Il contenuto di questa pagina è stato cancellato dal sito. Ovviamente noi non abbiamo violato un bel niente in materia di copyright, come sostiene il signore che via email ci ha scritto di essere il nuovo editore. Nessun giudice ci condannerebbe per aver riportato una ventina di righe con citazione precisa della fonte, compresa la data di pubblicazione. Ovviamente ce ne dispiace. In dieci anni abbiamo dato alla causa della verità storica somme discrete e centinaia di ore di lavoro assolutamente gratuito e certi toni ci dispiacciono. Tanto più che l'edizione del 1966 pensiamo sia introvabile, quindi il citarla non avrebbe danneggiato nessuno tantomeno una nuova edizione. 13 Marzo 2012 Mino Errico
|
I briganti, quando non sono minacciati da vicino dalla truppa, dormono normalmente all'ombra di fronzute querele, sdraiati a terra alla rinfusa; per guanciale hanno un sasso od una zolla, per coperta il cappotto od il mantello; i fucili sono appoggiati alle piante colle cartucciere appese ai calci.
Sul fronte, ai lati, a tergo, tutto all'ingiro della posizione,
vedette avanzate vegliano attente, mentre le spie segrete stanno presso
le truppe.
I capi riposano in luogo appartato sotto capanne costruite con fronde
d'alberi con terra e paglia sopra giacigli abbastanza soffici,
accompagnati talvolta dalle loro amanti. A rinforzo delle vedette
appostate sul cocuzzolo di un monte, sulla cima di un albero, sull'alto
di qualche diroccato castello, vi sono i cani, feroci mastini che
fiutano la preda a distanza maggiore che l'occhio non giunge. I cavalli
pascolano liberi nel folto del bosco riuniti a diecine con cavezza e
filetto.
I feriti, gli ammalati del giorno, sono ricoverati nell'interno del bosco con abbondante paglia e qualche rara coperta. Sono curati con affetto, la pratica supplisce la scienza e l'arte: le ferite sono lavate con acqua ed aceto, i tarmaci normalmente usati sono: patate, filacce, fascie, bianco d'uovo, olio di olivo sbattuto e foglie d'erba chiamata stampa cavallo.
Può apparire ridicolo che la patata sia medicina utile, ma è proprio utilissima, almeno per noi briganti era riconosciuta tale. Le patate ben pestate danno un unguento latteo, che ha la potenza di trarre a sé il sangue guasto, la velenazione della polvere; esso ingranella la carne filacciosa, fa sparire il gonfiore e restringe lo squarcio. Per le ferite di punta e di taglio si usava olio sbattuto e foglie di pelosella, che si trovava abbondante nei luoghi aridi e montuosi.
Pel rancio la banda è ripartita in gruppi ognuno dei quali è presieduto da un caporanciere; sul pendio meno ripido della posizione in luogo possibilmente coperto, perché il fumo non ci tradisca, si accendono i fuochi; poco lontano i cucinieri sono intenti a scannare capretti, scuoiare maiali, spennare polli e tacchini, e mentre altri tagliano legna per avere brace abbondante, la carne è pronta per essere arrostita.
Si manifestò con: lo stato d'assedio, le fucilazioni in piazza,
i processi addomesticati e truccati quando occorreva, le migliaia di
deportati nei campi di concentramento al confino.
La legge Pica aboliva qualsiasi garanzia costituzionale (La Marmora
ordinò ai procuratori di "non porre in libertà nessuno
dei detenuti senza l'assenso dell'esercito").
Furono distrutti 51 paesi; ricordiamo, simboli di tanta tragedia,
Casalduni e Pontelandolfo; il 14 agosto 1862, le truppe piemontesi
circondano ed attaccano questi due inermi paesi del Sannio.
Non c'erano Briganti, solo donne, vecchi e bambini: tutti ugualmente
massacrati con violenza e furono piú di 900 morti.
Essi rientrano nel bilancio finale del grande massacro perpetrato
dai piemontesi, un'enorme tragedia che ancora oggi, a 140 anni dai
fatti, segna profondamente quelle contrade.
A quei tempi considerazioni che oggi definiremmo razziste erano
ancora legittimate dalla cultura e anche nei rapporti ufficiali gli
abitanti del Sud erano paragonati a "incivili beduini".
Massimo d'Azeglio scriveva che "unirsi ai Napoletani è come andare a letto con un lebbroso", ovviamente il termine "napoletano" era riferito a ogni abitante della "Bassa Italia".
II primo dei criminologi positivisti, Cesare Lombroso, effettuo`
misurazioni sui crani dei briganti uccisi allo scopo di ottenere la
prova scientifica che i Meridionali avevano una predisposizione innata
per il crimine.
I Briganti, autentici militi ignoti, avevano combattuto per la loro
Patria "in una disperata solitudine ed in un'eroica inattualità".
Uno di essi, Gianni De Vita, luogotenente di Crocco, durante lo
svolgimento del processo che lo condannò ai lavori forzati a
vita, espresse in una frase tutto ciò che il nuovo ordine
politico rappresentava per il popolo Duosiciliano : "Fummo calpestati e
ci vendicammo".
La resistenza fu molto accesa nei primi cinque anni dalla
unificazione forzata e durò fino al 1872.
Nessun fenomeno " delinquenziale " può durare cosí a
lungo in presenza di oltre centomila uomini deputati alla sua
repressione.
