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LA

CIVILTÀ CATTOLICA

ANNO DECIMOQUARTO

VOLUME VIII.

DELLA SERIE QUINTA

ROMA

COI TIPI DELLA CIVILTA' CATTOLICA

1863.

LA RELAZIONE

DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA

INTORNO AL BRIGANTAGGIO

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Gli unificatori dell'Italia sono turbati da un fatto che dura pertinacemente contra ogni sforzo posto a cessarlo: la resistenza delle popolazioni nel regno delle due Sicilie. Essa si è manifestala in tutte le guise clic un popolo può adoperare: ora colla indifferenza passiva, ora colle significazioni di malcontento, ora coll'astensione dai suffragi, ora col rifiuto degli officii di governo, ora coll'emigrazione, ed ora eziandio coll'impugnare apertamente le armi. Tutte le altre opposizioni sono state domale, perché erano inermi: la opposizione della stampa, abbattendo i torchi, e bastonando gli scrittori, ciò che si chiamò esigenza della pubblica opinione; la opposizione del clero, esiliandolo, spogliandolo, incarcerandolo, ciò che si disse affrancamento dalla tirannia clericale; la opposizione degli impiegati, destituendoli e cambiandoli con uomini nuovi, ciò che si appellò nobilitazione dei carichi pubblici; la opposizione dei magistrati, cassandoli di ufficio, ciò che si chiamò purificazione della magistratura; la opposizione dei municipii, scambiandoli con impiegati governativi, ciò che s'intitolò emancipazione dei comuni; e così via via qualsivoglia resistenza pacifica fu vinta da una nuova oppressione, coverta per lustra da una frase beffardamente ironica. L'opposizione però delle armi non potè essere con pari artificio domata; perché chi le impugnò era risoluto o di vincere o di morire. Bisognò scendere in campo, e opporre manifestamente la forza alla forza, le armi alle armi.

Questa guerra civile dura omai da tre anni, tuttochè enormemente dispari sieno le condizioni delle due parti combattenti: dall'un lato un Governo polente ed armato, dall'altro un popolo oppresso, disordinato, lasciato in balia di sè stesso.

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I nuovi usurpatori del reame di Napoli hanno dalla loro banda migliaia di carabinieri e guardie di pubblica sicurezza: hanno un esercito regolare di sopra ottantamila soldati: hanno molti battaglioni di guardie cittadine mobilitate: hanno le guardie nazionali di ciascuna terra e città, avvisatamente elette fra la gente più ligia e (autrice del nuove Principe: hanno le falangi degli ufficiali civili, scelti fra i più risoluti loro aderenti: hanno infine comandanti militari di così fiero anima come mostrarono i Cialdini, i Pinelli, i Fumel, i rantolii, e gli altri troppo noli all'Europa per mala fama. Tutto questo sforzo fu disciplinato, ordinato, stimolato dai reggitori di Torino, perché piombasse addosso alle popolazioni del Napoletano: impedisse l'allargarsi della reazione armala: sgombrasse d'ogni nemico i luoghi già occupati. L'ubbidienza degli esecutori sorpassò nello zelo e nella ferocia le intenzioni stesse del comando. Pur tuttavia la lolla non venne ancor risoluta, e l'Europa attonita, anzi sdegnosa mirala vacuità di sforzi così giganteschi; e non può spiegarla se non con una sola parola, fatale al Piemonte: I Napoletani non vogliono saperne di questa fattizia unità italiana.

Gli architettori e i manipolatori di essa si son dunque trovali a duro cimento; e per uscirne, dopo pensieri molli, maggiori consigli, e massime discordie, vennero nella determinazione di pacificare a ogni costo quelle riluttanti popolazioni. Nell'aula parlamentare si dibattè a lungo la grande quistione, e molli giorni di accesi parlari, e molte eruzioni di bile sdegnosa figliarono un concetto, che si disse la salvezza del Regno d'Italia: una Commissione d'inchiesta. Nove de' più solenni Deputali visitino di terra in terra quelle travagliale province: indaghino la realtà del male, o la sua estensione: studiano i rimedii più acconci a cessarlo, e li propongano al voto del Parlamento. Andarono con molla pompa: ma qual cosa vedessero, quale pensassero, quale riferissero al Parlamento, si potè per lungo tempo conghietturare, ma non sapere. Era un mistero che dovea coprirsi d'un velo innanzi allo sguardo dei profani, e del quale non altro che un lembo polca sollevarsi con cautela agli occhi prudenti dei soli Deputati.

Pareano le cose, dopo sì lunghi apparecchi, poste in giacere per disperazione di riuscita: quand'ecco un bel dì si propone una legge al Parlamento, si dico urgentissima, si vola con grande celerità;

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e nell'atto del pubblicarla si stampa inaspettatamente quella misteriosa Relazione, che dovea essere ignorata dal pubblico. Essa è sottoscritta da Giuseppe Massari, il quale vi ha sfoggiato d'ingegno, di eloquio, di argomentazioni,quanto potea metterne fuori nel non breve tempo che gli fu conceduto per elaborarla. Tutta però la gran copia delle meditale, ponderate, anzi lambiccate parole riducesi a tre capi principalissimi, i quali erano sommamente a cuore alla sua fazione di ben rassodare: due come premesse, l'altro come conseguenza. Potissimo, e primo assunto della relazione si è il dimostrare che la reazione del Napoletano o, come per dispregio la dicono, il Brigantaggio, si origina da tutt'altra ragione, fuorchè la politica. Secondo assunto non meno principale si è d'indicar Roma come unico centro, e validissimo fomento del Brigantaggio. Terzo assunto, e conseguenza di queste due premesse si è la proposta dei rimedii, stimati come unicamente efficaci a distruggerlo.

Il gran colpo voluto dare dalla fazione occupatrice con questa relazione 6, secondo suo parere, omai conseguito. Se il Brigantaggio napoletano è piaga sociale, storica, e poco meno che divenuta naturale nel Regno di Napoli: se i reazionarii non sono che ladri volgari, i quali guastano, scannano, mettono ad arsione i campi, a sacco le popolazioni per barbara ingordigia di furto: esso non è indizio di mal contento dei Napoletani, ma del mal Governo passato dei Borboni. Benefica dunque sarà a quelle popolazioni l'occupazione piemontese: l'Europa deve saper grado agli occupatori che s'affaticano a sterpare quelle pessime radici di barbarie: e lungi dal compatire le necessarie vittime che la severità militare immolerà innanzi all'ara della civiltà; dovrà applaudire e secondare la sollecitudine del Governo, che studia ogni modo più opportuno a far presto terminare un disordine cosi funesto. Quando poi questo Brigantaggio d'origine si ignobile venisse usufruttuato dal detronizzato Re Francesco ti per riconquistare il suo trono, e dalla Corte pontificia per impedire l'ordinamento del nuovo Regno; due conseguenze ne deriverebbero a danno dell'uno e dell'altra: la nullità del loro preteso dritto dimostrala ad evidenza dato infamia del mezzo a cui ricorrono per farlo trionfare; e la indispensabile necessità di allontanar da Roma il pretendente, e spodestare il Papa d'ogni residuo di Sovranità, perché disseccata la fonte, possano i rivoli inaridirsi e svanire.

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Se non che pari al mal volere non ebbe il Massari nè l'astuzia nè l'ingegno, e questa volta l'iniquità o ebbe le bende o le suppose in fronte a tutti. La Relazione, non che contraddire manifestamente al fatti più notorii e più incontrastabili, distrugge da sè medesima l'intendimento che le si prefisse dal relatore. Poiché mentr'essa si propone di escludere il motivo politico dalle cause del Brigantaggio, riesce per lo contrario a dimostrare che il vero motivo del Brigantaggio è unicamente il politico: mentre essa si propone d'indicare che l'alimento e la forza materiale al Brigantaggio viene unicamente da Roma, riesce per lo contrario a provare che nessuno aiuto materiale esso non ricevè mai, nè riceve da Roma; e finalmente men(re vuoi suggerire rimedii onesti ed efficaci a farlo disparire, riesce a proporre mezzi quanto in sè stessi immorali, altrettanto altissimi a farlo più rinvigorire e dilatare.

Questi tre punti noi ci proponiamo di svolgere, non facendo quasi altro, che semplicemente analizzare la Relazione della commissione. La stessa vasti là della materia ci obbliga a un'estrema parsimonia. Ometteremo tutti quegli argomenti di ragioni e di fatto che non si attingono dalla Relazione medesima: e degli attinti da lei ci prevarremo con massima sobrietà. A noi sembra così sbardellata la contraddizione del Massari, che crederemmo abusare della pazienza dei nostri lettori, se volessimo con troppo lunghi discorsi non già indicarla, ma svolgerla e ragionarla.

