Ringraziamo l'amico e collaboratore FDV del Principato Citeriore per averci iviato l'opuscolo scritto nel 1845 dal De Augustinis sulle industrie della Valle del Liri.
Un distretto industriale nel 1845!?
Ah, già, stava prima di Eboli, poi Cristo si era fermato...
Studiate ignorantelli patrii, studiate! La storia si studia anche... sui documenti!!! Non fidatevi dei sussidiari (e manco dei testi universitari).
La superficie di tutta
la valle, che non più del Liri, ma come appresso
verrà chiarito, andrebbe meglio detta delle industrie, ha
una superficie formata da quattro miglia di lunghezza per due di
larghezza. Popolata essendo da circa 36000 abitanti, ripartiti fra
varie terre di cui sono le maggiori Sora, Castelluccio, Isola, ed
Arpino, il quale è posto propriamente nell'alto piano di
essa, si scerne di leggieri com'essa ne contenga 4500 sopra ciascun
miglio quadrato.
Il cielo di queste terre è puro e fresco come il Liri ed il
Fibreno, e la popolazione che vi stanzia è valida e ben
fatta della persona, di vago e ridente aspetto, industriosa ed acconcia
ad ogni maniera di lavoro. Le campagne vi sono ridenti ed ubertose,
ridentissime e verdeggianti le colline, e d'ogni maniera di alberi
gentili di olivi e di viti coverte; i cereali i legumi, e precipuamente
il granturco vi sono largamente coltivati, con buoni e copiosi ricolti.
Anche il gelso vi fa la sua onorata comparsa.
Le ortaglie di Sora e Castelluccio sono giustamente famigerate, ed al
confronto di quelle di Napoli e di Torre dell'Annunziata, non si
rimangono inferiori.
Ad indice delle buone pratiche d'agronomia che vi sono in uso, merita
che sia qui notato, essere presso que' naturali in tanta stima ogni
maniera d'ingrasso, che fassene mercato, e vi è data in
fitto la facoltà di raccogliere le immondizie ed il letame
delle pubbliche strade. La qual cosa, come ognun vede, è
pruova ad un tempo d'industria e civiltà. Sarà
intanto curioso di sentire che le acque del Fibreno sono rare volte
adoperate alla irrigazione, e poco o niente agli ortacei, essendosi
sperimentate troppo fredde, e dannose più che propizie alla
vegetazione delle erbe tenere e dilicate; però la medesima
cosa non può dirsi del Liri, le cui acque, come da prima
dicevamo, sendo meno fredde, sono più idonee alla
irrigazione, ed in maggior pregio degli agricoltori. Da poco tempo in
qua assidue cure e molti capitali vanno impiegandosi sulla terra della
valle, né a temere che ciò sia a danno delle arti
e delle manifatture: ed è pur fondata la speranza che per
modo si fatto la prosperità del contado più si
estenda e progredisca; che se altro non fosse, varrà di
certo a premunirlo contra i sinistri e le continue fluttuazioni
industriali , e contra tutte le peripezie e le crisi manifatturiere e
commerciali de' tempi che corrono tanto più difficili,
quanto più avventati e capricciosi.
E' impossibile per chi parli e ragioni di questi luoghi, e per chiunque
vi dimori, o li visiti soltanto, e sia pure una volta, che non rammenti
essere stati a Saturno prediletti, esser Saturnie quelle mura che or
diciamo di Sora, d'Arci, quell'Arpino stesso che in tempi
più tardi, e forse anche più infelici, fu patria
di Mario e Cicerone. A questa valle appartennero i 225 immolati vittime
nel foro Romano a vendetta della colonia trucidativi nell'anno 439 di
Roma; i guerrieri di questa valle impedirono ad Annibale di penetrarvi,
e fino in Canne furono fra i più onorati della sconfitta.
Alla vista de' ruderi delle ville e del ginnasio de' Tullii, non
sarà anima gentile e culta che non ricordi le nobili parole
del grande oratore, e non si senta palpitare al quare inest nescio
quid, et latet in animo ac sensu meo, quo me hic plus, hic locus
fortasse delectet. Quivi egli scrisse i dialoghi delle leggi, quivi
creò le più belle ed eloquenti orazioni, quivi
diè forma o perfezione alla più gran parte delle
sue più divine produzioni. Ecco l'isoletta de' beati, nome
datole da Attico, il migliore ed il più degno amico di
Cicerone. Sii pur lieto per sempre o Carnello della tua origine e della
tua stanza, né le presenti tue gualchiere, i mulini e le
cartiere ti facciano immemore di si belle e nobili ricordanze;
contrastano è vero coll'antica destinazione del luogo,
però son essi buoni questi fatti a far meditare sul mutar
perenne e sulla metamorfosi continua delle cose umane. Né
fia mai che si obbliino i venerandi avanzi del tempio sacro a Mercurio
lanario, e i ruderi delle torri fulloniche, monumenti e testimoni, dopo
tanti secoli, che i lanifizi non sono nuovi in quelle contrade, e
furonvi e v'ebbero luogo ed onore in tempi anteriori a ciò
che dicesi civiltà nuova, ed anche antica
civiltà.
