L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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1947

UNA VISIONE NUOVA DEL RISORGIMENTO ITALIANO di Gastone Manacorda

1957

Cariche e manganellate a Veglie e Carmiano Migliaia di viticultori protestano nei paesi  

1970

Chi sono i caporioni dei «moti» di Reggio di Andrea Pirandello


Fonte: L'Unità – Sabato 25 luglio 1970,  pag. 2

Ritratto di una classe dirigente

Chi sono i caporioni

dei «moti» di Reggio

Le responsabilità de! sindaco Battaglia - Il presidente della Provincia, notabile dc in una 

delle zone di mafia  - Un processo all'avv. Gangemi, capo del comitato di agitazione, 

che non viene celebrato - L'esponente del PSU ex squadrista e «marcia su Roma»

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Chi sono i caporioni dei «moti» di Reggio - Andrea Pirandello - L'Unità – Sabato 25 luglio 1970,  pag. 2
Dal nostro inviato - REGGIO CALABRIA, 24

In una dello ultime notti della settimana di passione per Reggio capoluogo di regione, il boato di una forte esplosione costrinse i giornalisti che ancora non erano andati a coricarsi ad uscirò dall'albergo. Giunsero sul posto, costatarono i danni. Lo spettacolo che si offerse loro era identico a quello dello devastazioni provocate dagli altri numerosi attentati dinamitardi. Ma il giorno dopo ci arrivò all'orecchio la voce che forse si era trattato di tutt'altro, cioè di un affare «privato», il monito di un capo mafioso: bada a te se non paghi la tangente che t abbiamo chiesto, questo è soltanto un avvertimento di guai ben peggiori.

E la persona «avvertita» ha certamente inteso il senso del messaggio.

Ma fermiamoci a Reggio, alla sua classe dirigente democristiana, socialdemocratica, missina, alla sua curia arcivescovile, ai suoi baroni e avvocati, agli speculatori sulle aree ed a chi dispone in materia di tasse e di spese comunali, insomma ai padroni della città, che dominano 


e si arricchiscono al danni di un popolo ridotto in condizioni di terribile miseria e senza prospettive, e che è stato gettato allo sbaraglio dai suoi stessi oppressori, in nome di una «fratellanza reggina» che dovrebbe unire in un sol blocco il povero e il ricco, il furfante e l'onesto, lo sfruttato e lo sfruttatore. Il materiale è tanto che saremo costretti a dividere il nostro «ritratto» in due puntate.

Del capofila, del sindaco Battaglia, è stato già detto tanto che saremmo tentati dì sbrigare la sua «pratica», limitandoci a costatare che di un uomo di tal fatta non solo la città e il suo partito, ma l'intero Paese devono liberarsi al più presto. Sennonché saremo costretti a tornare a lui alla fine del nostro elenco per contestargli una responsabilità non ancora rilevata da alcuno. se non forse, nel suo Intimo, tra sé e sé, dal questore Santillo.

Partiamo dunque dall'avvocato Francesco Gangemi, nipote del vicario generale della diocesi e presidente del cosiddetto comitato di agitazione che ha diretto col sindaco Battaglia i moti. Proveniente dai gruppi giovanili fascisti, il Gangemi precocemente intuì che conveniva battere altre strade per soddisfare una legittima ambizione La sua scalata comincia dunque dal momento in cui passa alla gioventù democristiana e poi alla DC. In effetti la scelta si rivelò indovinata e ben remunerativa. Nominato direttore del Consorzi dell'Aspromonte. un'inchiesta accertò alcune irregolarità amministrative per l'uso di certe somme non propriamente nell'interesse del «fratelli reggini».

Allontanato dal Consorzio, il Gangemi poté presto consolarsi ottenendo la presidenza degli Ospedali riuniti di Reggio. Anche qui tuttavia qualche eccessiva imprudenza provocò la sua sostituzione con un commissario preferendo il quale riscontrò tali irregolarità nella gestione e nell'assunzione del personale da essere costretto a denunziare il Gangemi alla magistratura per peculato ed altri reati. La  cosa avvenne più di tre anni fa, ma il procedimento giudiziario non si sa perché dorme, consentendo sonni tranquillissimi anche all'imputato, il quale intanto – spostatosi sempre più a destra – si assunse la difesa dei fascisti di Valerio Borghese, che nel novembre scorso fecero esplodere tre bombe a Reggio. Negli stessi mesi il Gangemi scopriva un ottimo sistema per conquistare una posizione di preminenza cittadina con la creazione del comitato per Reggio capoluogo.

