per annunciare l'interpellanza che intende fare.

S. Severino domanda al ministro dei lavori pubblici di fissargli un giorno per rispondere a qualche domanda che intende muovergli sulla strada ferrata da Treviglio, Crema e Cremona.

Peruzzi. Anche domani. Intanto presenta un progetto di legge per una maggiore spesa di 3 milioni ½ per acquisto di materiale mobile per le ferrovie dello Stato.

La tornata è sciolta alle 6.

CORRISPONDENZA DELLE PROVINCIE

Cosenza 16 aprile 1861.

In continuazione alla mia del 14 sono lieto di annunziar vi che qui stiamo più tranquilli dopo gli arresti fatti. Si è cercato del famoso parroco Nicoletti ma prevedendo la burrasca prossima a scoppiare sul suo capo si è nascosto, La polizia si è messo sulle sue tracce. Gli abitanti di Castiglione che aveano inalberato il vessillo borbonico all'approssimarsi della forza armata hanno lasciato il paese ed in numero di 200 circa si sono rifuggiati nella Sila.

La linea, la guardia nazionale di Cosenza, e quelli di molti casali adiacenti insegue a tutta oltranza i reazionarii. e non lascerà che quando li avrà ridotti al dovere. In Castiglione si eseguirono solo quattro arresti. La guardia nazionale si presta in tutti i rincontri, e rende i più segnalati servigi. Non ultima si è distinta nel fatto di Castiglione la Guardia Nazionale di Pedace e Serra. Ogni calabrese rammenta l'indole perversa di questi terrazzani in tutte l'epoche della storia di Calabria, buoni non ad altro che a fare i briganti, e direi nati per un brutto mestiere. Ma gli abitanti de'  casali del Manco nel 1861 sono gli stessi ch'erano per l'addietro? No. Essi tutto dal vecchio al fanciullo, dall'agiato al mendico, e fino all'imbelle feminuccia sentono nel petto caldo l'amore della patria ed accorrono sempre là dove il bisogno li richiede. In es si ogni romore per effetto dello sgoverno a cui hanno soggiaciuto finora, han tacciato interamente; né si è più rivelato un motto de'  loro bisogni a fronte dei bisogni del la patria. Avrebbero voluto da Castiglione picciol casale reazionario ed in tale occasione convegno del putrido elemento del disciolto esercito borbonico fosse del tutto spa rito dalla superficie della terra,onde veder sparire l'unica eccezione d'una provincia italianissima.

DISPACCI ELETTRICI AGENZIA STEFANI

Napoli 20 (notte) – Torino 20 (sera)

Parigi 19 – Breslavia 19 – Varsavia 17 – La situazione si aggrava. Temesi che l'esasperazione del popolo non iscoppii. Le misure di rigore non hanno intimiditi gli spiriti. Le trattative co’ patrioti sono quasi rotte. Gortschakoff ha annunziato le comunicazioni che spiegheranno il senso delle concessioni accordate.

Napoli 24 – Torino 20 (sera)

Parigi 20 – Trieste – Corfù 15

– I Deputati di Corfù protestarono contro l'accusa: che il movimento delle Isole Jonie sia l'opera di alcuni demagoghi. Il popolo desidera più che giammai l'unione con la Grecia. Gli altri Deputati e gli altri Comuni protesteranno parimente contro il protettorato brittannico. Un centinaio di cannoni Armstrong sono giunti per l'arma mento delle fortezze.

Cracovia 49 – La situazione è la stessa. A Varsavia le truppe bivaccano sulle vie in attitudine provocante.

Napoli 24 – Torino 20 (sera)

Alla Camera dei Deputati continuarono le interpellanze sull'Esercito Meridionale. Conforti appoggiò la proposta Garibaldi, che crede conciliativa. Il Ministro Cavour afferma che la differenza tra l'una parte e l'altra consiste pel porre o no in attività i quadri dell'Esercito Meridionale. Non potervi egli consentire per ragioni gravissime di Stato, e perché in Europa quel fatto si considererebbe come una dichiarazione di guerra.

Appoggia la proposta Ricasoli che rappresenta la politica ministeriale, e respinge quella di Garibaldi. Ricasoli insiste sulla proposta. Garibaldi manifesta che dopo le spiegazioni del Ministero sull'armamento non si dichiara soddisfatto. E’ respinto l'ordine del giorno semplice ed approvato con voto pubblico quello di Ricasoli così espresso.

La Camera udite le dichiarazioni del Ministero persuasa che la franca attuazione del Decreto 11 aprile, e specialmente l'immediata applicazione dell'articolo 13 che dovrà considerarsi come deposito d'istruzione mentre provvederà conveniente mente alle sorti del valoroso Esercito Meridionale varrà ad accrescere e coordinare in modo efficace le nostre forze, e sicura che il Governo del Re alacremente darà opera all'armamento ed alla difesa della Patria come a lui solo spetta, passa all'ordine del giorno I voti favorevoli sono 194 contro 77.

Cinque Deputati si astennero dal voto.



Fondi Piemontesi 74,15 a 74,30
Tre per cento francese. 68,30
Cinque per cento id. 95,30
Consolidati inglesi 92,00
Metalliche Austriache 63,00

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Il Gerente responsabile - Carlo De Ruberto.

F. Mazza Dulcini - Direttore-Proprietario.

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