Innanzi però d'entrare nell'argomento noi dobbiamo espressamente protestarci che parliamo del Brigantaggio in genere, e non di questa o quella particolare banda di briganti: e che il nostro intendimento non è di scusare le gesto dei briganti, ma solo di confutare il discorso politico del Massari. Sappiamo pur troppo e deploriamo che fra quei combattenti siensi intrusi de' pessimi soggetti, i quali disonorerebbero qualsivoglia causa che gagliardemente non li disconoscesse: e più ancora deploriamo che spesso le bande, eccitate dall'arder di vendetta, o dalla necessità d'approvigionarsi, o dall'intento di far rappresaglie, prorompano in atti di ferocia, di rapina e di distrazione, che nessun' altra bandiera esecra tanto quanto la loro.

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Il nostro discorso adunque non mira ad eccitare il Brigantaggio, nè ad animarlo. Ma o lo vogliamo, o non lo vogliamo noi, esso è li, vigoroso, costante, imperterrito: a noi tocca spiegarne l'origino, svelarne l'intento, e soprattutto spogliarlo di quelle non sue divise, onde alla Commissione d'inchiesta è piaciutoci ricoprirlo, per iscemar l'odiosità dei provvedimenti, che centra lui invocava.

I.

La Relazione, per escludere il movente politico dalle cause del Brigantaggio fa gran pompa di ragioni, che essa chiama sociali; e soddisfatta di tale gherminella, sclama di tratto in tratto: Nelle province meridionali vi sono più che in abbondanza naturali cause di Brigantaggio, senza che sia bisogno a spiegarlo di ricorrere a molti politici, a reazione di oppressi contra oppressori. Intanto quelle stesse ragioni arrecale dal relatore provano tutto al rovescio, o dimostrano che se non fossero i motivi politici che lo generassero e lo nutrissero, il Brigantaggio non esisterebbe nelle province napoletane. Vediamolo patitamente, discorrendo ad una ad una lo cagioni addotte. La Relazione le distingue per più chiarezza in classi diverse, e separando le prossime dalle rimote, queste spartisce in tre generi: cause morali, cause storiche, cause topografiche. Ormeggiamola di passo in passo, perché non ci si dia colpa di omissione, o di dissimulazione.

Due sono, sopra la fede della Relazione, le cause morali, che dispongono i Napoletani al Brigantaggio: e tutte due ridondano a biasimo del cessato Governo borbonico: dall'una parie la misera condiziono del contadino, e dall'altra parte il sentimento della giustizia, estinto nelle popolazioni del Reame napoletano. Il povero, che non ha più idea del mio e del tuo, per disfamarsi, anzi per impinguare, non esiterà un istante a por la mano sulla roba altrui, e so la trova custodita e difesa, impugna le armi, e la rapisce di viva forza. Questa è l'idea che del Brigantaggio da il sig. Massari, dipingendolo a colori sì foschi, che fanno nausea e ribrezzo nei cuori pili onesti.

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Ma poste da banda le declamazioni rettoriche, buone a pascolo delle fantasie, esaminiamo la conseguenza legittima di una tal cagione. Ecco il fatto supposto dal relatore. I contadini del Napoletano sono poverissimi, e non hanno verun ribrezzo del furto e della rapina. Supponiamo per un momento che la sia proprio così. Or come va che dal 1806 fino al 1860, cioè pel corso di cinquantaquattro anni interi, il Regno di Napoli non solo non vide mai briganti, ma non ne udì neppure il nome? Perché in altri termini quella povertà e quella immoralità producono il loro effetto, precisamente allora quando il Sovrano legittimo del Regno è scacciato dal trono dei suoi avoli, e le popolazioni perdono la loro autonomia? Voi non potete dire che quei contadini fossero assiepati da una selva di baionette, più formidabile di quella onde voi li tenete ora oppressi: perché tutti sanno che poche compagnie di soldatesca dimoravano in quelle province: e però non potete dire che la forza li contenesse. Non vi resta dunque altro da rispondere, se non che questi poveri e immorali contadini si contentavano di patir la fame e frenar l'ansia della roba altrui per amore del loro Re, perduto il quale non v'è stato più freno capace a contenerli. Adunque quella che voi chiamate cagion rimota del Brigantaggio, non ha avuto forza di venire all'alto, e produrre l'effetto, se non che quando vi è intervenuta una cagione politica sì manifesta. A questa dunque più che a quella devesi attribuire; e per conseguenza il Brigantaggio è vera reazione politica, e indarno si maschera con nome ignominioso di ladronecci armati.

Ma è poi vera la miseria e l'immoralità dei contadini napolitani, (male l'abbiamo finora supposta? Poveri sono certamente, ma non disperali: rozzi sono, ma immorali no. Poveri, ma d'una povertà che basta ai bisogni della vita: poveri, ma meno ora che motti anni fa: poveri, ma quasi ugualmente in tutte le province; poveri ma non gran fatta più di quello che sieno i contadini lor pari per tutto altrove. Ora perché la povertà possa dirsi causa del Brigantaggio, è necessario che essa sia estrema e da indurre a disperazione: è necessario che essa sia progressiva, perché ne determini dopo tanti anni lo scoppio: è necessario che sia maggiore dove più il Brigantaggio si spande, minore dove meno:

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è necessario in fine che sia molto più stringente e comparativamente assai più penosa nelle province che sono infette di Brigantaggio, che dove questo non si vide mai. Ma anche posta la povertà in quel grado che potrebbe essere consigliera di misfare, il misfatto non ne sarebbe stato l'effetto, appunto perché, universalmente parlando, nel contado napoletano domina l'onestà e la buona morale, l'una e l'altra animata da quella sincera pietà cristiana, che non esita a scegliere il sacrificio piuttosto che il delitto. Sopra il qual punto è da notare l'invereconda audacia del relatore, che osa di attribuire al Governo borbonico la taccia di avere estinto nelle popolazioni il sentimento della giustizia. Incredibil cosa, ma vera! La principale pruova di così ignominiosa calunnia consiste nell'addurre in mezzo le migliaia di vittime fatte dai Borboni per mantenersi in trono. Voi, sig. Massari, che in questa stessa Relazione parlate delle migliaia di fucilazioni fatte dai vostri pretoriani: voi che appartenete ad un Governo, che reputa suo dritto di rispondere colle fucilate a chi osa dirgli in viso: non vi vogliamo; voi che se non lodate, scusate almeno del vostro meglio quella che voi dite necessità di fucilare senza nè sentenze nè processi: voi, i cui giudici nei tribunali dichiarano pienamente innocenti coloro, che i vostri sergenti d'armi han già fucilati fin presso le pacifiche loro dimore, e innanzi a un popolo indarno attestante l'innocenza di quei miseri; voi osale di attribuire celesta sete di sangue a un Principe, che in tutti assieme gli anni lunghissimi del suo regno permise appena tante esecuzioni capitali, quante voi ne tollerale in una sola settimana; a un Principe, che nessuna mai ne tollerò senza la più severa legalità dei processi, e la più intemerata giustizia della condanna; a un Principe, che, delle non molte sentenze emanale dai tribunali centra i rei di Stato, le più commutò in pene comparativamente leggere, quando non fe' grazia intiera e pienissima. Una tale baldanza di menzogna a un tempo e d'ipocrisia ogni uomo onesto era ben lungi dall'aspettarsela in un alto che dovea, per furberia almeno, imporre alle moltitudini, e accattarsi fede e favore.

Dalle cagioni morali passa il relatore a una serie di cagioni, clic denomina storiche. Noi qui vorremmo avere maggiore spazio, che il prefinitoci, per recare tutto per disteso questo brano, che a noi sembra la parte lepida di tutto lo scritto. Ma debbiano contentarci di compendiarlo.

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Il Brigantaggio adunque, dice il Massari, esiste ora

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Re Francesco calunniato, tradito, spogliato è costretto ad abbandonare la reggia dei suoi padri, e cercare asilo e ricovero in Roma: ed ecco novamente in campo i briganti combattere ad oltranza gli oppressori del loro Principe sventurato. Tre volle adunque esulano detronizzali i Borboni dal loro Regno, e tre volte il Brigantaggio leva il suo capo arditamente a loro sostegno. Questa è la storia genuina dei fatti, e nessuna Relazione al mondo varrà a distruggerla. Or questa storia, che la Commissione d'inchiesta invoca contro l'idea politica del Brigantaggio, dimostra invece che unicamente politico è l'impulso che gli ha dato sempre l'essere e il sostenersi.

