L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Camera dei Deputati - Seduta n. 499 pomeridiana 20 giugno 1950
Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico
interesse nell’Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) (1 170)

Giugno 2012

Istituzione della Cassa per opere straordinarie
di pubblico  interesse nell’Italia meridionale di Zenone di Elea

Camera dei Deputati - Seduta del  17 Marzo 1950 - De Gasperi

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Camera dei Deputati - Seduta n. 499 pomeridiana 20 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 501 pomeridiana 21 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 502 antimeridiana 22 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 503 antimeridiana 23 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 504 pomeridiana 23 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 505 antimeridiana 24 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 507 pomeridiana 27 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 508 antimeridiana 28 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 509 pomeridiana 28 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 513 pomeridiana 04 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 514 antimeridiana 05 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 523 antimeridiana 12 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 524 pomeridiana 12 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 525 antimeridiana 13 luglio 1950

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Senato - seduta n. 483 - venerdì 21 luglio 1950

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Senato - seduta n. 491 pomeridiana - giovedì 27 luglio 1950

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Senato - seduta n. 493 pomeridiana - venerdì 28 luglio 1950

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Senato - seduta n. 494 antimeridiana - sabato 29 luglio 1950

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Senato - seduta n. 495 pomeridiana - sabato 29 luglio 1950

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SEDUTA POMERIDIANA

DI MERCOLEDÌ 20 GIUGNO 1950

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDI

DEL VICEPRESIDENTE CHIOSTERGI

Comunicazione del Presidente.........................................................................................19795

Disegno di legge (Deferimento a Commissione in sede legislativa) ...............................19795

Disegni di legge (Discussione):

Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale 

(Cassa per il Mezzogiorno). (1170).

Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. (1171)................................................................................................................................19796

PRESIDENTE..................................................................................................................19796

AMENDOLA GIORGIO......................................................................................................19796

CORBINO.......................................................................................................................19815

TRULLI...........................................................................................................................19824

Proposte di legge:

(Annunzio)....................................................................................................................19826

(Deferimento a Commissione in sede legislativa)..............................................................19795

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio).........................................................................19826

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, Segretario, legge il processo verbale della seduta pomeridiana del 16 giugno 1950.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati Pugliese a Walter.

(I congedi sono concessi).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente della IV Commissione permanente ha chiesto che la Commissione medesima possa riferire oralmente, nella seduta di domani, sulla proposta di legge d'iniziativa dei senatori Bergamini ed altri: «Concessione di pensione straordinaria alla vedova dell'onorevole Giovanni Amendola, già approvata dal Senato».

Se non vi sono obiezioni, rimarrà così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Deferimento di una proposta e di un disegno di legge a Commissioni in sede legislativa.

PRESIDENTE. Comunico che la IV Commissione permanente (finanze e tesoro), esaminata, nella riunione del 16 corrente, la proposta di legge del deputato Costa (n. 1161): «Proroga delle agevolazioni tributarie per la ricostruzione edilizia» e rilevato che la proposta di legge del deputato Coli (n. 1152): «Proroga delle agevolazioni fiscali previste dal decreto legislativo"luogotenenziale 7 giugno 1945, n. 322», pure sottoposta al suo esame, ha analogo contenuto, ha deciso che questa sia assorbita dalla precedente.

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Ha deliberato, poi, di chiedere che la proposta di legge dell'onorevole Costa sia deferita al suo esame in sede legislativa.

A sua volta, la V Commissione permanente (difesa) ha deliberato di chiedere che il disegno di legge n. 901; «Autorizzazione di una seconda spesa di lire 900 milioni occorrenti per l'applicazione dell'articolo 57 del Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze alleate ed associate», già deferito al suo esame in sede referente, le sia assegnato in sede legislativa.

Se non vi sono obiezioni, rimarrà cosi stabilito.

(Così rimane stabilito).

Discussione dei disegni di legge: Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno). (1170). Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. (1171).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione abbinata dei disegni di legge:

«Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)».

«Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale».

Dichiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare l'onorevole Amendola Giorgio. Ne ha facoltà.

AMENDOLA GIORGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo al 20 giugno e iniziamo oggi la discussione del disegno di legge concernente la «istituzione di una Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale».

Siamo al 20 giugno: il progetto fu annunziato dall'onorevole De Gasperi il 1° febbraio e costituì il centro, il «fulcro», come si disse, del suo programma di Governo. Esso doveva dimostrare che il nuovo Governo riconosceva la necessità di una nuova politica, di un «terzo tempo», cioè di una politica di riforme e di investimenti. Il progetto fu poi presentato dal Presidente De Gasperi alla Camera il 17 marzo in occasione della esposizione finanziaria fatta dal ministro Pella: coincidenza voluta e sottolineata. «Conseguita la stabilità monetaria ed economica, il Governo- inizia una imponente politica di investimenti»: così annunziava su otto colonne Il Popolo del 18 marzo.

Per il momento i 1000 miliardi erano ancora, nelle buone intenzioni del Governo, - ma la sezione propaganda della democrazia cristiana non perse tempo: coprì di carta le mura delle cittadine meridionali e sui manifesti i 1000 miliardi apparvero di colpo già tradotti in acquedotti, strade, bonifiche. Fu dato fiato alle trombe per annunciare la pioggia benefica dei 1000 miliardi.

LOMBARDI RUGGERO. Veniamo al sodo.

AMENDOLA GIORGIO. Questo è il sodo, perché per il momento il progetto ha permesso al partito di governo di svolgere le sue manovre di carattere propagandistico.

Siamo al 20 giugno ed iniziamo oggi la discussione alla Camera. A chi spetta la responsabilità di questo ritardo? È un problema che va affrontato, perché il ministro Pella a Milano, nel suo discorso al Nuovo, ha attribuito alla «macchinosa procedura burocratica e parlamentare» il ritardo nella realizzazione della politica degli investimenti. V'è già, prima che la discussione si inizi, una pressione in atto perché non si perda tempo, perché si faccia presto e non si discuta, cioè si venga al sodo (come diceva poco fa, interrompendomi, un collega), cioè all'approvazione del progetto, quasi che si volesse impedirci di discutere, come è necessario per assolvere al nostro compito.

Noi non ci prestiamo a queste manovre né vogliamo, d'altra parte, essere accusati di sabotare i propositi «operosi» del Governo. Precisiamo pure le responsabilità di questo ritardo. Ritardo vi è, si è perduto del tempo, ma la responsabilità non ricade su di noi. Direi-se permettono i colleghi della maggioranza - che non ricade nemmeno sui colleghi della maggioranza. La Commissione speciale ha lavorato con assiduità, ha tenuto ventinove riunioni, ha svolto attente e sempre pacate e serene discussioni. Ma ci siamo trovati, all'inizio dei nostri lavori di fronte ad un progetto che, pur preceduto da una enfatica e autoapologetica relazione («credo sia la prima volta che un Governo si può presentare con un programma organico di così vasta portata», annunciava l'onorevole De Gasperi) era in realtà così confuso, imbrogliato e farraginoso che non poteva non suscitare, persino nelle file dei colleghi della maggioranza, oneste perplessità e serie difficoltà.