Dagli studi di Alessandro Romano ricaviamo questi dati:
Guerriglieri ed oppositori politici |
(1861 - 1872) |
CADUTI IN COMBATTIMENTO |
154.850 |
FUCILATI O MORTI IN CARCERE |
111.520 |
TOTALE DELLE PERDITE |
266.370 |
|
|
Perdite piemontesi |
(1861 - 1872) |
CADUTI IN COMBATTIMENTO |
21.120 |
MORTI PER MALATTIA O FERITE |
1.073 |
DISPERSI O DISERTORI |
820 |
TOTALE PERDITE |
23.013 |
L'esercito piemontese perse piu' uomini nella repressione del
cosiddetto " brigantaggio" che nelle cosiddette " guerre di
indipendenza".
Riporta lo storico O' Clery ( op. cit. pag. 508 e segg. , modif.) " Disse il deputato liberale Ferrari, intervenendo al Parlamento di Torino nel novembre 1862 :
" Potete chiamarli briganti ma combattono sotto la loro bandiera nazionale; ma i padri di questi briganti hanno riportato per due volte i Borboni sul trono di Napoli [... ].
Che cos'è in definitiva il brigantaggio?", chiese.
"È possibile, come il governo vuol far credere.che 1.500 uomini comandati da due o tre vagabondi possano tener testa un intero regno, sorretto da un esercito di 120.000 regolari?
Perche' questi 1.500 devono essere semidei, eroi!
Ho visto una città di 5000 abitanti completamente distrutta. Da chi? Non dai briganti".
Nel dibattito dell'8 maggio 1863, alla Camera dei Comuni britannica,
oratori di varie correnti politiche si dichiararono d'accordo con il
Ferrari sul cosiddetto "brigantaggio", ossia che si trattava di una
vera guerra civile.
"Il brigantaggio", disse Mr. Cavendish Bentinck, "è una guerra civile, uno spontaneo movimento popolare contro l'occupazione straniera, simile a quello avvenuto nel regno delle Due Sicilie dal 1799 al 1812, quando il grande Nelson, sir John Stuart e altri comandanti inglesi non si vergognarono di allearsi ai briganti di allora, e il loro capo, il cardinale Ruffo, allo scopo di scacciare gli invasori francesi".
"Desidero sapere", rilevò Disraeli nel corso della stessa
seduta, "in base a quale principio discutiamo sulle condizioni della
Polonia e non ci è permesso di discutere su quelle del Meridione
italiano.
È vero che in un Paese gl'insorti sono chiamati briganti e
nell'altro patrioti, ma, al di là di questo, non ho appreso da
questo dibattito nessuna altra differenza fra i due movimenti", ne' era
facile rilevarne altre.
Nei due Paesi era in corso una guerriglia contro l'autorità
governativa, che in entrambi i casi reagiva con una politica di terrore.
La tesi sostenuta dal governo piemontese, e dai suoi fautori
liberali di tutta l'Europa, era che il "brigantaggio" era un fenomeno
limitato agli Abruzzi, all'area nei pressi della frontiera con lo Stato
pontifìcio e che anche lì, non si trattava di una rivolta
spontanea, ma di incursioni organizzate dai borbonici negli Stati
papali, con la connivenza del governo romano, inviate attraverso le
frontiere per depredare e distruggere al solo scopo di turbare la pace
del Paese e creare difficoltà al governo.
Questa tesi venne più di una volta sostenuta da Palmerston
alla Camera dei Comuni nel 1862 e nel 1863. Essa serviva a due fini:
mantenere viva la convinzione che il governo piemontese non era
impopolare nel Meridione, e screditare il governo romano. creando un
nuovo pretesto per chiedere che Roma diventasse capitale d'Italia.
Tale tesi, comunque, cadde in pezzi davanti ai fatti rilevati da
fonti ufficiali, come le misure di repressione adottate dai piemontesi
nel Sud, dal 1860 al 1865.
Da tutto quanto abbiamo narrato appare evidente che l'unità
fa imposta all'Italia meridionale col terrore e con la distruzione, e
che "i liberatori" schiacciarono le vere aspirazioni del popolo con
esecuzioni e incarcerazioni di massa, con una guerra sanguinosa durata
anni e con l'annientamento di tutte le libertà locali. I sistemi
borbonici, cosi' spesso condannati, vennero mantenuti in vita dai
Piemontesi che li resero solo "efficienti", e anche uomini come
Nicotera e Napoleone III ammisero che il mutamento era avvenuto in
peggio.
I cittadini avevano perso la sicurezza della propria
incolumità fìsica e dei propri beni, ricevendo in cambio
il diritto di voto, la coscrizione obbligatoria, le tasse gravose, la
guerra civile, le carceri stracolme e le città in rovina. La
russificazione della Polonia è il fatto che ricorda più
da vicino la fine della libertà del Meridione, avvenuta ad opera
degli agenti di re Vittorio Emanuele, negli anni che seguirono il
cosiddetto plebiscito dell'ottobre 1860.
Il sistema di violenze, massacri e spargimento di sangue col quale
il governo piemontese represse la reazione non fu denunciato soltanto
dai borbonici. Anche fra i liberali del Parlamento di Torino vi furono
uomini onesti e leali, che dichiararono pubblicamente quanto era a loro
conoscenza.
"Non potete negare", affermava Giuseppe Ferrari nel dibattito del 29 aprile 1862, "che intere famiglie vengono arrestate senza il minimo pretesto; che vi sono, in quelle province, degli uomini assolti dai giudici e che sono ancora in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno viene fucilato. Questa si chiama guerra barbarica, guerra senza quartiere. Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi".
Se vi collegate al sito dei Neoborbonici, potete vedere delle foto d'epoca (inedite, presumo) dei briganti morti, fucilati o passati per le armi o periti in combattimento.
https://www.neoborbonici.it/Hbriganti.html
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.