Ora, a ritratto del vero, la valle del Liri può ben dirsi un
vasto e quasi unico opifizio; tante sono le case e le officine e tanti
gli stabilimenti industriali, ne' quali si prepara e si produce
precipuamente ogni maniera di panni e di carte. Il fragore e lo spruzzo
di quelle incantevoli cascate e cascatine; il mormorar delle acque ad
ogni istante rotte e contrariate, e però fatte querule e
spumanti; il cigolio confuso delle macchine e delle ruote; la vista
delle adusate acque, divenute a mille colori dalla varietà
delle tinte; l'incontro di lane e di panni senza fine, di cenci e carte
ammonticchiate; l'ingombro di carri e carrette in tutte le vie, per
tutte le direzioni; tutto quanto vedi d'intorno ti addita che sei nella
valle del lavoro e delle industrie, come già fu dell'ozio,
del riposo e degli studii. Non fia dunque maraviglia se de' suoi
tessuti e delle sue carte provvede gran parte si dell'una e si
dell'altra Sicilia. Che a parlar con verità, se non dieci,
otto dodicesimi almeno de' panni e de' castori che si consumano in
questo reame, i quali cosalinghi non siano e affatto rozzi ed
aborigini, sono produzione di detta valle industriosa, e vengono
comunemente chiamati d'Arpino, dal nome della terra che tutte le altre
sopravvanza in fabbricarli. Né altrimenti dee dirsi delle
carte, con questa differenza, che se il Liri vince il Fibreno, ed
Arpino vince Sora ed Isola per i panni, questi vincon quelli per la
carta.
Ed andrebbe errato chi credesse, che ristretti umili e sprovveduti di
macchine fossero gli ospizii di cui ragioniamo, che, ove si parli di
cartiere, è oggimai conosciuto esser la cartiera del Fibreno
del signor Lefebvre la prima d'Italia, e non inferiore alle
più vaste e migliori d'Europa; larga e svariatissima
è la scala delle qualità, de' colori, delle
dimensioni e de' prezzi, e la quantità di quelle carte
è veramente prodigiosa. Rivali di questa, e, parzialmente,
sotto alcuni riguardi anche eguali, voglion dirsi fra le altre, le
cartiere delle due società una Sorvillo e Meuricoff, e
l'altra Courier e compagni.
I lanifizii di Pulsinelli e Zino mantengonsi da molti anni ad
un'altezza e bontà di produzione, il fatto di castori
ordinarii e di buoni panni per le classi medie ed operose (di finissimi
non ne fanno), che può affermarsi nettamente, non essere in
oggi chi più possa contrastar loro il primato in tutto il
regno ed in tutta la penisola italiana.
I panni detti correnti e minori, non più vengono dallo
straniero, e nel vicin regno di Grecia in cambio come in molti luoghi
d'Italia vanno i nostri diffondendosi e precipuamente le flanelle, i
lontrini , i calmucchi, i peloni e peloncini, e pure molte
qualità di castori. Se Iddio vorrà permettere che
venga a capo la sospirata lega doganale italiana, la nostra valle delle
industrie provvederà di panni e di castori, e forse anche di
carta fina, tutta la terra d'Italia, e buona parte de' vicini paesi
d'Oriente. Un mercato perenne di 30 milioni d'uomini
permetterà la riduzione delle tariffe, la minorazione de'
prezzi, il perfezionamento della qualità, ed
innalzerà questa valle unica in Italia al culmine della sua
prosperità, al più alto grado della industria
manifatturiera.
Lasciando le generalità, il numero degli opifizii in tutta
la valle del Liri, compresi quelli che trovansi nella contigua valletta
d'Atina bagnata dal fiume Melfi, sono non meno di 24 di primo e
second'ordine, de' quali 15 appartengono a lanifizi e 9 a cartiere. Fra
i lanifizii primeggiano quelli di Pulsinelli, Zino, Ciccodicola e
Manna, e fra le cartiere quelle di Lefebvre, Sorvillo, Courier,
Visocchi, ed altre ancora.