Ma noi vogliamo che questa storia tradizionale del Brigantaggio, e questa logica conchiusione sia confermala dall'autorità medesima dello stesso Relatore; il quale, dimentico un tratto dello scopo formale della sua lunga diceria, così espressamente ci attesta: «Durante il decennio, nel quale regnarono Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat, il Brigantaggio, atteggiandosi a difensore dell'indipendenza, travagliava in ispecial guisa le Calabrie, e turbava la pace di tulio il regno. Se il soccorso degli Austriaci fosse mancato nel 1821, Ferdinando I avrebbe adoperato il Brigantaggio per disfarsi della Costituzione; se il 15 Maggio 1848 Ferdinando II fosse stato vinto nella città di Napoli, egli era già pronto a scatenare il Brigantaggio nella campagna... Dal complesso di questi fatti risulta una tradizione storica, la cui partecipazione alla genesi del Brigantaggio non può essere rivocata in dubbio». Ei sembra che a chiarire la stretta relazione tra la difesa della nazionale indipendenza e l'apparizione del Brigantaggio, tra il regalismo più schietto e la reazione armala, facessero ombra al Massari quei cinquantaquattro anni di pace tranquilla, che si godè sotto i Borboni in ogni provincia del Regno. Non si contentò adunque delle due epoche sì note, il 96 del secolo scorso, e il 6 del corrente, troppo remote dal 60: e a stabilire una concatenazione vieppiù stretta, volle introdurne del suo altre due, il 21 cioè e il 48. Se non che non trovando in questi anni nella realtà dei fatti un solo lontano fondamento,

1 Atti del Parlamento. Relazione letta dal deputato Massari; pag. 885.

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ricorre alla ferace sua immaginazione, e con ardita divinazione si fa garante che se i Borboni nella lotta colla rivoluzione fossero stati perdenti, sarebbe certo uscito fuori a sostenerli e difenderli il Brigantaggio. Tanto egli è convinto che il Brigantaggio non s'arma nel Napoletano, che solo in difesa della dinastia dei Borboni, quando ogni altro sussidio o interno o esterno lor venga meno. Or dopo ciò può essere egli dubbio per chicchessia, che il Brigantaggio non abbia altro movente che il politico, e ch'esso non sia propriamente altro, che la difesa della propria indipendenza?

Dalle cause morali e storielle, passa il relatore alle cause per dir cosi topografiche, che esso novera ancora tra le generatrici e le dispositive del Brigantaggio. Il Brigantaggio, siccome qualsivoglia altra fazione militare che nel Napoletano si combattesse tra piccoli manipoli disgregali e forti schiere di soldatesche, non aspetta al certo a pie fermo il nemico in campo aperto; ma presceglie o le strozze delle giogaie, o i traghetti dei monti, o lo boscaglie dello selve, o le ripe frastagliale dei torrenti, o nelle pianure i luoghi meno esposti, e di più malagevole cammino. Quivi la piccolezza del numero ha vantaggio dall'angustia dei sili; le sorprese, i celamenti, gli stratagemmi rendono vana la scienza e la disciplina delle milizie regolari; e l'apparato e la copia delle armi d'un ben fornito drappello di soldatesche o è inutile ingombro, o anche peso fastidioso. Or chi crederebbe mai che questa natural foggia di combattimento, propria degli sbrancati drappelli dei briganti, si trasformi dal nostro relatore in origine del Brigantaggio medesimo,'e si adduca per sua cagione affin di escludere ogni partecipazione a concetto politico? In vece di dire tutto al più che il Brigantaggio riempie i boschi e i monti, dice che i boschi e i monti riempiono il Brigantaggio. Forse che quei boschi e quei monti, generatori fecondi di briganti, non esistevano in quelle province sotto il regno pacifico dei Borboni; o forse che almeno la loro fecondità aspettò sempre a dar frutto che alcuno di quell'amata dinastia venisse sbalzato dal trono? Ecco in quali puerilità si casca da chi cerca cagioni false per non confessare la vera.

Ma pure fosse consentaneo a sè medesimo il Massari, ancorchè nei paradossi! Sarebbe almeno strano, cervellino, singolare, ma

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No; non sono i monti e i boschi la culla del Brigantaggio: essi ne sono bensì il ricetto, e ricetto fidato ed inaccessibile. Chi veramente volesse indagare la cagione, non del perché quivi i briganti si rifuggano e si appostino, perché è troppo chiara, ma bensì perché quivi sieno più salvi e inviolabili, troverebbe appunto il rovescio di ciò che ne vorrebbe dedurre la Relazione. Quivi le milizie forestiere non conoscono i sili e le posture, non sanno i valichi ne le vie, ignorano gli agguati e le gole pericolose: e però, tuttocchè piene di zelo e di coraggio, male si arrischierebbono a mettervisi dentro per isnidarne i briganti, se non avessero guide sicure e fautrici. Or siccome le popolazioni si conservano quasi tutte nel loro cuore fedeli al legittimo loro Signore, esse sono naturalmente più amiche dei briganti che dei soldati piemontesi; e i necessarii loro servigi rendono di assai miglior animo ai primi che ai secondi, e a questi non mai altro che o infidi, o dimezzali. Ciò non avverrebbe al certo se i briganti non fossero parteggiani d'una fazione politica accetta ai popoli, ma vulgari predoni, e alle lor terre non meno che ai lor beni, e alle loro persone avversi e nocevoli. La qual cosa fino a che punto sia vera, ce lo attesta in altro luogo la Relazione stessa, dove ci narra che nei montanini ricoveri dei briganti fu trovato, quelle rare volle che vi poterono penetrare le milizie piemontesi, non solo ogni principal bisogno della vita,


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ma per fino parecchie dilicatezze di pane candido e freschissimo, di vini prelibati, di carni recenti, di ottime medicine; tutte cose che solo il commercio amichevole colle terre circostanti polca procacciare a chi erasi su quelle greppo per maggior sicurezza rintanato.

I boschi e i monti adunque, fatti nido sicuro dei briganti, mostrano appunto che essi inalberano un vessillo politico, e servono a una causa che è gradita allo popolazioni. Quella adunque, che è asserita come cagion topografica, non genera il Brigantaggio, ma sol lo assicura: nè lo assicura come sito più acconcio alle picciole scaramucce, se non per la complicità delle popolazioni in una lotta meramente politica, e ai loro occhi nobile, non che legittima.

Dalle cause remote, che doveano essere pel Relatore tutte sociali, ed abbiamo vedute che sono tutte politiche, veniamo a quelle che egli reca siccome prossime e determinatrici. Sono tre: il mutamento dinastico, la dissoluzione dell'esercito, la nuova leva. Il mutamento dinastico ha scosso l'ordine materiale, e con ciò ha sospeso il freno efficace che teneva a bada i briganti; l'esercito disciolto ha fornito al Brigantaggio uomini avvezzi alle armi: la nuova leva ne ha cresciute le schiere coi molli ricalcitranti. Così il Brigantaggio che esisteva in potenza è venuto all'alto, che viveva celato si è messo all'aperto, che era tenuto compresso, ha levato il capo. Questo è in compendio il discorso del Massari, il quale se mai fin qui negli altri capi, in questo davvero si è dato della zappa in sui piedi, e invece di toccare il segno colla sua freccia, se l'ha conficcata nel seno. No: non to neghiamo. Le ragioni che prossimamente han determinato il Brigantaggio sono, fra le principali, ancor quelle tre: ma appunto quelle tre cagioni dimostrano che il Brigantaggio è vera difesa della nazionale indipendenza, è la parte militante di quella fazione politica che in cento guise resiste al nuovo occupatore. Non ci vogliono molle parole a dimostrarlo. La dinastia dei Borboni di Napoli, tuttochè si calunniata dalle sette e dai rivoluzionarii di tutti i paesi, era non solo riverila, ma cara al popolo d'ogni grado: o quella riverenza e quell'amore aveanglieto meritato le insigni virtù privale dei suoi Monarchi, e i cospicui beneficii fatti al Regno. Il Re Francesco al tradizionale amore poi suoi progenitori accoppiava

Serie V, vol. VIII, fase. 326. 11 5 Ottobre 1863.

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il prestigio della giovinezza, la fama d'un' indole soave e benefica, e la memoria vivissima della sua genitrice, che gli avea nel popolo procacciato il titolo di Figliuolo della Santa. L'esercito piemontese, più che la fellonia di pochi suoi sudditi, il balzò del soglio paterno; e i popoli che fino allora aveano assistito fra sbalorditi e speranzosi al dramma ferale, costretti dalla forza delle armi e degli avvenimenti a piegare momentaneamente il collo ai nuovi padroni, le affezioni e le speranze serbarono intatte per l' antico. Non vi fu grado di persone che a suo modo non manifestasse al mondo questo sentimento: La nobiltà come la plebe, i magistrati come i militari, il clero come i laici. Chi n' ebbe modo seguì nell'esilio il suo Re: chi non l'ebbe rimase di mala voglia nella sua terra, ma lontano dalle urne elettorali, lontano dagli ufficii pubblici, lontano dai comandati festeggiamenti. Nè solo colla ritrosia, ma eziandio colla reazione questa loro fedeltà comprovarono. Reazione pacifica coi discorsi, coi giornali, cogli opuscoli, colle sottoscrizioni, con ogni mezzo infine che non turbasse l'ordine esterno e materiale: reazione armata in ogni punto del Regno ov'essa fu possibile. La reazione pacifica sconta nelle carceri e negli ergastoli la sua fedeltà al Principe legittimo con più migliaia di imprigionati. La reazione armala la sconta con più migliaia di fucilati. Questa reazione armala è il Brigantaggio: la quale sopra le altre politiche reazioni ha solo questa differenza. che dimanda maggior coraggio, perché si espone a maggiori pericoli. Essa dunque si origina appunto da quella mutazione dinastica, che qui è detta semplicemente causa determinatrice, e dovea dirsi efficiente e produttiva.

