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ROMA

E

LE MENZOGNE PARLAMENTARI

NELLE CAMERE

DE COMUNI DI LONDRA E DI TORINO

PEL

CAV. TEODORO SALZILLO

SOCIO CORRISPONDENTE DELLA ROMANA ACCADEMIA DEI QUIRITI EC. EC. EC.




MALTA 1863

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PREFAZIONE

La rivoluzione pervenuta a travolgere le menti con un falso filosofismo, a scambiare il senso dei vocaboli della lingua, a manomettere il retto ragionare con una logica tutta propria, a sublimare la sempre crescente illusione dei più abominevoli vizi e delitti (1) ed a canonizzare l’assassinio; dubitando che i popoli non si facessero accorti dell'inganno in cui erano stati trascinati, cercò una leva potente, la quale con la sua forza potesse tenerli desti ed indecisi. l’organizzatore della strage mondiale, Lord Palmerston, che della rivoluzione è il primo protettore, non pel bene della sociale Famiglia, ma perché la mercantessa Albione ne traesse profitto, senza durar fatica, la rinvenne nella negazione del vero.
(1) Lettera Enci: di Pio IX 10 Agosto 1863


E siccome questa figlia di Satana si è identificata con lui, cosi, onde avesse possanza maggiore, l’ha sublevata agli onori parlamentari. Difatti vediamo, che di essa si è servito a muovere guerra alla Chiesa, ed al Vicario di Cristo, di essa si è servito, per mezzo della virulente eloquenza di Sir Gladstone ad attaccare l’immortale Re FERDINANDO II; di essa ha fatto uso, per mezzo della stampa venale, a diffamare gli onesti e ad onorare della apoteosi i Regicidi; di essa si è servito nel Congresso di Parigi, per mezzo di Lord Clarendon, a rovesciare i troni d9Italia, segnando loro una dichiarazione di Guerra in un trattato di pace; alla fin fine di essa si serve tutt'ora ad assalire la Corte Romana, e l’Esule Sovrano FRANCESCO II, non che la bella, la religiosa, la Eroica, e la rassegnata Sua Consorte MARIA SOFIA, innanzi a Cui, ogni testa Coronata in segno di onore, di rispetto e di ammirazione s'inchina; ed attribuisce loro la causa del movimento nazionale che si verifica nel Regno di Napoli, dichiarandoli responsabili di quel sangue che si versa in quelle depauperate contrade, una volta floride e doviziose.

Ed abbenchè con atti autentici e con prove d'incontrastabili fatti sia stato sempre smentito, senza però mai arrossirne, pure gli allievi

della sua scuola che cicalecciano nella Camera di Torino, non si sono mai arrestati a fare sfoggio di valentia a chi sapesse più mentire, sbugiardandosi a vicenda e senza vergognarsi in riparazione dell’offesa, sono venuti a duello; per dimostrare la gran concordia che regna tra i parassiti, che si strombazzano rappresentanti dell'acefalo Regno Italiano.

Noi indegnati della loro sfrontatezza, annodati di più leggere negli atti ufficiali tante spudorate menzogne, ci siam decisi gettarli un guanto di disfida, e far rilevare che quanto si è detto nella Camera de’ Comuni di Londra ed in quella di Torino, contro la Corte Romana, contro FRANCESCO II, e contro gli altri Principi spodestati, tutto è falso Ed acciocché gli avversari in politica non ci potessero addentellare nell’esposizione del lavoro, ci serviremo, come documenti di appoggio, delle ragioni, delle opinioni e dalle confessioni, che la maggioranza dei componenti le due Camere, ha fatte, emesse e dedotte. Le loro tornate ci saranno a guida, e la stampa liberale ci starà in sostegno.

Fidenti nel vero, e disprezzando gl9ignoranti, e gl’invidiosi calunniatori, scenderemo nella dura, ma per noi piacevole palestra.



CAPITOLO I

In un secolo come il nostro, che i ciechi della mente, lo appellano dei lumi, non è da maravigliarsi, se la MENZOGNA, benché di gambe corte, avesse fatto tanto progresso, da ottenere la confidenza degli uomini di Stato, perché i Gabinetti dei quali fan parte questi mostri d'iniquità, sono le più orrende fucine del mendacio. Percorrendo la Storia del secolo passato fino ai nostri giorni, troviamo che la Diplomazia Inglese, e quella del Piemonte è stata sempre fedifraga e menzognera; la prima per effetto di lucro, il secondo per causa di ambizione, la quale come ci dice l’Apostolo delle genti, è la sorgente di tutti i mali (1) e quando cuoce l’anima dell'uomo,


(1) Epist: 1. Ad Ethimoth. e. 6.


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questi, senza scrupolo, e per salir sublime, non si arresta a calcar del padre e del fratello il capo (1).

Noi tralasciando ricordare le cose passate, ci facciamo ad esaminare i politici avvenimenti dal 1848 in poi, e più segnatamente dal 1859 fino ad oggi.

La rivoluzione dopo la sconfitta subita nel 1848 e 1849, a prepararsi in dare il decisivo assalto ai Principi d'Italia, si ha servito dei due grandi Corifei delle scelleragini, cioè Lord Palmerston e Cavour; il primo dalla sua tribuna, ed il secondo dalla Camera di Torino, sono stati indefessi a lanciare parole d'ignominia contro i diversi Governi Italiani, accusandoli di tirannia, d'inciviltà, d'insufficienza. La stampa prezzolata a quindici centesimi la linea, come ci confessa un Deputalo, (2) echeggiando alle bugiarde assertive dei due Caporioni della setta e dei loro satelliti, cercò sempre persuadere gl’incauti essere quei detti non altro che evangelio.

Rovesciati per opera di queste mine i Troni d'Italia; avendo contribuito a questo sfacelo del dritto pubblico, di molto i miracoli dell'Oro Piemontese, come ci assicura quell’anima candida di Farini, rimase in gozzo ai rivoluzionari


(1) Monti = Basvilliana =

(2) Petruccelli della Gattina


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il Trono Pontificale, al quale abbenchè tolto molte puntelle, pure non cadde, perché ha per custode e vindice Gesù Cristo che lo edificò.1 Non per questo cessarono di sperare; ma veduto che la speranza gl'illudeva, si posero l'animo in pace; riponendo l’opera nel tempo, e nel soccorso dei suoi potenti allegati Quello però che li affanna e che più li tormenta, facendoli sbalzare da letto anche nelle ore che la notte divide, è la permanenza di FRANCESCO II in Roma, dal quale, come essi dicono: partendo l’idea incoraggiatrice degl’insorgenti del Regno di Napoli, l’unità Italiana non può effettuarsi!..!!

Queste parole se non venissero dette dal Massari, (1) noi avressimo riso di cuore, ma perché profferite da un pater patriae, le prendiamo nel serio per ismentirlo in altro luogo, e dichiararlo calunniatore

I rivoluzionari benché trovato nel Trono del Papato un frutto da non potersi inghiottire, per non morirne, come saviamente fa riflettere un luminare Francese, (2) benché fatta ogni prattica per allontanarsi il Re delle due Sicilie d'innanzi agli occhi, sempre già infruttuosa, pure non si sono scoraggiati di rendere schiava interamente


(1) Relazione sulla legge del così detto Brigantaggio.

(2) Tbiers


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l'Italia, con l'intervento della menzogna, unico mezzo che gli rimane.

Se si ricordassero, che l’opera degli empi deve perire; e che se Iddio permette una qualche volta, i popoli venir trascinati nelP inganno per intrigo del mendacio, non permette però che la vittoria duri, smetterebbero ogni idea di unità ed abbandonerebbero l’inganno e la menzogna, perché la sola via che mena alla tranquillità, al benessere ed al compimento della Giustizia è quella del vero.

Nei consecutivi capitoli noi andremo esaminando le menzogne di maggior rilievo, tralasciando le minori, che con bronzina fronte si sono pronunciate da Lord Palmerston e dai suoi seguaci a danno della Chiesa, e dei Sovrani d'Italia, ed in conseguenza a rovina dell'Italia medesima.

Daremo principio col dimostrare: che la rivoluzione in Italia è stata cosmopolita e non Italiana; e che i Principi spodestati sono scesi momentaneamente dai loro troni per opera del Piemonte, e non per volontà dei popoli, come si vuole sostenere.



CAP. II


Che la rivoluzione Italiana fu cosmopolita, e che i Principi dell'Italia furono spodestati dal Piemonte per ambizione, coll’appoggio morale dell’Inghilterra, nella credenza di fare un lucro ed un’onta alla Francia, senza che i sudditi di ciascun Sovrano ci prendessero parte, o si compiacessero, non è duopo per la dimostrazione durar tanta fatica; perché potrebbe sembrar difficile soltanto a chi è ignaro dei fatti che si son compiti in Italia dal 1848 fin'oggi.

Senza riportare il lettore a riscontrare nella storia, da chi s’ebbe origine il movimento rivoluzionario del 1848, perché è da tutti risaputo, ci faremo a condurlo al Congresso di Parigi, nel quale si segnò la fine del dritto pubblico Europeo, (1) e senza temere di andare errato giudichiamo che la causa prima dello scompiglio sociale derivi da quel Congresso appunto, perché in esso non si trattò dare un assesto di pace, ma un segnale di Guerra. In esso si carezzarono, si incorarono i rivoltosi coli introdursi in casa altrui e farvi da giudice. Vi si trattò Io spogliamento del Papa, col discutere la quistione delle Legazioni, propugnando la loro amministrativa separazione da Roma, (2) per poi in prosieguo annetterle al Piemonte (3). In esso si decretò la caduta dei Principi d'Italia, quando Cavour


(1)Lamartine

(2)Nota Verbale del 27 Marzo 1856 del Conte Cavour e del Marchese Villamarina a Lord Clarendon ed al Conte Walewschi

(3)II Nord giornale del 16 Maggio 1856 N.° 137


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diceva nel 16 Aprile Ì856 La Sardaigne est le seul État de l’Italie, qui ait pu élever une barrière infranchissable a l’esprit rèvolutionnaire, espressioni che si traducevano in vero appello alla rivolta. Lord Clarendon benché veniva rimproverato: che l’Inghilterra non aveva dritto d’intromettersi negli affari degli altri paesi (1), e che come popolo isolano era inetto a conoscere te nazioni straniere, (2) pure fece eco alle parole dei plenipotenziari Sardi, i quali gonfi di tanto appoggio sfrontatamente dissero «che essi rispettavano i trattati ma non erano insensibili al grido di dolore, che da tante parti d’Italia si levava verso di loro» Chi da questo non rileva che il Piemonte maturava il disegno di spodestare i Principi Italiani ed impadronirsi delle loro Corone, col pretesto di rendere l’Italia Unita; facendo credere essere questo il desiderio degl'Italiani? Chi non vede che l'Inghilterra prese argomento nel Congresso di Parigi per declamare contro il Papa e contro gli altri Principi d'Italia, onde apprestare aiuto alla Marianna che risiede in Londra? I discorsi di questo Congresso non furono altro, a dirla con più chiarezza, che scintille lanciate per appiccare il gran combustibile rivoluzionario, dal quale partendo inviperite, fiamme, tutto


(1) Sidney Herbert

(2) Giorgio Bewer


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divorassero, come è accaduto. Ed intanto la Diplomazia si sta inerte e filosofica, ne prova le molestie, e non vi oppone riparo.

Lasciando quel Congresso e passando a rivedere gli atti del Piemonte dal 1856 fino al 1860, noi non ci troviamo altro, che una continuata cospirazione contro i Principi d'Italia, ed acciocché il fuoco, che si nascondeva nei spechi tenebrosi custodito dalla setta, divampasse, si cominciò col far circolare per tutta Italia i discorsi di Buffa e di Cavour, che come dice un Deputato (1) infusero «audacia e coraggio nei fratelli» Dopo si fece sbarcare Bentivegna in Sicilia, quindi Pesacane verso Napoli, e per mostrare che gl’Italiani volevano fondersi in uno, come metallo, si finsero delle coniazioni di medaglie a Cavour in congratulazione ed in ringraziamento di quanto aveva detto nel Congresso di Parigi pel bene dei diversi stati Italiani. Ma chi non conosce che queste medaglie fecero poco cammino per giungere a Cavour, perché coniate a Torino e pagate dal governo, il quale pagò pure il mezzo busto che si gli fece a Firenze? Questa verità fu ripetuta da tutti i giornali ed avvalorata dalle proteste, che i diversi popoli d'Italia fecero per ismentire quanto dalla stampa


(1) Lorenzo Valerio 7 Maggio 1855


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rivoluzionaria si asseriva all'uopo. Poscia si riconcentrarono nel Piemonte tutti i ribelli ad ogni Sovrano d’Europa, con finzione di accordar loro una generosa ospitalità. Dopo d’aver comprato quelli che sedevano ai scalini dei diversi Troni, Cavour non tardò a mandare emissari nella Toscana, nel Modenese e Parmense, ove preparata l’annessione dal Boncompagni con gli ottanta carabinieri, fu decretata coll’aiuto di Gualterio e dei buoni d’oltre confine (1). E chi legge le rivelazioni di Curletti pubblicate a Bruselles, vedrà il modo come si prepararono le annessioni, e come il Povero Farini la proclamò a Modena. Compite con vittoria le suddette tre annessioni, con schifosi maneggi, con corruzioni e turpitudini, Cavour come dice un Deputato (2) si affrettò ad inviare altri annessionisti nelle Marche e netl' Umbria, ove con Pepoli, le avessero predisposte, a non fare resistenza alla invasione piemontese; ma conoscendo che i napolitani, non volevano, o non potevano muoversi (3) benché avrebbero dovuto iniziare l'opera rigeneratrice, spedì Garibaldi in Sicilia, mandandogli continuamente rinforzi di soldati, ed incaricò Persano a smuoverli, ad ajutarli, e l’ingiunse: che se mostravansi testardi, li avesse in


(1)Lettera di Cavour a Gualterio

(2)Bertoni — tornata del 19 Giugno 1863

(3)Lettera all'ammiraglio Persano


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massa fucilati, e metragliati, perché IL TEMPO DELLE GRANDI MISURE ERA ARRIVATO (1). Se il Governo di Torino disapprovò officialmente la spedizione di Marsala, lo fece per ingannare la pubblica coscienza; e due deputati (2) ci confessano non solo che quella spedizione fu opera di Cavour ma ci testificano che i fucili fintamente sequestrati venivano subito riconsegnati. Questi fatti, per la pubblicazione dei documenti di Nicomede Bianchi, non sono estranei all'Europa, perciò crediamo essere una sfacciataggine ripetersi ogni giorno: che gl'Italiani spodestarono i loro Principi, per annettersi al Piemonte, e che insorsero spontaneamente) senza spinta di alcuno!... Se l'Europa si fece ingannare dai mensogneri dispacci di Torino, e stette immobile alla vista di tante infamie e di tante scelleratezze, come potrà oggi assistere passiva agli altri attentati del dritto divino ed internazionale, che vogliono consumarsi sempre con l’inganno e con la frode?

Potrà mai qualcuno dire: gl’italiani vogliono l'unità? Solo la stampa, venale potrà sostenerlo, ma ne viene ripagata col disprezzo. Quel Dio pero che tutte le cose modera e regge riparerà certamente a tanto danno! «Ma si ripete ogni giorno: quando avrà termine il trionfo della

 

(1) Dispaccio telegrafico a Persano

(2) Bixio — e la Farina


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rivoluzione? Quando questa finirà di devastare la Chiesa, e di tenere in iscompiglio i popoli? Se noi potessimo segnare la fine di tanta calamità saremmo fortunati, ma da quanto però possiamo desumere dalla sana ragione, dal dritto che è fonte divina, e dalla Giustizia che è l'immagin vera di Dio, assicuriamo i buoni, e sofferenti cattolici che quanto prima la Giustizia ed il diritto trionferanno dell’iniquità, e della menzogna. E non può mancare. Primo perché la rivoluzione figlia di Satana è nemica all'ordine, quindi a Dio che è ordine per essenza, e perciò la lotta con esso può farsi, ma non riportarne vittoria. Secondo perché la rivoluzione tendendo a sbarbicare il dritto e ad alterarlo, questo non può aver luogo, perché il dritto è eterno, ed immutabile, e se per poco si collide, resta sospesa la sua attività relativamente alla sua collisione, ma non resta annullato; tanto più se questa sospensione di azione avviene non per opera del possessore del dritto, ma per la violenza di un gagliardo potere. Da ultimo perché la rivoluzione avendo per suo scopo principale estirpare radicalmente il Cattolicismo da ogni cuore e di abbattere dalle fondamenta la Chiesa Cattolica, non può non solo ottenere il risultato del suo fine che desidera, ma quanto che deve essere umiliata in una totale sconfitta. E su di questo ne siamo certissimi,


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perehè abbiamo & mallevadore Colui che siede maestoso sul Trono dei secoli, il quale nel venire qua giù fra gli uomini a fondarla ed a lasciarvi un Custode, lasciò detto: che le forze dell'Inferno, (ossia i rivoluzionar!) non potranno abbatterla, non potranno divellerla, anzi serviranno per farla risplendere di maggior grandezza, di maggior possanza, di più bella e luminosa maestà.



CAP. III


Se a qualcuno venisse talento riflettere, su gli atti del Ministero di Torino e su quello della Camera, i di cui componenti non solo sono tutti rivoluzionari, ma, come li chiama un giornale di livrea (1) birrichini ed asini, noti troverà certamente un lavoro ehe possa migliorare le attuali condizioni d'Italia, un progetto, che potesse farne lusingare la probabilità, anche in tempo lontano; però vi rinverrà un continuato combattere di opinioni e di pretensioni, un vicendevole accapigliarsi per vedere a chi spetta di più ed a chi di meno affondare ambo le mani nelle casse del Tesoro, sempre rafforzate d'imprestiti e d'imposte. Ed abbenchè il presidente l'invita, li prega, li scongiura dì sacrificare tutti


(1) La Nazione di Firenze


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i piccoli attriti di personalità, per occuparsi solamente dell'Italia, (1) essi non lo ascoltano, ed invece cospirano assiduamente contro la verità, facendo da veri pappagalli ai detti di Lord Palmerston. Non appena questo primo Ministro Inglese disse: che l’Italia si era alleggerita dal peso dei Sovrani tiranni, secondando le aspirazioni del Piemonte, annettendosi ad esso, ben tosto il benemerito Hudson li gonfiò in modo, che ancora non hanno perduto il fiato, e perciò predicano, ridicono e strombazzano: che tiranni erano i Sovrani d'Italia, perché negavano la libertà.

Noi scevri da servilità, e non timidi a dire il vero, per far giudicare al lettore a chi spetta: il titolo di Attila o di Nerone, faremo il confronto del presente col passato d'Italia, dal quale ognuno potrà giudicare se furono tiranni i Sovrani esuli rassegnati, o pure quel Sovrano che insanguinate le terre d'Italia; che spogliate tutte le Chiese; che trapiantata l'immoralità dove l'onestà e la Religione trionfavano, osa con insulto a Dio ed agli uomini, farsi chiamare Re Galantuomo e Re d’Italia per grazia di Dio, e per volontà della Nazione. Oh! se questo Re barbaro e non galantuomo avesse appreso come il Re


 (1) Tornata del 20 Giugno 1863



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Federico Guglielmo (1) che la corona che è frutto della rivoluzione non imprime sulla fronte il sigillo della Grazia di Dio, la stimerebbe come un collaro di ferro, che lo tien stretto pari a schiavo. E se Carlo Alberto agente e protettore della rivoluzione si gli dimenticò dire: che questa è l'abolizione dell’ordine divino, il disprezzo ed il rovesciamento del dritto e della giustizia, lo imparerà quanto prima, a proprie spese.

È noto a tutta l’Europa che il Regno di Napoli sotto la dinastia Borbonica era un Eden per le scienze, per le arti, e pel commercio, per la libertà, per la sicurezza della vita e per ogni prosperità, che rende grande ed invidiata una nazione; e tutto ciò è confermata dalla Confessione di Nicotera, di Ferrari, di Ricciardi e di tanti altri suoi nemici, non che dallo stesso Napoleone III, nella lettera che scriveva al suo caro Vittorio Emanuele. Di fatti in quel Regno non vi si trovavano debiti, non aggravi e non ladri, né di tavolino, né di campagna. Le Finanze erano le più prospere dell'Europa, e si credeva fortunato, chi sotto FRANCESCO II, era possessore di una cartella del pubblico debito. L'imposte poche e lievissime; la Sicilia era esente dalla


(1) Risposta del Re di Prussia del 18 Giugno 1849 alla lettera di Ernesto Maurizio Arnot del  detto mese ed anno, con la quale lo impegnava di accettare la Corona dell’Impero Germanico


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coscrizione militare e godeva tanti benefìci, che oggi li piange, perché privatane li conosce. Ed il Piemonte, colla sua libertà forzata, ha immiserito quel Regno, lo ha insanguinato, che tutti gli abitatori di esso ne maledicono il nome.

Tutti conoscono che le Provincie tolte al Santo Padre erano le più felici, le più contente pel paterno regime che vi si usava dai preti; per la leva che non vi era, perché il Governo Pontificio non sacrifica l'individuo sull'altare del Dio-Stato; pel commercio che vi fioriva e per la tranquillità che vi si godeva.

Niuno ignora l’angelico Governo della dinasta di Lorena nella Toscana, la cui capitale si poteva chiamare l’Arsenale dell’Arti, delle scienze, delle lettere e di quanto serve a rendere grande e bello un reame.

Tutti sanno il dolce governare del Duca di Modena, e della Duchessa di Parma, la quale fu richiamata per ben due volte dal suo fedele popolo; e pure pel primo, si voleva anche intentare un processo, perché nell’abbandono della sua Regia aveva seco portato porzione della sua robba particolare. E Farini che per lo spoglio del Duca di Modena aveva cambiato stato (benché era contento e risoluto a morir nella miseria) faceva eco, anzi incoraggiava nella camera dei furfanti di mettere in atto il progettato processo.


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Da quanto dicemmo si è osservato, che l'Italia sotto i diversi Governi era la più florida delle Nazioni da farsi invidiare, ed i popoli n'erano contenti a dismisura, e perciò non si possono chiamare tiranni i Principi che la reggevano! Anzi per noi sta, che non vi e stato, e né vi sarà mai uomo, così crudele, come l’ltalianissimo Re, poiché oggi l'Italia governata per forza da costui non è più un Eden, ma è un emporio d’immoralità, un teatro di guerra fratricida, un inferno abitato da pochi Diavoli in carne, ed un terreno in fine, dove l'abuso, il capriccio e l'ingiustizia trionfano. Sé osserviamo i balzelli donati dalla libertà non può sostenersene il confronto con quelli della tirannia Un giornale (1) ci faceva osservare che la Toscana sotto il dispotismo pagava tre milioni, e sotto la libertà otto. Modena prima contribuiva un milione alla cassa dello stato e poscia tre. Le due Sicilie sotto FRANCESCO II, pagava otto milioni sotto il Galantuomo, poco dopo il plebiscito, ne pagò quaranta. Tutto questo aumento era il sol prodotto di cinque tasse, ma dal 1861 al 1863 grandissimo divario vi corre; poiché oltre gli aumenti prefati, vi sono moltissime tasse che un altro giornale (2) ce ne fa rassegna. Esse gravitano sugli atti civili, e sui


(1)II Piemonte

(2)La Stella del Sercbio


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giudiziari; su i contratti, su i beni di corpi morali e sulle società commerciali; sugli atti amministrativi, sul Bollo e sul decimo di guerra; sulle università, sulla ricchezza mobile e su i prezzi di trasporto; sulle carte da giuoco, sul vino e sull’aceto; su i majali, su i bovi e sulle pecore. Dalla quale rassegna solo manca la tassa sui montoni, su i ciarlatani e sulla menzogna, il prodotto di quest'ultime, se i rigeneratori d’Italia vi pensassero, basterebbe a ristorar le finanze, a pagare i debiti, e ad impedire novelli prestiti, perché quelli che dovrebbero contribuire per queste tasse sono lutti doviziosi ed in gran numero!