Come una ciliegia tira l'altra, cosi il nome di Gangemi tira il nome del nostro terzo personaggio. Domenico Macri, presidente democristiano uscente della provincia di Reggio, che dei Gangemi si serve come del suo braccio destro, e la cui appena decaduta amministrazione provinciale è generalmente considerata come il momento più basso e squalificante toccato dalla classe dirigente reggina Macrì divenne ufficiale sanitario di Taurianova grazie a un documento che falsificava la sua data di nascita per rientrare nei limiti di età previsti dal concorso. Il falso venne confermato dal ministro della Sanità dell'epoca, in risposta ad alcune interrogazioni parlamentari, ma si disse anche — e non ne dubitiamo conoscendo certe «amicizie» del Macrì — che nessuno aveva osato contestare lo esito de) concorso per cui lo incarico non gli venne tolto.

Incoraggiato da tanta comprensione l'uomo diede la scalata a più ambiziosi traguardi, fino a diventare presidente del Consiglio provinciale. Qualche favore, probabilmente doveva essere restituito, per cui sotto la sua gestione licenze edilizie ed appalti sono stati concessi a imprese senza alcuna tradizione professionale e di dubbia capacità. Tra l'altro il Macrì promosso la sopraelevazione del palazzo della provincia, ¡n deroga al regolamento edilizio e alla legge antisismica e il Genio civile è dovuto intervenire per ottenerne la demolizione: finniche milione buttato al verno, ma che importa?

Il Macri non ci ha rimesso niente e ha ripetuto il giochetto della sopraelevazione sulla sua casa di Taurianova: condannato anche stavolta dal tribunale di Palmi alla demolizione. non se n'è dato per inteso. la sopraelevazione è rimasta al suo posto. Chi toccherà un notabile della DC? Ma soprattutto chi oserà commettere uno sgarbo al padrone di Taurianova, uno dei più grossi comuni nel cuore della Piana di Gioia Tauro, zona tra le più mafiose della provincia? I «cari elettori» potrebbero risentirsene.

Cambiamo adesso alloggio. Insediamoci in casa del PSU. Lo esponente più tipico della socialdemocrazia reggina, quello che fa il bello e il cattivo tempo, tanto da esser riuscito a far eleggere deputato Il proprio genero Ugo Napoli,  è Antonino Pizzi ex squadrista fascista e marcia su Roma Il Pizzi ha dominato la vita amministrativa di Reggio dal suo posto di direttore dell'ufficio ragioneria e tributi del Comune.  Collocato in pensione sei mesi fa, non emise un lamento, a sostenerlo era pronto Rocco Asciutto suo devoto, segretario della sezione cittadina del PSU l'uomo che si è rifiutalo di condannare i teppisti fascisti che assaltarono nei giorni scorsi le sedi del PSI, del PCI e della Camera del lavoro.

Come ieri Pizzi, oggi Asciutto ha in mano quel settore delicatissimo di un'amministrazione incaricato dell'applicazione delle tasse e imposte comunali. Molti grossi e medi commercianti e professionisti  si sono iscritti al PSU. Tra uomini dagli stessi ideali ci si intende meglio. E' che importa se i disoccupati e i lavoratori di Reggio soffrono anche por lo scarso gettito che entra nelle casse del comune? Non sono tutti legati, ricchi e poveri, dalla fratellanza reggina? Non sono i Battaglia e i Porcino (assessore dc alle finanze, cui spetta la responsabilità del controllo dell'opera della ragioneria) i Pizzi e gli Asciutto tra i primi difensori di Reggio? Perché dovrebbero lamentarsi i lavoratori e i poveri?

Ma non solo gli esponenti politici, anche i maggiorenti della città nei settori economici hanno dimostrato nelle recenti giornale d'aver gonfio il petto del nobile sentimento civico. I grossi costruttori edili Zaffino. Giunta, Rullo e soci, ad esempio, che sono 1 principali beneficiari dell'enorme accumulo di ricchezza consentito dal disfranamento di una speculazione edilizia che non ha trovato a Reggio argini di sorta, forse anche perché lo assessore comunale ai lavori pubblici è presidente della locale associazione industriale, dominata dai costruttori stessi. Dovette intervenire nel 1967 l'allora ministro Mancini per richiamare l'attenzione delle pubbliche autorità di Reggio sul dilagare degli scandali edilizi, dell'irregolarità delle costruzioni, dello scempio del tessuto urbanistico della città, in violazione del piano regolatore e relativo regolamento edilizio vigenti.

Si calcola che negli ultimi dieci anni speculatori sulle aree e costruttori – spesso identificabili in ima sola persona — abbiano incamerato circa 100 miliardi di utili, che rappresentano una cifra enorme per una città relativamente piccola e povera come Reggio. E il liceo scientifico «Leonardo da Vinci, costruito qualche anno fa, non è agibile che in minima parte, poiché minaccia di crollare: ne aveva ottennio l'appalto il costruttore Granillo fratello di un ex consigliere comunale democristiano, candidato trombato alla Regione ed attualmente commissario della squadra di calcio «Reggina».