Né tutte le fabbriche de' panni hanno motori ad acqua,
essendo le minori proprio nell'abitato lungi da que' fiumi, tanto che
nella sola città di Arpino ch'è lontana dal corso
del Liri per circa due miglia, se ne noverano 32, alcune delle quali
ben grandi. In tutto lavoranvi circa 7000 operai arpinati, val quanto
dire la metà di tutta la popolazione: e se ve ne aggiungi un
altro quarto addetto al traffico delle lane, de' panni, ed agli uffizi
della mercatura, potrassi ben dire, che un quarto appena ne rimane per
tutte le altre arti, e per i mestieri di città e campagna.
La produzione in panni e castori d'ogni maniera, forti e leggeri, rasi
e peloncini, in panni e castori d'ogni colore, e di ogni prezzo, da due
a dieci ducati per canna, secondo i computi più accurati,
è sommata nell'ultimo quinquennio a trentasei mila pezze per
anno più o meno grandi, o sia a 36O mila canne di 10 palmi,
delle quali 200 mila si fabbricano in Arpino, 30 mila in Sora, 40 mila
in Isola, 60 mila in S.Elia, ed il rimanente ne' luoghi finitimi.
Questa produzione potrebbe innalzarsi a due doppii, se lo spaccio e la
consumazione cotanto richiedessero, nel qual caso, la
qualità ed il prezzo se ne migliorerebbero non poco. La
scuola degli operai v'è già costituita, e vi
trovi fabbricanti ed artefici francesi, tedeschi e belgi che son
divenuti napolitani per tutt'i modi. Gli edifizii sono ben fatti e
grandiosi, forse un po' troppo, ma l'architettonico e l'appariscente
è un bisogno degl'Italiani ; le macchine corrispondono alla
bisogna; gli utensili non mancano, e neppure i capitali, i quali per
contrario già incominciano a deviare. Quel che manca
veramente sono la richiesta e la consumazione, le quali, rimanendo da
meno de' mezzi di produzione, danno causa ad un riflusso che i
fabbricanti e gli operai insiememente veggono con dolore, e non possono
quanto vorrebbero impedire (1). L a lana che vi s'impiega si
calcola, otto mila cantaia tutta di regno ed in qualche anno anche
dieci: i capitali circolanti che vi sono spesi per essa toccano i
ducati 400 mila, e tutti i capitali circolanti industriali annessi che
vi vengono impiegati ascendono a ducati 800 mila o circa un milione: la
spesa media di tutt'i panni si fa ascendere oltre a ducati tre per
canna ed il prezzo di vendita a circa quattro. Da undici mila e
cinquecento in dodici mila operai vi lavorano costantemente, con un
salario che varia da 20 a 30 grani per gli uomini, da 10 a 12 per le
femmine, da 7 a l0 per i fanciulli: salario medio, posto mente al
numero degli operai rispettivamente, grani 20.
Dalle cifre testè riferite apparisce che i salarii vi sono
evidentemente bassi e picciolissimi al confronto de'salari degli operai
degli altri paesi manifatturieri, però essendo anche
più facile o men caro il vitto, non si è al caso
di apportarvi osservazioni d'un carattere proprio e speciale:
l'è questo un fatto disgraziatamente troppo universale nel
mondo industriale, che rivelasi ovunque sono industri le quali si
elevano sulle ordinarie, e prendono forma di mestiere; fatto che si
coordina alla general condizione di tutti gli altri operai dell'Europa,
ed all'ordinamento presente del lavoro.
Tale ordinamento rassomiglia ad uno stato di cose pienamente anormale,
però qualunque esso sia, non può negarsi che va
dovuto ad una moltitudine di guerre, e precipuamente a quelle fra i
produttori ed i consumatori, fra i capitalisti, gl'intraprenditori e
gli operai, ma non è questo il luogo di favellarne, e
svolgere l'idea del come mettersi in cammino. Taluno potrebbe dimandare
se mai con quella spesa ne' salalrii ed una tariffa doganale di
protezione di ducati quattro di dazio per ogni canna di panno
forestiero, la industria arpinate siasi in venti anni elevata al grado
di sperata prosperità, e la produzione arricchisca
rapidamente e grandemente i capitalisti e fabbricanti. Al che sarebbe
facile di rispondere non doversi negare, che dopo uno slancio da
maravigliare ed incantare chiunque non sia profondo economista, la
industria in parola, da parecchi anni in poi, trovasi in una lenta
crisi di cui non è conceduto a privato scrittore di preveder
la fine e tanto meno di impedirla. La consumazione torna annualmente
impotente ad alimentare tutta la produzione di cui è capace
questa valle, neppure quella de' primi anni di speranza e di
entusiasmo; il perché attende con fiducia che le sia aperto
un mercato più vasto, certa e non dolente di dover allora
rinunziare a' benefizii di una smodata protezione.