Ma perché descrivere noi lo stato infelice d'Italia sotto il governo liberalissimo, se un Ricciardi ce lo dipinge, come pratico, meglio di noi? Esso incomincia col delinearci il Regno di Napoli sotto i Borboni come il più florido ed ora è fatto spettacolo misero di abbietta provincia. E parlando in generale dell'Italia penisola soggiunge: che sotto gli antichi dominatori era oggetto d'invidia, ma oggi è degna di pietà, e non trova chi ce ne usa, poiché tutti la scherniscono, gli stessi amici la disprezzano e la fanno giocare come una scimmia. E noi aggiungiamo che l’Inghilterra e la Francia che tanto han gridato per la libertà d’Italia, esse stesse ci fanno una partita al pallone «La prima caccia, la seconda


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ricaccia, ed il fantolin Venosta servendo ad amendue i giocatori, umilmente prostrato presenta il pallone e bacia la mano» Quindi il Ricciardi passando sulla situazione odierna del Napoletano dice: «migliaia d'uomini sono stati martoriati per cieca rabbia e vendetta di una vile caterva, e di quei più spessamente, cui le condanne toccate,sotto gli antichi Principi per comuni ed orribili delitti, riuscì negli scompigli agevole il destro,di rivolgere e ad abbellire a politici martiri!... uomini senza nome, e per infamia celebri. Noi abbiamo veduto insediarsi al potere, rapire da faccia a faccia, con la forza che dà la rivoluzione le proprietà più privilegiate e le più sacre in tutti i codici civili, ed economici delle libere nazioni, le inconfiscabili rendite inscritte; li abbiamo veduti ancor sudici di polvere e di loto da donde veniano, assumere ad un tratto vita, aspetto, ed atti principeschi!.............Migliaia d'innocenti trucidati senza processo e senza giudizio, negato ai miseri ogni conforto di che è pia, e larga la Fede; a modo più che barbaro immolati, per placare sospetti di malvagi, di spioni, di uomini, cui ogni altro istinto, fuorché quel del sangue è ignoto; uccisi tutti, plaudenti conterranei rinnegati, che ci dissero e calunniarono non patriotti allo Straniero Piemonte, quando per situazione geografica, per battaglie, per


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fama di scrittori, di artisti, di Capitani, e di Re, noi eravamo, e ci dicevamo ITALIA!....

Non vi è punto dell'antico Regno, dove non abiti il dolore, non glebba senza sangue; non carcere che sia vuoto, ristretto e basti «Aggredito e violato il segreto più riposto del domestico santuario; disegnato ogni onesto, quando allo sprezzo della canaglia, e quando al pugnale dell’assassino; la stessa preghiera si vuoi tener celata, lo stesso pianto frenare nel tempio di Dio»!...

Che più deve dirsi sulla situazione attuale d’Italia, se Ricciardi ha esaurita la materia? Chi non crederebbe che questo Deputato sia uscito di inganno e con questa manifestazione volesse piangere sull'infame destino che pesa sulla patria disgraziata? Questo documento non sospetto che il Ricciardi ci ha dato, e che noi consegnando alla storia è sufficientissimo per la difesa dei Principi spodestati, ed è bastante a dimostrare: che non furono tiranni, ma bensì padri dei loro popoli; ed in contrario serve per argomento a provare: che il Re galantuomo è più tiranno degli stessi Neroni e degli Attila istessi, perché dieci volte più empio di quelli. È assodato dall'esperienza che gli empi furono sempre tiranni, e tiranni tanto più feroci, quanto maggiore è la loro empietà, e l'empio politico (come il galantuomo


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Sovrano) per far sottostare i popoli alla sua ambiziosa volontà, deve assolutamente far ricorso alla forza, alla violenza, ed alla strage

Ed acciò i mendaces magistri non avessero campo a combatterci, perché abbiamo riportato un solo documento, ne trascriviamo un altro più breve e più chiaro del primo «Questo è del Cav. Fiorentino Alberi che parlando al congresso dì Malines sulle presenti condizioni d'Italia, sì espresse: nell’ordine politico si è smarrito ogni criterio, e la onnipotenza dello Stato lavora sul duplice perno del bilancio e della coscrizione, e va cercando di far passare sempre nelle sue mani tutta la forza e tutta la pubblica fortuna. Nell’ordine morale vi è una grandissima spossatezza, sicché è scomparso l’accordo nelle famiglie, e l’unione del matrimonio, come dei pari non più si ravvisa il pudore nella gioventù e l’umiltà nei poveri» Questa concisa ed eloquente descrizione dell’eminente publicista, è un’altra sconfitta per la rivoluzione, poiché le indegne parole lanciate contro i governi de' Principi spodestati vengono onninamente smentite. E noi volendo conchiudere con lo stesso ripetiamo: che non vi sarà unità Italiana]senza la confederazione degli antichi Principi, là quale non sarà mai attuabile, se non interviene il Papa; e l’Italia non


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potrà far nulla di bene se non ritorna alle grandi tradizioni della Chiesa, però con l’efficace e salutare soccorso del Santo Padre e dei Ministri del Culto, che il Piemonte rivoluzionario ebbe sempre in mira, e se l'avesse potuto distruggere, ogni sua opera avrebbe apprestata » Chi legge la nota verbale di Cavour presentata al Congresso di Parigi, vi ravvisa questo progetto, e propriaménte in quelle parole, secolarizzazione del Governo Pontificio, sulle quali riflettendo un religioso ed eroico giornale (1) osserva: che niuna differenza (meno che di parole) passa tra, secolarizzare il Governo Pontificio, ed espellerne i sacerdoti, per sostituire alla Religione cattolica una fede nuova, consentanea allo spirito dei tempi, alla nuova democrazia, ed all'assoluta libertà del pensiero; come ne assicura smascheratamente la Politica di Milano.



CAP. IV.


Una delle arti più usitate della setta è quella di storcere il significato alle parole, nella qual cosa ha fatto tal progresso, che ormai i dizionari dovrebbero dar principio ad altra compilazione per spiegare i vocaboli nei sensi notati nelle


(1) Armonia


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storie sincrone, ed in ogni genere di pubblicazione moderna. Correndo i tempi di progresso e di civiltà, tutte le cose han cambiato di aspetto e di nome: il bianco si chiama nero, la rivoluzione progresso, latore il ladro, galantuomo il furfante, ed annessionista l'invasore; dal che pare che ad ogni parola antica siasi sostituita una nuova, perché così si richiede dalla altezza dei tempi. E per questa stessa ragione, della parola BRIGANTE, che prima significava valoroso, oggi se ne è voluto fare un titolo di sfreggio ai nobili difensori della legittimità e della patria.

Noi volendo ragionare in questo Capitolo appunto su questo tema, francamente emetteremo la nostra opinione; tanto più che nelle nostre vene scorre il sangue di un brigante del Decennio. Dopo inviato un saluto di affetto e di fratellanza a quegli eroi, che combattono nelle provincie Napolitane i Drusi della gelida Mecca, che imprigionano Sacerdoti, che scannano le donne detentrici di poco pane (1), che incendiano città e villaggi, che bruciano vivi gl’Individui, e che carcerano a sessanta ed a cento per volta padri, madri, sorelle e consanguinee de' renitenti, che sempre si dice: correre a rompicollo


(1) Lazzaro e Miceli tornata del 31 Luglio


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sotto le sabaude bandiere, laveremo coll’inchiostro quelle macchie che la rivoluzione ha loro impresse; come essi lavano col sangue le colpe di pochi traviati, che col più nero tradimento, vendettero il giovine Re, il florido esercito e la patria gloriosa; e con arti vergognose ingannarono i popoli per ridurli schiavi, onde dispotizzarne a loro bell’agio.

Questa parola Brigante, applicata nel senso rivoluzionario, a primo aspetto sembra obbrobriosa, ma facendosi ad indagarne l’origine e l’applicazione politica, si vedrà chiaro, ch'essa contiene un titolo di gloria, un titolo di onore al di sopra ai Commendatori di S. Maurizio e Lazzaro Essa è creduta di germe francese, ma noi percorrendo la Storia del secolo passato, troviamo: che anche la rivoluzione francese prese a prestanza il Nome di Brigante da Federico di Prussia e da Caterina di Russia, i quali I'applicarono ai Polacchi, che non sapevano comportare lo scompartimento della loro Patria (1). E nel tempo del famoso Direttorio, del Consolato e dell'Impero, questa parola, ritenuta vile, fu lanciata agli insorgenti della Vandea, i quali con indicibile eroismo combattevano la tirannia, che riuniva a Parigi i mostri più detestabili della terra.


(1) Lettere di Caterina del 24 Maggio e 4 Giugno 1771 e di Federico del 1 Novembre 1772


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Barere chiamava Briganti anche gl’Inglesi, che si opponevano, nel cadere del passato secolo, alla Repubblica Francese; e dalla tribuna, (1) dava loro il titolo dell’infame (2).

La politica, come ognun vede, in ogni tempo à serbate nel suo interesse certe espressioni, per distruggere i prestigi del coraggio e della divozione realista e legittimista, e le ha gettate sui generosi, per farli confondere con gli avanzi di bagni e con i rifiuti di capestro. Ma benché la rivoluzione ogni sforzo avesse fatto dal principio del volgente secolo fin'oggi, per confondere assassino e legittimista col nome Comune di Brigante, pure indarno ha sprecata fatica, perché a chi si sacrifica in difesa di una causa e di un principio, non può negarglisi un colore politico. (3) Napoleone I nel mentre che diede il Nome di Brigante agl’insorti della Vandea ed a quelli del Tirolo, riconoscendone però la virtù ed il coraggio, stese loro la mano gloriosa, per inalzarli al grado di suoi giovini Uffiziali. I Napolitani, non da meno di quelli della Vandea, sono insorti, e lottano con i Piemontesi eroicamente, come gli Spagnoli lottarono eoi 1° Napoleone, ed i Greci col

(1)Tornata del 11 Agosto 1794.

(2)Memories et corrispondance politique et militaire du Roi I septh Paris 1853 tom: 1 pag. 203

(3)Si vegga all’uopo l’opuscolo di S. E. im Ministro Marchese D. Pietro Gran Croce Ulloa. Le presentì condizioni del Reame delle Due Sicilie 1862


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Musulmano, a quali venivan prodigato nei primordi del secolo anche il nome di brigante. Essi difendono i loro focolari, il loro altare, il loro legittimo Principe, ed a prezzo di sangue si adoperano a riconquistare la loro indipendenza, la loro libertà, il loro culto; e finché non otterranno questo, non mai abbasseranno la nostra bandiera, all'ombra della quale, tutttodì combattono. In essa tengono tutte le loro speranze; in essa veggono il simbolo della loro redenzione, lorifiamma di CARLO III ed il legame che stringe il suddito al Re; e fuori di essa nuli' altro ritrovano che schiavitù, dispotismo, ingiustizia, immoralità, miseria e disonore. Quei generosi non sono Briganti, perché col sacrificio della propria vita vogliono ciocché hanno perduto, ciocché i traditori li han venduto, e ciocché lo Invasore ha loro calpestato e disprezzato. Essi si contentano piuttosto ad essere, contro ogni dritto delle genti, scannati anziché piegare il collo al giogo dello straniero subalpino. Essi non sono Briganti, nel senso di delinquenti, perché non éi reclutano tra gli assassini e tra i rifiuti dal Boja, (in mezzo ai quali si scelgono coloro che han le redini del governo Italianissimo) ma sono reclutati tra molte migliaia di coscritti renitenti, tra i valorosi del disciolto esercito e tra la moltitudine delle popolazioni, che pur troppo si ricordano


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i benefici dei Borboni, avendo assaporato il male che li aggrava per opera dei portatori della libertà alla punta della bajonetta. Chi, lette queste reminiscenze storiche del passato e vede il presente, potrà più asserire: essere quelli eroi, che insorgono nel Napoletano, Briganti? Se Lord Palmerston avesse rovistata la storia dell’incominciar del Secolo, arrossirebbe d’aver chiamati Briganti quei campioni, che sostengono colla vita la più giusta delle cause, cioè la patria indipendenza.

La storia Militare della Granbrettagna non avrà certamente omesso, che questi Briganti sono Nipoti a quelli che combattettero al fianco dei figli della superba Albione nella Calabra insurrezione, a quali il 1° Napoleone ordinava fucilarsi come venivano arrestati, (1) canone barbarissimo, adottato da Cialdini nell'ordine tanti presi tanti fucilati, e dalla stampa e dalla tribuna Inglese venivan chiamati uomini indipendenti, fortissimi, ed anche Eroi, e si fornivano di armi e munizioni. E giunse a tale la simpatia Inglese per questi difensori del trono dei Borboni, che i Capi delle masse armate sedettero a mensa con Generali ed Ammiragli Brittannici, il Capitano Troubridge, come mi fa ricordare un fedele e distinto


(1) Loco citato 1. 2. pag: 190.


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nostro Generale (1) non isdegnò, né si credette avvilito, in dare le communicazioni ad un capo Giuseppe Vitella, onorarlo del titolo di grazioso compagno. Domandiamo al Primo Ministro Inglese, che tanto va superbo d'aver spodestato FRANCESCO II: chi erano questi uomini indipendenti, non erano forse i padri di questi attuali briganti? la causa che quelli difesero non era pure quella dei Borboni? Chi era Giuseppe Vitella, Capitano delle Masse di allora, forse era più di un Cipriani, di un Tamburrino, di un Caruso, di un Ninco Naneo, di un Schiavone, e di un Chiavone, che per antonomasia un foglio Francese lo chiamò il Garibaldi degli Àpruzzi? Noi senza giustificare il giudizio dei contemporanei, il quale non è sempre conforme, diciamo: che lo spirito di passione deve eliminarsi nel giudicare; finché la giustizia possa ritenere il suo seggio dignitoso, ma la posterità imparziale renderà loro il meritato onore.

La rivoluzione però andando in traccia di altro appicco onde aver ragione di chiamarli Briganti, in senso di delinquenti, lo rinviene negli eeeesst eh' essi commettono, À rispondere a questo screditante ritrovato settario, diremo: che è assolutamente fuor di modo che un partito, o un


(1) A. Ulloa lettera a Lord RusseI


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popolo si alzi fiero contro il suo nemico, senza usare le armi con ferocia, con ardire, con prontezza e con terrore. E riannodandosi i giornali di ogni colore, si apprende: che essi non sono feroci coi buoni, anzi li difendono, ma solo si mostrano terribili contro quelli che hanno adottato nelle provincie Meridionali il sistema di sangue e di terrore (1). Essi sono di spavento a coloro, che hanno fucilati 15 mila cittadini senza legalità, a coloro che ne han feriti oltre dieci mila, che ne hanno imprigionati fin ora oltre 80 mila, che hanno bruciati 29 tra Città e Paesi. In fine sono severi soltanto con quelli, che han distrutta moralità, religione onore, grandezza Nazionale, e che hanno decisi deportare in massa il popolo Napoletano, per non trovare più oppositori in quel terreno insanguinato; Ed a tal proposito il giornale La France ci assicura che fino a questo momento si sono deportati 1180 nelle Isole dell'Arcipelago toscano. Eppure la stampa di Torino, con fronte pari a quella del suo padrone, non lascia stimatizare lo Czar, che manda in Siberia i ribelli polacchi in cambio di fucilarli, come fa il Rigeneratore Italiano per togliersi d'impaccio. Con differenza, che gì' insorgenti nel Napolitano non sono ribelli al dritto ed ai trattati, come i polacchi, ma sostenitori

 

(1)Bixio e Ricciardi


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dell’inviolabilità di essi, la qual cosa dimostreremo in apposito capitolo.

Svolgendo gli atti uffiziali del parlamento di Torino, troviamo che un Deputato (1) reduce del Regnò di Napoli, inorridito dalla strage di Ponte Làndolfo, e Casalduni disse in una tornata: i reazionarii delle due Sicilie si battono sotto un vessillo Nazionale, voi potete chiamarli Briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la Dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l’usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l’unico Sovrano che possa governare, dev'essere della Dinastia BORBONICA, perché in questa Famiglia Reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata suW esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono. Ed il Deputato Nicotera elogiando il governo dei Borboni disse: che i Proclami di Cialdini e degli altri Capi sono degni di Tamerlano, di Gengiskhan, o piuttosto di Attila; volendo con ciò far osservare alla Camera: che sono


(1) Ferrari


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briganti i Piemontesi, e non gìà insorti nelle contrade meridionali, i quali vengono ajutati dall'intera popolazione; nella quale, come dice il Ricciardi, jl partito Borbonico esiste potente di nove sopra dieci. E Brofferio corrobborando l'assertive del collega soggiunse: che nel Reame di Napoli tutti pensano a FRANCESCO II, e niuno a Vittorio Emmanuele, perché, replicò il Ricciardi in altra tornata, il primo ha il merito di essere più noto per benefici, che il secondo; e se questi vien nominato da qualcuno, il suo nome viene accompagnato da mille maladizioni, mentre Quegli, viene adorato anche nelle immagini delle monete; ed oggi chi possiede nel Regno di Napoli un pezza da cinque grani di FRANCESCO II si crede già possessore di un gran tesoro. E perciò diceva un altro deputato, che i combattenti il governo usurpatore, i quali tengon testa a cento venti mila soldati, ed alla caterva dei mobili assassini, non meritano di essere chiamati briganti, ma debbono ritenersi come tanti Eroi, come tanti Semidei.

Di fatti per le inaudite lotte che sostengono in disuguaglianza di forza, danno uno spettacolo all'Europa troppo sorprendente, e niuno può mettere in dubbio che non sia una sollevazione popolare nazionale, come dalla tribuna



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inglese si sostenne da più eloquenti oratori,(l)e dallo stesso Ricciardi nel serraglio de'loquaci inconcludenti a Torino. Dal qui fin detto risulta che questo movimento, così detto brigantaggio, non è più una congrega di assoldati dall'Aristocrazia: non sono più gli spediti da Roma vestiti alla francese, come, con inaudita temerità, asseriva Oddo Russell, e che il Ministro di Francia poté agevolmente contraddire; non gl'inviati della Baviera, dell'Austria, e della Spagna, come buciardamente ha annunziato sempre l'agenzia Stefani per diminuirne l'importanza, ma è un popolo di dieci milioni, che gigante unanime si solleva. In fine è una giusta controrivoluzione, contro la ingiusta e finta rivoluzione usurpatrice. Se muovesse curiosità al lettore di portarsi ad una esecuzione, che senza dritto si fa dall’invasore contro uno degl' insorr ti eroi, vi vedrebbero cose degne di ammirazione, Tutti gli astanti si avvicinano alla vittima della libertà, e strappandone un cencio, un capello, lo ritengono come reliquia, convinti, che chi muore per una giusta causa, è un aiartire per la fede religiosa e politica. Chi vede questi Campioni della legittimità, allorché vanno al luogo designato per affrontare la morte, non può non rimaner sorpreso, nel mirarli decisi ed imperturbabili a dare


(1) Sir Giorgio Bowyer


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la vita per la difesa de' dritti del proprio Sovrano, che nei sudditi, è un dovere il più sacrosanto.

Senza più dilungarci, su questa materia, concludiamo: che negare il colore politico ai gloriosi insorgenti del napolitano; negare che questo movimento sia popolare; (1) negare che questa insurrezione sia una protesta realmente nazionale, fatta all'ombra del legittimo vessillo, contro la presenza dello straniero Piemonte, (2) negare, che il così detto brigantaggio sia un plebiscito armato, contro di quello non mai fatto e proclamato sotto la pressione della bajonetta, (3) è lo stesso che asserire essere il giorno notte, o questa quello. Il solo che ci potrà contrastare questa luminosa verità, è il primo Ministro inglese; perché pure i Ciarlatani della Camera Carignano spesso, o per inavvertenza, o perché la verità si fa strada anche tra i veterani mensognieri, ci confessano: che i combattenti, le orde vandaliche subalpine nel napolitano, anche che fossero briganti sostengono il dritto d'una legittima ed immaculata bandiera, (3). ed in molti luoghi stabiliscono governi provvisori (4) a nome del

 

(1)Layard

(2)Bentinek

(3)B. Malvica

(4)Ferrari


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legittimo, dell'Eroe, del Re paesano FRANCESCO II a cui si mandano replicati Evviva.





CAPITOLO V

Mentre i cattolici da tutte parti del Globo si riuniscono in Congresso per viepiù consolidare l’unità cattolica, e tributare un omaggio di rispetto e di divozione alla Roma Pontificale; i rivoluzionarii si scatenano con più veemente rabbia al pari di feriti leoni, per combatterla, vincerla e spogliarla. I primi con la parola del Vangelo, schivando le subdole arti, la proclamano: il baluardo della civilizzazione, e l’ancora per salvare la pericolante umanità, i secondi col linguaggio di Satana furtivamente preparando le fila, promuovono apostasie, inventauo formole; e largheggiando in promesse cercano aiuto dai lor complici Sovrani per compiere l'infame disegnò di distruggerla e di screditarla, perché la trovano avversa alle loro diaboliche mire. Stolti!... e non ancora si persuadono che le armi dell’Inferno si rompono all'urto delle sue porte?... Né il primo Napoleone, né il Profeta dell'idee, quegli colle armi, e questi con l’assassinio, riuscirono a distruggere il Papato ed a possedere lunga pezza la Capitale del Cattolico Mondo, la quale per i suoi nemici è stata, e sarà sempre


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venefica preda. Essa colle chiavi di Pietro tien serrato il deposito della fede, e la spada di Paolo ne garantisce l'inviolabilità. Le armi della menzogna usate da Palmerston da Gladstone, da Layard, da Cavour è dai loro seguaci, sono fragili innanzi alla resistenza del vero. I Barbari, gl'Imperadori germanici, e tanti altri conquistatori, si confusero dinanzi alle mura della Roma Pontificale, ed apertamente confessarono: che ara troppo duro cozzar con Dio La rivoluzione ha faticata sempre per sostituire il centro dello scisma, dell'immoralità e della menzogna, a quello del cattolicismo e del vero, in Roma; ma sempre indarno!.. Perché il Salvatore del Mondo nello stabilire; che sulla Roma pagana sorgesse quella Pontificale, ordinò pure: che da essa partisse il segnale di pace e non mai di guerra; e perciò dove vi è la cattedra infallibile della verità non può allignarvi la menzogna. Dalla qual cosa si apprende che le armi di Roma cristiana, han sostenuto e sostengono tuttavia il dritto e la giustizia, opponendosi contro chiunque manomette il primo, e calpesta la seconda. Quando Cavour disse ai Deputati di Torino «la nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la Città eterna, sulla quale venticinque secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno d'Italia, e gli usurpatori della maggioranza


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italiana, gli uomini nulli, che non seppero altro fare fin oggi, che alzarsi e sedersi per votare imposte, senza perder tempo proclamarono Roma Capitale d'Italia; (1) noi ritenemmo quel voto, come un delirio di febbricitante, o come sogno di un forte inebriato, perché considerammo quel desiderio impossibilissimo a compiersi. Tantopiù vedemmo allontanare ogni grado di probabilità, quando ci facemmo a riflettere, che tutti i sedenti ai scalini del Soglio Pontificale, tanto politici che militari, non erano della tempra dell'uomo delle cento coscienze, (2) dei Pianel, dei Lanza, dei Landi, dei Nunzianti, dei Ridolfi e dei Conti Viti e degli altri non pochi che in altro lavoro francamente ricorderemo. (3) Notum est lippis atque tenzoribus quanto ha speso il Governo del Galantuomo, e quanto si sono adoperati il Prefetto

(1)Voto del 27 aprile 1861

(2)Liborio Romano

(3)A proposito del lavoro che abbiamo già incominciato cioè cenno storico dei tradimenti perpetrati a danno di FRANCESCO II e degli altri Principi spodestati ci ricordiamo ciò che accadde a Stefano San Poi per la storia della vita privata e reggia di Vittorio Emmanuele secondo, ma sappiano fin da adesso i traditori che noi non veniamo meno innanzi a qualunque minaccia, se i giornali rivoluzionari si scatenarono contro di noi per mezzo delle loro velenose corrispondenze, dopo la pubblicazione della confederazione italiana coi Principi spodestati e della vita politica e militare del Conte Marina della Tour en Voivre non altro produssero che una maggiore assiduità nei nostri studi, e ciò li serva d'istruzione, onde si risparmiano di addentarci, perché la verità non deve essere celata, affinché i Sovrani veggano i sudditi non più attraverso di un lenzuolo, per opera di pochi, ma scoverti di quella tabe o vitalità politica che in realtà conservano.