Ciò ha imposto alla Commissione un lungo lavoro per cercare di mettervi ordine. Credo che noi a questo lavoro abbiamo dato un serio contributo perché anche la discussione e la lotta politica si sviluppano, più chiaramente e proficuamente per tutti, nel fecondo contrasto delle idee, sulla base di un buon disegno di legge, ben ordinato e coerente,

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piuttosto che sulla piattaforma di un disegno di legge confuso e disordinato, dove le critiche di dettaglio possono oscurare i contrasti di fondo e le divergenze di indirizzo generale. È stato quindi necessario un lungo lavoro per mettervi ordine, comprenderà quello che si intendeva fare, risolvere importanti problemi, amministrativi e finanziari, porre al Governo, presentatore del disegno di legge, alcuni quesiti ed attenderne, anche a lungo, la risposta. Sarebbe interessante fare in questa sede la storia dei lavori della Commissione e trarne spunto per esaminare il grado attuale dei rapporti tra esecutivo e legislativo. In realtà, questi rapporti sono inceppati dalla esistenza di contrasti in seno alla maggioranza, in seno allo stesso Governo, e dalla volontà della direzione governativa, nello sviluppo della sua linea generale anticomunista, di soffocarne la libera espressione. È qui l'origine del ritardo. Nulla di strano nel l'esistenza di dissensi e contrasti in seno alla maggioranza, perché contrasti e dissensi fanno parte della vita democratica. Il fatto è che questi contrasti, questi dissensi, danno luogo a continui rinvii: perché, per impedirne l'espressione sul piano della libera ed aperta discussione, se ne cerca il compromesso e la provvisoria composizione, in riunioni interne del gruppo di maggioranza, imponendo così continui rinvìi, e soste prolungate ai lavori delle Commissioni.

Così, ad esempio, siamo sempre fermi in attesa che si compongano i contrasti interni della democrazia cristiana sul progetto di riforma fondiaria. E noi siamo stati spesso fermi alla Commissione speciale, per attendere che il ministro del tesoro si mettesse d'accordo con quello dei lavori pubblici, o che i ministri si mettessero a loro volta d'accordo con i rappresentanti demo-cristiani delle regioni o che il Comitato permanente per il Mezzogiorno ci facesse giungere il suo autorevole avviso.

Noi ci siamo trovati, dunque, di fronte ad un progetto che non rispondeva ad un disegno maturato, studiato e preparato, ma che tradiva la frettolosità e la improvvisazione con cui fu approntato per esigenze politiche e propagandistiche, per permettere al Governo di dimostrare il suo interessamento verso il Mezzogiorno e di parlare di un «nuovo tempo» della sua politica.

Per comprendere la genesi del progetto occorre riportarsi alla situazione creatasi nell'autunno 1949. Malgrado l'ottimismo d'obbligo del ministro Pella del luglio 1949 al Senato, la situazione economica e sociale si era paurosamente aggravata.

Del disagio delle popolazioni lavoratrici e della sempre più larga e generale coscienza della necessità di un mutamento nell'indirizzo generale di politica economica imposta al paese dal Governo, si era fatto interprete il nostro gruppo, con la mozione presentata dal compagno Togliatti, all'indomani della svalutazione della sterlina. Furono allora posti da noi i nuovi temi del dibattito, che si è poi-sviluppato largamente nel Parlamento e nel paese, i temi di una politica del lavoro, di produzione,, di massima occupazione, di investimenti. Questi temi furono compresi e raccolti dalle masse lavoratrici, perché corrispondevano ai bisogni e alle esigenze della grande massa- dei miseri, dei disoccupati, degli affamati. Mentre la Confederazione generale del lavoro affermava a Genova l'esigenza di un grande piano del lavoro, di una grande mobilitazione generale e nazionale per vincere i sordidi egoismi dei ceti più retrivi della società italiana, e dare pane e lavoro à tutti gli italiani, i lavoratori riprendevano questi temi, del lavoro e dell'occupazione, e li traducevano in concreti obiettivi di lotta. Essi si mossero, dunque, essi lottarono, in mille episodi, essi furono appoggiati dalla solidarietà e dalla comprensione di tutti gli strati sociali colpiti dalla politica deflazionistica, attuata dal Governo.

Questo moto fu più ampio e profondo' nell'Italia meridionale, dove le popolazioni profondamente offese dalla mancata realizzazione delle promesse elettorali del 1948, il famoso «impegno d'onore», non intendevano che alle vecchie e tragiche condizioni di arretratezza e di 'miseria si aggiungessero, a rendere più intollerabile il loro stato, nuovi peggioramenti provocati dalla politica governativa. Le «Assise della rinascita del Mezzogiorno» espressero questo profondo malcontento delle popolazioni meridionali e il loro insopprimibile bisogno di progresso e di rinnovamento, e la volontà di opporsi con la lotta ad una politica rovinosa, avversa ad ogni concreta possibilità di redenzione. E non furono parole, perché le «Assise» si svolsero nel quadro del grande movimento contadino, che pose, dalla Calabria alla Sardegna, dalla Campania agli Abruzzi, alla Lucania a tutte le regioni meridionali, in termini nuovi, drammatici e indilazionabili, i problemi della riforma agraria e del rinnovamento del Mezzogiorno. Se noi siamo riuniti per discutere questo progetto non è già - come ha voluto affermare in una acconcia ricostruzione retrospettiva l'onorevole Gava

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in una sua intervista al Mattino del 30 aprile - perché nel settembre del 1949 l'onorevole Pella, mentre concedeva i finanziamenti E. R. P. ai grandi complessi monopolistici, ebbe un'idea geniale che «piacque all'onorevole De Gasperi», ma perché i lavoratori meridionali si sono mossi ed hanno lottato.

Prima di esaminare il progetto di legge,.noi vogliamo salutare come una vittoria del movimento popolare meridionale e delle forze lavoratrici di tutta Italia di aver saputo imporre come problema centrale della vita nazionale il problema del lavoro e di aver imposto come temi centrali del dibattito politico nazionale i temi del lavoro, della massima occupazione, della riforma agraria e della questione meridionale.

Della questione meridionale, perché se il primo atto del nuovo Governo, quello che vuole caratterizzarne il nuovo tempo, è stata la presentazione del progetto di legge per il Mezzogiorno, ciò non è avvenuto certamente, come l'onorevole Pella ha affermato nel suo discorso del 18 marzo, perché la divina provvidenza ha voluto «riservare al particolare fervore di un uomo delle estreme montagne del nord la lieta ventura della realizzazione di tante inappagate attese».

