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Ringraziamo l'autrice, Emanuela Rullo, per averci inviato questo contributo. Salgono così a due le firme femminili su questo sito. Ci auguriamo ce ne siano altre, per noi è sintomo di un cambiamento in atto nel modo di ripensare la nostra storia.

Vi invitiamo a visitare il sito dell'autrice, un bel sito, curato nei colori e nella grafica, con contenuti che promettono bene.

Buona lettura e tornate a trovarci.

webm@ster - 18 settembre 2006

PRIMO OBIETTIVO: IO SONO MERIDIONALE

di Emanuela Rullo

iocolibri

Io sono e Io sono meridionale, e in quanto tale sono cosciente di appartenere ad una zona arretrata di un paese sviluppato. Se questo Io posso accettarlo ciò che non posso accettare è che il mio Paese si limiti a riconoscere in sporadiche occasioni l'esistenza di siffatto stato di arretramento e abbandono, e che l'attuale situazione sia presentata come un qualcosa di intrinseco "al corso delle cose" e non come il frutto di decisioni sbagliate o miopi.

E' ormai tangibile nel Mezzogiorno l'assuefazione all'ingiustizia sociale, alla disuguaglianza, allo sfruttamento dell'indigenza, alla illegalità. Siamo i nuovi poveri, siamo disoccupati, veniamo derubati delle nostre risorse, del nostro capitale umano, delle nostre potenzialità e possibilità di sviluppo.

Il modello di sviluppo italiano è più di ogni altro lontano da un modello di sviluppo socialmente sostenibile.

Se il conflitto tra Nord e Sud del pianeta esprime l'egoismo di una generazione ricca che non vuol condividere la sua opulenza, il conflitto tra Nord e Centro-Sud d'Italia esprime la stupidità e la cecità di un popolo che non valorizza le proprie risorse perchè sebbene geograficamente unito esso è ancora fortemente frammentato al suo interno tanto da non riconoscersi come appartenete ad un unico sistema chiamato a perseguire il medesimo fine e a condividere la medesima sorte.

La mancata partecipazione del Mezzogiorno allo sviluppo del sistema Italia deve essere vista non solo come la violazione di un diritto e un difetto dei processi democratici, ma anche come mancata utilizzazione di grandi potenzialità per lo sviluppo. La nostra povertà, che si rende visibile attraverso le persone che ne soffrono, è in realtà un limite complessivo per lo sviluppo di tutti.

E se allora nei fatti non siamo parte di quel paese Italia industrializzato ed "economicamente" sviluppato, in quanto zona arretrata non ci resta che annoverarci in quella comunità di paesi in via di sviluppo ai quali il mondo evoluto dedica tante buone intenzioni?

Povertà, disoccupazione ed esclusione sociale sono tre facce di un unico fenomeno: l'ineguaglianza nell'accesso alle opportunità. E' il difetto di partecipazione che accomuna, alla radice, i diversi squilibri. Un difetto che non è frutto del caso, ma connesso al modo di essere e al funzionamento dei modelli di sviluppo correnti.

Ebbene una strategia di sviluppo dovrebbe ruotare intorno a due elementi centrali:

1. la promozione dell'occupazione e la garanzia nell'accesso alle risorse (terra, credito, formazione, infrastrutture);

2. lo sviluppo di processi di "empowerment" delle popolazioni, intendendo con questo termine il processo attraverso cui i gruppi marginali acquistano coscienza delle proprie capacità e assumono potere nei processi decisionali che riguardano la propria vita.

Pertanto se è vero che spetta allo Stato assicurare la realizzazione della prima di queste due condizioni adottando opportuni strumenti di redistribuzione della ricchezza, di controllo delle iniziative economiche, di revisione dei criteri di sovvenzione alle varie attività produttive,  è altrettanto vero che lo sviluppo di una coscienza meridionale non può che spettare al suo popolo attraverso gli esponenti della cultura e della politica ma anche e soprattutto attraverso l'acquisizione da parte di ognuno di noi della consapevolezza di essere parte di quel popolo, perchè IO SONO in quanto consapevole di essere.

Lo scopo di Io colibrì è pertanto quello di favorire attraverso la denuncia, il dibattito, la condivisione delle proprie esperienze, della propria rabbia e del proprio rimpianto l'emergere di una voce collettiva che dica <<ecco IO SONO, E IO SONO MERIDIONALE ovvero APPARTENENTE ad un POPOLO e ad una TERRA nella quale MI RICONOSCO e per la quale COMBATTO>>. 

 https://www.iocolibri.it

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Da Zitara a Emanuela Rullo

Siderno, 19 settembre 2006

Cara Emanuela, La ringrazio per la simpatia, tanto più gradita quanto rara. Diversamente dai giovani della mia generazione (avevo vent’anni nel 1947) l’attuale giovane generazione non ha passione politica. La goliardia, l’attivismo, l’energia giovanili, i sogni, le speranze, l’altruismo dei giovani, oggi, vengono spesi in settori della vita collettiva, dello stare assieme, come voi lo chiamate, diversi dalla politica.

Questo me lo spiego con il fatto che, a partire dagli anni in cui ero giovane, lo Stato, il sistema, la società si sono accreditati nella coscienza delle persone dando più di quanto noi ci aspettavamo. L’intervento dello Stato arrivava prima della stessa richiesta popolare. Abbiamo cresciuto i figli in questa fiducia, e i nostri figli hanno fatto lo stesso.