La dissoluzione, oltre a ciò, dell'esercito napolitano e la nuova leva concorsero bensì ud ingrossarne, ma non a formarne le fila: ma ciò lungi dall'escludere l'impulso politico, lo manifesta più evidentemente. Gli antichi soldati avean la scelta tra la divisa piemontese, e il pastrano brigantesco, quando non volevano ricoverarsi alla vita pacifica dei loro domestici focolari. L'odio alla bandiera piemontese, la fedeltà al Principe che li avea capitanali a Capua e a Gaeta, il dispetto di veder la loro patria caduta in signoria d'uno Stato, ch'essi appena conoscevano di nome, li mosse a mettersi allo sbara

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Ciò è forse ancor più evidente per i renitenti della leva. I popoli del Napoletano erano da lunga età abituati a pagare allo Stato questo tributo di sangue: anzi se nei tempi ordinarii partivano lie nuove cerne dalle lor terre più rassegnali che ilari, nei tempi di commovimenti politici essi partivano più ilari che rassegnali, facendo udirne apertamente la cagione col grido che tutti ripetevano di Viva il Re. Non era dunque legge nuova, non abitudine nuova, non sacrificio nuovo la leva: e il vedersi ora a decine di migliaia i renitenti, che prima non erano neppure a decine di unità, mostra non avversione alla milizia ma alla bandiera, non ritrosia alla legge ma al Principe, non tenacità di costumi ma di principii. Essi si fan briganti piuttosto che soldati, perché il brigante combatte pei Borboni, il soldato dee combattere pei Savoia. Il renitente adunque rifattosi brigante, è un vero reazionario politico: e il Brigantaggio che lo raccoglie con ciò solo mostra che esso milita per un' idea, che esso difende una causa politica, che esso non è altro insomma se non la difesa del dritto legittimo d'un Re e dell'indipendenza bramata d'una patria. Questa è la storia nella sua nudità: e nessun sofisma, per ingegnoso che sia, potrà svisarla. Quell'uomo che voi ingiuriate col titolo di brigante, e calunniate coll'accusa di affamato, di barbaro, di immorale, quell'uomo non conosce altra briga, che quella di non curvare il capo innanzi alla fortuna d'una causa ingiusta; non ha altra fame che di difendere la religione dei suor avi, il buon dritto del suo Re, l'indipendenza della sua patria; non conosce altra barbarie che di opporre alla forza la forza, e di non lasciarsi accalappiare da inani e rimbombanti parole: non è guasto da altra immoralità, se non da quella che non vuoi sapere di fatti compiuti, nè di leggi obbligatorie tuttochè ingiuste. Egli fa pel dritto e per la giustizia, ciò che i Bandiera, i Nicotera, i Bencivenga, i Garibaldi teutaron di fare e fecero per la rivoluzione e pel Piemonte: questi voi chiamaste e chiamate eroi; quello dite, ladro, assassino, brigante. Continuate pure a distribuire a vostro grado lodi e infamie: il brigante, che sa spregiare le vostre baionette e le vostre fucilazioni, spregerà eziandio le vostre ingiurie e i vostri dileggiamenti.

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Le cause generatrici, ossiano rimote, ossiano prossime, arrecate dalla Relazione invece di escludere, come questa pretendeva, ogni impulsione politica del Brigantaggio, dimostrano per lo contrario che il vero suo movente è la politica. Alla stessa conchiusione mena un altro ordine di cause, che possono dirsi alimentataci: e che il Massari pone in mezzo per ispiegare donde venga al Brigantaggio la forza e la durata. In questo tratto noi siamo di bel nuovo costretti a confessare schiettamente che egli ha colto nel segno, arrecando in mezzo le cagioni vere, indubitate, efficaci. Sì: gli errori del Governo, l'inabilità e l'inerzia della polizia, i mutamenti continui dei pubblici officiali, le dissensioni dei cittadini, la prepotenza dei magistrati municipali, gli arbitrii feroci degli uffiziali della guardia nazionale, la propensione dei sindaci e degl'impiegati municipali in favore dei briganti, la connivenza del clero, e sovra tutto la persuasione comune fra quei popoli dell'istabililà del nuovo ordine di cose; sì tutte queste cagioni che egli ad una ad una annovera, e largamente svolge e commenta, queste cagioni, diciamo, esistono veramente, e veramente porgono al Brigantaggio non solo alimento, non solo fomite, ma eziandio saldezza, costanza, virtù di resistere a ogni sforzo contrario d'un Governo fortemente armato, e più fortemente ancora risoluto a valersi delle sue armi. Lungi però dal provare che il Brigantaggio non ha che fa nulla colla politica, esse concorrono tutte a provare che solo la politica lo tien vivo e vigoroso. Poiché quelle cause fomentatrici non esisterebbero al certo, o almeno non si unirebbero insieme al servigio dei briganti, se questi, invece di essere la frazione militante d'un esteso partito politico, non fossero altro che predoni armati a ruba dei cittadini, ed a saccheggio delle terre e città. Il ladro è un nemico pubblico: e se può in una terra trovare tra la feccia della plebaglia un manutengolo o un complico, non può certo trovar dappertutto fautori, aiuti, protezioni, e financo inviti ed applausi: anzi per lo contrario, per qualche complico che abbiasi in una terra, ha centra sè la popolazione intera, il cui sommo e primo interesse è la difesa della roba propria.

Nuovo e strano spettacolo è questo, a cui il Mas

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Noi fin qui abbiam seguitato con ogni fedeltà le orme della Relazione, adducendone tutte lo pruove, e mostrando che tutte conducevano alla conseguenza opposta a quella che essa ne deduceva. Possiamo però tenere altra via, la quale ci mena alto stesso termine, forse con maggior evidenza.

Ci si consenta di batterla rapidamente, perché dopo le cose ragionale possiamo farlo con franchezza e brevità grande.

La prima parte della Relazione è tutta destinala a dimostrare che la politica è estranea al Brigantaggio.

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Intanto i fatti, che vi si arrecano, danno del Brigantaggio tale una descrizione, che impossibile cosa è spiegarlo altrimenti che colla politica. Dunque l'assunto della Relazione è distrutto dal suo svolgimento, i fatti che si attestano non si adagiano agli argomenti per cui sono arrecati, e le conseguenze, che naturalmente la logica dei lettori ne tira, sono opposte all'intento del Relatore. Proviamolo. Popolazioni che per mezzo secolo sono state pacifiche, operose, contente, all'annunzio che il Re Francesco II è assediato a Gaeta, prendono a un tratto le armi, e s'uniscono insieme a formar bande e compagnie, con disciplina di leggi, e autorità di comando. Disciogliesi l'esercito napoletano, e molti degli antichi soldati regii fan corpo con queste bande, e le rendono più agguerrite o più tenaci. Sopraggiugne la legge della Leva piemontese, e i renitenti aumentano il numero dei briganti, e loro anzi ne forniscono la maggior parte. Tutti questi radunati insieme inalberano una bandiera, e questa è la bandiera dei gigli: hanno un grido di guerra, e questo è il grido di Viva Francesco II: hanno una formola di giuramento, e questa obbliga a combattere per un Re proscritto, per una patria soggiogala, per una religione perseguitala (pag. 89}, hanno programmi politici, e questi invitano i cittadini ad opporsi ad un oppressiva invasione, a scuotere il giogo d'un Governo detestato e detestabile (ivi}. Nè quei briganti sono manipoli di gente disperata in arme senza legami, senza vincoli, senza dipendenza, senza commercio colle popolazioni. Essi al contrario, tuttochè vivano d'ordinario nei monti, sono in continua comunicazione colle città e coi cittadini. Essi hanno traffico e dipendenza dai comitati borbonici (ivi) esistenti nelle varie città del Regno: hanno nelle varie terre una polizia bene ordinala (pag. 880), la quale è operosa ed efficace: hanno da per tutto i loro banchieri, i toro fornitori, i loro depositi (pag. 890}: ricevono regolarmente dalle città vitto, liquori, munizioni, bendature, medicinali, e financo ricovero negli sbandamenti, e cure nelle ferite o nelle malattie (pag. 889). Nè ciò è tutto: molli Sindaci e magistrali municipali aiutano i tentativi borbonici, e son d'accordo coi briganti; anzi il fatto di

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Or se questi sono i fatti, che la Commissione d'inchiesta è stata costretta d'ammettere, ed ha creduto necessità del non dissimularli, non forniscono essi a ribocco l'idea di una grande ed estesa fazione politica, la quale abbraccia ogni classe di persone, si adopera attuosamente con ogni mezzo, e della quale il Brigantaggio non è che la sola parie militante ed armata? È impossibile dunque il giudicare la politica come estranea al Brigantaggio, se vogliasi credere ai falli, asseriti dal Massari. Tanto è impossibile, che quantunque contraddicendosi, il Massari stesso lo assevera in più luoghi colle più formali parole. Lo assevera in un modo diretto, dicendo: «Fin dai primi giorni della liberazione delle province napolitano, appare evidente quella complicità attiva, efficace, sciente tra il Borbonismo e il Brigantaggio, che sussiste tuttora, e che avremo occasione nel prosieguo della nostra esposizione di additare alla Camera, con documenti irrefragabili ed autentici» 1. Lo assevera in modo indiretto, quando dopo essersi sbracciato a mostrare che il Brigantaggio è esclusivamente sociale, prorompe in questa strana protestazione: «A me sembra questione all'intuito oziosa il definire se il Brigantaggio sia esclusivamente politico, oppure esclusivamente sociale: essendo evidente che esso.... non cessa dall'essere adoperato ed usufruttuato per fini meramente politici.»