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di Rieti, ed il Console residente in Roma per fare che i Romani si ribellassero a PIO IX, ma han. fatto sempre fiasco, perché i Romani né si han voluto scuotere allo scoppio delle bombe di carta, e né illuminarsi ai fuochi di bengala; anzi hanno riso saporitamente in vedere messi in bagno nel lago di ventiquattrore di Piazza Navona i TRE COLORI, che sporcavano alcune galleggianti tavolette.

L'ira che più divora i rivoluzionarii, è che una volta Roma se li presentava con un solo ostacolo, attualmente con due, cioè: prima col solo PAPA, oggi anche con FRANCESCO II, pel quale più che pel primo veggono l’impossibilità di attuare l’unita italiana, meno che nella nuova carta geografica. Poiché, come essi ragionano, essendo questi il Re delle Due Sicilie, il popolo di quel Regno ne affretta il ritorno con la spontanea sollevazione, dalla quale l’Europa non può non vedere il vero voto dei napolitani. Intanto fatto ogni tentativo colla diplomazia, e col capitolato ricasoliano, e veduto che Roma è invincibile, si son dati totalmente a Satana, il quale non fa altro che gridare: mentite continuamene te e sempre con energia.

Lord Palmerston non sordo a queste insinuazioni, vuota a sacco le menzogne dalla sua Tribuna, Nigra le ripete a Parigi, Pepoli a Pietroburgo,


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e Venosta con tutti i Ministri, Senatori e Deputati le ripetono a Torino. La stampa al servizio poi le propala da per ogni dove, aggiungendoci un codicillo, e con questi mezzi si credono abbattere Roma. Omettendo le altre mille accuse che a Roma si fanno, ne ricorderemo una, che credendosi la più potente, la ripetono, la rimescolano, la rimpastano, e la danno a bere ai gonzi usque ad satietatem, e questa è che il brigantaggio del napolitano in essa si organizza, da essa si paga, e da FRANCESCO II si passa in rassegna, il quale al dir del relatore della negazione della giustizia e della libertà (1) da che gli è stato usurpato il Regno, non ha fatto altro, che arruolare briganti e sguinzagliarli contro le provincie meridionali (2). Lord Palmerston prendendo argomento su questa menzogna spudorata, assorda per ben tre ore, con una lunga filastrocca di parole, la Camera e si appoggia alle relazioni di Oddo Russel, e di quelle del leale Hudson, che gli aveva mandate da Torino; non essendogli ancor giunte quelle, che con inglese fedeltà trovasi ora a raccogliere Layard, le quali saranno certamente sorelle alle Gladstonniane Noi stomacato dalle sue bugiarde assertive, più che quei nobili Lord


(1)Così chiama il giornale nuovo Sannio la legge Pica, per lo che fu sequestrato.

(2)Massari requisitoria sul brigantaggio


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che sedevano con lui alla tornata, rispondiamo: che il primo si smenti da se stesso, asserendo: essere stato ingannato; ed il secondo non merita neppure confutazione, perché la sua lealtà è conosciuta fin dal 1849 nei suoi dispacci. Ed un giornale transalpino (1) parlando sul conto di lui descrive le informazioni che dava Hudson al ministro Inglese, essere il riflesso delle opinioni dominanti a Torino, in vece di contenere giudizi liberi ed indipendenti sullo stato delle cose in Italia. E ciò succedeva perché si era identificato con gl'italianissimi che vogliono governare l’Italia dalle rive della Dora. Ma siccome questa menzogna è ripetuta da Massari, come dicemmo e da Castagnola, (2) cosi usando sempre il metodo di confuta, che ci proponemmo, sbugiarderemo Massari in pria con lo stesso Massari.

Ei diceva (3) ai deputati, che una delle cagioni principali che travagliano il paese non sono i briganti borbonici, che si vogliono venir da Roma ma siamo noi (briganti da tavolino) perché in vece di amare il bene d'Italia, andiamo cercando di soddisfare le nostre meschine ambizioni. Ed in pria aveva detto: (4) che la recrudescenza


(1) Il Temps del 23 agosto 1863

(2) Tornata del 31 Luglio 1863

(3) Tornata 1 Dicembre 1862

(4) Tornata 23 Novembre 1862


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 del brigantaggio non era per opera di Roma, ma per effetto dello stato d’assedio, che aveva prodotto nell'amministrazione un Caos, e perciò egli vi si era opposto, perché ne conosceva le conseguenze. Se questo deputato volta casacca non avesse ignorato che la prima prerogativa che deve avere il mentitore, è quella di una buona memoria, non si avrebbe disdetto. Prima dice: che i briganti non partono da Roma, e che è prodotto dello stato d'assedio, oggi nella sua requisitoria trova come mezzo di distruggere il brigantaggio lo stato d’assedio, e con fronte pipernina dichiara essere convinto che il brigantaggio parte da Roma. Il lettore giudichi il famoso relatore, e ci dica se vi è un altro uomo più contradittorio di lui. Un deputato vedendo l’inconcludenza del suo collega non potè fare a meno smentirlo pubblicamente, e sostenne: (1) che l'incitamento massimo che riceve il brigantaggio viene da Roma, ma non in armi, in uomini, ed in denaro, ma da una IDEA, che ivi è il Re delle Due Sicilie, e che con tre ore può tornare sul suo Trono. Su questa idea avressimo molto a dire, ma ce ne asteniamo, per dar luogo a quanto disse Musolino in difesa di PIO IX e FRANCESCO II circa questa accusa. (2) Così parlo alla


(1) Settembrini tornata 17 Giugno 1863.

(2) Tornata 3 Dicembre 1861.


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Camera: Il brigantaggio non è sostenuto da PIO IX e né da FRANCESCO II Certo è che Quegli è amico di Questi, e perciò debbono sostenersi a vicenda, ma nello stato attuale delle cose non hanno interesse immediato, assoluto, necessario, perché il Papa innanzi tutto ne raccoglierebbe il disvantaggio. PIO IX aggiungiam noi: spogliato delle migliori provincie ha bisogno della carità cattolica; FRANCESCO II sbalzato dal Trono, privato, rubato anche della sua proprietà particolare, come possono alimentare i generosi combattenti che sono senza numero? E poi, se i Borboni sono stati tiranni, come con mendacio si è asserito dagl'italianissimi, come potrebbero trovar proseliti per difendere la loro causa? Chi ascolterebbe la loro voce? Queste menzogne non meriterebbero risposta neppure di una parola, pure acciò la pubblica opinione sia informata di tutto, seguitiamo a riferire ciò che dissero altri deputati all'uopo. In un banchetto ministeriale, Minchetti sosteneva: che il denaro di S, Pietro serviva per assoldare briganti: Gli altri onorevoli convitati illuminati dagli esteri spumanti vini, gli risposero: che questo sistema di calunniare continuamente il PAPA e FRANCESCO II era ormai divenuto abbominevole, perché si conosceva da tutta Europa essere uno schifoso ritrovato, ed il seguitare gli assalti


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sempre nello stesso tuono, il governo di Torino verrebbe a farsi screditare di più. E lo stesso Peruzzi nella sua famosa circolare, in confessare che tutte le provincie meridionali erano infestate dal così detto brigantaggio, smentiva senza avvederssene che questo partiva da Roma; perché nelle Puglie, nelle Calabrie e nella Sicilia, ove non potrebbero giungere né mezzi, né ordini, le masse sono più spesse e più numerose. E poi come passerebbero ai confini, se all'Isoletta i napolitani provenienti da Roma si fanno spogliare ignudi, rovistando anche i loro capelli, tacendo il di più per modestia!!... Senza notare la vigilanza della guarnigione francese, che spesso op&ra anche per denuncia del comitato rivoluzionario, (1) crediamo utile riportare quanto fu detto dal deputato Lazaro, (2) che stufo di sentire più Castagnola ripetere menzogne di tal genere francamente si espresse: che l’incolpare il S. PADRE e FRANCESCO II, di favoritismo alla popolare sollevazione nelle contrade meridionali è un assurdità, è una calunnia, perché le provincie limitrofe allo Stato della Chiesa sono scevre dalle masse brigantesche, le quali abbondano a dismisura solo in quelle contrade, che sono nel centro del Mediterraneo, in dove


(1)Corrispondente della Nazione

(2)Tornata 31 Luglio 1863


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FRANCESCO II, non può far nulla, perché privo dei mezzi. Che più chiara smentita di questa? Eppure non si cessa di cantare su quel tuono incominciato; credendo i mentitori che solo con questa musica si può ammaliare l'Europa, si può assonnare; mentre essi occuperebbero Roma, e poi al solito passare il furto come annesso al rapitore, sanzionandosi dalla impotente diplomazia per fatto compiuto, dandogli forma legale. Il lettore, se si compiace rivederere la Circolare Ricasoliana, la nota inconsulta di Durando, (1) ed il discorso di Rattazzi, mentitore uffiziale,(2) non troverà altro in esse, che la medesima accusa in ritornello, ed i rappresentanti di tutte le potenze residenti in Roma, bollarono quel discorso, quella nota, quella circolare, come libelli famosi, zeppi di calunnie. Ma forse per questo arrossirono? Affatto, anzi il fantolin Fercosla (3) ragghiò tanto sul medesimo tuono, che superò tutti gli asini nel Maggio, e per rendersi celebre nelle corbellerie, propose il ratto di FRANCESCO II credendosi i tre volumi del processo Fausti-Venanzi e lo dichiarò pretendente al Trono di Napoli. È vero che la rivoluzione ha rovesciato coi Troni anche i dizionari, ma chi siede alla poltrona


(1) 10 Settembre 1862

(2)Gioberti

(3)Come Io chiama il Subalpino


del Ministero estero, del novissimo regno d'Italia, non deve ignorare le prime nozioni del dritto. II mondo, a nostro credere, rise quando intese così mastina bestialità, perché conosce la legittimità di FRANCESCO II su quel Trono, non che l’usurpazione di esso fatta colla forza da VITTORIO EMMANUELE II. Ma non fu solo, perché quel Massari che anche da Gioberti fu ritenuto per uomo da nulla, con inaudita sfrontatezza, si è sforzato di mostrare (1) che a fronte di FRANCESCO II, il governo italiano non è aggressore, ma aggredito, e perciò nella condizione di chi esercita il dritto di legittima difesa. Noi risparmiandoci di rispondergli per le rime, perché immeritevole, lo chiamiamo a scuola, per farlo apprendere che il dritto è eterno, è immutabile, ed in materia di dritto non esiste prescrizione. Ogni ambizioso, ogni ribelle al dritto divino ed umano, può acquistare la sovranità colla violenza su di un popolo, che non gli appartiene, ma non può legittimarsela colla forza e coll'empietà; poiché se l’usurpatore è possessore legittimo dei dritti d'umanità, è illegittimo però dell'autorità Sovrana nelle civiche e nelle estere relazioni; ed è privo ancora di autorità nelle relazioni politiche, o sia nella ragion di stato. Ed il popolo udì ordine politico, non può secondarne le ambizioni e l’ingiustizie,


(1) Requisitoria sul brigantaggio.


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perché esso non si sostiene con la forza del dritto, ma fa eseguire i comandi col dritto della forza.

Fatta questa necessaria digressione, per dare agli onorevoli riformatori del dritto, brevissima lezione, ritorniamo per altro poco a confutare la fritta e rifritta accusa.

Chi legge gli atti uffiziali degli onorevolissimi rivoluzionari, vi trova che in ogni tornata si è fatta parola della quistione politica del cosi detto brigantaggio, ma a non far trapelare la grande importanza che ci annettevano, han cercato sempre dj nasconderne il politico colore, scemandone il numero al più che si è potuto.

Benché noi precedentemente abbiamo ragionato sul colore politico di essi, pure al momento ci ritorniamo col Deputato Ferrari il quale dice ai suoi colleghi: dalle vittorie che ottengono quegli eroi, che combattono nelle contrade meridionali, io non oso più appellarli briganti, poiché essi non sono pochi satelliti di FRANCESCO II, ma è un popolo che abbomina il nostro governo, (1) perché fu


(1) Il Moniteur di Parigi trattenendosi sulla insurrezione dell'Italia meridionale, la discorre in questi termini. Il popolo siculo-napolitano abbonisce, abbomina e detesta il governo del Piemonte con tutto il galantomismo di un Vittorio Emmanuele, e non esige in forza dei trattati e del dritto internazionale che la reintegrazione della monarchia Borbonica, l'unica che prosperava e che felicitava i popoli, amata e rispettata da tutti i buoni, appunto perché era abbominata dai ribelli, dai libertini e dai settarii.


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tradito, fu ingannato, fu malmenato, e guai ad un Sovrano quando un popolo è stanco!... quando un popolo è disgustato!... poiché non vi ha più sicurezza per lui. (1) Nel 1814 i padri e gli avoli degli attuali combattenti ricondussero sul Trono i Borboni. Come voi dite, sono briganti, ma io vi rispondo: tengono una bandiera; sono briganti, ma il popolo napolitano è la maggior parte per i Borboni, e la loro astenzione è visibile in ogni elezione; sono briganti ma sono figli delle montagne, formidabili nelle sorprese, e prevalenti contro i militi. E noi chiariamo meglio: essi combattono cento e venti mila soldati, e contro una immensa sbirraglia patriota, avanzo di forche e di galere, la quale viene incoraggiata colla ricompensa a vita se scanna un. cittadino che non vuole la libertà, perché il progresso civilizzatore e moralizzatore piemontese così porta, facendo in tal modo barbaramente il fratello uccidere dal fratello, perpetuando la guerra civile. (2)

Avviso a chi non ha partecipato di questo progresso!....

Persuasi che quanto abbiamo detto, sia


(1)Napoleone I tornando a Parigi in portare la notizia della sconfitta dì Waterloo, esclamò: non posso rimettermi più, ho disgustato i popoli: mi ho disgustato Dio col disgustarmi il Suo Vicario.

(2)Fumcl — editto del 12 Febbraio 1862 proclamato in Cirò.


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bastante, a far vedere che, l’accuse lanciate contro la Corte di Roma e contro FRANCESCO II sono false, concludiamo con l'opinione di un giornale di livrea, (1) il quale trovandole anche assurde ed ingiuste, denunzia alla pubblica opinione spiritosamente: che il cosi detto brigantaggio è un complotto infernale, e perciò non parte da Roma, e né è sostenuto da FRANCESCO II; poiché dopo tanti fucilati, da essere stanchi gli stessi fucilatori, i briganti ripullulano come la gramigna nel campo.

E senza esagerare, con orgoglio possiamo dire alla impassibile Europa, che in questo momento in cui la Legge Pica fa strazio dei napolitani, per la quale, paesi e città si son dati in balia dell’arbitrio militare, la colpa dei figli si punisce nei padri, nelle madri, nelle sorelle: le fanciulle si strappano dai collegi, e si tengono in ostaggio nelle caserme nelle prigioni e peggio ancora, (2) i combattenti generosi sommano ad un sessanta mila, a quali uniti i conniventi sommano dieci milioni, perché la gran cifra dei secondi combatte nel silenzio più potente e più feroce dei primi.

Noi però ritenendo la confessione dello spiritoso giornale, che i briganti non partono da


(1)La Lombardia.

(2)Fatti appresi dal giornale in Livrea Unità Italiana.


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Roma, facciamo riflettergli che il così detto brigantaggio non è infernale complotto, come esso dice, perché allora non farebbe guerra alla rivoluzione, che è opera di Satana, ma bensì è un movimento controrivoluzionario di un popolo oppresso e con tradimento venduto. E le fucilazioni, lo stato d'assedio, le carcerazioni e le deportazioni, non saranno mai i mezzi come pacificarli; perché essi combattono non per impulso altrui, ma per proprio sentimento, per proprio interesse. Ed allora cesseranno, quando avranno riottenuto dalla Giustizia Europea, ciò che han perduto, cioè PATRIA INDIPENDENZA, E LEGITTIMO SOVRANO. E guai a' governi d'Europa, se lasciano compiere sotto i propri occhi l'esterminio di un popolo, che combatte per la giustizia!... poiché il delitto non sarebbe consumato senza che lo sdegnò di Dio e della coscienza umana, non si rivoltasse contro di loro!...





CAP. VI

Italia esser surta dall'unanime plebiscito, l'animo concorde degl'italiani aver fatto che il nuovo regno avesse acquistato senno ed energia, per ottenere la intera indipendenza, umana forza non poter distruggere ciò che si è edificato,


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perché molte potenze, col riconoscimento, lo hanno puntellato, il Re saper mantenere inviolabili i dritti della novissima delle nazioni. Queste espressioni ed altre consimili van ripetendo i pagnottisti, con i giornali salariati, onde non far disingannare i tratti nell’inganno, e far rimanere silenziosi e trepidanti gli onesti, i buoni, e gli indifferenti. Ma chi mai sarà tanto inetto da prestare più credenza ai servitori del Re galantuomo, ed a Lui medesimo? Oggi si conosce anche dai cam della Persia, che quanto dicono i componenti il governo di Torino, tutto è mendacio; e chi vuole indovinarne la verità deve interpetrare l’opposto di quello che contiene il senso dell'espressioni. Un illustre francese (1) prevedeva questo tempo di sconvolgimento d'idee, di dritto, e di intendimento, nientemeno vent'anni prima che la rivoluzione sconquassasse la sua nazione e tutta Europa. Ei ad un dipresso diceva: « Verrà il tempo che le parole significheranno tutt'altro di quello che oggi significano; verrà tempo che chi predica il licenzioso libertinaggio si chiamerà Salvadore, ed il forte, ed il furbo che rapisce al debole ed all'onesto, sarà chiamato UOMO DELLA GIUSTIZIA, Chi rincorerà i viziosi, chi presterà braccio forte


(1) Sabatier les trois siècles de la litteraturo francais Pise Prelim:


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ai libertini, spezzando ogni vincolo di società, sarà proclamato: l’UOMO DEL PROGRESSO, l'uomo incaricato a felicitare i popoli!... Quando questo letterato pronunziava tutto ciò, crediamo che qualcuno l’onorò di un sardonico ghigno, ma se ora vivesse ancora potrebbe rinfacciarcelo, poiché vedrebbe le sue previdenze in tutto verificate. Difatti in Italia, il fucilare senza processo, si chiama meritata giustizia; il detronizzare Sovrani si chiama annettere popoli per formare nazioni; incarcerare centinaia di migliaia di persone si dice misura del tempo: gravare di imposte i popoli senza segnare la fine, si chiama necessità di finanze; un sovrano che reclama la sua Corona vien detto pretendente, e se ne propone il ratto. In fine in Italia tutto è in rovescio tutto è menzogna. La verità in Torino affatto non si conosce, perché tutte le officine, siano mininisteriali, siano senatorie siano, parlamentari, sono tutte fucine di menzogna, innanzi a cui s'inchinano i ribaldi, che per ingannare i popoli, la inghirlandano di fiori. Noi però che temprammo il cuore alla giustizia, che lo educammo alla scuola della Chiesa Cattolica ed Apostolica Romana, sentimmo sempre l’amore pel vero: ed apprendemmo nella sua sorgente, che gli empi non sempre rideranno, ed i loro consigli saranno dispersi come polvere al vento.


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Della quale appresa dottrina ci persuadiamo che il Regno d'Italia, raffazzonato da soli arditi empi ohe hanno per bandiera l’agitazione, e che l’unità nazionale fanno consistere in ciò che le loro tendenze trionfino, deve aversi indubitatamente la fine della babelica torre

Esaminando l’operato della rivoluzione da tre anni in qua, non troviamo nulla che giustifichi la verità delle suddette voci che fan correre i rivoluzionar! per tenere a bada i popoli: anzi vediamo che quanto l'Italia aveva di grandezza, tutto si è distrutto, senza riedificarsi nulla. E questa innovomania distruttiva li ha talmente invasi, che credendo di far sparire nella Penisola tutto ciò che esisteva sotto i Principi spodestati, col cambiare giornalmente i nomi quasi ad ogni paese; la nomenclatura ad ogni piazza, il nome ad ogni legno di guerra, e con la sostituzione nelle case Comunali della imbiancata Croce, al giglio, ed all'aquila, si sognano d’avere già riuniti gl'italiani come un branco di pecore. Poveri illusi!!... ci vuoi altro per far l'Italia, e noi siam persuasi che pria di farla sarà disfatta, cosa che non può mancare. Poiché sette troni si sono abbattuti, senza che su quelle gloriose rovine ne fosse surto uno mediocre e stabile; si sono incendiati tanti paesi, sol per far stordire l’Europa della atrocità dell’Italianissimo Cialdini;


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si sono fucilati molte migliaia di napolitani, il decuplo imprigionati, una gran quantità deportati, ed il cosi detto brigantaggio non si è distrutto; anzi si ò moltiplicato, perché il sangue reclama altro sangue; si son distrutte cinque Capitali e se ne è fatta appena appena, una provvisoria; e si è scelta la città, ove la polenta e le patate si gustano a meraviglia} si sono annientate cinque autonomie tra le quali quella di Napoli, che rimonta ad otto secoli, senza farsi l’Italia una ed indipendente; si sono spodestati Sovrani che erano i padri dei sudditi^ e vi si è sostituito un Tiranno, il quale mentre fa assordare in teoria il mondo di libertà, in pratica la nega alla parola, alla stampa, alle coscienze ed anche al pensare. Un deputato (1) parlando sulla libertà che ora si gode in Italia, per frutto della rivoluzione, e per dono del galantomissimo Re, si espresse: «Quando si vuol far credere all'Europa che gl'Italiani godono la libertà, e particolarmente quelli del Sud, io ne arrossisco, come deputato, perché il mondo non ignora qual mano di ferro pesa su quelle infelici contrade, e di gravezza tale, da non potersene né manco lamentare. Ivi la stampa è incatenata ed a misura che un articolo, una parola, una virgola; dice, esprime,


(1) Alfieri.