La provvidenza non c'entra., e direi fortunatamente, perché certi ritorni di stile apologetico non mi sembrano molto felici! Gli uomini della divina provvidenza non hanno mai portato fortuna all'Italia, e neanche a se stessi. Per il nostro paese, e direi per lo stesso onorevole De Gasperi, è meglio che egli resti l'uomo della maggioranza democristiana di questo Parlamento, di una maggioranza che può cambiare nello sviluppo democratico del nostro paese. No, la divina provvidenza non c'entra in questo nuovo e particolare interessamento verso il Mezzogiorno. C'entrano, invece, i meridionali, i lavoratori delle città e delle campagne che, sostenuti dall'appoggio solidale di tutte le forze sane del paese e dal concorso della parte più illuminata dell'opinione pubblica, liberatisi alfine dal vecchio stato di soggezione e divisione, spinti da insopprimibili esigenze di vita e di lavoro, sorretti da una sicura volontà di redenzione, hanno posto con le loro lotte, con le lotte delle masse operaie, con le lotte dei contadini, con le lotte degli strati urbani della popolazione lavoratrice, il problema del Mezzogiorno come problema centrale della vita nazionale.

Presidenza del Vicepresidente

CHIOSTERGI

AMENDOLA GIORGIO. Dall'onorevole De Gasperi e dal suo partito è stata ora escogitata una strana teoria. Non potendo evitare di riconoscere che molti problemi grandi e piccoli sono affrontati sotto la spinta operata dalle lotte popolari, si afferma che l'opposizione avrebbe un particolare suo servizio segreto, e, informata di quanto il Governo sta per fare in certe zone o su certi problemi, organizza artificialmente movimenti ed agitazioni «sovversive» per togliere al Governo il merito dell'iniziativa. Questa teoria è certamente puerile. Non è nostro compito fare dei dispetti al Governo.

No! L'onorevole De Gasperi è andato in Calabria dopo Melissa, e non prima per evitare che il sangue di contadini innocenti fosse versato da chi era al servizio dei baroni usurpatori di terre. E il tragico fatto di sangue di Melissa non ha certamente avuto luogo perché De Gasperi aveva'  già deciso di andare in Calabria. È Melissa, è la lotta dei contadini meridionali, è il sangue versato a Montesca- glioso. e Torremaggiore, sono le lotte degli operai di Taranto e di Napoli contro i licenziamenti, è la rivolta meridionale che vi ha obbligati, o signori, a ricordarvi del Mezzogiorno, a ricordarvi delle vostre promesse, a tentare di far credere di voler fare qualche cosa, a cercare di ricorrere ai ripari!

A parte ogni giudizio sul significato e sul valore del provvedimento in esame, noi rivendichiamo al movimento popolare democratico meridionale il merito di avere imposto al paese tutto, ed anche a voi, signori del Governo e della maggioranza, il problema meridionale. Il nuovo movimento meridionale popolare si è sviluppato, dalla fine della guerra in poi, sulla via segnata da Antonio Gramsci, nell'unità più stretta con la classe operaia e con i lavoratori di tutta Italia. Esso ha ripreso e continuato il lavoro compiuto dai movimenti di pensiero e di azione che si sono succeduti dal 1860 col proposito di operare la redenzione del Mezzogiorno; ne ha utilizzato i risultati o. le esperienze, ma ha fatto, finalmente, i lavoratori stessi protagonisti principali dell'azione rinnovatrice, e li ha guidati nelle vie dell'unità, della organizzazione e della lotta. Il movimento popolare democratico meridionale ha affermato nel grande congresso di Pozzuoli del dicembre 1947 questa nuova volontà rinnovatrice che animava!e popolazioni del Mezzogiorno.

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Dal «Fronte del Mezzogiorno», che allora si costituì, alle «Assise della rinascita del Mezzogiorno» del dicembre 1949 è stata un'azione continua che si è sviluppata progressivamente, attraverso il mutare delle situazioni politiche, che ha spezzato le vecchie armi della corruzione, della intimidazione, delle, violenze poliziesche con cui furono sempre soggiogate le popolazioni meridionali, che si è allargata a tutte le regioni meridionali, che ha riscosso il consenso, il plauso e la solidarietà di tutti gli italiani ed in primo luogo quella degli operai dei grandi centri industriali del nord, che ha infine posto il problema meridionale come il problema principale del rinnovamento di tutta la vita nazionale.

E permettetemi di ricordare, in questa occasione le parole di un grande meridionale, Floriano Del Secolo, di cui ricorre proprio oggi il primo anniversario della immatura e dolorosa scomparsa. Presidente del «Fronte del Mezzogiorno», egli affermò, con la sua presenza a quel posto di lotta, la continuità storica del nostro movimento con le più alte e migliori tradizioni di quanti prima di noi lottarono per una soluzione progressiva e democratica della questione meridionale.

Disse al congresso di Pozzuoli Floriano Del Secolo: «Lo storico futuro, osservando la storia di questi ultimi tempi, dovrà notare che il Mezzogiorno, dopo aver dato al Risorgimento uomini della statura di Poerio, Spaventa, De Sanctis, dette poi anche a questa tradizione politica meridionale, non mai ascoltata dalle classi dominanti, uomini di alto spirito. Quella tradizione rivive oggi nel prorompere di forze fresche nella vita politica d'Italia. Noi assistiamo alla più grande rivoluzione politica avvenuta'  dopo quella patriottica: l'ascesa e la partecipazione politica di quelle classi numerosissime e poverissime, che, considerate nel passato come comparse, oggi assumono il valore di protagoniste». Ed è per volontà di queste nuove protagoniste d'ella storia del Mezzogiorno e d'Italia, volontà espressa in lotte durissime ed in eroici sacrifici, che noi siamo oggi qui riuniti per discutere delle sorti del Mezzogiorno. Ricordiamoci, nel prendere le nostre decisioni, che ad esse dovremo rendere conto del nostro operato.

In questi mesi di attesa, tra l'annuncio del provvedimento e l'inizio della discussione parlamentare, come si è nel frattempo sviluppata la situazione economica e sociale delle regioni meridionali, nel quadro della grande crisi economica che travaglia il nostro paese?

Questo esame, questo richiamo ai più attuali ed urgenti bisogni del Mezzogiorno è a mio avviso più che necessario in questa sede per accertare la validità ed efficacia del provvedimento in esame. Questo rapporto non può essere ignorato se non vogliamo lavorare nel vuoto, senza tenere bene i piedi per terra, nella tragica realtà meridionale.

La verità è che il Mezzogiorno paga dura- niente il prezzo della politica economica deflazionistica imposta al paese dal Governo e seguita ostinatamente, nei fatti, dal ministro Pella malgrado le rinnovate affermazioni sulla terza fase e sulla nuova politica degli investimenti. Il Mezzogiorno sopporta le più gravi conseguenze di questa politica deflazionistica, come ha pagato ieri le spese della inflazione e della svalutazione che ne ha distrutto i faticosi risparmi.

Il Mezzogiorno paga sempre le spese delle operazioni, volute e dirette dai gruppi monopolistici che tengono nelle loro mani la direzione della politica economica imposta al paese, e da ogni nuova «fase», da ogni nuovo ciclo, da 90 anni in qua, esce sempre impoverito e danneggiato.