Conchiudendo adunque diciamo che per tre capi il Brigantaggio è nella Relazione del Massari dimostrato essere cosa al tutto politica: primo perché le ragioni che s'adducono per negarlo, invece chiaramente il confermano; secondo perché i fatti attestali in quella Relazione lo dimostrano evidentemente; terzo perché il Relatore medesimo è costretto a mal suo grado di confessarlo con frasi espresse.

LA RELAZIONE

DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA

INTORNO AL BRIGANTAGGIO

II.

Importa agli unificatori d'Italia non solo d'ovviare al danno che il Brigantaggio nel Regno delle Due Sicilie cagiona alla lor parte, ma eziandio trarne il maggior profitto che possano. Bisogna dunque che il Brigantaggio comparisca agli sguardi dell'Europa non come una reazione politica, ma come una piaga sociale: con tal arte si travia l'opinione pubblica, e l'oppressore si cangia in benefattore. Bisogna dippiù che si gridi forte essere il Brigantaggio animato, nutrito, diretto da Roma, perché Roma non è ancora occupata dal Piemonte: così si persuaderà alla diplomazia che, per far cessare un tanto lacrimevole flagello delle popolazioni napoletane, è necessario che Roma sia ceduta, cacciatone il re Francesco che vi è ospitato, ed esautoratone il Papa Pio IX che vi è Sovrano. Questo secondo è forse l'ultimo e principal fine inteso dai Governanti Torino: i quali d'opinione pubblica si ridono coraggiosamente, ma non possono ridersi ancora d'una diplomazia che ha ai suoi servigi spade ed eserciti. Ma se non possono ancora ridersi tale diplomazia, ne debbon fare certamente assai picciola stima in cuor loro,, quando le presentano a convincerla sofismi invece argomenti,

1 Vedi questo Volume, pag. 150 e segg.

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contrasensi invece ragioni, o per dir meglio, ragioni ed argomenti a rovescio. Questo ci proponiamo ora chiarire, tenendoci tra i promessi confini una severa brevità.

Noi potremmo cominciare dal supporre col sig. Relatore della Commissione il fatto, che egli indarno si sforza provare, che cioè in Roma si fomenti eziandio coi mezzi materiali la reazione armata nel Napoletano così dal Re come dal Governo pontificio: e chiedergli con qual diritto possa il Governo piemontese dolersi un tal eccitamento? Suonano ancora le aule parlamentari Torino dei millantamenti Ministri e Deputati, che han confessato aver essi promossa con arti diplomatiche, con invio persone, con ispedizione gente armata, con offerte armi e denaro, in una parola con ogni sforzo, possibile la ribellione nel regno delle Due Sicilie; la conquista così gran paese essere stata fruito delle industrie, degl'ingegni e della potenza del Governo piemontese; nulla aver potuto sperare da sè e dai suoi, senza l'efficace cooperazione del Ministero Torino. Tai millanterie corrispondevano ai fatti. La società nazionale Genova, che avea concepito il disegno occupare il regno , ricevea ogni dì per mezzo del La Farina, suo capo, consigli, aiuti ed ordini dal Cavour, primo Ministro del Re sardo. Le armi regie dell'arsenale Modena per ordine espresso del Governo piemontese furono date al al Medici e al Cosenz: e perché potessero sicuramente imbarcarsi, un tal Fasella, ispettore della questura, aiutato da suoi agenti, ne diresse il trasporto sul mare. Persano, ammiraglio Sua Maestà sarda, riceve ordine dal proprio Ministro, navigar coll'armata tra e gl'incrociatori napoletani, e riuscito a meraviglia bene lo sbarco a Marsala, le navi sarde trasportano geme, munizioni, denaro agli occupatori della Sicilia. In il Villamarina, rappresentante del Piemonte, conscio e complice dei disegni del proprio Governo, adopera ogni mezzo perché la trionfi. Più lardi, quando le sortì del regno si disputano sotto Capua ed in Gaeta, l' esercito del Re sardo, gittala giù ogni maschera, corre a ristorare le speranze affievolite e quasi perdute della Ciò pel regno nè meno ciò, sebbene senza pari successo, negli Stati pontificii.

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Qui i Ministri del Re del Piemonte, dimentichi ogni onore e d'ogni fede, si fanno organizzatori comitati rivoluzionarii, percorrendo le province e le città: qui i comitali organizzali ricevono denaro, istruzioni ed ordini del Governo piemontese per promuovervi la ribellione: qua si spediscono armi e munizioni, gente broglio e coltello, personaggi da scena e da faccende: qua giungono cartelli, giornali, polizzini, ogni sorta carte stampate per cura del Governo piemontese, affine eccitare gli spiriti e gittare il disordine: qua s'inviano commissarii e soldatesche a strappar frodolentemente province intere alla soggezione, dei Papi: e quando, rapita l'Emilia, scorgesi che l'Umbria può facilmente dall'operosità del legittimo suo Governo sottrarsi a quelle mene infami, qui ancora si gitta via la maschera, e si mandano eserciti a una conquista, aperta e violenta: e fattala si ripiglia l'antico gioco delle arti ipocrite, per istrappare ai Papi l'ultimo avanzo della loro Sovranità, le cinque province ancor rimasegli. Comitati che dipendono da Torino, denaro che è spedito da Torino, ordini che Torino emette, persone che da Torino sono spedile: e più i confini ricinti soldati, dì sgherri, e stradieri piemontesi, che hanno l'incarico concorrere tutti ad uno scopo solo, quello far nascere per ogni via possibile un ammutinamento nei popoli contro il Governo pontificio. Se questi sforzi, uniti insieme, non riuscirono finora a sommovere Roma, ciò non devesi a temperanza o a pudore quel Governo, ma a cagioni che esso indarno si studia

Or con qual fronte uomini che hanno sulla coscienza colali fatti, possono riprenderli in altrui? Concedasi pur dunque come vero che Roma sia il focolare del Brigantaggio; tutt'altri avrà dritto dolersene, fuorché la Commissione un Parlamento, nel quale è gloria l'averli promossi ed eseguili. Due bilance non vi debbono essere, nè due misure: e anche l'iniquità, se vuole accattar plauso e far seguaci, quando una volta ha preso nelle mani una bilancia falsificala a proprio vantaggio, è costretta a tenerla su, anche quando le ne torna danno. Rassegnatevi adunque, Signori della Commissione, che il gioco, al quale voi avete testè guadagnato un regno intero, si ripigli ora dai vostri emuli per ritentar la fortuna: e se fatta un

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Anzi vi è ancora qualche cosa che vi differenzia assai dai vostri avversarii: e questa qualche cosa consiste nulla più che nel divario che corre tra il rapire l'altrui, e il ricuperare il proprio. Voi eccitaste la in casa vostri amici; e l' eccitaste per usurparvi quanto essi possedevano più legittimo e più pienamente loro. Se essi ora eccitassero, come voi dite, la reazione contro voi, la ecciterebbero contro loro nemici manifesti, e per riprendersi ciò che loro si appartiene. Gli stessi fatti adunque, se prima erano tradimento e rapina, ora sarebbero rappresaglia e reintegrazione: se prima erano lesioni manifeste ogni diritto, ora sarebbero sforzi leggittimi contro l'oppressione. Il ladro che m'entra in casa, e in parte sostenuto dalla violenza delle proprie armi, in parte aiutato dal tradimento de' miei servitori, me ne caccia spietatamente, e vi si asside padrone in luogo mio, qual dritto potrà invocare in favor suo se quindi a poco.'rifatto animo e messomi in forze, io vengo ad assalirlo nella mal occupata casa, e cacciarlo dal non suo nido? Queste considerazioni sì naturali una volta si affacciavano al buon senso del popolo: e non v'era Governo si sfacciatamente tirannico, o diplomazia così audacemente sofistica che osasse contraddirle. Ora, crollata ogni base credenza e moralità, si rigettano come anticaglie con grande pompa vuoti paroloni, e si ha fiducia trarre in inganno i popoli come merlotti nelle ragne. Ma quel buon senso, se per un momento è sopraffatto, non si può estinguere: e sopra lui non si ottien mai altro trionfo, che effimero ed illusorio. Oggi esso stupefatto applaude al sofisma che lo illude: domani al lume della ragione disnebbiatasi, ed alto sperimento dei fatti reali riflette, e fa succedere all'applauso il silenzio, al silenzio il pentimento. Aspettale che i bisogni proprii della umana natura faccian sentire le loro punture: che gl'interessi della famiglia stimolino le più acute passioni del cuore umano: che i dettami della coscienza cristiana distruggano i sofismi e gli errori: e allora vedrete come il popolo sa fare giustizia questi inganni e quest'ingannatori cui fu vittima, volontaria forse, ma certo illusa e tradita.