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o segnala non secondo la volontà del liberalissimo governo, il giornale è fatto bersaglio della questura. E quando questa vuole agire e nascondersi, scatena una turba di camorristi, e di politici vagabondi di piazza nelle tipografie, che sperdono i caratteri, e tutto si distrugge. Ed in questo civile e liberale modo, sono scomparsi quaranta e più giornali solo nella capitale delle Due Sicilie, senza poi i sequestri innumeri fatti all'Eco di Bologna, al Contemporaneo, allo Stendardo cattolico ed a tanti altri fogli sì moderati, che democratici, verificandosi il detto che ubi est libertas, stat pro ratione voluntas. Ivi la libertà di coscienza non esiste, perché si deve confessare a quel prete che è in fama di liberale, e deve ognuno trovarsi pronto alla festa dello Statuto per cantare il TEDEUM, in opposto, il pugnale dell'assassino gli è sul collo. Ivi infine si viola anche la libertà del sentimento, LA CUI VIOLAZIONE È LA MAGGIORE DELLE INFRAZIONI DELLE LIBERTÀ UMANE, e quel che è peggio vi si comanda anche l'allegrezza, in contrario le lastre si rompono a colpi di sassi, e ciò perché' L'AMORE DELL'UNITA' E DELLO STATUTO NON HA TROVATO LUOGO NEL CUORE.» Quando il Zuppetta ed il d'Azeglio predicarono che il plebiscito era un mendacio,


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dissero purtroppo il vero, giacché questo rivoluzionario ritrovato non ebbe mai luogo, meno che in pochissime città, ove il pugnale e la bajonetta comandarono (1). Noi che sentimmo da Lord Palmerston dire: (2) che l'Italia attualmente gode una libertà senza pari: che tutte le provincie d Italia sono in buonissima condizione; che la Lombardia e la Toscana sono prospere e fiorenti; che Parma e Modena progrediscono rapidamente nel progresso e nella civiltà; che le Legazioni pontificie annesse al Piemonte han mutate di aspetto per la prosperità; che nel Regno delle Due Sicilie, vi si gode una libertà nel più largo senso della parola: confrontate queste assertive mendaci colla realtà dei fatti, ci atteggiammo a sdegno, e nella pienezza della nostra giusta collera, augurammo, di vero cuore, all'ossigenato mentitore


(1) Per darne un saggio del plebiscito napolitano diremo quanto accadde nella Provincia d'Aquila. A Montereale furono contati i votanti ed ascesero a 30, e s'ebbe l'imprudenza pubblicare mille Si e due No. In Amatrice di cento votanti si pubblicarono dieci mila Si e nessuno No, perché non v'era l'urna. Nel Comune di Campotosto non vi fu votazione. In Casalduni niuno volle votare ed il Sindaco prese tutte le cartelle del Si e le gittò nell'urna con cinque No. In Venafro votarono ventidue persone e poi si trovarono migliaia di Si. In Pozzilli, in S. Maria Oliveto, ed in cento paesi non si votò, eppure si portarono avvenuti, ed il risultato del voto Si si calcolò sulle anime che erano registrate nella Statistica delle popolazioni. Se avessimo luogo a registrare tutti i Paesi e Città del Regno, mostreressimo come due e due son quattro, che i Votanti per tutto il Regno non furono che un cento mila anzi di meno, composto questo numero di soldati travestiti, pagnottisti, e finti martiri per la libertà.

(2)Tornate 8 Maggio, e 28 Luglio 1863.


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ed al suo Paese tutte quelle felicità, e libertà che già Italiani godono e segnatamente quelli del mezzogiorno. Sappiano i Governi, a cui appartiene per dovere, pacificare la società, ristabilire l’ordine, ed impedire che più torrenti di sangue si versino, chela sola libertà, che nelle meridionali contrade e nelle altre parti d'Italia si gode, per regalo del Re galantuomo, è quella di bestemmiare e maledire PIO IX, e gli altri Principi spodestati; di negare la fede; di deridere i miracoli;di mettere in caricatura le sacre immagini, non escluse quelle di Maria e del Cristo; di carcerare Vescovi e preti; di attentare P onore e di violare la santità del domicilio; di fucilare gli onesti e gl'insopportanti l’usurpatore in più vasta scala, e negare loro ogni pietà, anche i conforti di religione; di predicare l'eresia; di profanare le Chiese, e d’organizzarsi ad orde d’assassini per combattere, fucilare, scannare, e impiccare i figli della stessa Italia, che non vogliono la sciagura della patria propria!... Un senatore (1) toccando lo stesso argomento disse: «La Libertà, decantata da tutti i giornali liberali che sostengono essersi donata ai popoli dell'Italia, non esiste: poiché non vi è libertà, dove non v'è rispetto ai dritti di tutti, dove manca la sicurezza della vita e dei beni. La libertà


(1) Govazzo.


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accordato agi'Italiani (è d'uopo che si dica con chiarezza) non è la vera libertà, ma libertinaggio, o sia una licenza al mal fare

Da questi detti pieni di autorità, perché proferiti da un Senatore, risulta, non esservi in Italia libertà di sorta, e le ingannevoli parole d'Indipendenza, di libertà, di prosperità^ e di progresso, che tutto giorno van ripetendo le immonde labbra dei padri coscritti di piazza castello, debbono tradursi, ed intendersi SCHIAVITÙ, SOGGEZZIONE, MISERIA, FUCILAZIONE, INCENDIO, CORRUZIONE ed IMPOSTE SENZA FINE. Ed a proposito del progresso della immoralità scriveva un giornale non è guari (1) dirigendosi al Governo: Datevi pensiero di moralizzare veramente il popolo, come vi è riuscito di corromperlo con esempi solenni, che dal l'alto piombarono al basso, secondo la legge di gravita, con leggi inopportune e gravose, e con l9ARRUOLAMENTO DELLE MERETRICI(2).


(1)Zenzero.

(2)Si sa che tra gli emissari spediti dal Piemonte per insinuare la ribellione negli stati Pontefici vi erano anche delle provette meretrici; le quali si davano ogni premura di persuadere che il governo del Sommo Pontefice era tiranno, e quello del Galantuomo  era pieno di soavità e di dolcezza. Ogni giorno riferivano al Console Sardo, in via Borgognona, il quale abusando della bontà del governo pontificio (come furono sempre soliti gì' incaricati piemontesi presso le Corti accreditati) aveva fatta la sua Gasa, sala di conferenze cospiratici. Noi pur troppo conosciamo coloro che scesero e salirono quelle scale, ma li tacciamo per ora, avvisandoli


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Da questo non sospetto parlare ognuno può giudicare se era il vero quanto dicemmo: non esìstervi in Italia libertà vera, ma in cambio la licenza al mal fare ed al mal dire. Passiamo innanzi e vedremo meglio che tutte le espressioni, che mandano in giro i nuovi Padroni d'Italia, e che noi registrammo nel cominciar del presente capitolo, sono bugiarde. La verità che a Torino si tiene per cosa da Museo, e che il primo ministro inglese l’ha proscritta dai suoi discorsi, si abbiglia a maggior bellezza, quando spontanea parte da un libro impuro quale è quello di Petruccelli della Gattina, che volendo smentire quanto il Re, ed i ministri han detto sulla costituzione e sulla solidità del Regno d'Italia, imprese a parlare in questi termini «Signori, voi troppo v'illudete sull'attuale situazione del Regno di Italia, io non la penso come voi, polche per la Baviera, per la Spagna, e per l’Austria, il Regno italiano è un lutto di famiglia; per la Germania è uno scandalo; per la Francia è un servo, perché lo


però di non più fare da spie al Questore da Napoli, sotto aspetto di emigrato, di non più scrivere calunnie ed infamie alla stampa di Torino, a Roma, al Popolo a" Italia, ed al Nomade di Napoli, che in contrario la penna già è intinta per denunziarli alla pubblica indignazione e tramandarli alla posterità col marchio di Giuda che per vii moneta fendette il proprio Maestro, additandolo col segnale dell’amore! col bacio!.... Protestiamo che queste espressioni non alcuno individualmente tendono a ferire, ma chi si crede esserne colpito e se ne lamenta, gridate pure o buoni ed onesti a Lui, perché esso è il Giuda. Chi ha l ape nel cappello è il ladro dell alveare.




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riconobbe con la riserva dei dritti, che appartengono ai Principi da NOI spodestati; per la Russia e per la Prussia, è una palla da giuoco, poiché nel riconoscerlo opposero dei vincoli da farci retrocedere sulla via di Roma e di Venezia, lasciando liberi i dritti dei LEGITTIMI PRINCIPI. La prima lo scherni nella risposta alla nota Visconti Venosta (1) e la seconda non ha risparmiato mai di fargli intendere: che essa riconobbe il titolo di Re d'Italia, e non la nazione italiana» Quindi, conchiuse un altro deputato, «quale appoggio tiene il nostro voto, se l’Italia adesso sembra scomparsa dalla carta politica d'Europa? Niun giornale straniero ne fa più menzione, meno quando gli tocca screditarla (2)» Segue la Gattinà: «a sola Inghilterra naturalmente ci sarebbe allegata, ma il riconoscimento di essa, vale quanto la carta in cui è scritto, poiché la sua politica è sempre al rovescio d’una cambiale. Se con la sua politica d'intrigo e col suo appoggio morale ha prestato ajuto per far ribellare l’Italia, lo ha fatto per ottenere un utile; e credeva subbentrare all'influenza Tedesca, ma quando ha scorto che l'Austria segue a padroneggiarvi, e che la Francia non parte da Roma, si è ritirata, e guarda, e tratta l'Italia con diffidenza di una colonia francese. (3) E


(1) 23 Aprile 1863;

(2) Rattazzi.

(3) Popolo d'Italia 11 Settembre 1863.


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noi abbiamo osservato che se non fosse il primo bugiardo Ministro che qualche volta ricorda l'Italia nella Camera dei Comuni, anche il Times se ne dimenticherebbe». Fatta tutta questa requisitoria di alleanze la Gattinà, si convince, che l’unica e sola che possa avere l’Italia, è l’Austria, e calcola le altre come infedeli e transitorie. E lo stesso discorso della Corona, vuoto di senso quanto l'erario in moneta, parlando di alleanza, nomina il solo Portogallo. Su qual proposito un giornale democratico, ragionando sul guadagno, che ha fatto il governo di Torino nei suoi rapporti all'estero durante la rivoluzione, dice diplomaticamente parlando l'unica conquista che ha fatto il governo in tre anni, è il matrimonio della Principessa Pia di Savoja col Re di Portogallo, benché bisogna convenire ancora, che NON È UNA GRAN COSA. Noi unendoci al parere di questi uomini che veggono dal vero lato gl'interessi d'Italia conchiudiamo, che i riconoscimenti di fatto del regno Italiano ottenuti a colpi di umiliazioni e di sacrifizì, valgono quanto quelli di Napoleone I e di Luigi Filippo; e volendo vaticinare sulla fine del Mostruoso Regno surto dal plebiscito unanime di pochi faziosi, e proclamato da quattro avanzi di capestro, che si usurpano con dieci voti la maggioranza del popolo italiano, diciamo: che la sua fine sarà eguale a quella che spetta al cero, o


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alla simbolica statua veduta in sogno da Nabucco, la quale benché la testa d'oro, il petto di argento, e le gambe di ferro avesse, pure cadeva infranta dal tocco di pietra sui fragili piedi di creta; lasciando nella storia pagine brutte di sangue cittadino.


CAP. VII

La rivoluzione italiana figlia legittima alla francese del 1789 ha imitato in tutto e per tutto i fatti di sua madre. Senza tenere il confronto, per che inutile; essendo di perfetta somiglianzà, ci faremo a trattenere su di quello che ha superato la madre istessa. Chi esamina la Francia dell'89 ed il Piemonte del 1863 facilmente vi scorge un divario in quanto concerne la guerra contro la Chiesa, e la persecuzione dei suoi ministri. Poiché se la Francia rivoluzionaria d'allora nei primi momenti fu terribile per la Chiesa, pure man mano ritornata in se, e veduto che la Religione era necessaria per governare, cambiò movimento, e ritornò nella retta via. Robespierre ebbe in pena mozza la sua testa là dove scorreva ancora il sangue di Ugo Capet e di Luigi Bebert, per aver pronunziato in faccia ai settari adunati nell'assemblea della repubblica, il nome sacrosanto di Dio. Cosi il rivoluzionario


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Piemonte, il quale non ha fatto mai trascorrere un giorno, in cui non avesse pubblicata una legge contro il Clero, per la qual cosa addolorato il S. Padre PIO IX ebbe a dire: Plures ab hinc annos Cattolica Ecclesia in Subalpino Regno miserandum in modum affligitur ac divexatur Noi percorrendo la regione de' fatti, che si son consumati dal governo di Torino a danno della Chiesa e dei suoi ministri, ad ogni pie sospinto c'incontriamo con una circolare contro i preti, con un decreto di abolizione di monasteri, con una legge, che sottopone alla censura preventiva gli atti episcopali; e senza arrestarci nel cammino, troviamo le sacre Vergini espulse dai chiostri e spogliate anche della dote particolare; qua religiosi venerandi per canizie e per costumi, cacciati a viva forza dalle loro parifiche dimore, ove ora in cambio di cantici sacri, vi risuonano orrende bestemmie; da un altro canto vediamo Vescovi in gran numero esiliati, e con la punta della bajonetta allontanati dalle loro Diocesi, con ordine di non potere aver comunicazione co' loro Diocesani; parrochi gettati in cupa prigione, perché sospetti di ribellione; spacciandoli come reggiratori, intriganti, rei di frodi, di violenze, di minacce; (1) preti perseguitati


(1) Circolare del Ministro in Luglio.


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perché accusati di far guerra al governo, e di eccitare i sudditi alla rivolta, (1) e nel napolitano fucilarsi senza interruzione, perché si credono avversi all'attuale ordine delle cose. (2) A palliare questa irreligiosa condotta, riprovevole dagli stessi barbari, si fa gridare a cento gole dai giornali libertini: « Che l'Italia si sarebbe già riunita, se non fossero stati pochi preti, e pochi frati, che dal pergamo e dal confessionale, hanno fuorviata la pubblica opinione; incitando i villici ad insorgere per combattere chi vuoi donare alla tiranneggiata Italia la libertà, la indipendenza, la nazionalità, e vuole metterla nella via del progresso» (3). Cristiani lettori, diteci: costoro che in tal modo avversano la Chiesa, sono uomini, o demoni? Per noi sta che Iddio per mettere alla prova gl'italiani, se erano fermi nella Fede tanto sostenuta dagli avi loro, ha scatenato l'inferno, e questi spiriti ribelli si sono identificati co' servi del governo del Re galantuomo, facendosi chiamare italianissimi. Perché se questi fossero uomini, non giungerebbero tant'oltre nell'inumanità. In Francia nell’89 si


(1)Lettera di PIO IX in difesa del Clero.

(2)Noi rispondiamo a questi accusatori colle parole del popolo d'Italia. Dove sono questi preti? Ci dica il foglio di Napoli, che spesso tratta questo argomento, come si chiamano essi? Questo ritornello solito d incolpare i preti, non iscusa fatti presso l'Europa civile, che sono per se stessi ingiustificabili, come quei di Pietrarsa, ed altri milioni che per brevità non ricordiamo!

(3} Massari relazione sul brigantaggio.


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perseguitò, si scannò il ministro dell’altare, ma nei primi bollori; sicché dopo poco tempo gli stessi persecutori ebbero a pentirsene. Non cosi nel Piemonte rivoluzionario, ove con sempre crescente alacrità si fatica per spogliare e perseguitare il Clero, dal quale si vuole per forza esigere la santificazione del delitto; cosa che non avviene nelle parti più barbare!...Vittorio Emmanuele non per secondare le aspirazioni dei popoli per L'UNITA', perchè niuno se la sogna, ma servendosi di questo satanico ripiego, fa in maschera alla Chiesa una guerra, la quale è giudicata da tutti la più formidabile, la più infame, di gran lunga superiore a quella che le mosse Lutero e Calvino, Enrico VIII, Federico II ed altri di egual carata. Solo l'apostata Giuliano si avvalse delle stesse forme, e noi crediamo che a quella scuola avesse usata il Re Galantuomo, per apprendere sì diabolica strategica. Nel tempo del pontificato d'Innocenzo XI il Clero fu anche perseguitato, fu carcerato, fu ridotto schiavo, ed ogni onta si recò alla fede, ed all'onestà del costume, ma ciò èra opera dei barbari del secolo XVII, quello però che soffre oggi nel secolo de lumi, è opera di un Re nato Cattolico, il quale tanto ha di audacia e di cecità nel perseguitare, altrettanto serba d'imprudenza in protestare nel tempo medesimo affetto e riverenza alla Religione ed alla Chiesa.


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E per questa ragione PIO IX diceva in una allocuzione, che la lotta attuale che si sostiene dalla Chiesa, è la più potente, la più perniciosa, perché è mascherata. Dalla qual cosa apprendiamo che i ministri di Dio, non vengono perseguitati dagli italianissimi, come individui retrogradi, ma come parte dell’inespugnabile colosso, il Cattolicismo; e così a misura che si guarda la impossibilità di espugnarlo, si accresce l’ira contro di essi. Poveri preti!... ma nò, poveri i suoi persecutori!... perché se soffrono, è per adempiere ad un sacro dovere che hanno, e quindi la mano di Dio non può mancare in loro ajuto.

Se il Clero si oppose al matrimonio civile, fertile di mille disordini; se si negò, per non sdegnare Iddio, a recitare una prece pel Re galantuomo; sé non voHe fargli da aguzzino per distruggere la reazione, che oramai si è estesa per tutta l’Italia; se si astenne nelle votazioni; se non gli prestò adesione; se cercò mettere un argine alla propagazione delle massime antireligiose, non commise delitto: anzi adempì scrupolosamente il dovere del suo apostolico ministero, ed ali obbligo assunto verso il Supremo Gerarca della Chiesa. Il Clero, sappia il governo rivoluzionario di Torino, è nell'interesse avvertire i fedeli a non traviare dall'ordine e dalla


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giustizia, su cui riposa la pace universale, la vera libertà, il progresso reale; e quando vedesse che qualcuno venisse incautamente arrotato, deve ben presto richiamarlo, abbenchè a fronte si vede imminente il pericolo.

Se l'ambizioso Piemonte ritrova nel Clero, e nel Papato l’ostacolo d'ingrandirsi, non riflette che la Chiesa nei suoi ministri, non sancisce le usurpazioni, perché ciò facendo, smetterebbe l'idea di più agitarsi nei suoi servitori italianissimi; tanto più che il non possumus di PIO IX non finirà con Lui, ma col Papato, il quale ha termine col terminare dei secoli; e qualunque assalto gli si faccia, starà sempre come acrocerauno scoglio innanzi ai marosi della minacciante tempesta. Il Pontefice, Sovrano dei Sovrani, non solo non può cedere alle esigenze rivoluzionarie, ma deve levar la voce potente in favore dei Principi ingiustamente sbalzati dal Trono; e mentre onora di essi la memoria, ne consola le afflizioni, e ne condanna puranco i lor nemici.

Il Vicario di Cristo essendo l'uomo della giustizia, non può transigere: ed ognuno sa, che quando l'Italia rivoluzionaria nel 1848 gridava con Gioberti: PIO IX È IL NOSTRO CESARE, È IL NOSTRO IMPERATORE, PIO IX respinse l’offerta degl'Italianissimi, pari a Clemente


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XII che rifiutò l'annessione ai suoi Stati della Repubblica di S. Marino (1) unica e fedele alleata del nuovo regno d'Italia, e tutto ciò, perché la sola giustizia, è la forza, è la politica del Papa. Se Vittorio Emmanuele II, apprendesse dal la scuola del Pontefice, e da quella di S. Luigi IX, che sentendo rimorso di una eredità, che l’Avolo suo ingiustamente aveva acquistata, la restituì agl'Inglesi, l'Italia non più sarebbe travagliata da tanti abusi, da tanti delitti, da tanti partiti; e la Religione e la Morale riprenderebbero il dignitoso seggio. Oh! quanto faresti di bene, Principe, dall’ambizione traviato, se senza far spargere più sangue, rilasciassi AD OGNUNO QUELLO CHE È SUO, perché li risparmieresti giornalmente una pioggia di maledizioni, che sul tuo capo imprecano ventidue milioni di voci, di cui tu cerchi indarno soffocare il grido, colle fucilazioni e colle carcerazioni; perché già 1'Europa ne ha inteso il cupo affligente tuono, che Veco delle Valli meridionali d'Italia va ripetendo.

Non trascorre ora del giorno che dinanzi a Dio non giungano reclami per te, tutti vergati col sangue, di che hai fatto, e fai tuttora inzuppare le zolle Italiane; e pare che l'Eterno sdegnato ti ha posto in abbandono.


(1) Sismonti.


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Se tu comprendessi, o rinnegato Figlio della stirpe di Savoja, quanto sia grave il peso dell'abbandono del Signore!... innorridiresti compreso da tremore. Però sappi, che non ti manca, per effetto di esso, la caduta dal Trono, ed i mezzi ed i modi, saranno eguali a quelli, che hai usato per gli esuli Sovrani; poiché è scritto dal dito di Colui che sillaba non cassa: QUI GLADIO FERIT, GLADIO PERIT. II vento che hai seminato deve produrti tempesta; e la rivoluzione, alla quale siedi a capo, e che se ne è servito come istrumento materiale, ti strozzerà. Nel momento del pericolo, la turba di vili adulatori, che di te fa trastullo, e che ti circonda, e ti ubbriaca di sognate conquiste, assonnandoti col funereo tara tablà di scordato tamburo, sparirà come timida lepre al primo latrar del cane; ed una voce!.... una voce sola!... non emetterà pietosa per compiangere la tua caduta!... perché essendo nemici del popolo, sono pieni di disprezzo per te. Noi non siamo cortigiani, non avendo cariche in Corte, e né l’ambiamo, noti essendo da tanto; ma ci è noto per esperienza e per causa scientia, che i primi traditori di un Sovrano, sono quelli che seggono ai gradini del suo Trono; e quando tra questi, vi si trova l'uomo onesto, la turba famelica, adulatrice, ed al tradimento avezza, non frappone tempo a bandirgli


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la croce, acciò, (a disuguaglianza di sentimenti, non potesse far trapelare al Principe la misteriosa tela. Noi saremmo al grado di tutto provare con fatti, però il tempo non crediamo esser questo: ed ogni TESTA CORONATA deve persuadersi, che nella scelta dei suoi servi, non è duopo aver riguardo a titoli, ed a gradi, ma alla reale e sperimentata fedeltà, ovunque essa trovasi;che così facendo, onora la virtù, che è la sola cima di ogni grandezza. E per noi sta, che non vi può essere Sovrano più ingiusto di quello, che si dimentica di punire e premiare, giacché, punito l'infedele, non più ardisce insultare tronfio e pettoruto l'onesto, il quale premiato della sua fedeltà, è il baluardo del Trono? per la cui difesa, non si nega a versare il sangue; cosa che npn farebbe l’altro,

E tu, di questa materia, ne hai cognizione più di noi; perché le leve principali che usasti per rovesciare sette Troni, furono molti Generali, alti locati, decorati fino alla gola, ed i più arricchiti di benifìci dai rispettivi Sovrani A noi che mancano titoli e fasce, non è dato nominarli, per ora, perché sarebbe ima irriverenza inesorabile a nostri tempi!... Ma perché ci troviamo a parlarti senza mistero, ci crediamo dovere avvertirti, che questi tali che pur troppo pesano sul bilancio annuale delle tue finanze, non


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ti sono amici, giacché lupus mutai pilum non mentem. Costoro son sempre pronti ad applaudire1 ai vincitori, e ad insultare ai vinti, per ritorrtare ad incensare questi, se si rialzano, ed a maledire quelli, se vengono sbalzati. II loro carattere è volteggiante, e non ha mai punto fisso per sostarsi. A farti osservare, o Sire ingannato, che noi abbiamo detta la verità, ti facciamo un sunto dei tradimenti giornalieri, che tu non puoi vedere, perché ti hanno assiepato strettamente, avendo eretto un muro di ferro tra te ed i popoli, per non fartene osservare le piaghe. Essi con le continue imposte con cui gravano i tuoi pretesi popoli, e con le fucilazioni giornaliere che fanno eseguire nelle contrade meridionali, ti tradiscono; col pretendere Roma, e col dire: l'Italia una è fatta, ti tradiscono; col vuotare le casse del tesoro, è cól far debiti, e sempre debiti, per ristorarle, ti tradiscono; con l'imprigionare e perseguitare tante migliaia di gente, per appagare l'infame desiderio di una spia e di un assassino, e col aver proclamato lo stato di assedio nel Napolitano, ti hanno tradito; col farti aborrire, ed aver in dispregio la religione degli Avi tuoi, e col farti perseguitare i suoi ministri ti tradiscono; col calunniare continuamente la Corte Romana, e farti credere che i combattenti nel Regno di Napoli li spedisce FRANCESCO II


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da Roma, ti tradiscono; col non farti ascoltare la voce del povero, nelle cui labbra soltanto è riposta la verità, ti tradiscono; col far pubblico mercato del loro credito, e vender senza rossore gli averi dell'orfano delle Chiese, del demanio e dello stato, e la libertà dell’innocente, ti tradiscono; col non vergognarsi di fare tante ingiustizie, e col opprimere e calpestare il popolo, a cui l’inibisce anche supplicare al Gelo, ti tradiscono; col farli firmare tanti decreti crudeli, per mettere sempre nuove imposizioni, e così far pagare col puro sangue dei popoli, i turpi lor piaceri, i pranzi ministeriali, e le loro lussureggianti passeggiate, ti tradiscono. In fine in ogni atto, in ogni detto dei tuoi adulatori, che compongono il tuo parassito Governo, vi è nascosto lo scopo del tradimento. La guerra che tu fai alla Chiesa, al dritto, ed alla giustizia, non ti potrà mai rendere glorioso, anche che vincitore; poiché sappi che I colpi dati all'Altare, e quei dati agli ALTRUI TRONI, si sono ritorti verso il tuo, e l'hanno scosso, che già minaccia la rovina!... Queste parole, che come cristiano ti dirigemmo, portiamo speranza che siano ascoltate, tanto più che sono immune di servilità cortigianesche; e ti diciamo che se noi avessimo avuto lo sfortunio sederti al fianco per consigliere, no, non li avressimo taciuta la verità, perché è dovere del vero


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cortigiano parlar francamente al Principe. Ma giacche la sorte ci ha assistita di esserne lontano (grazie a Dio) pur tutta volta ti mandiamo un consiglio pel meglio della tua Casa. E questo, è di rendere ad ognuno tutto ciò, che col dritto della forza gli hai annesso; di sacrificare la tua ambizione sull'altare della giustizia, e di proteggere veramente la religione cattolica, poiché senza la quale i popoli italiani non si possono governare» Fortunati sapessimo, se fai buon viso al dato consiglio, poiché sperimenteresti col fatto chi più ti parla con sincerità, se noi che rimasti fedeli al nostro Augusto esule Sovrano, e che siamo sempre pronti ad affrontarti, o pure quella caterva di vili che mai fur sazia, la quale ti fa vedere la Luna nel pozzo Fortunati noi ripetiamo se ci ascolti, perché ti vedremmo salvato dal precipizio in cui sei per cadere; ti vedremmo riprendere il posto di Re, che or più non hai; e l'Italia si riavrebbe i suoi legittimi Signori Confederati; col che, solo può riacquistare quella pace, che le hai rapita, quella religione che le hai perseguitata, quella libertà che le commutasti in schiavitù, e quella grandezza e prosperità che le hai sciupata, e dispersa; cosa che non può sperare <da un Congresso, da aprirsi colle basi della non esistenza dei trattati. Povero Zurigo!... tu fosti testimone di un trattato giurato o di una semplice cicalata?... A' posteri la risposta perché essi debbono giudicarlo!...