Tre mesi sono passati dal giorno in cui in quest'aula il ministro Pella assicurò il paese della volontà del Governo di iniziare una «imponente politica di investimenti». In questi tre mesi molti equivoci si sono dissipati e molte illusioni, allora sorte sulla possibilità di un effettivo mutamento di rotta dell'azione governativa, sono ormai svanite. Noi denunziammo allora quegli equivoci ed indicammo la contraddizione esistente tra la riaffermata continuità della vecchia linea di politica economica - che attraverso l'azione deflazionistica per arrivare al pareggio porta al rafforzamento delle posizioni monopolistiche, alla compressione dei bisogni popolari, alla depressione produttiva - ed il riconoscimento a parole, imposto da ragioni di opportunità politiche, di una nuova politica produttivistica di riforme e di investimenti. Tra il discorso dell'onorevole Pella del 17 marzo che annunciava una nuova politica e l'inizio di questa discussione, tre mesi sono passati e la «povera gente è rimasta ad attendere», per dirla con l'onorevole La Pira.

Intanto il piano degli investimenti 19491950 non si è realizzato, come è dimostrato dalla differenza tra stanziamenti e spese effettuate; dall'ammontare quindi dei residui passivi - 350 miliardi per i soli lavori pubblici maturati fino ad oggi!-; dalla non utilizzazione dei fondi E. R. P. e quindi dall'accumularsi delle riserve in oro, dollari e valute estere presso la Banca d'Italia;

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dall'eccezionale finanziamento delle esportazioni per un ammontare all'incirca, uguale a quello del fondo lire, per cui noi esportiamo gratuitamente il controvalore delle merci ricevute col piano Marshall; e, infine, dalla cosidetta «privatizzazione» del fondo E.R.P., cioè dall'utilizzazione del fondo-lire e dei crediti maturati all'estero per importazioni di macchinari a favore delle industrie private.

V'è da meravigliarsi, in queste condizioni, se la produzione industriale non si è sviluppata, se la disoccupazione totale e parziale ha continuato a crescere, se. il sottoconsumo forzato delle masse popolari ha determinato una crisi nel settore agrario, restrizioni, dissesti, fallimenti nel campo commerciale, per cui, a tre mesi dì distanza dall'inizio ufficiale della «nuova fase», una polemica, cui hanno partecipato illustri personalità, direi illustri protagonisti della vita economica e sociale del paese (per il tesoro: l'onorevole Malvestiti; per l'industria: il dottor Costa; per il lavoro: il compagno Di Vittorio; ed anche i neocorporativi: La Pira e Fanfani) ha praticamente concluso nel riconoscere che in Italia a tutt'oggi di una politica degli investimenti si è molto parlalo, ma soltanto parlato. L'onorevole Pella, chiamato in causa, invece di smentire, nel suo discorso di Milano, con i fatti questa amara constatazione e di esporci i primi risultali della nuova fase, si è preoccupato di precisare i limiti, «la dimensione della politica degli investimenti, dando poi alla «burocrazia romana», al Parlamento ed ai suoi colleghi titolari degli altri dicasteri la responsabilità dei ritardi nella realizzazione. «Una amministrazione statale impiega in media tre anni per utilizzare gli stanziamenti di cui dispone», ha affermato l'onorevole Pella. Dunque dovremmo aspettare tre anni!

Egli ha esposto anche la strana teoria che per il tesoro il problema degli investimenti si limita a quello degli stanziamenti. Il problema dei pagamenti, cioè del reale impiego, non lo riguarda. Ciò che non è esatto anche dal punto di vista dei semplici fini monetari e del volume della circolazione. Egli ha una visione contabile, per cui 500 miliardi sono considerati investiti quando essi sulla carta sono stati stanziati, anche se alle indicazioni non è succeduta realizzazione alcuna, se le materie prime sono rimaste dove erano e la mano d'opera disoccupata.

Anche del ritardo nella spendita del fondo lire egli ha riversato la responsabilità sulla «macchinosa procedura parlamentare», quando noi sappiamo invece di avere approvato leggi per la utilizzazione

del fondo lire che sono rimaste inoperanti, forse per la mancata autorizzazione americana, e per alcune anzi oggi ci si chiede, dopo lungo tempo, il passaggio delle somme stanziate sul bilancio ordinario.

Dunque gli «effettivi» investimenti non ci sono stati, non ci sono; e perdura la seconda fase di politica rigorosamente deflazionistica e restrittiva della produzione, ed essa determina tutti i fenomeni che negli ultimi mesi hanno aggravato il quadro della economia italiana: calata dei prezzi all'ingrosso, ma non al dettaglio; crisi agraria, crisi del commercio, depressione industriale; di cui il tentativo di liquidare le industrie già sovvenzionate dal F. I. M., dopo aver gettato nel baratro 43 miliardi; l'arresto del programma di riorganizzazione della siderurgia per effetto del cartello franco-tedesco dell'acciaio; la mancata o ritardata applicazione della legge per i cantieri; i licenziamenti nelle industrie tessili; la restrizione dei lavori pubblici ed il ritardo nelle costruzioni delle case popolari, sono stati i fenomeni più facilmente accertabili, ma non i soli.

Questa congiuntura hà favorito la tendenza ad una maggiore concentrazione capitalistica, la tendenza dei gruppi monopolistici a rafforzare ed estendere le loro posizioni, la tendenza ad accentrare nelle proprie mani la maggior somma di produzione e di profitti.

La politica deflazionistica ha creato una atmosfera di oppressione finanziaria e, con lè restrizioni creditizie - e l'aggravamento del peso fiscale e la restrizione delle vendite, ha stroncato le attività più deboli ed ha permesso ai gruppi monopolistici diconcentrare a proprio vantaggio le produzioni ed i profitti, senza dover neanche sopportare le spese di una lotta diretta contro i concorrenti. Così è aumentato il peso e l'influenza dei gruppi monopolistici più forti su tutta la vita economica del paese.

Con il rafforzamento delle posizioni monopolistiche, si è aggravata tutta la crisi strutturale della società italiana, determinata dalle sopravvivenze feudali, dalle conseguenze della politica autarchica e di guerra, ecl infine dalle conseguenze del piano Marshall. Questo ha imposto un cambiamento dei mercati tradizionali dell'economia italiana, un indirizzo imposto all'economia italiana per farla complementare e subordinata agli interessi dei gruppi monopolistici e degli imperialisti americani, e quindi un processo generale di «colonizzazione» che favorisce il rafforzamento di alcune posizioni monopolistiche, più direttamente collegate con interessi americani, e la rovina delle altre posizioni economiche.

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Naturalmente, di questo processo l'Italia meridionale - dove le sopravvivenze feudali sono più forti, il predominio di tipo coloniale di alcuni gruppi monopolistici è assoluto (S. M. E.), e la maggior parte delle, scarse attività industriali è dipendente e marginale dei grandi complessi settentrionali - soffre le conseguenze più gravi, col sacrificio di quelle posizioni piccole e medie che nell'industria, nell'agricoltura e nel commercio si erano venute faticosamente sviluppando negli ultimi anni, con la crisi che colpisce la produzione agricola meridionale e con l'aumento della miseria generale.