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Se non che noi abbiamo finora supposto che Roma sia davvero il centro donde partono gli aiuti per la reazione del Napoletano. Ma nulla v'è più evidentemente falso, e per conseguenza ci affrettiamo a solennemente dichiararlo. Questi aiuti potevano consistere o nel denaro, o nelle armi, o negli uomini, o nei capitani che si spedissero a combattere nelle terre meridionali. Nulla tutto cioè comparso nelle lunghe indagini, rivolte dalla Commissione viaggiatrice a scoprire questo punto; nulla tutto ciò han mai rivelato i giornali, senza che sieno stati vittoriosamente smentiti; nulla han mostrato gli avvenimenti. I processi compendiali dal Relatore parlano denaro spedito in Roma a soccorso nobili indigenze, invece parlar denaro partito da Roma per soccorrere al Brigantaggio. Armi sequestrate dal Governo pontificio ci sono state: le somministrate chi le vide mai, donde furon prese, dove si adoperarono? Gli uomini usciti dall'esercito sbandato, o i disertori del nuovo esercito piemontese li ospita Roma, li alimenta, li occupa in utili lavori; ma lungi dallo spedirli a dubbii combattimenti, li frena, li contiene, l'imprigiona. Quanto ai capitani la cosa è troppo manifesta. Roma da l'asilo a parecchi degli antichi uffiziali dell'esercito napoletano, valorosi quanto fedeli, i quali ogni lor fortuna posposero al lor dovere. Essi son noiati dell'ozio presente, han l'animo pieno dispetto per le ingiurie tollerale, e vorrebbero vendicar le sevizie esercitate nella lor patria. Null'altro avrebbero desiderato tanto, quanto il brandir novamente la spada, in servigio del loro Re, e in difesa della lor patria. Se il re Francesco avesse davvero voluto promuovere cotesto Brigantaggio., il primo aiuto a dargli sarebbe stato l'inviare un capo tra quei che aveano più intemerata la fama onestà, e più certa la stima coraggio e scienza militare. Una sua parola bastava a ciò. Pur tuttavia non se n'è visto uno: e il Relatore stesso afferma che i guidatori delle bande son tutti gente nuova, corsa proprio capo alle armi. In che dunque consistettero questi aiuti forniti da Roma? Perché non isvelarli al mondo? perché non indicarli almeno? Un tal silenzio significa qualche cosa.

Ma non solo in ciò che tace, anche in ciò che asserisce la Relazione del Massari fornisce la pruova contraria al suo divisamente.

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Es

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artita da Roma, se qualche po' munizione è stata da Roma inviata in sui confini, non è stato per opera o per connivenza del Governo pontificio, o per mandato del re Francesco: sono stati sforzi singolari qualche privala persona, forse più zelante che prudente, e certo più volenterosa che o accorta o potente.

Il Governo pontificio ha per lo contrario dichiarato che esso è alienissimo dal dar qualsivoglia fomento alla reazione, sotto qualsiasi nome essa si presenti. fsè questa dichiarazione è una vana ipocrisia linguaggio. L'arte mentire per governare non è l'arie Roma sacerdotale: essa la lascia a quei politici, che ambiscono dì dirsi giunti all' altezza della civiltà moderna. Al Cavour era lecito, senza temer rimproveri da veruno, dire al suo complico la Farina: «Ella non è ministro: faccia liberamente: ma badi che se sarò interpellato... la rinnegherò come Pietro». Egli potea, senza credersi disonorato; dar ordini al Persano il , e mandar poi il Persano a Fenestrelle, se ciò fosse stato spediente a nascondere la sua complicità. A lui era conceduto, senza aspettarne infamia, biasimare in Parlamento la spedizion Marsala, e intanto ordinarla, aiutarla, dirigerla. Il Governo pontificio professò sempre e professa all'aperto ciò che esso vuole, ciò a che mira. Egli chiama pretesto l'unità d'Italia, furto l'annessione delle province, sacrileghe le leggi contro la Chiesa, iniqui i giudizii contro i Vescovi e i preti: essa protestasi centra le ingiurie sofferte, reclama pel proprio dritto, e aspetta colla fiducia chi fa assegnamento sopra la Previdenza la ristorazione dei danni sofferti. Ma al tempo stesso, in cambio eccitare i popoli alle armi, raccomanda la pazienza, e in luogo della vendetta offre il perdono.

Anzi vi è ancor più: nel fatto del Brigantaggio il Governo Sua Santità non solo si è astenuto da qualsivoglia cooperazione, ma si è opposto con ogni mezzo. Son noli al mondo i fatti, e tutte le calunnie degli avversarii non ne possono distruggere la troppo palese evidenza. Per togliere l'incentivo dell'indigenza nelle strettezze presenti dell'erario, si è esso incaricato del sostentamento parecchie centinaia antichi soldati napoletani, i quali avrebbero potuto essere dal bisogno spinti a procacciarsi nelle file dei briganti un pane, tuttochè pericoloso.

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Non si sono risparmiate visite domiciliari ili Roma e nelle province del Patrimonio, in quei luoghi ove la calunnia più che la fama pubblica indicava nascondigli armi e persone. Se qualche volta lo zelo irrefrenabile qualche privata persona ha fatto partire qualche picciolo pugno armati per ingrossar le file del Brigantaggio, non s'è tardato a perseguitarli, ad arrestarli, a ritenerli. E mentre ora scriviamo non sono forse i medesimi giornali della quelli, che fan colpa al Governo pontificio costringere nelle carceri parecchi questi militi ardili, che naturalmente vi stanno assai mal volentieri; e piuttosto che tal freno si stiman degni premio pel generoso fine, al quale essi vorrebbero consecrare il proprio coraggio? Una sola cosa non ha fatto e non farà il Governo pontificio contro i così detti briganti: esso non li fucila senza altra colpa e senza nessun processo, come fanno i Piemontesi. Forse per questo, presso i membri della Commissione d'inchiesta, incorre la taccia esserne manutengolo e complico. Molli però degli consti, ma più ardenti che cauti, si dolgono della severità dei principii, ai quali il Governo della Santa Sede informa la sua politica, che vorrebbero meno mansueta o più audace.

Non difforme ai sentimenti del Sovrano che regna in Roma, sono i sensi del Sovrano che vi ospita. Re Francesco ama vero affetto i suoi sudditi, e nulla tanto deplora quanto gli effetti disastrosi della guerra civile, che si combatte nelle province del suo regno. Esso difese a Capua ed in Gaeta colla spada in mano più che il suo diritto il suo dovere: nè la ringuainò per altro rispetto, se non per risparmiare il sangue dei suoi soggetti. Per salvar dai disastri d'una guerra, più che per recarla in luoghi più sicuri, ei si privò del sussidio morale e materiale che una sì grande città, e per soprappiù capitale del regno, gli profferiva. Per risparmiare alla guarnigione ed alla popolazione le vite, che il tifo e l'artiglieria piemontese largamente vi mietevano, più che per impotenza prolungar la difesa, ei si privò della speranza, che pure era probabilissima d'una tregua protratta, che potea dar tempo agli amici della sua dinastia volgere a suo prò le trattative

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Sì, quest'incitamento viene al certo da Roma: ma oltre che verrebbe da Parigi e dalla Cina al moto stesso, se colà fosse il re Francesco; oltre che viene in pari modo da ogni punto del Regno stesso, perché ogni punto del Regno porta scolpita la memoria dei beneficii fattigli dalla dinastia dei Borboni, e dell'indipendenza che sott'essi godevasi il Regno; oltre ciò, diciamo, quest'incitamento è la sola cosa che non dovrebbero gli uomini del Piemonte ricordar mai, perché esso consiste nell'affetto verso un giovane Re, accolto con tante speranze, e nel ricordo d'una vittima illustre della più flagrante iniquità commessa in questo secolo, e commessa da toro.