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CAP. VIII


Percorsa la storia della Chiesa, e nel suo nascere, e nell’uscire dalle catacombe come sposa di un nascosto talamo, e camminando con essa fino ai nostri giorni, non abbiamo potuto trovare una guerra, che le fosse stata mossa, pari a quella, che oggi le fa un Re che si vanta esser cristiano, la cui stirpe ha dato molti campioni, che han reso onore alle scienze, alle armi ed alla Religione. (l)

(1) Tra i Principi e le Principesse delia Casa Sayoja che lasciarono all'età future indubitato concetto d'aver progredito nella via del Signore, vi è la nostra venerabile MARIA CRISTINA di Savoia Regina delle Due Sicilie, e madre del nostro Augusto Sovrano FRANCESCO II. Noi tralasciando di qui notare le sue eroiche e sublimi Virtù, molto degnamente descritte da valenti e religiosi scrittori, ci tratteniamo a ricordare, che ESSA fu predestinata da pio ad essere tra gli eletti del Cielo, giacche la sua vita di Principessa, e di Sovrana, non fu che una continuata unione con Dio per mezzo della preghiera. Ma siccome l'Eterno presto a se richiama le Anime buone, così in quella che i popoli delle Due Sicilie, si credevano nel meglio di bearsi per tanta santa EROINA sprofondarono nel dolore per la immatura sua perdita. ESSA però ci lasciò un legame d'affetto, nel suo FIGLIO, il quale essendo la fedel copia di quel virtuoso originale, salito al Trono, stava felicitando i suoi popoli versando su di essi torrenti di dolcezza e di beneficenza. Una 'Diano violenta però dall’ambizione sospinta, dolorosamente e con modi da barbaro, lo separava dai suoi fedelissimi sudditi; riducendolo in esigilo, dove non cessa ancor d'affligerlo riunito alla sua EROICA CONSORTE, con calunnie e con altri modi che sanno d infamia. Questa roano fratricida!... incredibile a dirsi!... era legata con i più stretti vincoli di sangue a quella GRAN DONNA che tra breve si adora sugli Altari Tale atrocissimo delitto, non ha pari nella storia, ed i posteri stenteranno a crederlo pria di riflettere: CHE L'UOMO AMBIZIOSO E' UOM CRUDELE, E PERCIÒ CAPACE DI OGNI ASSASSINIO.


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Ciò non deve recar meraviglia, avvegnachè la storia c'insegna la Dinastia Carignano aver origine da un Cardinale Duca di Savoja, il quale, pèr jattante ambizione, fe crearsi Antipapa, di modo che l’attuale Sovrano per nulla degenerando da questi acattolici principi, mostrava di aver infuso nel sangue il germe maledetto d’orgoglio. L'apostata Giuliano, come dicemmo, soltanto combatté colla Chiesa la stessa guerra, la quale non è potente per la forma, ma per i mezzi, perché mentre combatte la sua Madre, le si china in ginocchio, e finge offrirle protezione. Il Santo Padre PIO IX al cospetto di tutto l'Episcopato cattolico ci raffermava nella nostra convinzione in dire: «La iniqua ipocrisia colla quale i condottieri ed i satelliti della funestissima rivoluzione italiana a van dicendo che la Chiesa gode della sua libertà, mentre con sacrilego ardimento ogni giorno pia conculcano tutti i dritti, e le leggi, di essa Chiesa. Ed intanto ad ingannare i gonzi a persuadere il cattolicismo, a mettere una barriera alla imminente insurrezione dei credenti, i Ministri di Torino, da Cavour fino a Minghetti, han sempre gridato: (mentendo) Libera Chiesa in libero Stato. E quest'ultimo, allevato alla scuola Cavourriana, eleva a Cielo questa formola, chiamandola: conclusione di quel sistema di libertà, che Quegli aveva fatto


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prevalere dovunque; (1) e protesta contro la inscienza, e la malafede di quelli, che dichiararono questa formola vuota di senso; poiché, egli soggiunge: questa formola non è astratta, e né gli venne suggerita dalla tattica parlamentare» ma riflettiamo noi: fu il frutto della nota verbale presentata al Congresso di Parigi, e perciò Minghetti chiama: uomini del passato, o che non han senso dell'avvenire! coloro che non la comprendono. La stampa rivoluzionaria credendo che gli Italiani del 63 siano quelli del 59 si sforza a dimostrare: che la guerra, che si fa al Papa nel temporale, è pel meglio della Chiesa, la quale vuoi ricondursi alla primitiva purezza, alla primitiva semplicità; fingendo di non sapere che ogni colpo dato al temporale è diretto allo spirituale. Cavour cantò pure sullo stesso tuono in rispondere al Conte delta Margherita. (2) «A parer mio, ei disse, trattando la quistione della secolarizzazione delle Legazioni non può fare danno alla Religione, debba a anzi giovare assai, poiché avrebbe molto a guadagnare, se la Condizione dei popoli venisse qualche poco migliorata; ed il Dritto soggiunge: che verrebbe interamente ridotta conforme allo spirito della costituzione, ed alle origini del


(1)Tornata dei 17 Giugno.

(2)Tornata del 6 Maggio 1856 nota come ricorda Desanctis nel 22Novembre 1862.


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governo piemontese!... gran verità!... Ma chi non vede, diciam col Nord: che sotto quel progetto e questa confessione gatta ci cova? Cavour fatto dottore in politica nel congresso di Parigi, e nei privati colloqui, al ritorno in Italia, cercò di porre in esecuzione quanto aveva detto nella sua famosa nota verbale; ed a riuscirvi, si mascherò colla conosciuta formola. Egli spesse volte diceva: che in diplomazia vi è una parte palese, ed una occulta, perché i grandi negozi, si fanno di nascosto, come piani di rivoluzione, cessione di territorio! e le circolari poi, e le note, si fanno ad usum lectorum, cioè ad uso del pubblico, con le quali si disapprova pubblicamente ciò che si esegue. Chi conosce i suoi sforzi che ha fatto per mezzo della rivoluzione cosmopolita a rovesciare i Troni d'Italia, e ricorda le sue parole pronunciate a fronte serena nella Camera, che egli non mai avrebbe usato a pro del Piemonte mezzi rivoluzionari per abbattere gli altri Potentati italiani, non vi osserverà certamente una politica franca e leale, come predicava, ma vi scorge un continuato contrasto del detto col fatto, e perciò quando esprimeva nel Congresso di Parigi il desiderio di giovare la Chiesa, la minava; ed insistendo: che i Sovrani d'Italia dove; vano ammonirsi, preparava loro la caduta, proclamando senza maschera il dritto del forte


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sopra il debole (1). Noi però prefissoci dire la verità, non possiamo tacere, che abbenchè di sua natura fosse audace, pur tutta via era prudente, di modo» che colla sua scaltra prudenza, si sforzò a non far tralucere tanto la sua gran malvagità dell’animo. Coloro che lo seguirono nello incarico, benché ne avessero preso ad imprestanza il programma, pure non seppero imitarlo nell'ipocrisia. E si smascherarono; e smascherandosi rovinarono come vedremo.

La maschera se la tolse Conforti, il ladro dei 70 mila ducati, colla sua famosa circolare; con cui si facultava lo spoglio delle Chiese; la persecuzione dei sacri Pastori, la violentazione dei sacri Chiostri, e la carcerazione dei sacerdoti che si astenevano a cantare il Tedeum dello Statuto, per non insultare la Divina bontà. Se la tolse Pisanelli, quando co' suoi decreti, e co' suoi regolamenti dell’exequatur, del Regio placet e con altri di simil genere, toccò l’apice del dispotismo, traducendo in pratica, in altri termini, le teorie di Feluce Pyat, il quale nel Novembre del 1789 sostenne: «che il popolo era sovrano tanto nello spirituale, che nel temporale; che il popolo era il Papa, che il popolo era Re.» Se la tolsero gli altri Ministri, coll'accusare


 (1) Corciakoff nota diplomatica del 2 Settembre 1856 datata da Mosca.


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continuamente la Corte Romana, e FRANCESCO II, inventando calunnie, e formando masse a loro spese sotto la scorta di quell'innocente Conte Tecchio, che abusando del carattere ufficiale, fermentava intrighi funesti, alla pubblica quiete romana, e le spediva nel Napoletano, ove armate da La Marmora all'Isoletta, servissero di prove ingannevoli all'Europa, per farle credere che i Combattenti nell'Italia meridionale erano gli spediti da Roma per l’impulso del tradito, e rassegnato FRANCESCO II con l’ajuto del danaro di S Pietro, al quale uso soltanto serviva. (1)


(1) II coraggioso giornale l’OSSERVATORE ROMANO, racconta la storia dei finti briganti spagnuoli, ed il popolo d'Italia giornale democratico ci da maggior luce. Un tale Serracanta espurio della fedele nazione spagnuola circondata da tre o quattro servitori a due padroni fu chiamato dal console Sardo in via Borgognone il quale dopo d'averlo istruito del finto movimento a tenersi tra i confini dello stato, gli promise onorificenze ed impiego, se riusciva a somministrare una prova, che i così detti briganti nel napolitano, erano esteri e spediti da Roma, gli consegnò oltre a molti napoleoni d'oro un ritratto con due lettere iniziali G. G. M. a piedi, benché noi non sappiamo chi vogliono di notare, pure la fisionomia non ci è nuova. Il ritratto in fotografia doveva servire di contromarca per prendere i fucili all'Isoletta che in tre casse erano stati spediti dall'onesto Generale la Marmora, partì da Roma con molti mascalzoni, e giunsero al Destino, senza chela polizia francese vedesse nulla. Prese le armi, incominciò a fare le marce e contro marce, tra lo stato ed il napolitano, ed i Piemontesi non lo inseguivano. Intanto i giornali menavano rumore per il voluto sbarco spagnuolo a Sperlonga. La Gendarmeria Pontificia sollecita, inseguì la massa, e gli venne fatta arrestare il capo, il quale confessò il tutto e gli si trovò il ritratto, il passaporto piemontese, e lettere del Console. Un altro finto corriere pure arrestato confessò nel suo interrogatorio aver ricevuto venti piastre, per fare quella parte da commedia. Dopo questa preziosa scoperta, si può più aggiustar fede a ciò che dice il governo di Torino? Il tutto rimettiamo al giudizio dell’Europa civile che fin ora è rimasta nell'inganno!...


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Se la levarono i Deputati quando dissero, per bocca di Ferrari: che la formola di libera Chiesa in liberto Stato era un bisticcio Cavourriamo; quando dissero: per mezzo di Musolnior che alla Chiesa non doveva darsi più libertà di quella, che si è concessa ai Valdesi ed ai Turchi, ed indipendenza non mai, perché la indipendenza del Clero sarebbe un'eresia politica, ed il Papa non avere alcun dritto a pretenderla; quando fecero leggere nelle lettere, e nei proclami dell'Eroe dalla gamba rotta, tante ignominiose parole contro il Papa, ed il Clero, servendosi della vilissima espressione canaglia. Se la levarono quando con le parole di Petruccelli proclamarono: falsa la politica, che vuol far credere Chiesa libera in libero Stato, mentre la Chiesa, e la libertà non possono stare unite. AI quale aveva preceduto Venosta in dichiarare: «che per ottenere la libertà, si deve opporre il popolo alla Monarchia, la ragione umana alla rivelazione cattolica; ed era perciò necessario a scrutare col ferro, e col fuoco nei profondi penetrali del vecchio principio, e dichiarare: che a l’umanità è Principe, e Papa a se stessa; ogni uomo avere in se il potere temporale e lo spirituale. Si smascherarono ancora, quando proposero il matrimonio civile, e la permissione a preti di prender moglie, perché così a lor dire richiedevano i grandi principi politici,


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filosofici, e religiosi, che formano la base della rigenerazione. (1) Quando Macchi mise in dubbio la divina ispirazione della Bibbia; cercando distruggere le stessa basi del Cattolicismo. Quando il lebbroso della società, la Gattina sostenne:

«che per prender Roma, se le deve far guerra a nell'intorno, e si deve combattere il Cattolicismo in tutto il Mondo, con tutti, per tutti, e contro a tutti, perché egli non credeva a Cristo, ma solo a in se, ed all'Italia. Si tolsero via la maschera, quando Rieciardi espresse il desiderio di volersi fare eresiarca, basta che avesse avuto l’onore di sedere in Campidoglio Osservate tutte queste bestemmie, ponderato il senso irreligioso, e satanico, che racchiudono; confrontatelo con la formola libera Chiesa, in libero Stato, chi presterà più fede all'assicurazioni che davano i Cavour, i Ricasoli, i Rattazzi, ed i Minchetti, per la indipendenza del Papato? Con quale faccia (diciamo a noi stessi) richiesero l'appoggio del gran Sire di Francia? Questi, benché umiliò l’istesso Colosso del Nord a Sebastopoli, benché non si oppose, contentandosi solo di protestare contro lo spoglio dei Principi veramente italiani, contro lo sfregio recato al trattato di Villafranca, OPERA SUA, e contro la usurpazione di non poche


 (1) Brofferio, e Sineo.


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provincie alla Chiesa, pure riverente s'inchina all'inerme ed umile Vegliardo, che sul Trono di Pietro maestoso risiede. Egli lo guarda e lo sostiene perché così permette Iddio, il Quale in fare argine ai suoi nemici si serve anche delle mano degli uomini; e se occorre, pure dei suoi nemici istessi!... La Francia primogenita della chiesa, l'Austria Apostolica, la Cattolica Spagna, eia religiosa Baviera abbatteranno l’alterigia, siam certi degli empi; richiameranno a più poderosa vita il dritto, e la giustizia; e contribuiranno a ridonar la pace all'Italia, infélicitata da pochi rinnegati, che si ribellarono a Dio ed ai propri Signori.

Negli sforzi che ha fatti la stampa liberale per patrocinare la mistificazione di una occupazione in Roma, noi vi vedemmo sempre l'impossibile, poiché dicevamo a noi stessi, come si può conciliare l'unione tra i mostri dell’umanità col Papa, tra i lupi e l'Agnello, e tra i demoni in carne col Vicario di Gesù Cristo? Questa riflessione, ci fece pur troppo applaudire alle dichiarazioni dell'Eminentissimo Antonelli, che dopo d’aver sbuciardati gl'ipocriti campioni al cospetto dell’Europa, con franchezza tutta propria di un strenuo difensore della Chiesa, che si gloria seguire il Vangelo, e non Macchiavelli, fé loro sentire: che tra Roma e Torino non vi sarà mai possibile riconciliazione, se non si restituisce


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ad OGNUNO QUELLO CHE È SUO. Perché il Vaticano essendo la Cattedra della giustizia, non sanziona i fatti compiuti colla violenza, le annessioni della robba altrui, i sacrilegi e le menzogne, come da altri malauguratamente si è fatto; e che ciò vorrebbe ratificarsi col Congresso a cui sì è fatto appello, dichiarando in pria distrutto il trattato del 1815, che forma la carta del dritto pubblico di Europa, dal quale sorgono le ragioni di possedere per molte potenze. Il Vaticano, aggiungiam noi, ha il dovere di far rispettare tutti i dritti che han per base la morale, di cui esso è maestro, e da qualunque parte i dritti, vengono violati, alza la voce contro il violatore. Esso accorre alla difesa dei de boli, non per spogliarli, come ha fatto il Re galantuomo, che per non essere estraneo alle sognate grida di dolore dei Napolitani, dopo aver avuto il permesso di passare per le Marche e per l’Umbria, e di annettersele, dopo bombardata Ancona, e compiuto l'eccidio in Castel Fidardo di tanti prodi difensori della fede, sempre col permesso, intervenne per fucilarli, deportarli, ed imprigionarli in nome dell'Italia una; togliendo loro quanto avevano di grandezza, di religione, di onore, di sostanze, di vera libertà. Dal detto fin qui, risulta chiaro: che la libertà che si diceva accordare alla chiesa,


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era UNA MENZOGNA; e quella formola usitata di libera chiesa...!in liberò stato...! era un'assurdità, una contradizione permanente coi fatti Sacrileghi che si compirono, e si compiono tuttora. Un giornale democratico (1) non potendo più sentire: che una conciliazione avrebbe avuto luogo tra il Governo di Roma, e quello di Torino strappò la maschera a quei padri coscritti del casotto di legno e scrisse: «Quando anche tutti gli uomini che hanno autorità nelle cose d'Italia e tutti i partiti che li secondano, fossero concordi nel volere; ed a dispetto della civiltà, mantenere l'edificio della Chiesa cattolica, la nostra rivoluzione tende a distruggerlo, deve distruggerci lo, non può non distruggerlo senza perire. I paroloni di Nazionalità, d'unità, di umanità d'indipendenza, di libertà politica, sono mezzi a quel a fine, e servono come lustre e smorfie per abbindolare gli allocchi. Questi mezzi che eventualmente sono grandi e solenni benefici per noi, rispetto all'umanità, sono inganni. La rivoluzione ha sommamente a cuore compiere e raggiungere il suo ultimo fine, che è riposto nella distruzione del Catolicismo, ed abbenchè uomini onesti, ed anche dotti potessero credere possibile una conciliazione, debbono fallire contro


(1) Il Dritto di Genova, 11 Agosto 1863.


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la necessità, che tatti trascina. Da questa candida, ed esplicita confessione, chi mai sarà tanto cieco nella mente da non ravvisare il vero scopo della rivoluzione, che mentre, ad ingannare i semplici si protesta amica, e fautrice della religione, tende poi a scalzarne le fondamenta? Pur troppo eravamo persuasi che la guerra cosi detta di nazionalità era una guerra per la Chiesa, e quando vedemmo spodestare i Principi Italiani, ci convincemmo di più, perché la rivoluzione cercò spodestare Questi in prima, per non trovare opposizione in abbattere il Trono del Pontefice: ricordandosi benissimo, che lo scettro Borbonico nel 1848 disperse ogni suo infame desiderio. Ma siccome il consiglio dell'empio non ha dorata, cori Iddio ha confuso la setta, ed ha umiliato il suo capo, in modo da fargli vedere: che con l'opera sua non si scherza, alla quale Egli è sempre a guardia, per premunirla contro gli assalti di tutti i suoi nemici; minacciando di distruzione chi osasse attentarla. (1) Cattolici! rallegratevi con noi, perché le corna al nemico del Dritto e della nostra sacrosanta e Cattolica Religione, sono state fiaccate, e se ancor si aggira intorno a noi, di rabbia fremendo, appellandosi ai principi di nazionalità, mostra con ciò,


(1) S. Matteo 21. 44.


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la sua impotenza, la sua subita sconfitta. Iddio è con noi. Egli resiste a' superbi, carezza gli umili, premia il giusto, e punisce irremisibìlmente l'empio; perciò la Vittoria non può mancarci! Siamo uniti; accertiamo i ribaldi che un sol pensiero ci muove, che un sol Capo ci comanda, e così sarà convinto, che la difesa e l'appoggio di Dio, non è pari a quella degli alleati terreni, ma è potentissimo, innanzi al Quale i Scettri dei Re sono fragil vetro, e le corone imperi a li, sono polvere e loto. QUIS UT DEUS?!..




CAP. IX


Per quanto si avesse fatto dalla setta, studiando Machiavelli, per pugnare in maschera con la Chiesa, tutto è stato impossibile, perciò si è veduta costretta apertamente venirci alle prese. In dare principio alla nuova lotta, si è gridalo da Lord Palmerston Capitano generale della rivoluzione: che il potere spirituale col temporale è un mostruoso connubio, tanto più che è in opposizione al progresso. La stampa rivoluzionaria aggiogata al servizio dei Ministri, composta di vile ciurmaglia di schiavi venduti, che facendo traffico dell’intelletto, s'infangano nel lezzo della menzogna; rinnegando Cristo non una, ma un milione di volte, colle sue trombe ha assordato


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il mondo intero su questo argomento, ed i Ministri ed i deputati di Torino che fanno da soldati nella sacrilega battaglia, hanno fatto eco di plauso al detto del protestante colosso, che ha giurato l’atterramento della Religione, della proprietà, e dei Troni; ergendosi a campione del pernicioso Socialismo, da cui non pochi prendon scuola; Minghetti General di divisione, ha esordito alla sua schiera, dicendo: che il Dominio Temporale è una idea figlia del medio evo, quando non si sapeva concepire libertà ed indipendenza separatamente dal dominio territoriale (1). II deputato Boggio accusa il Papato come usurpatore del dominio temporale. Mazzini dichiara guerra al Papa non solo nel temporale ma anche nello spirituale. La Marianna predica essere la Chiesa una tiranna dell'umanità, e perciò, ei dice, è necessario abolirla, e tutti i Sacerdoti debbono espellersi,debbono perseguitarsi, e calunniarli se occorre. Gli antipapali gridano: non volere il Papa-Re, ma dicomi venerarlo come Pontefice. La Gazzetta Piemontese insinua a calunniare il Papato. Borrella vuole: che nelle scuole si dia l'insegnamento anticattolico. Mellana, Moja e Valerio per spiantare dalle nostre contrade la più bella eredità, LA FEDE CATTOLICA,


(1) Tornata del 18. Giugno 1863.