Il caro - alloggio e il caro- affitto gravano pesantemente sui bilanci delle famiglie, ma che importa se chi si impingua è un «fratello reggino», unito nella medesima causa? Anzi. da Reggio capoluogo costruttori e proprietari di case potrebbero attendersi grandissimi benefici: un'occasione magnifica per proseguire nello scambio della città e magari per un aumento generale degli affitti.

Non siamo che alla metà del nostro «ritratto», ma è già sufficiente mi  apre a delineare le caratteristiche dei personaggi che cono stati alla testa del movimento, cui tanti cittadini e specialmente giovani, stretti da una condizione insopportabile hanno dato la loro adesione non comprendendo i sordidi motivi che avevano spinto i promotori. Il  seguito ad un prossimo articolo.

Andrea Pirandello


Fonte:

L'Unità – Sabato 25 luglio 1970,  pag. 2

La riunione alla Direzione del partilo coi dirigenti regionali

Netta condanna del carattere

eversivo dei fatti calabresi

Si sono riuniti a Roma, sotto la presidenza del compagno Enrico Berlinguer e presenti i compagni Giorgio Amendola, Gherardo Chiaromonte, Armando Cossutta. Ugo Pecchioli e Alfredo Reichlin, della Direzione del Partito, i compagni della segreteria regionale, i segretari delle Federazioni, i parlamentari e 1 consiglieri regionali della Calabria per un esame della situazione attualmente esisterne nella regione.

Nella riunione è stata approvata e ribadita la giusta posizione assunta dal partito in Calabria di netta condanna del carattere eversivo e antidemocratico dei gravi falli avvenuti a Reggio Calabria. La responsabilità di tali fatti ricade direttamente sui gruppi di potere della DC, della socialdemocrazia, della destra e di tutto il sistema di sotto governo, clientelare e mafioso, praticato da tali gruppi m Calabria con la diretta complicità dei governi centrali Tali fatti esprimono il fallimento e la crisi estrema a cui è giunto il vecchio blocco di potere in Calabria, che, scosso dalle lotte popolari e dal potenziale innovatore e democratico dell'istituto regionale, tende a colpire, paralizzando la Regione fin dal suo nascere, il diritto all'autogoverno delle popolazioni calabresi quale via maestra per avviare a soluzione i drammatici problemi che la travagliano. Risulta anche chiaro che nella attuale situazione politica nazionale, tali fatti sono parte della oscura manovra con cui il partito dell'avventura intende minare le istituzioni della Repubblica e fermare 1 avanzata dello masse popolari.

La questione del capoluogo - assolutamente secondaria ai fini della soluzione dei problemi economici e sociali della Calabria — è stata strumentalmente montata per mantenere e rinsaldare gli interessi della agraria, degli speculatori dell'edilizia, delle cricche mafiose e di sottogoverno II capoluogo regionale non può assolutamente essere una nuova capitale accentratrice e burocratica, centro moltiplicatore di uffici e di strumenti di sottogoverno, di speculazione. di favoritismo e di corruzione.

Perciò è necessario che lo Statuto regionale definisca la natura e il funzionamento del Consiglio e dei suoi organi, nel senso di un decentramento profondo che stabilisca un nuovo rapporto della Regione con le province e i comuni, a cui devono essere delegati compiti e funzioni d'amministrazione. Ed è in questo quadro, che la questione del capoluogo può trovare una giusta soluzione e rispondere a criteri di funzionalità e di articolazione della vita e dell'attività della Regione.

Il Partito comunista respinge con forza il documento romano dei partiti di centrosinistra che tende a sottrarre alla Regione e alle sue forze sociali e politiche il potere di decidere sui contenuti, sui modi e sulle vie del proprio sviluppo e cosi continua ad alimentare la rissa campanilistica nella vana attesa delle «provvidenze» dall'alto perpetuando i vecchi metodi di governo. E' da criticare il fatto che il PSI abbia ceduto alle pressioni della DC e si sia associato a questa iniziativa.

Il Partito comunista ritiene che tutte le forze di sinistra debbano dissociare la loro posizione e responsabilità da una tale rovinosa e mortificante impostazione e debbano unirsi a difesa dell'autogoverno e della democrazia. Il vero drammatico problema della Calabria, non risolto ma aggravato dalla politica dei governi della DC e del centro-sinistra, è quello dell'occupazione della trasformazione dell'agricoltura, del territorio, dell'ambiente di un tipo di industrializzazione capace di soddisfare questi fondamentali problemi, dell'arresto dello esodo

E' su questi problemi che il PCI si propone, nell'unità di tutte le forze democratiche e socialiste, di sviluppare in Calabria un forte movimento di classe e di massa Ed è per la soluzione di questi problemi che la Regione deve subito iniziare a svolgere la sua attività con pienezza di poteri e di autonomia portando avanti le posizioni positive e unitarie, che già hanno trovalo una prima espressione nel dibattito svoltosi nel corso dell'ultima riunione del Consiglio regionale.








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