All'indomani della fine della guerra, Giustino Fortunato - prefazionando "Il Mezzogiorno Agrario quale è", di Eugenio Azimonti -, legava la redenzione economica del Mezzogiorno a "il basso prezzo del denaro". Era questa una felice intuizione che quel grande spirito meridionale ebbe già per tempo. S'augurava, per conseguirlo, "una politica di parsimonia e di libertà" dello Stato italiano.
Ora, a sei anni di distanza da quelle constatazioni, quanto
già dissi nel precedente scritto, mi porta invece, in proposito,
a pormi e a porre la seguente domanda: - Può il Mezzogiorno
(facendo leva su sue risorse) fare in modo che il prezzo del denaro
necessario pei suoi bisogni sia in futuro men caro che non al presente?
Al lettore, ne son sicuro, non sfugge l'importanza del tema
propostomi. Tema eminentemente positivo, di quella categoria a cui egli
non può non concedere il suo interessamento.
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È da credersi che tutti, sia pure col solo buon senso
dell'empirico, sappiano in qual modo si possa parlare di un "mercato
nazionale del denaro", e perché abbia a porsi la restrizione
"nazionale" laddove si sa che il capitale, psicologicamente, è
"internazionale". Volerne qui discutere porterebbe troppo oltre.
Comunque, si può notare che v'è tutta una serie di
ostacoli allo scambio, che è valida solo nelle relazioni tra
nazioni e nazioni (economiche), e non nell'interno di ciascuna di esse.
In Italia, attualmente, si assiste ad una tenace azione di
svincolo delle principali banche libere dalla soggezione agli Istituti
di emissione, nel senso che quelle si sforzano a crearsi un mercato del
denaro a sè, reagendo - per quanto più è possibile
- alla dipendenza del tasso ufficiale di sconto ed alla politica
monetaria che gli si riferisce.
Questa tendenza, pur essendo contrastata dalle crisi, esiste, idealmente e di fatto, ed è confortevole.
Però, come meridionale, mi corre l'obbligo di avvertire
che l'evoluzione, nel senso su messo, delle grandi banche libere
significa più attiva politica di prelievo dei capitali
meridianali, o "pompaggio" di essi, come comunemente si dice.
Questo fatto particolare, di tanta dannosa attuosità pel
Mezzogiorno, sinora non è stato avvertito da nessuno: porlo, mi
pare - per ciò - della massima importanza.
Le grandi banche libere, per vieppiù disimpegnarsi dal
ricorso agli Istituti di emissione, hanno d'uopo, tra l'altro: a) di
meglio conoscere le varie categorie di risparmiatori, e di venir
premurosamente loro incontro con offerte di accettazioni meglio idonee
(sostanzialmente e formalmente) ad affrettarle come più
esaurientemente è possibile; b) pigliar sempre più
accorto interessamento pel capitale meridionale, così che esse,
facendo con esso prevalenti "operazioni passive", abbiano per meno
insicura la possibilità di svolgere quei cicli di
intermediazione produttiva specifici dell'istituto banca.
Il risparmio meridionale, una volta acquisito dalla grande banca,
viene adoperato, in principal modo, in finanziamenti nel Nord.
Cosicché il Mezzogiorno, che pur ha imprestato a poco prezzo i
suoi capitali, se ne richiede, a sua volta, in prestito alla grande
banca, o non li ha, o deve subire vivaci angarie, il che, praticamente,
fa lo stesso, per il fatto che la produzione meridionale lavora e vive
su "margini" esigui, di mezzo punto percentuale di guadagno, ed ancor
meno.
Se poi il meridionale si rivolge alle banche indigene, non
è a meravigliarsi dell'alto prezzo d'uso dei capitali - spesso
insopportabile - richiestogli da esse; pochi depositi, sovente ricevuti
solo per l'altezza del saggio d'interesse su di essi costrette a
corrispondere, per richiamarli, non possono consentire certamente
sconti od aperture di credito o mutui ipotecari a tassi vantaggiosi pel
ricercatore di denaro a scopi produttivi, cosicchè esse banche
son costrette a largheggiare in operazioni di prestiti "consuntivi".
Queste operazioni pregiudicano: a) l'economia regionale; b)
l'educazione morale, per l'imprevidenza a cui abituano, o a cui
indulgono.
La colpa, per tutto ciò, è anche delle banche locali, in quanto anch'esse dovrebbero sospingere a questo rinnovamento di coscienze che andiamo invocando. È semplicistico ed erroneo, però, voler addossar loro la "causa" del fatto suddetto: questa è della "realtà", che va combattuta per un migliore assetto del Mezzogiorno.
***
Sorge così, per quanti meridionali hanno amor per la
Patria e pel Mezzogiorno, il problema di sospingere a creare
l'ideologia della banca regionalistica: più ancora, e
complessivamente, a creare un mercato meridionale del denaro.
Qui non si invocano volontarismi, sebbene sia presupposta una
"volontà" che ora non esiste ancora, ma si ragiona così:
Il Mezzogiorno ha un'economia storica speciale, ed è
incontestabile che nel suo insieme ha peculiari aspetti "unitari",
mantenutigli da una tonalità bassa di vita che non gli consente
di bene "equilibrarsi", interregionalmente. Ora, in questo ambiente,
sorge il problema di crearsi un mercato del denaro, in cui la domanda,
per i bisogni del Mezzogiorno, sia soddisfatta con capitali del
Mezzogiorno.
Così messa la questione, essa si inquadra in quella
più generale di creare uno stato d'animo nuovo, di
dignità, nel Mezzogiorno, e dipende da esso.
Non ho detto dei vantaggi. Essi sono: a) maggior coordinamento
tra vicende economiche locali e credito; b) più gran copia di
capitali disponibili, per i bisogni del Mezzogiorno; c) più
basso prezzo del denaro, per quanta in b) e perchè vi sarebbero
richiamate quelle categorie di capitali che attualmente si
accontentano... presso istituti non locali - anche di poco frutto,
perché al presente pensano di trovarvi maggiore sicurezza che
non presso le banche locali; d) ritmo più accentuato di
un'evoluzione fondiaria meridionale, per cui le terre ora poco
coltivate son portate a più fruttuosa produzione.
E' questa evoluzione che ad un certo punto del suo divenire
dovrebbe consentire l'equilibrio interregionale cui sopra abbiamo
accennato. Il Mezzogiorno allora, con più notevole peso,
entrerebbe veramente nell'economia italiana. Il mercato meridionale del
denaro non avrebbe da quel momento ulteriori ragioni e convenienza di
essere, se, prima ancora, non ne fosse impossibile l'esistenza.
Concludo così: Il Mezzogiorno può progredite (ed
"il basso prezzo del denaro" sarà possibile) se e quando i
meridionali comprenderanno le veraci esigenze di esso. Lo Stato, in
questa prima fase, non c'entra menomamente. Chiamarlo in causa,
direttamente, è non avere la sensazione storica delle cose.
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