Noi abbiamo una dimostrazione ufficiale del fatto che il processo deflazionistico incide più gravemente sulla economia meridionale che su quella di tutta l'Italia. In Italia infatti i protesti cambiari sono aumentati nel 1949, rispetto al 1948, del 102 per cento passando dal numero di 1.014.954 a quello di 2.034.394', per un valore che è aumentato da lire 45.436.000.000 a lire 79.959.000.000. Nell'Italia meridionale invece - Campania, Puglia, Lucania, Calabria - tale aumento si è verificato in ragione del 152 per cento. I protesti cambiari infatti sono stati 391.000 nel 1949 rispetto ai 155.000 del 1948, mentre il valore di essi è aumentato da lire 5.272.000.000 del 1948 a lire 12.079.000.000 del 1949, con un aumento del 134 per cento.

L'aumento del valore dei protesti è stato in Campania del 135 per cento, in Puglia del 138 per cento, in Calabria del 110 per cento ed in Lucania ha raggiunto la punta del 198 per cento! I deputati lucani non potranno smentirmi su questo stato di cose del commercio nella loro regione. A Napoli i protesti ' cambiari sono aumentati da un valore di 890 milioni nel 1947 ad oltre 2 miliardi nel 1948, a 5 miliardi nel 1949, con ben 820 fallimenti.Queste le conseguenze che il Mezzogiorno deve subire per l'imposizione della politica economica voluta dal governo presieduto dall'onorevole De Gasperi. E noi abbiamo in ogni campo nuove prove del peggioramento della situazione economica meridionale. Io non intendo parlare della crisi agricola, perché essa è stata illustrata, in tutta la sua gravità, in occasione della discussione sul bilancio del dicastero dell'agricoltura. Basterà ricordare che, mentre i prezzi dei prodotti industriali non sono diminuiti, mentre è aumentata la pressione fiscale, i prezzi all'ingrosso hanno avuto forti ribassi. I prezzi sono calati del 40 per cento per l'olio e del 45 per il vino e voi comprenderete la gravità delle conseguenze di questi ribassi per tutta la economia meridionale.

Naturalmente questa crisi agraria si è tradotta in una contrazione del volume delle derrate trattato al mercato agricolo di Napoli, dove abbiamo dovuto registrare una diminuzione del 12 per cento dal 1948 al 1949.

Voglio invece citare qualche dato relativo ai lavori pubblici. Nel 1948, nella provincia di Napoli si sono conclusi 994 lavori per un totale di circa 8 miliardi (lire 7.981.135.000); nel 1949 il numero dei lavori è sceso complessivamente a 590, per un valore di soli 6 miliardi (lire 6.302.423.000) con una diminuzione quindi di numero del 40 per cento e di valore del 21 per cento.

Attualmente, nell'anno in corso, siamo scesi a 336 lavori, con una diminuzione di numero del 37 per cento ed il loro valore è sceso del 16 per cento (da lire 7.888.018.000 a lire 6.660.148.000) per cui l'occupazione operaia è diminuita, ed è aumentata la disoccupazione. Infatti il numero delle giornate lavorative occupate in lavori pubblici è calato di numero dal 1948 al 1949 di circa il 53 per cento nella provincia di Napoli e più precisamente da 2.313.626 giornate lavorative occupate nel 1948 a 1.092.990 giornate lavorative occupate nel 1949.

Due sole cifre sono in aumento in tutte le statistiche che riguardano la provincia di Napoli: la cifra delle tasse (il reddito della imposta di famiglia che grava così pesantemente sulla povera gente è aumentato dal 1948 al 1949 del 20 per cento) e un'altra cifra, una cifra dolorosa che più di tutte esprime la miseria delle grandi masse napoletane ed il dramma di tante famiglie: la cifra del valóre dei pegni operati dal Monte di pietà che è aumentata da 272 milioni nel 1948 a 551 milioni nel 1949 con un aumento del 105 per cento. E forse questa cifra non è aumentata ancora maggiormente perché molta povera gente non sa più che cosa portare al Monte di pietà! Questa è una cifra che denunzia le sofferenze ed i sacrifici dei lavoratori. E che cosa dire di quelli che non possono neanche andare al Monte di pietà, di quelli che un giornale governativo ha chiamato, in questi giorni, i «senza tutto», le migliaia e migliaia di famiglie accampate nelle grotte di Mergellina e ai Granili, che non possono essere alloggiate nelle nuove case popolari perché esse non possono pagare il fitto che queste case comportano; che dire di questa gente? Questa situazione è stata denunciata dallo stesso vicesindaco di Napoli, avvocato De Gennaro.

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La miseria nel Mezzogiorno è aumentata nel corso degli ultimi anni per effetti della politica economica governativa. E in una riunione del municipio di Napoli, a cui tutti i parlamentari convennero insieme ai consiglieri napoletani per esaminare questo stato della disoccupazione ed i motivi della diminuzione delle giornate lavorative occupate nei lavori pubblici e della non realizzazione dei tanti grandi lavori più volte premessi e mai attuati, il più illustre cittadino napoletano Enrico De Nicola elevò un grido di dolore e di allarme, che esprimeva il comune sentimento di preoccupazione e di augurio per le sorti della nostra grande e sventurata città e per le misere, a volte tragiche condizioni, in cui è costretta a vivere la sua popolazione, con i suoi duecento mila e più disoccupati. «Napoli muore!» E Napoli sta infatti morendo con il decadimento di tutte le sue attività economiche, con la paralisi del porto («il porto è un cimitero», fu affermato in una riunione ufficiale!) con la chiusura o contrazione delle industrie, con la crisi dei settori agricolo e commerciale! Il grido di allarme lanciato da Enrico De Nicola non può non essere accolto da quanti hanno a cuore, di fatto, le sorti del Mezzogiorno.

Mi è stato recapitato ieri nella casella postale qui al Parlamento una statistica sul consumo dello zucchero in Italia. Da questa statistica risulta che il consumo da 16 chili pro capite in Liguria ed in Piemonte e da 15 nella Venezia Tridentina, scende a 13 nell'Emilia, a 4,600 in Campania, e 4,570 in Puglie, a 3,300 in Calabria, a 1,590 in Lucania!

Che cosa vogliono dire queste cifre, queste terribili cifre? Vogliono dire decadimento di quelle popolazioni, vogliono dire sviluppo della tubercolosi infantile, vogliono dire situazioni in cui possono avvenire fatti, come quello tragico che si è compiuto a Petilia Policastro! Ve lo voglio leggere questo fatto, che illustra la tragedia attuale del Mezzogiorno d'Italia, nella nuda prosa di un cronista del giornale Roma di Napoli, che il 3 giugno pubblicava una corrispondenza, che proveniva, come dicevo, da Petilia Policastro. Questo paese è noto per le lotte che i contadini vi hanno condotto negli ultimi anni, lotte per la terra, per il lavoro, per il pane, lotte che alcuni hanno voluto presentare come istigate da «sovversivi», da agitatori, ma che adesso voi vedrete da quale stato di miseria e di disperazione esse siano sorte.

Dunque, dice questa corrispondenza: «La situazione di disagio provocata dalla disoccupazione si aggrava di ora in ora ed ha condotto la popolazione alle soglie della disperazione».