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assaliscono il dominio Temporale del Papa, ed il suo Governo, per togliere al Capo della Chiesa, quella indipendenza, in cui è riposta la sua vita. Il ministro Venosta quando era discepolo di Mazzini scrisse: che l’uomo è principe e Papa, e cosi ogni ministro, ogni deputato, ogni Senatore, ogni Passagliano, ogni italianissimo, da il suo colpo contro il dominio temporale, per sbarbicare dalla radice la cattolica fede, nella Cattolica Italia. Noi non aggiungiamo verbo in difesa di questo dominio necessario, poiché oltre ad una lunga schiera di valenti scrittori cattolici e protestanti, che hanno dimostrato essere il dominio temporale del Pontefice inseparabile dalia spirituale, perché a vicenda si appoggiano; l'intero Episcopato cattolico ha dichiarato: che la sovranità spirituale riunita alla temporale m persona del Capo della Chiesa, è necessaria, a solata, inevitabile, ed ha provato: che il PAPA per essere libero nel suo spirituale ministero, è d'uopo che Egli s'abbia un suolo tutto suo, non pertinente in soggezione ad alcuno Imperante, acciò i suoi editti, le sue encicliche, e le sue relazioni col mondo Cattolico, non soffrano pressione alcuna Perciò noi, rispettando, ed aderendo, a quanto la Chiesa, nell'universale Cattolico Episcopato, ha decretato, ci facciamo ad ismentire Lord Palmerston ed i cinguettanti di


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Torino, che bugiardamente sostengono: essere il Papato nemico del progresso.

Non perché ci crediamo al di sopra degli altri nelle politiche e storiche conoscenze, ci facciamo a confutare quanto dissero i padri coscritti, ma perché costretti dalla verità, quasi una forza soprannaturale ci strappa dalle labbra: essere questi menzogneri, o ignoranti a segno da disconoscere i benefici del Papato verso la società, o pure, accecati dalla passione, hanno perduto ragione, intelletto, e buon senso E se essi sono condiscendenti, venir con noi a svolgere la storia di non pochi secoli addietro, si convinceranno: che il Papato non solo non avversò mai il vero progresso, che ha per base la giustizia e la religione, ma ne fa sempre il promotore; poiché ha conosciuto esser questo lo svolgimento sull'unità e la realizzazione sempre più completa di una verità conosciuta ed invariabile. E quando il Papato segna sulla carta del mondo il cammino dei lumi, Egli non fa altro che badare al cammino della fede (1). Il Papato ha purgato di barbarismo tanti popoli ed indefessamente coi suoi missionari ha sparsa la luce della verità, negli angoli più remoti del Mondo; ha portala la civilizzazione dove


(1) Dechamps. la parola di PIO IX.


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neppure se ne conosceva il nome. Ha piantata la Croce dovunque, che come simbolo di redenzione e di pace, sventola glorioso; e ciò lo ha fatto senza il concorso delle armi, senza fucilare e senza imprigionare: poiché questi mezzi si usano dal solo empio, il quale con la forza vuoi governare i popoli, che lo abboniscono, che lo detestano. Il Papato non mai si è arrestato per via, o si è ritrocesso, anzi ha varcato sempre tempo e mari, facendo la conquista del mondo; e per ben 18 secoli cammina a passi di gigante. Il progresso dei libertini, che è il turbamento dei popoli, ed il sovvertimento delle idee, il Papato non ha saputo mai approvare, perché ha veduto che egli non è altro che un continuo allontanamento del passato, ed il culto indefenito di un insaziabile avvenire (1) nella qual dottrina, la verità è un errore, che ha il pregio d’essere attuale, ma infallibilmente destinato nascendo, ad essere abbandonalo a sua volta. Questa dottrina desolante, può chiamarsi un vero sepolcro imbiancato, in fondo del quale, sotto una pomposa iscrizione, giace la verità immolata. Ma la verità non essendo immutabile, perché è Dio vivente, il Papato deve seguirla, come del pari dove avversare e combattere la menzogna,


(1) Dechamps: loco citato.


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benché inghirlandata di fioriti vocaboli. Il vero progresso di divina costituzione è nell’Evangelio, e non nel moto di pochi sovvertitori, e disturbatori della pace dei popoli, che tendono a scuotere la Giustizia dai suoi cardini, e sostituirvi il disordine, per così progredire a proprio interresse. II progresso che avversa il Papato è quello che fa guerra al dritto, che promuove la immoralità, che canonizza i regicidi, che osteggia la Religione, che soppianta i Troni che autorizza a fucilare, ad incendiare e ad imprigionare, che permette alla stampa libertina calunniare i Sovrani, che per volontà divina governano i popoli, che si compiace nell’aumento delle case di prostituzione, e che mira a ridurre l'umanità in un CAOS spaventevole.

Questo progresso non è il vero, ma il falso; non è di divina, ma di satanica costituzione, e perciò falsamente i rivoluzionari lo chiamano progresso di. lumi; mentre dovrebbe a giusto titolo chiamarsi progresso delle tenebre, e progresso delle passioni, nel quale dominando queste, la bussola della giustizia, si sconquassa, e più non segna la retta via.

PIO IX voleva felicitare l'Italia, ma quando vide che questa, per opera dei facinorosi tendeva a trasmodare i limiti della Giustizia, ed i confini del vero progresso, si arrestò, convinto


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che la sovranità del male, voleva intronizarsi per distruggere ogni bene. E la libertà che è sempre in ragion diretta della Religione, fu sacrificata dai ribelli, i quali trascinandola nel fango l’armarono di pugnale, e da figlia di Dio, la cangiarono in furia infernale, il cui solo a spetto, il cui solo nome al presente, disonora i popoli, che di essa fanno menzione. Quindi se il Papato si oppose allo sviluppo di essa, nò, non merita il titolo di retrogrado. La necessità del progresso, niuno la intese meglio che la Chiesa cattolica coi suoi Papi alla testa, ma fino a che questo progresso fu legittimo, esplicativo e conciliativo di tutti i doveri, con tutti i dritti. La Chiesa con tutti i Papi e con l’universo Clero, con le sue dottrine, e con le sue istituzioni, non si è mai negata di camminare avanti alle nazioni civilizzatela quando ha scorto che questo progresso era rovinoso, era incivile, era inumano, come è il presente in Italia, si è fermata, e non lo ha onorato dei suoi favori. La Chiesa vedendo con questo attuale progresso sciogliere il corpo sociale; il principio d'autorità conculcato; molti Troni caduti, ed altri cadenti; i trattati rimanere coma lettera morta; il ritorno al barbarismo; la guerra che si fa alla Religione, ed a Dio stesso; te persecuzioni dei suoi ministri; tanto sangue innocente versarsi sull'ara dell'ambizione; in fine


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vedendo il mondo civile farsi a brani, come può pretendersi che PIO IX capo di Essa lo applaudisca, e ne segua le aspirazioni? ESSO con saggi consigli si sforza a frenare la corrente della rivoluzione, ma quando questa respinge anche la preghiera, per correre, frenata alla certa rovina, allora non altro gli rimane a fare che seguirla di lontano, e di tanto in tanto farle sentire una parola paterna. Le sue preghiere son continue per essa, non per sanzionarne il movimento, come la stampa spudorata registrava, o per intercedere da Dio il suo trionfo; ma per ottenerne il ravvedimento, per richiamarla nella smarrita via della verità e della giustizia. Se II Papato deve colla sua dottrina di Giustizia e di carità affrancare i popoli dalla schiavitù, non può sottrarli, (che si opporrebbe alla volontà di Dio) all'ubbidienza dovuta alla legittimità sovranità; anzi ne deve rafforzare l’esistenza Quindi i progressisti di proprio conto accusando il Papato di retrogrado sol perché non vuol sancire le annessioni, le spoliazioni e le infamie di loro, è un torto, perché Esso non può transigere con la sua coscienza; ed allora soltanto può seguire il progresso dell'umanità, quando questa progredisce alla luce di sua dottrina, che ha origine da Dio fonte vera di ogni bene, di ogni progresso» di ogni grandezza e di ogni prosperità.

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CAP. X

A quanto conosciamo, il settario vero, pria di essere ascritto all'albo della Satanica congrega deve giurare di avversare la Religione in tutti i modi, perché di ostacolo al compimento dr ogni infame disegno. Cosicché da figlio di Dio addiviene figlio di Satana, e siccome questi è la menzogna personificata, così gli affiliati alla setta debbono rinunciare alla verità che è figlia di Dio, e nel tempo istesso usare diaboliche insidie, per abbattere onninamente la Chiesa Cattolica: e se mai fosse possibile estirpare radicalmente dall'animo di tutti, la fede eia Religione santissima. Passando dalla teoria alla pratica vediamo che Lord Palmerston, mantice della infernal fucina ogni giorno che guadagna sulla sua cadente età, non ad altro lo impiega, che a creare nuove menzogne, e sempre delle schifose ed intriganti, dalle quali spera più che dalle baionette. Il Times che apprende dalla officina del Punck per la perversa dottrina che professa, e s'ispira da Lord Palmerston per le menzogne da vendere; le ripete con serio tuono, da farle ricantare ai giornali italiani in livrea, per lo che i Governanti l'Italia da Torino, si gonfiano,approvano e sperano. Ma se non ignorassero che la menzogna ha le gambe corte, non cadrebbero in tanto inganno.


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Il primo Ministro inglese inglese,  che a giusta ragione, può appellarsi con l'Apostolo maestro di menzogna, dalla sua tribuna, si sforzò nella decorsa sessione persuadere quei nobili Lord: che l'Italia è sotto il governo di Vittorio Emmanuele la più felice delle nazioni, meno che i Romani, i quali si trovano ancora schiavi.  Noi tralasciando riferire le rimbeccate, che s'ebbe da moltissimi oratori e conoscitori del vero, in quella stessa tornata, perché siamo testimoni oculari della schiavitù ideale che soffrono i Romani, prendiamo di bella voglia, l'assunto di parlarne.

Pria d'ogni altro deve sapersi, che in Roma è permessa e si rispetta la libertà del pensare. In Roma si parla nei caffè, come in un paese eminentemente libero; in Roma il cittadino è sicuro della propria vita; in Roma il commercio e le arti belle sono nell'apogeo di floridezza; in Roma non si costringe l'individuo a pregare perché i Romani spontanei affollano le Chiese; in Roma nulla vi manca, tutto è a buon mercato, ed i lavori del governo, oltre a quelli dei particolari, danno da vivere sufficientemente; in Roma non si obbliga alcuno a dare l'obolo di S. Pietro, che fin oggi ha fruttato un milione e più di scudi, come si obbligarono nell'Italia rigenerata per la sottoscrizione del denaro del brigantaggio ed altro, che appena queste liste dettero


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segno di vita per l'offerta coatta dei Comuni; in Roma il debito pubblico trova compratori ed il tesoro è fornitissimo; in Roma gl'impiegati si pagano senza ritardo, benché ve ne siano una quantità che erano nelle provincie usurpate; in Roma non si fucila, non si carcera, non si deporta, non si tortura, non si costringono a parlare i nati sordomuti, né si accusano i ciechi di 15 anni di cospirazione e si condannano ai ferri, come nell'Italia rigenerata; in Roma non s'incendia meno qualche fenile per opera degli italianissimi di Torino; in Roma infine si gode una pace di Paradiso. Dunque domandiamo noi, dove è riposta la schiavitù dei Romani? In quale Nazione si gode la felicità dei Romani? solo tre anni fa i Napolitani godevano lo stesso bene quando li governava FRANCESCO II. Ed acciò non potessimo essere accusati da partigiani riportiamo un brano della protesta che fecero i Romani al giornale del Risorgimento, che si prendeva la pena di chiamare il Papa nemico dei Romani, i quali risposero: I nemici del Papa sono i nemici di Roma e dei Romani, noi ricordiamo ancora la cattività babilonica, l'occupazione francese, la repubblica del 1849. Il trasferimento della Sede apostolica in Avignone diminuì la popolazione sotto i 35 mila abitanti... chi combatte il Papato combatte


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Roma, la sua tranquillità, là sua prosperità, il suo lustro, e perciò protestano contro chi osò immischiarsi dei fatti di casa loro; e conchiusero, che sé i Piemontesi amano le sue delizie con le infinite imposte, non le amano certamente i Romani i quali ridono di vero cuore sulle illusioni subalpine, e spesso ripetono: che non sono così matti da scambiare il S. Padre col Re Galantuomo, il quale a chiunque ha un soprabito, a via d'imposte ce lo prende (1). Infatti, solo i mentitori fingono di non sapere che i Romani sono tutti pel Papa, e che non sono interessati a compire la loro annessione alla rimanente Italia, (2) sulla quale il Piemonte rigenerante esercita la stessa potenza che ha il Carnefice sull'appiccato; e non riesce a tenerlo a dovere se non a misura che gli stringe la corda, che sarebbe la legge Pica per le Due Sicilie. Guai però ai Carnefice se la corda si spezza!.... (3) Essi van superbi di avere un Sovrano che è la delizia del mondo intero, come i Napolitani superbivano per avere un Re figlio di una Santa. I Romani non ignorano che con la loro Roma Pontificale, sono cittadini d'uno impero spirituale, che l'un di più che l'altro, va ingrandendosi nell'estenzione


(1)Bixio 18 Aprile

(2)Lo Zenzero N. 135

(3)Riflessioni dell'Osservatore Romano


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della fede, e tutto il mondo senza dubbio sarà suo. Se i rivoluzionari han cercato spezzare questo Scettro, i Romani hanno mostralo la loro fermezza, e ad onta di tante insinuazioni e di tante promesse, si sono più stretti a PIO IX, e non si distaccano, perché in Lui trovano il Padre, il pastore, il Sovrano. Essi dicono: chi è questo Vittorio, che vuole rigenerarci col sangue, come ha rigenerati i Napolitani; che vuole regalarci le delizie, che ha regalate in abbondanza ai popoli della Toscana; della Lombardia, del Modenese, del Parmense, delle provincia della Santa sede, e delle contrade meridionali? L'oro e l’argento serve per noi; i vasi sacri servono per le nostre Chiese, e non per lo scomunicato redivivo Baldassarre. Quest'oro, quest'argento questi vasi, bruciano a chi li tocca, e un deputato (1) a ciò voleva alludere quando disse: ROMA È FATALE!...!...

Il Passaglia d'una volta bene aveva compreso chi erano i Romani, e perciò scrivendone, non li chiamò rivoluzionari, ma Piani. E la stessa Gattina, in un suo discorso da eresiarca, rimproverava la fermezza dei Romani, perché non si mostravano come nel 49; e volendoli mettere in berlina li accusò di non aver sangue, e né


(1) Ferrari.


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acqua nette vene, ma sciroppo; del che i Romani risero, di un riso troppo disprezzante. Tanti Protestanti venuti in Roma, o per le feste di Pasqua, o per visitare le tante bellezze che rinserra, han confessato nelle loro giornalistiche corrispondenze: che i Romani, non vogliono sapere né di annessioni, né di unità Italiana, perché sono legati al Papa, come la vite all'albero, come l'edera al muro. Essi lo accompagnano nel viaggio, lo precedono nelle passeggiale, lo applaudiscono nelle solennità, con manifestazioni spontanee e non compre come quelle di Vittorio Emmanuele, che ad ogni gita nel Napoletano costano milioni!... PIO IX è l'unico desiderio dei Romani; PIO IX è la pace, la libertà, la grandezza, e li prosperità dei Romani; in fine in LUI solo ritrovano l'amore, la salute, l’orgoglio. Se qualche corrispondente di giornale rivoluzionario calunnia il governo di Roma, o pure se qualche straccione vagabondo, per l'oro che viene da Terni, tenta con qualche cartolino che affigge, mostrare di esservi in Roma un avverso partito al Papa, i Romani si sdegnano, e lo fanno segno del pubblico disprezzo; segnandolo a dito, e questo modo contegnoso, non solo onora se stessi, ma la cattolica Italia, di cui è una parte della famiglia. Noi che abbiamo pur troppo studiato i Romani per la fedeltà, ce ne congratuliamo con loro, e confessiamo innanzi al Mondo, che i Romani sono veri Cattolici, fedelissimi sudditi, generosi colla sventura, e leali e cortesi con tutti.


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CAP. XI

Come Satana coi suoi satelliti è instancabile ad insidiare le anime buone, cosi Lord Palmerston è assiduo a perseguitare i giusti ed Ottimi Sovrani colle menzogne. Per far risaltare innanzi l'Europa che il Governo rivoluzionario di Torino è il modello dei governi per concordia, per senno, e per valore, ne cava un’altra fuori, e dice: l’Italia divisa era tiranneggiata dai dispotici Sovrani e perciò snervata, retrograda, avvilita, oggi, concordemente unita sotto Vittorio Emmanuele, siede ed Banchetto delle nazioni. Per smentire la prima parte della menzogna, cioè che l’Italia divisa sotto diversi Sovrani era tiranneggiata, sarebbe necessario riportarci alla storia contemporanea di quei governi, ma siccome ne abbiamo fatto cenno altrove, cosi ci limiteremo a dire, quanto ci fa sapere un corrispondente dell'Armonia (1) che dopo aver girata l'Italia si è convinto: che dovunque vive un riverente rispetto pel passato, anche dove non è l'amore. Questa convinzione da non potere essere


(1) Armo: 22 Agosto.


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messa in dubbio, perché nata dall'esperienza, viene avvalorata pel Regno di Napoli, dalla sollevazione nazionale sotto il glorioso vessillo dei purissimi gigli di FRANCESCO II, dagl'innumeri indirizzi che gli pervengono da ogni angolo del Regno coperti di centinaia di migliaia di firme e delle più notabili, e dalla emigrazione di circa duecento individui, dei più costituiti in grado si civile che militare, in nobiltà, in dovizie ed in lettere, non che dalla renitenza dei coscritti, i cui genitori continuamente ripetono: è meglio che i nostri figli moiano fucilati per amore di FRANCESCO II e per l'amabile EROINA DI GAETA, anzi che servire un Re scomunicato (l). Per la Toscana chiaro apparisce dai continui Proclami che si fanno in favore del Gran Duca e per gl'indirizzi che alla casa dell’esilio gli fanno giungere; per Modena si conferma

(2) A proposito dei coscritti dobbiamo fare osservare che quanto hanno detto i giornali sulle leve, i cui sorteggiati corsero festanti sotto le bandiere italiane, tatto è menzogna, poiché i fatti lo han dimostrato solo nel Circondario di Napoli vi sono 3500 renitenti, nella sola Palermo 4000, ed in ogni Città e paese sì del Continente che dell’Isola vi sono renitenti sempre diciannove sopra venti. Una volta per ingannare Napoli, si pagarono un 200 mascalzoni e si fecero entrare da Capo di Chino, ed attraversando la Capitale gridavano viva fa libertà; e di fatti la mattina, tutti tornarono alle case predicando che si erano imbarcati, e poi si dia uno sguardo in Sicilia, nelle Marche ed in tutta l'Italia e si vegga quali mezzi usa il governo di Torino per arrestare i spontanei coscritti: i mezzi sono: Stato d'assedio, carcerazioni dei genitori e parenti, e confisca di quanto hanno in casa. Questi fatti sono patenti a tutti, perciò non è necessario riferire la fonte da dove ci pervengono; al momento sappiamo per notizia ufficiale che i renitenti della leva di Ottobre p. p sono 18 mila.


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dall’esercito che ha seguito il Duca, e benché lo ha licenziato, niuno si è votato riparlare, ami molti renitenti della leva passano il Po. Parma si comprova dalla fedeltà dei sudditi; di quella Pia Reggente per l’Austria non si può negare, dal continuo agitarsi che fa la Lombardia per ritornare sotto l’antico e cavalleresco Imperatore GIUSEPPE II; pel Pontefice poi, oltre che è noto che tutti sudditi reclamano il paterno regime dei preti, ma una  prova più evidente risulta dall’obolo di S. Pietro, da renitenti delle Legazioni, che accorrono a Roma, ed altri si gittano nelle campagne, preferendo il latitare al servire un Re usurpatore.

Come dunque può dirsi che erano i tiranni d’Italia i Principi spodestati, se tutti ne rimpiangono la loro Separazione, e ne sospirano continuamente il ritorno?... Passiamo a smentire la seconda parte, cioè che l’Italia si è unita concordemente sotto lo scettro di Vittorio Emmanuele. Domandiamo a noi stessi: Vi può essere concordia dove il dritto si è calpestato, ed alla giustizia si è dato il bando? certamente che no!... Quindi di conseguenza ne viene, che l'Italia raffazzonata per opera di una rivoluzione cosmopolita, non può possedere concordia, perché l’ambizione, le gare personali, gìà interessi privati, le vendette particolari, ed il desiderio di arricchirsi, che sorge nella mente di ogni finto martire politico, tengono il governo ed i


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popoli sempre in agitazione. Se il Re nel suo ultimo discorso raccomanda la concordia, molti deputati col Presidente supplicano la Dea come Lord Palmerston può dire: che l’Italia è concorde? Se fosse concorde non si fucilerebbe, non s’imprigionerebbe tanta gente per sospetti d'essere avversi al potere attuale; non si sarebbero date alle fiamme tanti paesi e città; privando di tetto paterno tante migliaia di famiglie (1) non sarebbero perseguitati i Ministri dell’Altare, non pochi impiccati come sospetti fautori della reazione,  delle diserzioni, e dei tumulti che tuttodì si fanno, per le quaranta imposte, frutto della libertà Piemontese, E poi come si può sostenere che l’Italia è unita, se anche nella Camera inglese si chiarì, che il popolo napolitano, è fuori dell’Italia, perché non, si è voluto, e né si vuole sottomettere al Re usurpatore, essendo l’unica sua aspirazione, l’unico oggetto del suo amore i Sovrani, che seppero nella Torre di Orlando, con tanto valore, difendere la nazionale bandiera? Rifletteva all’uopo un valoroso giornale che il regno di Napoli è diviso in due parti, cioè d'una minoranza e d'una maggioranza; la prima benché si sottometto al nuovo ordine è passiva,


(1) Ferrati.