Non possiamo lasciare un tale argomento senza fare una considerazione molto efficace. Nessuno dubita, e meno tutti uè dubita il Massari, che il Governo imperiale Francia avversi efficacemente il Brigantaggio: e tutti intendono (manto to detesti e lo perseguili il Governo usurpatore Torino. Or bene, il Brigantaggio non potrebbe eccitarsi efficacemente in Roma senza la cooperazione questi due Governi, perché dentro Roma sono i Francesi, che v'hanno polizia e milizie, e intorno intorno a Roma i Piemontesi, che vi hanno milizie e polizia. Tutto ciò che in Roma potrebbesi organizzare dovrebbe ordinarsi sotto gli occhi dei Francesi: tutto ciò che da Roma potrebbe entrare nel Regno dovrebbe introdurvisi sotto gli occhi dei Piemontesi. Ciò posto, lasciamo stare le assicurazioni date dal Governo imperiale che questo Brigantaggio, che si pretende incitato da Roma, non è che una pretta invenzione, per trovar modo da gridarle centra; e leniamoci a questa semplice e natural conseguenza. Se il Brigantaggio delle province napoletane ha vero ed efficace fomento da Roma, esso o ha complico i due Governi Parigi e Torino; o non ha neppur complice il Governo pontificio e il Re L'una queste due conseguenze non può sfuggirsi. Gli aiuti al Brigantaggio non possono prepararsi ed ordinarsi in Roma, senza che i Francesi il sappiano, il veggano, il consentano: non possono penetrare nel Regno senza che i Piemontesi se ne accorgano, e li lascin passare. Tutto al più vi potrà essere qualche fatto singolare alcune persone aggiuntesi agli stuoli dei briganti sui confini, poche armi inviate nel Regno,

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alcune lettere ed istruzioni mandale, con arti così secrete che si sottraggono ad ogni vigilanza francese e piemontese. Ora perché non dite che esse si sottraggono alla vigilanza eziandio del Governo locale? Cosi al certo evitereste le contraddizioni e vi mostrereste uomini sagaci e senno.

Conchiudendo adunque diciamo che soccorsi materiali alla reazione del Napoletano non provengono da Roma in alcun modo, e che nulla vai tanto a convincerne i più ritrosi, quanto il leggere senza prevenzione alcuna la Relazione del Massari. Una cosa però non possiamo negare; se l'incitamento materiale non procede da Roma, l'incitamento morale, o come il Settembrini direbbe, l'idea non può non partire da Roma. Questo che voi chiamale con nome ingiurioso Brigantaggio, non è che una vera reazione dell'oppresso contro l'oppressore, della vittima contro il carnefice, del derubato contro il ladro, in una parola del dritto contra l'iniquità. L'idea che muove cotesta reazione è l'idea politica, morale e religiosa della giustizia, della proprietà, della libertà: e questa idea non trovasi incarnata in modo più manifesto che in Roma, non ha il suo centro più intenso che in Roma, non ha la sua tromba più sonora che in Roma. Il popolo to capisce da sè, e tien l'occhio rivolto a Roma. Finché in Roma s'insegnerà che v'ha nel mondo un mio e un tuo, sopra cui nessuno può stendere impunemente la mano: che l'ha un interesse morale e religioso nei popoli molto al sopra d'ogni interesse materiale: che la Chiesa Gesù Cristo ha ricevuto dal suo vin fondatore diritti imprescrittibili, cui nessun parlamento umano può distruggere e annullare: il popolo seguiterà a credere delitto la rapina d'un regno, sacrilegio lo spogliamento delle chiese, oppressione la licenza nei costumi protetta dal Governo e dalle leggi. Fan dunque cosa poco abile questi signori Deputali a ripeter tanto, che in Roma trovasi l'origine ed il fomento della reazione: essi dovrebbero per l'utilità della lor causa dissimulare questo punto, e farlo anzi, se potessero, dimenticare. Poniamo pure che A forza ripetere questo lamento riuscissero ad occupar Roma, e a cacciare in nuovo esilio il Re Che ne avranno conseguito?

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Quell'idea non la distruggeranno: perché essa non è scolpita sulle pietre

Roma monumentale, in guisa che possano cancellarla, come han cancellato gli stemmi delle scacciate dinastie; ma è incarnata nel Vicario di Gesù Cristo, che ovunque si rechi la porrà sotto gli occhi del mondo; e invece avran dimostrato al mondo più chiaramente che mai, il Brigantaggio essere cosa unicamente politica, e aver conforto dall'idea morale e religiosa, che solo regnava nella Roma sacerdotale.

III.

L'ultimo scopo della Relazione letta dal deputato Massari al Parlamento di Torino si è di suggerire rimedii morali ed efficaci a farlo cessare: e noi dicemmo che quella Relazione riusciva a proporre appunto per lo contrario rimedii immorali ed inefficaci. Un solo rimedio veramente morale e veramente efficace vi è di sradicare flno ogni germe di Brigantaggio, e questo consiste nel rimuovere quella sola cagione, che noi vedemmo dargli vita ed alimento. Restituite al regno di Napoli l'indipendenza che gli avete rapita, rimettete sul trono degli avi suoi il Sire che ne avete scacciato, ritornate alle lor sedi i Vescovi che ne avete sbandili, ai loro chiostri i religiosi che no avete strappati, alle loro dimore i cittadini che avete costretti ad abbandonarle, alle loro famiglie i genitori che tenete stivati nelle prigioni. In una parola lasciate il regno che occupaste, e partiti voi scomparirà ogni segno, ogni vestigio di Brigantaggio. Questo è il raro rimedio morale, il solo rimedio efficace, che il buon senso suggerisce; qualsivoglia altro rimedio riuscirà o ad essere tanto più immorale quanto più sarà efficace, o tanto più inefficace quanto meno sarà immorale. Un infermo non si guarisce che togliendo la cagione persistente del male: e non v' è errore più noce volo ad un malato, quanto lo scambiare una cagione per un' altra, e così a forza di combattere cause non esistenti lasciar ingagliardire l' unica vera. Questo errore è quello che commette ora il Governo di Torino. Esso nega che il Brigantaggio provenga da ragione politica, e lo attribuisce a ragioni meramente sociali. Intanto che cosa fa? Lascia sussistere la vera origine del male: e cerca rimedii per affievolire o togliere le false.

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Ma quali sono questi rimedii, che la Commissione propone? Ve ne ha di proposti per pompa: ve. ne ha di proposti in sul serio. Proposti per pompa sono tutti quelli, che vengono mentovati nella Relazione, e che non vennero neppure discussi, neppure esaminati nel Parlamento. Grandi lavori pubblici per occupar le braccia, e dar pane all' indigenza: grandi e universali costruzioni di vie: grandi istituzioni per agevolare i commerci: leggi favorevoli alla coltura: allargamento della pubblica istruzione, e via dicendo tutto uà intero sistema di provvedimenti civili, semplice lustra per abbarbagliare i semplici, una mostra e niente più di belle teorie, che sono una promessa larga con corto attenere, una speranza rimota con prossimo disinganno. I Piemontesi nel Regno di Napoli hanno finora distrutto molto, edificato nulla: e non v' è ragione che ci dia fondamento a credere che muteranno vicenda fra breve, e si correggeranno una volta. Di tali rimedii adunque non favelliamo, perché non essendo proposti per attuarsi in sui serio, non rimediano a nulla; o se hanno qualche efficacia pel fatto dell'averli proposti, inciprigniscono, coll'irrisione che contengono, viepiù la piaga.

Parliamo piuttosto dei rimedii suggeriti per porsi da vero in opera, e sono tre: uno militare, uno civile, uno politico. Il politico consiste nel riscaldare le pratiche di aver Roma nelle mani: il civile consiste nel cangiare i pubblici ufficiali del Regno in uomini più operosi e più devoti al Piemonte: il militare consiste nello stato d'assedio, a cui dovranno sottoporsi le province infeste dal Brigantaggio. quest'ultimo è posto omai in pratica, e i tre quarti del Regno di Napoli vivono, mentr'ora scriviamo, sotto il comando militare, con la sospensione di tutte le libertà e franchigie, non diciamo costituzionali, ma pur civili, e colla legge del sospetto non minacciata solo, ma largamente attuata. Il grido universale d'indegnazione che levano quei popoli caduti sotto una tal disciplina pretoriana, e V unanime riprovazione di tutti gli uomini di Stato d'Italia di qualsivoglia fazione politica, ci dispensano da ogni considerazione intorno alla moralità di tal provvedimento. Nessuno dei Governi passati della Penisola ebbe mai bisogno di lasciare in balìa per tempo sì indeterminato parte sì numerosa dei suoi stati alla sciabola del corazziere, e alla baionetta del bersagliere:

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e se qualche volta fu necessario di farlo per qualche giorno in qualche città, le grida del liberalismo europeo stordivano il mondo. Ipocriti! gridavate non per pietà, ma per invidia. Ora è venuto il vostro tempo, e ve ne rifate ben largamente. Ma qual vantaggio può ricavare il Piemonte in favor suo da questo stato d'assedio? La forza materiale quando è adoprata al servigio del dritto ha un'efficacia potentissima da per tutto; perché nel sopprimere l'audacia dei malvagi trova il consenso degli uomini onesti, che formano il maggior numero d'ogni popolazione. Ma quando è invece adoprata centra del dritto e della giustizia, quando questo diritto e questa giustizia costituiscono l'interesse più vitale delle popolazioni medesime, la forza se non è smisurata non vince, e anche vincendo non ha trionfo che effimero e dimezzato. Il fatto lo sta dimostrando nelle province napolitane. La legge Pica, unico fruito della Commissione d'inchiesta sul Brigantaggio, ha potuto riempire le carceri e le isole di sospetti, ha potuto costernare terre e province intere con inaudite vessazioni d'ogni sorta: ma non ha potuto distruggere una sola delle bande armale, anzi per lo contrario Re ha fatte più numerose, più ardile, e, ciò che è per tutti egualmente deplorabile, più crudeli. E già il Governo di Torino è costretto a mandare in Napoli nuove milizie per sopperire alla insufficienza delle antiche; già i diarii ligii al Piemonte invocano nuove disposizioni che rimediino ai danni che il rimedio stesso, così mal concepito e così male applicato, ha prodotto; ed oramai la quistione del Brigantaggio, piuttosto che soluzione, ha trovato in quella legge nuove difficoltà e nuove complicazioni.