Così prosegue la cronaca: «Una ragazza di sedici anni, Rosaria Fanciulli, residente nella contrada Partenese, è morta di fame. Era alunna della terza classe elementare (a sedici anni!); si trovava nell'aula quando improvvisamente, pallidissima in volto, chiedeva all'insegnante il permesso di uscire. Ottenutolo, si avviava verso le scale, ma qui piombava a terra fulminata. La disgraziata è risultato essere morta per assoluta insufficienza di alimentazione. Infatti, per molti giorni consecutivi, essa non aveva ingerito che ghiande e in genere cibi per maiali. La miseria incalza su tutta la zona. I disoccupati sono aumentati di numero e costituiscono si può dire la quasi totalità degli abitanti del centro. Ultimamente si è chiuso il grande cantiere di legnami «So. Fo. Me», che per 24 anni aveva dato lavoro a circa 800 operai. Se provvedimenti non saranno presi con la necessaria tempestività, la situazione potrebbe da un momento all'altro scivolare nell'irrimediabile, dopo aver già creato tante vittime!».

Il vostro disegno di legge, che pretende di realizzare «una istanza di giustizia sociale invano postulata», può impedire, se attuato, che altre fanciulle come Rosaria Fanciulli muoiano di fame, assassinate dall'attuale ordinamento sociale? È quello che noi neghiamo: noi neghiamo che i vostri provvedimenti siano in grado di far fronte a questa tragica situazione. Tragica situazione in verità e per la quale l'aggettivo «tragica» non è certamente fuori luogo quando accadono simili fatti. In realtà nel Mezzogiorno le conseguenze di una politica deflazionistica e antiproduttiva agiscono su una struttura economica e sociale organicamente viziata ed arretrata, determinando un regresso delle forze produttive, pur così poco sviluppate, ed un peggioramento ulteriore di tutte le già misere condizioni di vita. Ed è un processo che dura da 90 anni!

Uno degli indici della gravità della situazione economica meridionale è dato dalla diminuzione della popolazione attiva e dall'aumento del carico medio di persone improduttive di ogni età per ciascuna unità produttiva.. Ora il totale della popolazione attiva del Mezzogiorno d'Italia è aumentato (udite!) da 5.600.000 nel 1861 a 5.800.000 nel 1936 per ridiscendere nel 1948 a 5.600.000 Da notare che il complesso della popolazione del Mezzogiorno d'Italia è è aumentato da 9.800.000 nel 1861 a 15.400.000 nel 1936 e a 17.200.000 nel 1948, con un incremento di 9.400.000 unità.

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Circa 4.000.000 persone si considerano che siano nel frattempo emigrati, ma dei 5 o 6 milioni rimasti nel Mezzogiorno, solo 200.000 hanno potuto trovare parziale occupazione attorno al 1937; per cui, il carico medio di persone improduttive di ogni età per ciascuna unità produttiva saliva da 0,75 nel 1861 a 1,60 nel 1936 e a 2,8 nel 1948. Sono dati che ho tratto da uno studio assai accurato preparato dal professor Alessandro Molinari: Contributo allo studio del problema industriale del Mezzogiorno. Roma, «Svimez», 1949.

Questa situazione di inferiorità del sud nei confronti del nord è indicata anche dal fatto che il reddito medio pro capite in lire, posto uguale a 100 quello del nord, è al sud di 55: 3.143 al nord contro 1.743 al sud.

Per il capitale investito nelle società anonime, il Mezzogiorno partecipava col 13 per cento nel 1916 e con l'8 per cento nel 1947. Quindi, la partecipazione del Mezzogiorno nelle società azionarie è diminuita dal 1916 al 1947, proprio nel periodo di maggior sviluppo in Italia della società per azioni.

È un processo di regresso economico quindi, che dura da 90 anni e che si è venuto aggravando nell'allargamento della frattura che separa economicamente il nord e il sud, le due parti d'Italia.

Area depressa, dunque, il Mezzogiorno? Questo è il termine assunto - e non a caso - nella relazione governativa. Noi abbiamo respinto l'applicazione al Mezzogiorno di questa terminologia di origine keynesiana. Delle aree depresse, come delle aree sottosviluppate o arretrate, si è cominciato a parlare dopo la grande crisi del 1929-1932, particolarmente negli Stati Uniti dove con il New Deal si sono sviluppate iniziative per le zone e le vallate del Tennessee e del Missouri, ed in Inghilterra con le leggi speciali del 1934 e del 1937. Ma la questione della aree depresse, i tentativi della formazione di una teoria di aree depresse sono stati ripresi in questo dopoguerra e portati poi, da un piano interno a quello internazionale, con gli sviluppi del piano Marshall ed il punto quarto del messaggio di Truman del gennaio 1949. E quindi, adesso le aree depresse sono diventate di moda.

Lo sviluppo della teoria delle aree depresse coincide con gli sforzi compiuti dai gruppi capitalistici monopolisti per_ cercare nuove zone di espansione interne ed esterne che garantiscano un maggiore saggio di profitto.

Lo sviluppo della crisi generale del capitalismo fra le due guerre, pur con le oscillazioni cicliche proprie del sistema, e poi in questo secondo dopoguerra l'allargamento delle aree mondiali sottratte allo sfruttamento capitalistico, il restringimento delle aree capitalistiche, i progressi del moto di emancipazione politica ed economica dei paesi già chiamati coloniali, le contraddizioni determinate dal rafforzamento e dalla estensione delle posizioni dei più forti gruppi monopolistici, lo sproporzionato sviluppo dei settori legati alla preparazione bellica e le conseguenze sempre più accentuate degli andamenti ciclici della congiuntura nel quadro sempre più grave della crisi del capitalismo, spingono i gruppi monopolistici alla ricerca affannosa di nuova campi di espansione, di sfruttamento all'interno e all'esterno.

Le zone depresse dovrebbero offrire queste possibilità. Un intervento massiccio dello Stato, sulla base di un piano tecnicamente elaborato che coordini i vari elementi della produzione e che rimuova gli ostacoli ambientali con la realizzazione di vaste opere di pubblica utilità, dovrebbe creare le condizioni per una espansione delle forze capitalistiche monopolistiche nella dilezione aperta dall'intervento statale. È un processo di colonizzazione, in definitiva, che si verrebbe ad operare dovè l'azione statale, sul piano tecnico ed economico, ma anche su quello politico e militare, precorre i tentativi espansionistici dei gruppi monopolistici, la cui azione finanziaria è fortemente intrecciata con quella dello Stato. Questo processo di colonizzazione è quello che il presidente Truman ha indicato nel punto quarto del suo messaggio come prospettiva di sviluppo offerta ai gruppi monopolistici americani incalzati dalla crisi che avanza in quel paese. E tutta l'azione del piano Marshall, oltre a servire a scopi diplomatici, militari di preparazione bellica, ha assunto il carattere di un processo di colonizzazione dei paesi marshallizzati, dove l'intervento americano direttamente o indirettamente ha determinato l'asservimento di queste economie e il favorire di particolari posizioni di monopolio.