Venendo alle cartiere. Si producono ciascun anno nella nostra valle del
Liri più di 300 mila risme di carta da stampa e da disegno
ed altrettante da scrivere, oltre le carte per involgere mercanzie e
bazzicature e per altri usi di commercio, al prezzo medio di quattro
ducati le prime, li ducati due le seconde, e di grani sessanta le
terze; io non parlerò delle carte scelte pel disegno e delle
finissime ed eecezionali di cui attendesi, a dir vero, una maggior
riduzione di prezzo. Sono produzioni di lusso, e non v'è chi
il nieghi, ma quando se ne restringe la consumazione di troppo con
prezzi altissimi, è necessità o smetterne la
fabbricazione o dilargare la possibilità della consumazione.
Sono in circolazione per questa industria da 8 a 900 mila ducati senza
dire dei capitali fissi. Il numero degli operai addetti alla
fabbricazione delle carte, ed a mestieri che vi sono congiunti, si
valuta ad un bel circa 2000 persone, i salarii de' quali, salvo i
preposti ed i capi d'arte, di poco sopravvanzano quelli che ricevono
gli operai dei lanifizii. E farà maraviglia ed anche piacere
il sentire, che questi salarii con tutti gli altri da 23 anni in qua
non hanno sofferta sensibile alterazione, ancorché ne'
prezzi, da tre lustri, siavi una diminuzione del 50 per cento.
Né vuolsi da ciò dedurre che i salarii sieno
rimasti fermo a danno de' fabbricanti, e degli operai;
imperciocché, quantunque le materie grezze non abbiano
sofferto tanto grandi alterazioni, pure i fabbricanti hanno potuto
ribassare a metà gli antichi prezzi, sia rinunziando a'
troppo grandi ed immoderati profitti, sia per virtù delle
macchine che hanno diminuita la spesa ed aumentata la
quantità e perfezione delle carte, e sia per ragione della
quantità sempre crescente e prodigiosa della consumazione,
che venuta in soccorso della buona volontà de'
produttori-capitalisti. Né altrimenti potrebbe spiegarsi
come ad onta di una grande concorrenza di nuove e buone cartiere,
l'immenso opifizio di Lefebvre lungi di menomare ha aumentata la
produzione delle sue carte, ha anche potuto ridurre i prezzi e
migliorar le qualità; e tutto questo fu compiuto in tempo in
cui tre altri grandi opifizii, e molti altri minori venivan fuori in
aperta concorrenza sul mercato, e vi portavano già una
quantità di produzione di eguale di eguale a quella per lui
prodotta. Se il mercato delle carte si allargasse per tutta la
penisola, la nostra valle delle industrie diverrebbe valle favorita
della carta: e son anche per dire ch'essa decuplerebbe senza sforzo, e
senza nuovi capitali fissi la sua presente produzione, e potrebbe
ancora ribassare di un altro quarto i prezzi presenti delle carte,
dando pure un ultimo passo verso la maggior perfezione delle medesime.
Ricordiamoci che la carta è per la scrittura, pel disegno e
per la stampa, quel ch'è il panno pel vestire, ed il
frumento per gli alimenti, voglio dire, ch'è appunto per
essi, la loro condizione sine qua non della loro esistenza e del loro
incremento; e tutt'insieme sono argomento infallibile di ricchezza e
civiltà, per le nazioni.
Che sia intanto delle considerazioni fin qui fatte, certa cosa a noi
pare, che dal detto si possa agevolmente inferire
1.° Che la valle del Liri non abbia eguale in Italia, e poche
in Europa e fuori.
2.° Ch'essa sopra picciola estensione di terra riunisce due
delle più grandi industrie del mondo manifatturiero, in
larga scala ed idonea ad uno svolgimento tre e quattro volte maggiore.
3.° Che tali industrie possono e debbono ingrandirsi e
prosperare secondo che il mercato della consumazione si dilarga ed
avvicinasi a quello che dicesi della grande nazionalità.
4.° Che merita il nome di valle delle industrie, ed
è pur giusto che se l'abbia.
Un Paese che ha potuto riunire sopra una superficie di men che otto
miglia quadrate, sei milioni di capitali fissi e due di capitali
circolanti, da poterli elevare senza scossa fino a quattro, versandoli
sopra due sole maniere di manifatture, è un paese chiamato a
grandi destini. E pure, questo non è che l'ultimo de' suoi
titoli, la minore delle sue grandezze, l'infima delle sue glorie.
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1). La qualità' de' prodotti in generale è tale
che di essi possono ben covrirsi tutte le classi medie ed inferiori
della società, e di alcune classi anche più alte,
più ricche e più eleganti. I tessuti vi sono
fatti senza risparmii e senz'adulterazione o impostura: la durata
n'è sempre più lunga di quella de' prodotti
simili de' forestieri, a' quali però cedono in perfezione e
gradazione di colori, ed in preparamenti, lustri, e qualità
di lane.
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