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l’altra non vuole saperne ed insorge. Con questo Stato di cose nel Napolitano; con due sinistre nella Camera dei ciarlatani; con i duelli che si fanno tra Ministri e Deputati, con Ricciardi che fa appello ai suoi colleghi di non portarsi a Torino, perché è una vergogna per i napoletani rinunciare alla sua grandezza, alla sua Capitale, può ritenersi l'Italia come concordemente unita? Chi si fa a riflettere i mille decreti che sciolgono guardie nazionali, e municipi per tendenze borboniche; chi da uno sguardo alle liste dei Capitani Nazionali, dei Sindaci, de’ Magistrati, e di molte migliaia di cittadini di ogni sesso arrestati, per la Legge Pica, come sospetti di partigianismo Brigantesco, non può non vedere in questo che un vero Plebiscito contro l’unità decantata, là quale è un contro senso sotto tutti gli aspetti, al punto di vista storico, al punto di vista geografico, ed al punto delle differenze radicali., che separano naturalmente i vari stati autonomi della penisola, i quali richiedono ordinamenti distinti e separati, come l'esperienza di tre anni e più ci ha dimostrato; e la logica stessa politica comanda di evitare questa eterogenea unità, che sarebbe sempre, causa di funeste conseguenze. La vera unica concordia che esiste nei popoli d'Italia, è il non volere il Governo immorale e satanico


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del Galantuomo. Il grido unanime dei Napolitani, è di dolore e di amore; col primo maledicono l'invasore; col secondo benedicano il Re legittimo, il quale nella sventura, è maggiore della sventura istessa. Dopo tutto ciò, ei rimane a far toccare

L'ultima sconfitta a chi osò sfrontatamente dire: che l'Italia era potente per valore e per senno, pel che siede al banchetto delle Nazioni. sia il banchetto in cui siede l'Italia, nel concerto Europeo, per quanto avessimo durata fatica, non abbiamo ancora potuto trovarlo. Riandate tutte le quistioni che si sono svolte finora in Europa, non abbiamo mai trovato che l'Italia vi avesse avuta parte. Nelle conferenze di Grecia tenutasi a Londra l'Italia non comparve; altre tenutesi a Costantinopoli, il ministro d'Italia fu cacciato come cane pieno di scabbia; Berlino fu oppugnato il titolo di Re d'Italia; nella quistione Polacca si voleva intromettere, e Cortchakoff le digrignò i denti, e mandò in Siberia gl'Italiani e fucilò Nullo; a Francfort non si ammisero al pranzo diplomatico i rappresentanti le Potenze, per non farvi sedere il ministro del neonato regno; nelle cose del Messico non fu neppure nominato; si affrettò a rispondere all'invito del Congresso, per fondare la politica interna nazionale


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della democrazia (1) onde distruggersi, Dritto divino, Chiesa, Troni e società, e fu deriso dalle Corti e dalia stampa: perché han scorta in Lui l'ansietà, del ladro, che vuole attenere la sentenzi di costa che non pel furto commesso e dal pubblico riprovato. Dunque quale protocollo ha firmato il governo d'Italia? Italia, Italia, l'ora del disinganno è per te giunta, se li guaterai d'intorno, non vedrai che solitudine, e solitudine spaventevole!... Il governo del tuo rigeneratone che credeva unificami, per appagare la sua ambizione e ricovrire le sue vergognose miserie; promettendomi mari e monti, ti ha isolata, ed esso si è circondato di nemici. Nemici gli sono i Principi, ai quali rapì le corone, nemici i popoli, dei quali tolse la pace, le maggiori Potenze hanno schifo di associarsi con lui nelle imprese, e nell'istesso Piemonte è con indifferenza, e si matura il disegni di fargli fare una perpetua caduta. Indarno dalla Francia s'aspetta soccorso, perché questa è stata sfregiata nel suo onore per la violazione del trattato di Zurigo; invano se l'aspetta delle Navi Brittaniche, perché i Capitani di queste, guardano il misero e si compiacciono delle sue strazianti grida; terribile e minacciosa l'Austria potente


(1) Opinione nazionale.


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vuol vendicarsi dell'orgoglioso. Chi dunque appoggia il cadente regno? chi dunque ne raccoglierà, confortandolo, l'ultimo sospiro? La rivista dei cannoni di Milano, e quella della, squadra in Napoli sono giuochi da fanciullo, come le acclamazioni ufficiali, sono frutto di CINQUE MILIONI EMEZZO. Oggi niuno si lascia più né spaventare, e né illudere, perché il velo misterioso si è squarciato. Apri gli occhi, o Italia, che se Lord Palmerston li vuoi far credere: che tu siedi al banchetto delle grandi Nazioni, senza i tuoi primi e legittimi Signori, t'inganna, ti deride; giacché la sua vita politica, che ora già, per grazia di Dio, è alla fine,non è stata consacrata in altro, che a creare ed a ripetere menzogne,. colle quali ha sempre giocata la floridezza dei tuoi miseri figli, per bene della sua nazione, al cui governo egli stà capo, E mentre protestò sentire orrore per l'enormità di Fumel, seguita a gridare: si rispetti il non intervento, basta che l'Inghilterra sia sempre libera di agire come e quando le piace. Italiani!... pensateci, e svegliatevi, pria che il governo Dragone Pica v'ingoia tutti!... Lasciando liberi i soli birbanti, ai quali, come dice Danton, resta l’autorità nel tempo delle rivoluzioni.


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CAP. XII


Sempre sì è detto e ripetuto che il servo deve ubbidire al proprio padrone, ed accreditarne le menzogne; eppure vi sono certi momenti che la verità si fa largo, anche sopraffatta da un mondo di menzogne. Il Times annoiato di più sentire parlare d'Italia da Lord Palmerston nella Camera dei Comuni, ed accreditarne quel Governo, elevandolo a cielo pel senno, per la concordia, e per la forza; dimenticandosi per i debiti,per le fucilazioni e per gli abusi; francamente si espresse: che la Camera dei Comuni di Londra, creata per discutere gl'interessi della Gran Brettagna, si è trasformata in una arena ove si trattano gli affari del mondo. E così è: perché il Primo ministro avendo innalzato il padiglione alla menzogna in quella camera, vi elogia e calunnia chi gli piace, offrendo i suoi discorsi per gl'interessi inglesi, al maggior offerente ed ultimo obblatore. Egli non arrossisce confessare che la mia politica è d'intrigo, e né tampoco di negare aver favoreggiata l'Italia prima e dopo la rivoluzione con mezzi morali, cioè con le astuzie, colle volpine macchinazioni e colle menzogne. Noi conosciamo benissimo che il diplomatico, è più bugiardo del Cinese, ma però è degno di lode quello, che più sa


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mentir con garbo. Cavour benché avesse avuta una politica tutta immorale, tutta disonesta, e barbara, pare le menzogne seppe colorirle nei primi tempi, la qual cosa non fece quando si diede alla seno la Inglese. Difatti, questo traditore dei popoli Italiani non avrebbe fatto tanto furore se non fosse stato per Lord Palmerston, che lo ammaestrasse; poiché esso lo consigliò a mandare i soldati in Crimea, esso io istruì come doveva comportarsi nel Congresso di Parigi, ed ordinò a Lord Clarendon di appoggiarlo, e far da testimone alle menzogne di costui. Napoleone III nel mettersi in esecuzione il piano formulato al Congresso, permise che i Troni d'Italia crollassero per opera della rivoluzione e che si violane anche il trattato di Zurigo, che era opera sua,ma nel permetterlo, ne protestò; non cosi l’Inghilterra, la quale nel suo primo ministro, tenne alta la testa a gridare: avanti, avanti, alla rivoluzione. Ed oggi se applaude al Governo di Torino, lo fa, gli conviene, è suo dovere, perché è opera quasi tutta delle sue mani. Quando moriva Cavour che tante bugie aveva dette, che tanti tranelli aveva usati, che tanti tradimenti aveva consumati per coadiuvare l’impresa della rigenerazione italiana, Lord Palmerston, vedendo che il Governo Italiano era scorato, era in lutto, per la perdita di un tal rettore, si affrettò a fargli sentire che Egli


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avrebbe por mille volte mentito più di Cavour e più degli altri rigeneratori, per combattere il potere temporale, del Papa, per calunniare gli Eroi del secolo XIX cioè il Re FRANCESCO II, e La Regina MARIA SOFIA, per intralciare la politica onde non pensasse alla violazione dei dritti internazionali perpetrata in Italia, al sangue che vi scorre, alla Giustizia, ed alla Religione che vi si conculcano. Per la qual cosa; il Governo della novissima delle nazioni, lo proclamò protettore.

Nelle pubbliche sedute, le quante volte venisse smentito, questo protettore del goyerno della rivoluzione è cosa da non idearsi, poiché gli altri nobili Lord gli hanno rimbeccato ogni suo detto. E noi tralasciando riferire ciò che glj dissero i signori Cavendish, Bentick, Cochrane e Maguirne, non che quello che raccontò de visu et auditu. Lord Enrico  Lennox, ci contentiamo riportare la smentita che gli fece Sir G. Bowyer dicendo: che le accuse fatte dal «Primo Ministro della Regina al Sovrano Pontefice ed al Re di Napoli sono prive di fondamento, e sono inventate dalla sua malignità, perché desidera ardentemente distruggere il Trono secolare del mondo ed il più glorioso rampollo dei Borboni, IL QUALE NEL SUO ESILIO MERITA PIÙ RISPETTO E PIÙ AMOREDI QUALUNQUE IMPERANTE COSTITUITO.


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E Disraeli parlando nello stesso tuono gli diceva: come può dirsi che l'Italia è una, che L'Italia è florida, che l'Italia è libera, se da quando Vittorio Emmanuele vi governa, non altro regna che confusione, dispotismo, ingiustizia ed abuso? L'Italia da quel momento, fu disonorata, umiliata, ammiserita, e svergognata. La libertà per essa è un nome vano, perché i suoi popoli sono schiavi. Schiavi nel pensiero, schiavi nella stampa, schiavi nel parlare, ed anche nel pregare. I popoli Italiani sopiti dalle tante promesse di libertà, di grandezza, di unità, di esonorazione d'imposte, nel risvegliarsi si avviddero che erano incatenati dal più duro dispotismo. Seguitando lo stesso Disraeli soggiungeva: se una terza parte e più dell'Italia, quale è il Regno di Napoli, è fuori dell'unità, dove è dunque l'Italia unita, che tanto si decanta dal primo ministro? Se l'Italia non ha una mente che la guidi, perché i ministri sono uomini nulli, i deputati tanti barbaggianni, tanti citrulli senza seme sono i senatori, come si può dire che l'Italia ha senno? Se l'Italia non ha un esercito, e quel poco che ha deve tenere stretta la preda, finché non le scappi; e se nell'interno è dilaniata da mille partiti che la snervano, come può sostenersi che ha valore?


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E completava il suo discorso in rimproverare i ministri della Regina che si facevan patrocinatori del sogno e non della realtà, delle cause spallate, e non delle giuste. Noi non aggiungiamo di più, solo per compassione diremo a Lord Palmerston: che le sue bugie non hanno più effetto, quindi quel compimento di unità che Egli desidera, ne siam certissimi, che non lo vedrà, perché già l'avello maledetto, ancor dai più tardi nepoti, che deve chiuderlo, È GIÀ SCOVERCHIATO,



CAP. XIII

Da quanto abbiam osservato ognuno può rilevare che quanto si è detto nella Camera dei Comuni di Londra ed in quella di Torino, contro il Sommo Pontefice PIO IX, contro il Re delle Due Sicilie, FRANCESCO II e contro gli altri Principi Spodestati, non altro è stato, che un ammasso di menzogne, le quali a noi non facevano gran peso, perché sappiamo che la rivoluzione senza il mendacio, senza la frode, e senza il tradimento nulla può ottenere; quindi l'è indispensabile che sempre e continuatamente mentisca nei suoi protettori, nei suoi direttori e nei suoi affiliati. Ma per trarre dall’inganno gl'inesperti, ci credemmo nel dovere smentirle con


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prove di fatto, somministrate e dalla stampa libertina, e dai componenti le due Camere nei suoi discorsi, proferiti nelle loro ultime sessioni, delle quali terremo sommariamente ragione.

La Sessione legislativa inglese del volgente anno può chiamarsi senza errare una negazione politica, al quale parere si associa anche il Daily News, perché se si tolgono da questi alti ufficiali, le menzogne e le imposture del primo ministro (1), le sue calunnie e le vuote parole, non ci rimane più nulla. Crediamo che la presente generazione Inglese non ha memoria di una sessione sprecata si puerilmente, e sì solennemente oziosa. In quanto poi alla sessione della Camera di Torino, vi è da osservare qualche cosa di più; perché durante il tempo di essa, non solo non si è nulla fatto di bene per l'Italia, ma si è faticato assai per danneggiarla,


(1) Si son dette imposture, perché le menzogne di Lord Palmerston hanno il carattere dell’iniquità e del sacrilegio; esse sono offese alla pubblica giustizia che compromettono i terzi. Se orpella le sue parole colla maschera di patrocinare la causa della umanità, Io fa per perderla. Ognuno sa che patrocinando la indipendenza in casa altrui, la soffoca nella sua, e la misera cattolica Irlanda pur troppo lo conosce a prova, alla quale nega finanche lo sfogo dei gemiti, e l'obbliga a pagare per sopra più 20 milioni pel culto protestante; rimproverando al governo pontificio che fa girare i miseri per la capitale; permette al professore Lazaro Roonay imparare in sei giorni l'arte di mendicare. E se ci facciamo a paragonare il liberalismo del suo. governo che usa la frusta, possiamo dire che è più infame e più tirannico di quello del Turco e del Russo, i quali almeno non costringono i cattolici a pagare pel culto di Maometto e per la Chiesa scismatica.


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giacché il gravoso fardello delle nuove imposte è il lavoro di questa sessione. Ed un deputato (1) tanto che si era entusiasmato nel decorticare i popoli, che disse più volte: per uscire dall'anormale condizione in cui ci troviamo, bisogna aver coraggio votale imposte tali, che valgono a riempiere il vuoto delle casse. La legge però che ha fatto acquistare più rinomanza nella sessione di Torino del 1863, è quella sulla repressione del così detto brigantaggio, che banche molti deputati ne volevano procrastinare la discussione, pure si votò a vapore, dopo aver velata la statua della libertà come ci assicura un deputato (2). Essa è dragoniana, essa è sanguinaria, essa è un mantice che più accende la guerra civile; ed è il prodotto delle menzogne ioventate e raccolte dalla deputazione, che girò le meridionali provincie; essa in fine è una legge satanica che fé rabbrividire gli stessi fautori. Ed un deputato (3) la caratterizzò «Atroce ed inumana, convinto, che piombava terribile e spaventosa nel mezzogiorno d'Italia, come fulmine che scende all'improvviso e di notte tempo  in mezzo ad un gruppo di pacifica famiglia, o pari ad un lupo, che assale una mandria di timide agnellette». Con questa legge si sforza a sciogliere i vincoli della società, mediante le


(1) Sella.

(2) Castagnola.

(3)Avezzana.


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promesse; per es9a si toglie ogni ombra di libertà; per essa si rende più furibonda la guerra contro della Chiesa; per essa la vita è in mano del calunniatore: per essa gli abusi si raddoppiano, le vendite private si moltiplicano. Questa legge in fine è il sistema di sangue, abborrito dallo stesse Bixio, che dopo aver fatto osservare che, col sangue non si rimediano agli inconvenienti, fa sostituito dal deputato Nicotera, il quale fu costretto a dire che nella illegalità i Borboni non erano affatto come si diceva, di che oggi fanno (1) tanto spreco i piemontesi, perché Questi non disprezzarono mai le Leggi; e riportò in appoggio che lo stesso Stefano Romano, il quale voleva trasformare la camera dei deputati, in una costituente contro la Dinastia, fu rispettato, ciò che non fece la Marmora a Mordini ed a Fabrizi che si trovarono ih Napoli quando Garibaldi fu ferito da chi aveva raccolto il frutto della sua pirateria. Queste lodi fatte alla Dinastia Borbonica, unite a quelle che le fa un giornale democratico, (2) smentiscono tutte le menzogne dell'inveterato menzognero Inglese e quelli dei scaldapanchi che imgombrano la Camera, il Senato ed il Ministero di Torino.


(1)Tornata 25 Novembre 1862.

(2)II popolo d'Italia.



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Noi partigiano per principio e non per interesse alla causa del S. PADRE, alla causa de Duchi spodestati ed a quella degli EROI DI GAETA, nostri adorati sovrani, nel cui assedio dividemmo ancora con altri sudditi fedeli, ed i pericoli e le speranze, scrivemmo, come scriveremo sempre la verità, la quale è la sola che; guida la punta della nostra penna: e nell'imprendere l'assunto di questo lavoro, fummo stimolati dalla noia, dalla stanchezza di più leggere su i giornali, invereconde menzogne, che a piene mani furono lanciate sul capo dell'Immortale PIO IX e su della AUGUSTA COPPIA che pacificamente, e con rassegnazione si aggirano nel suo Palazzo Farnese, alla Quale, inviamo una parola di amore, di rispetto, di devozione, e di gratitudine; e Le rinnoviamo il giuramento che mai, benché i nemici asserrano e gridano volerci divorare, cesseremo per timidezza, o per viltà di patrocinare la sua causa, finché l'Europa farà dritto alla conculcata Giustizia, alla reclamata umanità, ed al vero voto dei popoli italiani, i quali colle armi alla mano mostrano volere l’esterminio del rivoluzionario Governo di Torino, e richiamano i loro antichi Signori spodestati dalla fedifraga politica Piemontese, che per appagare la sua ambizione, usò menzogne, tradimenti, oro, ed immoralità, con la maschera del patriottismo sul volto, e col sogghigno della libertà sulle labbra.


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CAPITOLO ULTIMO

Pria di dar termine a questo lavora ci crediamo in dovere adempire ad una promessa che facemmo nel capitolo IV, cioè di parlare della guerra che si combatte in Polonia, e confrontarla a quella che si combatte nel Napolitano.

A deviare la pubblica coscienza, di cui tanto si fa abuso oggidi; dalle atrocità da barbaro, che commisero i Fumel, i Pinelli, i Cialdini, e che tutt'ora van consumando nel Napolitano i de Virgili, i De Ferrari, i De Luca, i Govoni, i Sirtori, i Pallavicini, ed i La Marmora, con altri Proconsoli, che in quelle contrade piombarono dalle rive della Dora, per far da maestri di Civiltà, da padroni della vita e sostanze altrui; dispotizando a propria capriccio di ogni cosa, il Times con altri giornali transalpini, adoratori vilissimi del dio Lucro, prendendo ispirazione dai loro rigeneranti Padroni, han raccontato agli avidi di novità, le severità, e le sevizie dei Murawieff, e dei Berg: ma con tali e tante esagerazioni che lo stesso Murawieff non ha dubitato di far pubblicare per mezzo de' suoi giornali non pochi dei racconti, di che i diari di gran parte d'Europa riempirono quotidianamente le loro colonne. Ed è un singolare contrasto il vedere che i giornali italiani, e non pochi


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esteri, venduti alla Camarilla di Torino, si mostrino tanto inteneriti dei dolori della Polonia, e non abbiano un solo sospiro per i poveri abitanti delle Due Sicilie. E fino gli stessi Potentati, che assistono impassibili alle carneficine che si commettono nella più bella parte d'Italia, hanno moltiplicato dispacci sovra dispacci, e tutta la diplomazia ornai dell’Europa si è commossa alle grida di dolore dei Polacchi, ed ha cercato d'impietosire anche gli Stati Uniti dell’America, che ora hanno ab bastanza da pensare ai fatti loro, senza curarsi di quanto altrove accade. Però tutto questo affaccendarsi, tutto questo insolito affannarsi e dì popoli e di Sovrani per la generosa nazione Polacca, ci invita a fare un confronto tra le due guerre che si combattono tanto accanitamente, e discernere quale meriti per giustizia il maggiore interessamento, se la Polacca, o la Napoletana. Poiché se è obbligo di un Sovrano potente accorrere dove il dritto ed il dovere di umanità la chiamano, dove i trattati internazionali si vogliono distruggere, per ambizione d'ingrandimento, come si possono dimenticare le potenze, ed assistere filosoficamente passive, alla strage che si fa dei Napolitani, dagli aguzzini del barbaro Piemonte? Altro che i Cosacchi in Polonia!.... Ma ci si potrà dire, come col suo tornaconto la stampa rivoluzionaria sostiene, che quella è una guerra


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d'Indipendenza religiosa; al che noi rispondiamo: non essere la cosa tanto semplice, come si vuoi far credere, e parrebbèci che parecchie ragioni, con nostro dolore, concorrono a rendere molto dubbio per lo meno il vero carattere di quel movimento, poiché nell'incominciar della lotta, poco mancò che noi anche non fossimo tratti nell’inganno, ma a misura che andossi sviluppando,ci convincemmo che la rivoluzione aveva altra mira, che quella di rendere alla Polonia la religiosa indipendenza, poiché i principali promotori della sollevazione non altri sono che i ribelli ai Dritti stabiliti, che dalla rivoluzione si vogliono ad ogni costo distrutti, perché il mondo ha sempre onorati. Ed infatti esaminandosi i campioni chef dall’Italia', dalla Francia, dall'Ungheria, e dall'Inghilterra trassero in Polonia ad avvalorare col loro braccio il movimento insurrezionale, è molto difficile il potersi fare a credere che quegli ardenti promovitori di libertà, seguaci in parte del' grande agitatore Mazzini, null'altro vagheggino che là libertà religiosa dei Polacchi, alla quale terrebbe dietro però come corollario la libertà politica e la loro indipendenza. Il concorso della rivoluzione cosmopolita nella causa di Polonia, farà tenere in sospeso più dì una potenza europea, avanti di decidersi, ad impugnare la spada a sua difesa.


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La lotta poi che si sostiene dai napolitani è la vera guerra d'indipendenza non solo politica, ma anche religiosa, poiché avendo essi in forza dei trattati un Sovrano, che tanto bene li governava, sotto del quale nulla avevano di meglio a desiderare per pace, libertà e grandezza; ed un Usurpatore alla testa di una 'cosmopolita rivoluzione lo ha spodestato; inaugurando in quelle contrade il sistema di sangue; (1) proclamando il nuovo codice di fucilare chi gli si oppone; (2) tentando, colla protezione che accorda all'immoralità, a sbarbicare la religione cattolica per sostituirvi la protestante, che solo confa al suo. modo corrotto di vivere; quel popolo è insorto e vuole con un plebiscito armato, riscattarsi dalla schiavitù piemontese e mostrare all'Europa, che esso vuole il suo legittimo sovrano FRANCESCO II, perché con lui riacquista la sua religione, la sua indipendenza, per più secoli senza interruzione conservata, e che per opera dei Borboni si sottrasse dalle vicereggenze. Noi rispettiamo l'universale simpatia che ha sollevato in tutta l’Europa la causa dell'infelice Polonia, e le auguriamo fausti destini, e tempi felici di pace e di prosperità; ma dal rapido confronto che ne abbiamo fatto, parci indubitato che


(1)Bixio tornata del 18 Aprile.

(2)Ferrari 29 Novembre 1862.


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la causa de' Napolitani non presenti nel suo carattere nessuno di quei dubbi che ragionevolmente solleva la quistione polacca, quale oggi realmente appare. Né qui noi ci intratterremo a discutere se e quando possa una nazione ribellarsi al suo Sovrano. Ma nella quistione Napoletana non v'ha neppure questo dubbia, non potendosi mai e poi mai ritenere per legittimo quel Re che senza alcun motivo, anzi nel tempo stesso in cui conservava amichevoli relazioni, armata mano invase gli Stati altrui, e ne spodestò il legittimo Sovrano. Il popolo in questo caso è nel preciso dovere di appoggiare i dritti del Sovrano spodestato, come Questi è nel dovere di difendere il suo popolo, allorché un’aggressore lo malmena. Sulla qual teoria di dritto politico sorge la ragione di potere ad ogni momento i Principi spodestati riacquistare i Troni, senza potersi loro impedire da alcuna potenza, e ciò per liberare i popoli, da Dio ad essi affidati, dalla schiavitù del redivivo Faraone.

FRANCESCO II era posseditore legittimo non solo per diritto di successione, ma perché i suoi diritti erano chiaramente riconosciuti dai trattati del 1815, che da un labbro augusto nel 5 Novembre si proclamavano non più esistenti, ma che noi siam convinti continuare la loro esistenza, ad onta di tutti gli sforzi della demagogia e di tutte


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legazioni Settarie d'Europa; perché giurati e sottoscritti dalla Russia, dall'Austria, dalla Prussia, dalia Spagna, dall'Inghilterra, dal Re di Napoli e da un Cardinale per lo stato del Papa, non ohe dalla Francia e dal Portogallo ed altri. Ora se la Francia d'oggi intende distruggere 1'opera della Francia di jeri, accondisceranno mai le altre potenze? Se il Governo di Torino rispose all'appello del Congresso, la Francia che potrà fare per Vittorio il Galantuomo se vi è il trattato di Villafranca opera di Napoleone III? Noi non avventuriamo giudizio, ma siam convinti che se si riunisse il Congresso senza le basi del trattato del 1815 sarebbe un Caos, o come disse Thiers un consiglio di malati senza il medico, quale è il dritto internazionale sancito dai trattati, e quindi una spinta di più ad affrettare la guerra, del qual parere è la maggior parte della stampa inglese. Ritornando ai Polacchi, noi non applaudiamo con Voltaire (Dio ci guardi) allo scompartimento della Polonia, e né diciam con quello: che il recare ajuto ai polacchi sarebbe il colmo delle assurdità, del ridicolo e dell'ingiustizia (1), ma osserviamo soltanto che i polacchi per quanto combattono una guerra giusta, non è però scevra da


(1) Vedi lettera a Caterina del 6 Marzo 1772.