La notizia di ieri che nel 1952 l'E. R. P. sarebbe sostituito da un ente mondiale finanziario, che agirebbe appunto sulla base del punto quarto del messaggio del presidente Truman per le aree depresse, una specie di cassa americana per il Mezzogiorno" occidentale, illumina tutto questo processo e conferma quanto da questi banchi è stato sempre denunciato sull'opera di colonizzazione a favore dei gruppi monopolistici americani svolta dagli enti ed organismi nati dal piano Marshall.

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Naturalmente le aree depresse così «valorizzate» restano colonizzate, ossia private di ogni possibilità di un proprio autonomo sviluppo economico, di una liberazione delle popolazioni dalle loro condizioni di miseria e di un miglioramento del loro tenore di vita. Esse vengono invece sottoposte al giogo di. quelle forze monopolistiche che in collegamento allo Stato ne hanno operato la cosiddetta valorizzazione. Del resto la valorizzazione non è generale neanche nei programmi, ma è limitata a comprensori, «scorporati» (come si dice adesso) dall'insieme del territorio, che resta abbandonato nelle vecchie e tragiche condizioni di arretratezza.

Il Mezzogiorno non può essere considerato come una zona depressa. Per superficie e popolazione, esso è un terzo di tutto il paese. La sua popolazione si accresce con continuità dal 1861 ad oggi, anche se non riesce a trovare un impiego nella produzione. E le regioni meridionali hanno dietro di sé una storia millenaria. Esso respinge, pertanto, il concetto di colonizzazione, che è intimamente legato a quello di area depressa. Ed invece il termine area depressa è usato non a caso nella relazione governativa.

La via per la soluzione della questione meridionale non è quella di un intervento dall'esterno o dall'alto, a mezzo di un ente speciale che, sotto la copertura di un'azione tecnica, aprirebbe la strada all'espansione di gruppi monopolistici anche stranieri. La via è un'altra: quella di permettere alle stesse popolazioni meridionali di operare il rinnovamento e il progresso economico di quelle regioni e promuovere lo sviluppo delle forze produttive rimuovendo, con una svolta della politica dello Stato italiano verso il Mezzogiorno, e non solo con l'esecuzione; di determinate opere pubbliche, le cause di carattere politico e sociale che hanno, dal 1862 in poi, determinato il formarsi di una questione meridionale. Questa, del resto, è la via indicata dalla Costituzione, che afferma la necessità delle riforme di struttura e che invita le stesse popolazioni interessate, attraverso l'autogoverno regionale, ad essere le protagoniste del processo di valorizzazione e di sviluppo economico di cui esse dovranno anche essere le beneficiarie. La regione, cu è affidata dalla Costituzione la funzione di elaborare e realizzare i piani di rinnovamento regionale, si oppone agli enti di colonizzazione che dall'esterno pretendono di «avviare a soluzione l'annosa questione meridionale», mentre lasciano invece inalterata la tradizionale struttura e realizzano soltanto, e in certe condizioni, un limitato numero di opere pubbliche.

A questo proposito noi affermiamo - e non ci stanchiamo di affermare - che il problema del Mezzogiorno non è un problema di lavori pubblici, anche se i lavori pubblici sono, come è ovvio, necessari. Non è solo un problema di lavori pubblici che possa essere risolto da. un ente speciale. Un'azione conseguente per la rinascita del Mezzogiorno non può essere isolata soltanto nell'esecuzione di un certo numero di opere pubbliche, ma deve investire tutta la politica generale dello Stato italiano: esige una politica di pace, che non sperperi le ricchezze del paese nella preparazione di nuove avventure belliche; esige una politica di libertà che aiuti, e non ostacoli, le- popolazioni lavoratrici meridionali a organizzarsi e a lottare per migliorare le proprie condizioni e per sottrarsi all'oppressione dei Torlonia e dei baroni meridionali; esige una larga politica di riforme sociali, che spezzi i vecchi vincoli feudali e i nuovi vincoli monopolistici che comprimono il corpo del Mezzogiorno e ne impediscono la rinascita. Questi vincoli hanno fino ad oggi impedito nelle regioni meridionali un più celere sviluppo delle forze produttive. Queste cause strutturali, politiche, economiche, sociali, che hanno origine nella storia della popolazione meridionale, hanno determinato il formarsi di quelle particolari condizioni ambientali che possono essere raccolte tutte nella generale «arretratezza meridionale» che, a sua volta, è diventata ostacolo allo sviluppo delle forze produttive e al progresso di quelle regioni. Le condizioni ambientali che determinerebbero le cosiddette zone depresse, secondo i teorici delle scuole economiche americane, esistono infatti: mancata sistemazione montana, mancata raccolta delle acque, deficienza di opere di bonifica e di trasformazione fondiaria, di strade, di scuole, di ospedali e, soprattutto, di industrie. Ma queste condizioni hanno origini storiche. Sono il prodotto della tormentata e dolorosa storia meridionale, nascono da quelle cause strutturali, da quella struttura della società meridionale, quale si è venuta configurando nelle vicende e nelle lotte degli ultimi secoli.

Di queste cause è inutile rifare in questa sede l'analisi. Si risale ai tempi oscuri del vicereame, e più avanti; all'impoverimento del Regno, al rafforzamento delle posizioni baronali, e quindi al ritardo ed al modo con cui fu compiuta l'eversione della feudalità: discorso lungo ed antico. A Teano s'incontrarono due Italie: un'Italia ancora semifeudale ed un'Italia in cui era già avviato uno sviluppo capitalistico moderno.

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A queste due Italie furono applicate leggi uniformi, che subordinavano la realtà sociale ed economica del Mezzogiorno a quella superiore ed avanzata delle regioni settentrionali. Per l'unità nazionale fu compiuto il «sacrifìcio», come si disse, ma si creò la «questione meridionale». Ed il distacco andò sempre aumentando, come si è visto, perché da 90 anni la linea generale del" nuovo Stato unitario obbedì alle esigenze di sviluppo del capitalismo italiano, e poi dei gruppi monopolistici alleati ai proprietari agrari del sud.

La società italiana ha avuto una linea di sviluppo dettata dagli interessi di questi, gruppi privilegiati. L'analisi di questo sviluppo è stata fatta in modo geniale da Antonio Gramsci, nel suo scritto Sulla questione meridionale ed oggi è generalmente accettata. I risultati li conoscete.

Naturalmente, con questa politica, che si è logicamente inquadrata in una politica imperialista di avventure, di guerre e di disastri,- non si è mai potuto creare quel «margine» per assolvere al «debito nazionale verso il Mezzogiorno», di cui si è tante volte parlato.

Ora, in queste condizioni, un ente che volesse attaccare le condizioni ambientali di arretratezza economica, e trattare il Mezzogiorno da zona depressa, isolando queste condizioni da quelle più generali, sociali e politiche, non solo non riuscirebbe a piegare ed a vincere questa arretratezza, ma la consoliderebbe, perché, sviluppando la sua azione nel quadro degli attuali rapporti di classe, svolgendo la sua azione nell'indirizzo voluto dall'interesse dei ceti dominanti, ne rafforzerebbe, in ultima analisi, le posizioni di privilegio e di sfruttamento, ribadendo le catene che tengono legate le popolazioni meridionali.