Non ci siamo resi conto che tutto quello che ottenevamo non era benevolenza, amore dello Stato per il “suo” cittadino, ma una necessità imprescindibile del sistema del profitto, il quale poteva crescere soltanto se crescevano i consumi.

Oggi il sistema non ha la stessa forza di cinquant’anni fa. Nello stesso tempo, però, la base popolare ha perduto la capacità di vedere, di capire, d’intervenire.

Nel 1947, la richiesta della gran parte delle popolazioni meridionale era simboleggiata nello slogan “Pane e lavoro”. Il sistema nazionale italiano ci dette entrambe le cose. Però a Torino, a Milano, a Genova. Alcuni paesi stranieri, parve volessero affettuosamente aiutare l’Italia procurando ai meridionali altre fette di pane e giusti orari di lavoro.

Oggi nessuno ha bisogno di voi. E per questo non solo voi, ma anche i padri e i nonni sono in angustie. L’Italia, che un tempo pareva avesse le orecchie aperte, oggi è sorda.

Il punto focale del discorso è lo Stato. Non rientra fra i problemi che lo Stato italiano affronta di petto sin dal suo sorgere, tra il 1859 e il 1861, quello di dare un lavoro ai meridionali. Degli italiani del Sud si serve e basta.

Il nostro Stato nascerebbe proprio partendo da tale problema. La difficoltà è proclamarlo e costruirlo. A ciò, il sentimento non basta. Bisognerebbe lottare, fare quello che fecero i patrioti del risorgimento, ma al contrario. Ma il difficile è cominciare, poi l’incendio divamperebbe in un baleno.

Suo 

Nicola Zitara
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Nel ringraziare celermente rispondo

G.le Zitara,

le sue parole sono molto dure e molto tristi.

Devo costatare con rammarico come l’attuale giovane generazione manchi alle volte di passione politica ma soprattutto devo denunciare una ancor più grave condizione di ignoranza politica. Osservando me stessa io vedo tanta passione e rabbia e una sincera disposizione al sacrificio e all’impegno per la mia Terra, ma al contempo una condizione di ignoranza storica e “operativa”.

Non è solo la questione meridionale (ufficiale e non) ad essere tenuta alla larga dalle nostre conoscenze, ma tutta la storia contemporanea, italiana e non. Non voglio giustificare me o la mia generazione appellandomi alla situazione di arretratezza dei programmi scolastici, ma non posso non costatare come anche questa sia una situazione grave che, come altre, lo Stato ha ben pensato di ignorare. E in un mondo ove la politica non è più nell’aria viva, pulsante, ove gli ideali sono barattati per vacui stereotipi, la mancanza di basi crea un primo grave vuoto.

E’ vero noi siamo troppo spesso gravemente distratti, ormai pienamente intorpiditi dal consumismo, ma è anche vero che negli anni in cui il nostro sistema politico andava formandosi la (allora e di oggi - e non in senso figurato-) classe politica ne ha orientato lo sviluppo verso un sistema in grado di autoalimentarsi sicché poche sono oggi le porte di ingresso aperte ad elementi estranei a quel sistema.

Io sono nata ad Avellino, provincia che è stata madre di tanti dei nostri anche attuali politici. Eppure io essendo nata fuori dal “circolo custode del potere e del sapere politico” soffro di una ignoranza operativa non conoscendo e non trovando sbocco ove incanalare la mia passione. Sono figlia di un operaio e di una insegnante e ne sono orgogliosa, ma in quanto tale sarei ricevuta da un politico locale solo accompagnata da un bel “prosciutto” e da una richiesta che non sia troppo pretenziosa. A questo si aggiunge l’orgoglio, chiamiamolo così, che mi è stato trasmesso dai miei genitori che con il loro esempio mi hanno inculcato il rifiuto per ogni atteggiamento clientelista.

A quanto su detto si unisce la progressiva opera di smantellamento della normativa a tutela dei diritti dei lavoratori, opera che non fa che svilire anche quel punto di aggregazione che era il sindacato. E alle volte è troppo facile accusare di scarso attivismo noi giovani ormai privi della forza del gruppo e incatenati da contratti a termine e crescente disoccupazione.

So purtroppo benissimo che lo stato non interverrà a sostegno del Sud, che non vi è una vera volontà di intervenire e cominciare a risolvere quelli che sono i problemi del Mezzogiorno. Ed è per questo che credo che soltanto il popolo meridionale potrà riscattare la nostra Terra e allora, non potendo altro, ho iniziato a parlare, ad urlare la mia rabbia, la mia speranza e il mio amore attraverso una terra libera, internet, dove nessuno mi ha chiesto credenziali di ingresso. E l’Italia potrà pure rimanere sorda e insofferente alle mie urla: io urlerò più forte.

Io ritengo che lo sviluppo di una coscienza meridionale sia un primo passo di straordinaria importanza. Navigando su internet sto scoprendo che qualcosa già esiste e spero presto di poter entrare in contatto con questo mondo.

Io voglio e devo credere che siamo un popolo meraviglioso e che possiamo ritrovare la nostra voce e la nostra capacità di urlare, anche e soprattutto attraverso la politica.

Caro Nicola Zitara, se esiste un partito per il sud di libero ingresso capace di lottare per la nostra Terra portando avanti ideali e valori e non cedendo alla tentazione di pressanti clientelismi io non chiedo altro che di condividere questa utopia.

E in verità mi accontenterei anche di molto meno: indicatemi una porta e mi troverete a bussare.

Sua

Emanuela Rullo - 19-09-2006
www.iocolibri.it















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