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alcuni timori che si eccitano sul carattere della medesima, lo che però non è nei Napolitani, i quali vogliono il loro Re, combattendo l'usurpatore senza correre il rischio di andar in cerca di un Sovrano per tutte le Corti d'Europa, come è toccata alla ribelle Grecia, che in pena ha ricevuto UN RE FANCIULLO.

Se qualcuno per malignità si compiacesse obbiettarci dichiarandoci partigiani dello Czar, perché facciamo questo confronto, noi lo smentiamo col protestare: che quanto dicemmo e saremo per dire, ci fu ispirato dalla giustizia che sola il nostro cuore governa.

Noi pur troppo eravamo convinti che l’Autocrate doveva, per divina permissione, assaporare di qual tempra sia la rivoluzione, (come alla loro volta, toccherà pure agli altri,) perché chi perseguita la religione di Cristo, o direttamente o indirettamente; chi assiste allo spoglio dell'amico, e gli fa la guardia alla porta, per impedirne il soccorso, e chi riconosce i fatti compiuti dalla rivoluzione a danno degli altri Sovrani, non può mancargli la stessa sorte: speriamo che le potenze facevan senno e rientrino nella via del dritto, che in se contiene giustizia, dovere e Religione, che e il baluardo dei Troni; derivando da essa il dritto divino, per la quale i Sovrani governano i popoli.


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Esaminato lo scopo delle due guerre, e dimostrato ad evidenza, che quella più giusta è la combattuta da napolitani, perché dunque, domandiamo col memorial diplomatique alle potenze si mostra tanta sollecitudine pei Polacchi, mentre pei napolitani non si ha neppure un accento di compassione? Perché si sente per quelli umanità, ed a questi si nega la pietà, ritenendosi per grande delitto l'usarcene! (1) Perché il sangue che si sparge dai primi commuove, e quello dei secondi non disturba?.... Perché trentuno (2) impiccati in Polonia richiamano l’attenzione dei Governi, e della stampa rivoluzionaria, ed i 17 mila fucilati, oltre quelli morti combattendo; gli ottanta mila che giacciono in prigione senza pane e senza panni; i dieci mila e più feriti, e quei che si carcerano tutt'ora, e si deportano in massa per la legge PICA nel napolitano non fanno alcuna sensazione? Perché tante note e tanti dispacci all'Autocrate, per la indipendenza dei polacchi, e non una sola al Re Galantuomo, che tratta i napolitani come schiavi, come popoli conquistati, che li tortura, li condanna all'inedia, li fucila a volontà, e li arresta ad occhio chiuso; scacciando sempre religiosi


(1) Pinelli. Proclama.

(2) L'Invalido russo.


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dai monasteri per farne novelle carceri? (1) perché si minaccia la guerra alla Russia, se non favorisce gl'insorti polacchi, se non ridona loro l'indipendenza, e non s'intima lo sfratto all'usurpatore dei Troni e popoli italiani, che li ha immiseriti e depauperati? Come tanto sfoggio di eloquenza politica per rimproverare allo scismatico Imperatore, la persecuzione che fa alla Religione Cattolica, mentre poi non si dice una parola ad un Re, che, si vanta esser cristiano, e poi vuoi protestantizare l'Italia, come l'ha demoralizzata, la quale è la culla del Cattolicismo; e tutto giorno minaccia al Pontefice per usurpargli il Trono, sul quale pesano tredici secoli di possesso? Con quale logica politica s'invocano i trattati del 15 per la Polonia, e poi si dichiarano annullati, con tutto il trattato di Zurigo, perché favoriscono i Principi spodestati d9Italia, guarentiscono i Dritti, la Religione Cattolica, la morale, e si oppongono ai desideri della rivoluzione? oh tempi!... oh costumi!... Noi non siamo con quelli che credono essere la rivoluzione polacca organizzata da chi sa qual potenza, e perciò protetta; ma dai fatti, chi ciò crede, non è in tutto nell'inganno, perché ognuno ragiona da se e dice: come deve sentirsi per chi si, e per chi


(1) La Campana del popolo di Napoli.


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no la pietà? Intanto ci asteniamo a dire qualche altra ragione che sarebbe indigesta, permettendoci soltanto dare un avviso alle potenze che non è più tempo d'aspettare. Bisogna riparare al mal fatto per opera dell’indolenza e della vicendevole malafede. È mestieri abbattere la rivoluzione, ovunque siasi, o poderosa, o latitante, perché essa ha giurato lo sterminio dei Troni, della religione cattolica, e dell'Autorità, dal cui principio vuole francare la società, senza riflettere «che il sentimento di autorità è posto in compagnia dell’uomo e fu scolpito nell'anima primaia sin dal dì che dallo afflato stesso del Nume fu spirata in quel corpo che le mani divine avevano plasmato! (1) Pensino le poterne su questi ricordi, anche quelle che non hanno una Polonia in rivoluzione (2)

Per rendere pienamente dimostrasse a buon dritto sosteniamo: che è una delle grandi ingiustizie politiche usar tanto riguardo ai polacchi, e dimenticarsi dei Napolitani; facciamo il confronto delle atrocità che si consumano in Polonia, con quelle che si perpetrano nel Regno delle Due Sicilie.

La stampa rivoluzionaria tutta intenta a dipingerei a neri colori lo stato infelice dei


(1) Veggonsi all'uopo il SENATO CATTOLICO del Duca di Maddaloni, e l'opuscolo il PRINCIPIO D'AUTORITÀ' di S.E. il Commendatore Murena.

(2) Osservatore Romano 28 Luglio.


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polacchi, tace quello dei napolitani, perché non le torna conto; avendo la missione d'ingrandire la colpa dell1 autorità legittima, che combatte la rivoluzione, e passare con religioso silenzio dinanzi a quelle, che la rivoluzione nel suo governo di Vittorio il rigeneratore commette, per sottoporre al suo capriccioso volere, coloro che son fedeli all'autorità costituita da Dio; e quindi al Dritto ed alla Giustizia. Incominciando dallo stato religioso, troviamo nei giornali che pochi preti han subita la pena di morte in Polonia, e questi erano col moto popolare, e tre vescovi sono stati fin ora esiliati con quello di Varsavia..In Italia poi il Re civilizzatore, che vuol trasformare, a colpi di bajonetta, il governo Sarde in governo italiano, ha incarcerati ed esiliati da circa SESSANTA Vescovi; ha vuotato quasi tutti monasteri dei loro pacifici ed edificanti abitatori, per ridurli, chi in caserme di immorale accozzaglia, che chiamasi armata piemontese, e chi in nuove carceri, per riempirle di pacifici cittadini, sol perché sospetti di avversione al suo sanguinario governo; ha fatto fucilare nel napolitano in un sol giorno del Novembre 1861 QUARANTASETTE preti e frati, creduti borbonici, tra quali un Priore di un monastero di anni 87 con tutta la religiosa famiglia. A Caserta in un altro giorno per ordine di Pinelli altri VENTIDUE.


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Un Parroco ad Arrienzo, fu sospeso ad un albero e squartato, oltre poi ad un altro GRAN NUMERO, che noi non descriviamo i modi per non raccapricciare il lettore; ha fatto imprigionare per ogni paese due, otre preti, per dare un tuono, come dicono i generali comandanti, sicché le prigioni riboccano di Ministri di Dio, accusati rei di ribellione e di favoritismo del brigantaggio, perché si sono negati di perseguitarlo col fucile in mano. Ha cacciate tante religiose dai loro chiostri per impadronirsi delle loro rendite, usando violenze che neppure dai barbari si usano, e si sono usate mai. Ha profanate tante Chiese, e per disprezzo della religione vi ha fatto le scuderie per cavalli di truppa e per muli del treno, ed in una Chiesa vicino Bologna vi entrarono con tutti i cavalli mentre vi era il Santissimo Sacramento; minacciando il parroco che protestava. Ha ordinata la sorveglianza più vessatoria di polizia contro preti ubbidienti ai propri Vescovi, incoraggiando con ogni assistenza e presidio, i preti a loro ribelli. Ha fatto morire molti preti ottuagenari in prigione, per le sevizie, e dopo, non ha voluto permettere neppure di celebrarsene i funerali. Ha permesso ai servidori italianissimi, che insultassero i preti in mezzo le piazze, promettendo ricompense a chi con materie incendiarie li bruciasse vivi nella folla del popolo.


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Si è compiaciuto a vedere poste in ridicolo le sacre immagini, e promuovere sempre vie più la pubblicazione di libri anticattolici. Con sua somma soddisfazione mira l’aumento delle Scuole protestanti, e crea cavalieri de' SS. Maurizio e Lazzaro i Preti Liberali (pochissimi sebbene) che predicano secondo la loro volontà nel Tempio di Dio e nelle piazze, i quali proferiscono in ogni parola una bestemmia! Che più dunque può farsi da questo illegittimo governo contro la religione ed i ministri di essa? Tutto ha esaurito. E crediamo che niuno uomo, spregiudicato che sia in materia di religione, non potrà non maledirlo, e non potrà non turbarsi profondamente nella coscienza a tante persecuzioni che questo Demoralizzatore governo esercita su tante vittime Clericali, che gli sono in uggia, perché adorano Dio, ed obbediscono alla Chiesa. Murawieff, che cosa è a fronte dei proconsoli piemontesi nella persecuzione contro la Religione e contro i suoi ministri? Per noi sta, che sia un nano, a fronte del Colosso di Rodi. Eppure un giornale Transalpino (1) che è al servizio di Torino con sentimento di compassione e di sdegno, ragionando sul confinato esilio di Monsignor Felinski, sostiene; che quell'arresto è


(1) II Debats.


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cosa contraria ai principi proclamati dallo «Czar e da quelli consacrati nella coscienza e nel rispetto di tutte le nazioni incivilite. Noi che avemmo la parola non per nascondere quanto pensiamo, francamente, facciamo riflettere a questo mellifluo levriero: che noi pure ci addoloriamo della sventura colta alla Polonia, ma ci maravigliamo come possa esimersi di non dire una parola per LE ATROCITÀ, che si consumano sotto Cielo più clemente, e nel paese, che chiamasi centro della civiltà europea (Napoli), ove non solo i principi elementari di giustizia vengono dimenticati, ma continuamente conculcatili. Animati dallo spirito d'imparzialità, liberi di pastoje governative, scevri di venalità, diamo il nostro giudizio con la più serena calma, e proferiamo: che il Re galantuomo è di gran lunga superiore allo Czar nella tirannia e nel barbarismo. Ed osserviamo che lo stesso Murawieff, salva le apparenze nell'esecuzioni; cosa che non han fatta e non fanno i terrifichi proconsoli del Piemonte, E chi ne legge i lor proclami, che un giorno formeranno il codice del secolo dei lumi, non saprà negarci la ragione, Lo Czar, benché scismatico, usa più riguardo ai ministri dell’Altare, che Vittorio Emmanuele il liberale; poiché quegli se esilia un Vescovo, gli concede il frutto delle sue rendite, usandogli in certo qual modo un riguardo;


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questi poi non solo fucila, manda nell'esilio ed incarcera in massa Vescovi, Preti, e Frati, ma ne sequestra puranco i beni. Però se avesse imparato da un eterno nemico della Chiesa(l) che l'ingiustizia non prevarrà eternamente, e che l'oppressione è un suicidio di chi l'esercita, non farebbe a gara coi Neroni, co' Calligola, e coi Diòcleziani, suoi degni maestri.

Se Murawieff in Polonia ha bruciata la Città di Grodno ed il villaggio di Dziko e qualche altro, come ci rivela un giornale, (2) almeno ha usato riguardo a quegli abitanti, quantunque li abbia mandati in Siberia. Ma nel Napolitano non si usano questi riguardi, perché creduti contrari alla civilizzazione moderna. Ivi oltre che si sono bruciati ventinove paesi e Città, non si è usato neppure rispetto agli abitatori. In Pontelandolfo e Casalduni chi si trovò fuori l’abitato rimase salvo, e chi era dentro le case, dové morire abbrustolito, perché gli aguzzini Piemontesi, in livrea di soldati, colà spediti da Cialdini, a colpi di bajonetta facevano rientrare gli abitanti, nelle loro case, che già l'incendio divorava. Quante incinte non si sbranarono allora?... Quante vergini non


(1)Mazzini. Lettera del 30 Aprile 1861.

(2)Lo Czar.


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si stuprarono in quel momento terribile?!... La lor preghiera era di sprone maggiore alla ferocia. Ivi le Chiese furono denudate da ogni corredo, fin delle sacre Pisidi!... Sperdendo le Ostie consacrate!.. e bevendo nei calici, Esultavano a Dio!... Pargoli innocenti, vecchi cadenti, infermi spossati, e madri sconsolale furono, con i figli lattanti al seno, vittime del fuoco e del barbaro furore; ed i figli di Rinaldi, che si diedero alla fuga, si fucilarono fuggendo,con un venerando vecchio ottuagenario!... Noi crediamo che Erode, ordinatore della strage degl'innocenti, non avrebbe avuto cuore assistere all'incendio di Pontelandolfo e di Casalduni. Solo i seguaci giannizzeri del redivivo Nerone potevano passivamente assisterci. Ma che forse l'ambizioso Sire di Torino ne arrossi? Affatto! Anzi ne godette, e Cialdini, di tanto eccidio, come un trionfo, faceva ripetere col telegrafo agli angoli del Mondo: Pontelandolfo e Casalduni han subita la meritata giustizia. E di qual delitto dimandiamo noi, erano rei OTTOMILA cittadini? Cinicamente ci si risponde: perché non volevano la libertà. Oh barbarismo,oh atrocità inaudite!..!... Saressimo troppo nojosi al lettore ricordare tanti individui bruciati vivi nelle pagliaje in campagna; tanti impiccati agli alberi d’accosto alle strade pubbliche; tanti fucilati lavorando i propri poderi; tanti


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scannati nelle proprie abitazioni, sol per desiderio di sangue; tanti metragliati in massa; tanti decorticati vivi; tanti fatti morir di fame nelle prigioni, (1) e tanti gittati nei fiumi con pietre al collo. Delle quali atrocità sono piene le colonne dei giornali liberali a ribocco, dai cui abbiamo appreso sì belle notizie!... Si è fatto rimprovero ali9Autocrate Russo che la coscrizione la faceva eseguire di notte. Ma a chi non sembra questo sopruso un atto di umanità, se considera al proposito quello che fa il Re Galantuomo nelle provincie meridionali?... Colà si assediano i paesi; colà si arrestano i genitori per i figli; colà si prendono in ostaggio le sorelle che sono nei monasteri; colà si piazzano i piantoni in casa del renitente, spogliandogli la casa se non si presenta; colà si torturano i sordimuti, e con bottoni di fuoco si gli fanno CENTO CINQUANTAQUATTRO FERITE! per fargli parlare; (2) colà si fucilano i fuggenti; colà si arrestano i vivi alla cieca per i morti da due anni; colà in fine si da la caccia ai renitenti come alle belve nel deserto. Ma a che valgono tanti mezzi diabolici?... a nulla... poiché essi preferiscono combattere l'usurpatore nelle montagne, e non d'indossarsi la scomunicata divisa. In vano gridano


(1) Tra quali un tale di cognome Creola del cui fatto fecero tanto chiasso i giornali.

(2) Uno di questi è un tale Antonio Cappello di Palermo, al servizio di Morello, acquaiolo in via Maqueda di cui si fa processo!


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bugiardemente i giornali di livrea che le leve si eseguono cori maraviglioso entusiasmo, e che i legittimisti sono stati sconfitti e dispersi, poiché niuno più vi presta fiducia. Giudichino, pertanto i lettori, chi sono più martoriali, se i Polacchi dai Cosacchi, o i Napolitani dagli italianissimi piemontesi, che tutti e due i popoli sono parte della grande famiglia italiana?... Da un giornale italiano al servizio di Torino (1) Murawieff vien chiamato il cannibale della nazionalità, l'obbrobrio del Secolo. Noi non per assumere l'incarico di fare l'apologia di costui, ma per essere, giusto, diciamo: che questi onorificendissimi titoli, sono propri dei padroni del giornale; perché se Murawieff combatte la nazionalità, che vogliono i Polacchi, fa il suo dovere di soldato. Anzi mostra ai Traditori di FRANCESCO II, del Gran Duca di Toscana, e degli altri Principi spodestati, come si deve star fermo al giuramento, che si da al proprio Principe; come si difende la propria bandiera; come si deve conservar caro l’onor militare; e come in fine un cittadino deve serbar gelose le grandezze della sua patria, anche col sacrificio della sua propria vita. Non si nega che Murawieff eccede, ma se ciò fa, è pel troppo amore che mitre per la sua nazione, che non vorrebbe


(2) Politica di Milano.


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vederla smembrata, il cui possesso è in forza dei trattati, (1) pei quali tutti i Sovrani posseggono. Ma qualcuno ci potrà dire: queste stesse ragioni non militano a favore di Cialdini, e degli altri carnefici incendiatori del Napolitano? Noi rispondiamo che no; perché quel popolo non insorge per ribellarsi al Principe legittimo, che per forza del Dritto internazionale governa, ma insorge per scacciare l'usurpatore dei dritti che non gli pertengono. E lo stesso giornale palmerstonniano confessa: che i piemontesi nel mezzogiorno dell'Italia vi sono accampati, e lo trattano come un paese conquistato, perché in realtà non vi è veruna fratellanza fra le popolazioni, (2) sicché in quelle contrade il bacio fraterno dei piemontesi, è una fucilata, l'amplesso è una stoccata; ed una stretta di mano è una prigionia, una condanna. Gran verità!... Per quanto ci fossimo affaticati, a trovare nella storia popoli più selvaggi dei piemontesi nelle atrocità, tutto è stato indarno. I Goti, i Vandali, gli Ostrogoti commisero barbarie; i Saraceni ed i Longobardi devastarono ed incendiarono; gli Stamiti ed i Gentili lasciarono dietro di loro tracce di rapine e di sangue, ma di tanta intensità come quelle


(1)cioè I TRATTATI DEL 1815.

(2)II Times.


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dei piemontesi nel napolitano, è ben difficile rinvenirsi; perché il solo paragone che può stabilirsi è l'ombra colla realtà. E# perciò nelle contrade meridionali, e nelle altri parti d'Italia, la parola, piemontese è perfetto sinonimo di dolore, di morte, d'infamia. Proseguendo il confronto delle atrocità piemontesi domandiamo ai politici del giorno: (che oggi per altra disgrazia tutti vogliono parlare di politica) quanto mai Murawieff si ha sognato di far costruire CEPPI DI FERRO per torturare i prigionieri, come ha fatto quell'anima evangelica di Sirtori. Quando mai ha promessi 20 mila franchi a' Polacchi per fare scannare un Polacco, come ha fatto la Marmora ai Napolitani per fare uccidere Caruso, Tamburrino, Ninco Nanco, Crocco, anche Napolitani, e cosi per tanti altri ancora? Cosa che, invece di far estinguere, fomenta la fratricida guerra!!! Ripetiamo con sicurezza di non potere essere smentiti che le atrocità, le barbarie, che si consumano e si usano nel napolitano Reame, non trovano rincontro nella Storia. Eppure l’Europa non si commove, e mentre mostra ribrezzo di orrore peri sanguinosi annali della Francia del 1893, mira con filosofica indifferenza i giornalieri eccidi nel napolitano da tre anni in qua!...Con differenza, che da quelle ecatombe si ottenne un gran passo nell’ordine sociale, perché la società


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liberata dal feudalismo, e surta dal brago di sangue in cui erasi affondata, nel mentre che si trovala colpevole, si vide più bella e pronta a migliorarsi. Non così oggidì: giacché se quegl'infami principi ritornassero a vita novella, (al che si tende) si distruggerebbero i benefici ottenuti in 70 anni, nel quale tempo i Principi legittimi hanno indefessamente faticato, per migliorare la sorte dei popoli, che loro Iddio diede a governare. Guai però a' Sovrani, se non smorzano l'incendio nella casa altrui, perché o presto, o tardi s'avranno la sorte stessa, in pena dell'oscitanza e della indifferenza!... Quando la stampa rivoluzionaria ci racconta il fiero procedere di Murawieff, noi ci addoloriamo, ma ci vediamo pure una gherminella, perché ognuno sa, esser dovere della libera stampa mettere a nudo la piaga del proprio paese, e non nasconderla; ed a noi pesa un grave delitto dimenticarsi di se, per accorrere con zelo farisaico ad aiutare gli altri.

La stampa Torinese che si affaccenda a rimproverare Murawieff, perché non si prende anche la cura di tramandare maledetto alla più tarda posterità il nome del Deputato Castagnola?! il quale convinto del ritorno di FRANCESCO II. e della impossibilità assoluta, di distruggere il brigantaggio con tutta la legge di Pica, (che farà negli avvenire compagnia ad Erostrato,) ebbe con


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ardire satanico a ripetere in pubblico parlamento di Torino: PRIA DI TORNARE NEL PASSATO, SI BRUCIANO TUTTE LE CITTA', SI BRUCIA LA STESSA NAPOLI, E SI SPARGANO LE CENERI AL VENTO. Onta e maledizione eterna all'infame!!... al nemico del proprio tetto!.. Eppure quel nobile EROE, quel tradito, ma non mai vinto FRANCESCO II, sempre di animo cavalleresco, abbenchè Poteva accogliere Garibaldi coi cannoni di S. Elmo, A RISPARMIARE ALLA SUA PATRIA GLI ORRORI DEI DISORDINI INTERNI, E DI DISASTRI DELLA GUERRA si allontanava da Napoli; spesso ripetendo: SI PERDA IL TRONO E LA REGIA, MA Si LASCI NAPOLI, E SI SALVI. Ed intanto Castagnola ne vuole spargere le ceneri al vento!..!..

La Marmora la vuoi distruggere col Cannone se si lagna; Vittorio Emmanuele per essere progressista vuole incendiarla, come fece Nerone a Roma. E noi consigliamo loro di tuzzar col capo vicino al Vesuvio, fin che si sfonda, e colle sue lave di fuoco incenerisca tutto, non però ciò che è nazionale, ma ciò che è estraneo a quella terra benedetta, oggi calpestata da un orda di scomunicati, dei quali bisogna riguardar la fine!...

Oh quanto altro avressimo ad esporre alla pubblica conoscenza!... Ma la penna ci cade di mano essendocisi troppo toccato il cuore per le


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raccontate atrocità consumate dal Piemonte nella terra, ove ebbimo la culla, ove le ossa degli avi nostri fremono per essere calpestate, da impuro e lubbrico piede.

Da quanto abbiamo detto, crediamo che il lettore siasi persuaso, che non vi fu, e né vi sarà mai al Mondo un tiranno per le atrocità, un mostro per empietà, ed iniquità, un nemico alla Chiesa Cattolica, un ambizioso, un Conculcatore del dritto e della Giustizia, come al Re, cosi detto dai rivoluzionari, per derisione, il GALANTUOMO, che per dar prove del suo galantomismo, ha ridotta l'Italia lacera e scarna da destare la pietà ai suoi stessi nemici, spingendo i diversi popoli che sono ad abitarla a stare l'uno. contro l’altro armato, ed a scannarsi a vicenda. Noi però siamo certi, o sofferenti Italiani, che la mano di Dio non tarderà ad intervenire in soccorso, e già i segnali, ne precedono, perché ESSA non aderì mai al proclamato principio del non intervento, che è stato la causa della caduta di tanti Troni, dell'ipocrita persecuzione della Chiesa, e del tanto sangue sparso, il quale riverserà terribile e minaccioso sul capo di Colui, che col grido d'Italia una ed indipendente, le ha rapito pace, libertà, ricchezze, morale, religione, ed onore.


FINE


Rds, 28 ottobre 2008 https://www.eleaml.org












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