L'altro rimedio del cangiamento degl'impiegati si va applicando ancor esso. Ecco nuova gente, cui si sottrarrà il frutto onorato delle sue lunghe fatiche iu servigio del pubblico, sotto il pretesto dell'essere languidamente fedele al cangiato ordine di cose. Ecco nuove famiglie privale del loro pane e gittate allo sbaraglio. Ecco nuovi cittadini posti nel bivio o d'incrudelire contro coscienza per dar mostra di zelo, o di cedere il posto ad uomini senza coscienza e senza merito.

Serie V, vol. VIII. fasc. 328. 07/11/63 434

E intanto qual pro' ne verrà al Governo? Avrà è vero gittata in bocca agl'insaziabili cerberi della rivoluzione tutto il suo pane: ma uomini nuovi, senza capacità e senza sperienza, cresceranno le difficoltà esistenti colle nuove difficoltà, cosi del loro zelo avventato, come della loro inabilità: e gli uomini antichi, scontentali sì crudelmente, cresceranno il numero dei nemici, che vai quanto dire dei briganti, o dei loro complici e fautori. Così questo Regno d'Italia, che dovea dare al mondo lo spettacolo di tanta maestà e grandezza, non offrirà altro spettacoto, che quello che ogni dì veggiamo nelle strade, di cani cioè che si disputano l'osso.

Il terzo rimedio, che la Commissione propone come il più efficace di tutti, si è l'occupazione di Roma. Qui diremo tutto intero il nostro pensiero, anche a rischio di parere troppo indiscreti ad alcuno. L'ultima fase della rivoluzione italiana sarebbe fuor d'ogni dubbio questa occupazione: ma sarebbe appunto l' ultima, perché con essa la rivoluzione comincerebbe la sua disfatta. Non è questa la prima volta che si agogna al trono, che la Provvidenza ha serbato pel Successori di Pietro: nò sarebbe la prima volta che i Papi esulerebbero da Roma. Quarantadue volle in dodici secoli fu tentato di usurpare il trono a Pietro, quarantadue Pontefici furono scacciati da Roma: e chi li scacciò fu ora la rivoluzione, ora la prepotenza, ora lo scisma; ma quarantadue volte altresì essi vi ritornarono più gloriosi e più riverili di prima. Se la Storia ha le sue induzioni, questa è la più certa e la più lunga: ed essa e' insegna che Roma è divenuta terra fatale a qualsivoglia conquistatore profano. Chiamisi Cola da Rienzo, o Napoleone il grande: chiamisi Arrigo o Mazzini, se avran mai la sventura di por la mano sull'eredità di Pietro, l'ebbrezza del loro trionfo non sarà di lunga durata. Ciò che sembrò un momento l' abbassamento del Principato temporale dei Papi, e il trionfo dei suoi avversarii, non fu che la costoro distruzione e la gloria del Papato. Riesca pur dunque la rivoluzione a insignorirsi novamente di Roma: l'enormità del suo trionfo è il segno più certo della prossima sua sconfitta. Occupando adunque Roma voi credete di sconfiggere il Brigantaggio delle Province napolitano: e invece che cosa fate? Accendete, per così dire, il Brigantaggio in tutti i paesi cattolici, se Brigantaggio è per voi lo sdegno d'una coscienza indipendente, che non sa patteggiare coll'usurpazione e colla iniquità.

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Trecento milioni di cattolici vedranno offeso il diritto più caro che essi abbiano, l'indipendenza della loro coscienza: vedranno avvilita l'autorità più augusta che essi venerino in terra, il Capo della lor Chiesa. Se alla sola minaccia di tal pericolo le protestazioni di migliaia e di milioni di voci si levarono da ogni angolo della terra ad avvertire il mondo della generai costernazione, che quella minaccia spandeva nell'universo; allo spettacolo del seguito disastro le protestazioni daranno luogo alle opere, le grida ai fatti. In questa lotta gigantesca del mondo cattolico colla rivoluzione il successo non è dubbioso.

Noi qui prescindiamo da ogni considerazione di ordine soprannaturale. Consideriamo i fatti quali ora ci si offrono, e contempliamo l'avvenire nel passato. Ma se ne prescindiamo noi, non ne prescinderà certo la Provvidenza, che avendo stabilita Roma sede al capo della Chiesa di Gesù Cristo, e data a questo Capo dritto d'inalienabile indipendenza, e questa indipendenza collegala, noll' grdine presente delle umane società, col Principato civile; questo Principato salverà d'ogni urto nemico come opera sua. Non adunque contra i milioni soltanto dei Cattolici, ma contro la Provvidenza medesima dovrà lottare celesta rivoluzione. Noi non sappiamo qual'è la vittoria che Dio ha riservato alla Chiesa: sappiamo che essa vincerà. Forse questa vittoria sarà che Roma non cada nelle unghie dell'idra rivoluzionaria: forse sarà che da quello unghie venga strappata dopo la caduta. La Chiesa di Gesù Cristo ha questo di differente da tutte le altre istituzioni umane, che i travagli e le persecuzioni, e flnanco i martirii la rendono sempre più pura, sempre più bella, sempre più gloriosa. Per lei dunque non v' è altro da prevedere, che o la preservazione dal disastro, o la restaurazione dopo il disastro: ma dopo il disastro guai ai persecutori, e tanto più guai quanto maggiore sarà stata l'afflizione per loro cagionata a questa sposa sì diletta a Dio Redentore. La proposta dunque di occupar Roma, perché il Brigantaggio si distrugga, se non è proposta da buon Cristiano, neppure è proposta da buon politico. Essa equivale a dire: l'indipendenza nazionale tolta a un popolo otto milioni ha generato una reazione molestissima e pertinace:

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a farla cessare togliamo quest'indipendenza ad altri popoli, anzi togliamo l'indipendenza della coscienza a tutti i popoli cattolici: cesserà allora ogni cagione malcontento, e noi dormiremo sicuri sulle nostre conquiste. Tal è la moralità e l'efficacia questo rimedio, che la Commissione chiama principalissimo e radicale.

Ma egli è tempo conchiudere. La relazione del sig. Massari volea persuadere all'Europa tre cose: che il Brigantaggio napoletano è conseguenza del mal Governo antico quelle province: che ha il suo incitamento e il suo sostegno in Roma: e che però a farlo disparire più che qualsivoglia altro mezzo, efficace soltanto sarà il dar Roma al Piemonte. Ma in vece quella relazione' riesce a persuadere tre cose appunto contrarie alle divisate. Essa dimostra in primo luogo che il Brigantaggio è sorto nelle province napoletane solo perché fu colà distrutto l'antico Governo, e sostituitovene uno mal viso e mal atto: dimostra in secondo luogo che Roma non ha che far nulla con quel Brigantaggio, o se ha che farvi qualche cosa nel principio che lo genera, ciò non è che una condanna più pel Piemonte: dimostra in terzo luogo che se tutti gli altri mezzi disegnati sono dalla ragione e dallo sperimento chiariti inefficaci ed ingiusti, più degli altri inefficace ed ingiusto è quello tanto desiderato dal Piemonte occupar Roma. Noi dobbiamo adunque saper grado alla Commissione dell'aver pubblicato questo suo giudizio. Esso è la condanna quanto la ha fatto sinora in Italia; ed il documento più autentico per dimostrare che è tanto impossibile il ritenere stabilmente gl'Italiani sotto un solo scettro, quanto fu facile il congregarveli per un momento. Essi furono parte sedotti, parie vinti. I sedotti si sono disingannali, perché han toccato con mano qual è nel fatto la felicità che loro era stata promessa a parole. Han veduto distrutte le leggi tradizionali del loro paese, han veduto aggravati i loro beni non mai più preveduti balzelli, han veduto sciupato il pubblico tesoro, han veduto mal protetta la loro proprietà, mal difese le loro persone, esposte a continui repentagli le loro vile; han veduta la licenza distruggere il buon costume, la persecuzione opprimere la Chiesa, il proselitismo protestante minacciare d'ogni parte la lor fede medesi

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