Affermando questi principi, affermando il carattere generale dei problemi meridionali, rifiutandoci di farne un problema speciale di soli lavori pubblici, di casse speciali, da affrontarsi con mezzi speciali, da parte di un ente speciale, rifiutandoci di accettare l'idea di una colonizzazione del Mezzogiorno affidata ad un governatorato, con un governatorato forse straniero o comunque legato a direttive provenienti dalla America, che fornirà forse, crediti ma certamente a certe condizioni - e noi conosciamo ormai quali sono queste condizioni - noi ci muoviamo sopra il solido terreno della migliore tradizione meridionalista, che affermò sempre, con spirito profondamente unitario, il carattere nazionale del problema meridionale,

da risolversi non con leggi speciali, non con soli lavori pubblici, ma con un determinato indirizzo generale della politica nazionale.

Era una linea di politica generale per tutta la nazione che richiedeva, per risolvere la questione meridionale, Giustino Fortunato: poche spese, niente spese di guerra, politica di neutralità e di pace; alleggerimento della pressione fiscale per facilitare la formazione del risparmio ed il credito a buon mercato; politica, doganale antiprotezionista, per facilitare le esportazioni agricole e rendere la vita meno cara. Tutto ciò doveva facilitare la formazione di un ceto nuovo nel Mezzogiorno, di imprenditori, di risparmiatori per arrivare così ad aiutare l'accumulazione dei capitali, le trasformazioni fondiarie, la divisione della proprietà. E poi scuole, assistenza sanitaria, protezione dell'infanzia. Era una linea liberale e liberista, che aveva una sua logica, ma che.non prevalse. Essa urtava contro gli interessi dei gruppi dominanti lo Stato .no, borghesia industriale del nord, baroni feudali del sud, retrivi e timorosi di ogni innovazione che potesse minacciare le basi del loro barbaro dominio. Essa urtava soprattutto contro gli interessi dei gruppi monopolistici che avevano in mano la dire-j zione della vita politica ed economica del paese. Prevalse quindi un'altra linea, una linea che non tendeva a risolvere la questione meridionale, ma che invece ne veniva aggravando i termini. In compenso dei danni provocati da questa politica, al Mezzogiorno si regalarono leggi speciali e lavori pubblici, sui quali si fece sempre molto chiasso, anche se non superarono quanto alle regioni meridionali spettava nella spesa dello Stato.

Sono 50 anni che si fanno leggi speciali e si approvano programmi di lavori pubblici. Ogni qualvolta la pressione del malcontento meridionale esplode in forme aperte di lotta, il governo e i ceti dirigenti «scoprono» il Mezzogiorno, approvano leggi speciali, lanciano programmi di lavori pubblici. Il gioco si ripete ormai da tanto tempo con esasperante monotonia: 1892, 1904, 1908, 1920, oggi 1948-49-1950. L'onorevole De Gasperi non ha compiuto in verità nulla di nuovo e di audace, ha battuto vecchie strade e, bisogna dirlo, con minore audacia di altri che prima di lui marciarono su quella via.

Leggi speciali: legge per Napoli 1904, legge per la Basilicata 1904, legge per la Calabria 1905, per le province meridionali 1906, legge per la Sardegna 1908, nuova legge per la Basilicata e la Calabria 1908: v'è tutta una biblioteca di leggi speciali, di cui molte sono ancora in vigore. Esse ebbero forse una certa funzione in quel periodo.

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Quella di Napoli,, voluta da Giolitti, esercitò ad esempio una limitata spinta allo sviluppo industriale. Ma esse certamente non hanno modificato le condizioni strutturali della società meridionale, ed il Mezzogiorno ha continuato nella sua discesa.

Lavori pubblici: non sono mancati; se ne sono fatti molli, direi, per entità e con una audacia superiore a quella del famoso programma dei mille miliardi. L'onorevole Gava scuote la testa e dice di no. Naturalmente: nella relazione ministeriale si è infatti, parlato di un programma che sarebbe «il più esteso programma di opere pubbliche che sia stato idealo dalla costituzione dell'Italia ad unità».

Ora, noi abbiamo sempre fatto una critica serrata all'indirizzo dei governi che si sono succeduti nel cinquantennio per la loro politica nei confronti del Mezzogiorno. Riteniamo, tuttavia, che quei governi, per quanto riguarda i lavori pubblici (perché questo è il settore affrontato dal presente disegno di legge), hanno fatto, in concreto, molto di più di quello che vi preparate a fare voi. E vedremo poi se riuscirete e vorrete realizzarlo questo vostro disegno.

Basta citare alcune grandi opere, organiche, ben studiate, compiute dal 1902 al 1914: quella dell'acquedotto pugliese, 300 milioni di allora, 150 miliardi di oggi; l'acquedotto del Serino, 450 milioni; la direttissima Roma- Napoli; la ricostruzione dopo il terremoto dei centri della Calabria e di Messina, che ha proceduto certamente con un ritmo più veloce di quello oggi impiegato nella ricostruzione di Cassino e delle zone distrutte dalla guerra. Vi sono in proposito delle cifre molto interessanti. L'onorevole Corbino, che ha dedicato alcuni importanti studi a questi problemi, potrà assai più autorevolmente illuminarci in proposito. Dagli Annali del professor Cor- bino ricaviamo che nel periodo che va dal 1862 al 1898 furono spesi complessivamente per opere pubbliche 7 miliardi e 734 milioni, di cui nel Mezzogiorno 2.088 milioni, pari a circa 60 milioni all'anno (Corbino, Annali di economia, voi. IV, pag. 219).

Noi abbiamo, in lavori pubblici nel periodo dal 1862 al 1924, una spesa per il Mezzogiorno, in gran parte fatta prima del 1914, di circa 5 miliardi, più precisamente 4 miliardi e 541 milioni su una spesa globale di 13 miliardi e 265 milioni. Facciamo il conto, non soltanto in base ai diversi coefficienti di moltiplicazione del valore della moneta, ma calcolando anche la popolazione italiana di allora, e quindi la quota di onere che il contribuente italiano del tempo doveva sopportare per la realizzazione di quelle opere pubbliche.

Vedremo che in molti anni non si è speso di meno, ma anzi certamente di più, dei vostri famosi, ed ancora molto ipotetici, 100 miliardi annui per il prossimo decennio, calcolando il coefficiente di moltiplicazione della moneta e l'aumento della popolazione.

Del resto — né credo di essere un esaltatore del regime fascista - negli anni che vanno dal 1927 al 1934, quando il regime fascista non aveva ancora iniziato la preparazione della guerra etiopica e delle altre rovinose guerre, il bilancio dei lavori pubblici ogni anno oscillava intorno a 4-5 miliardi di cui il 40 per cento andava al Mezzogiorno. Facendo il calcolo in lire, vediamo che in quegli anni si è speso dai 150 ai 200 miliardi di lire attuali all'anno per il Mezzogiorno.

Non voglio lodare quanto si è fatto allora, ma dico che voi ricalcate vecchie strade con minore audacia e minori mezzi. Ma, poiché i vostri predecessori con più mezzi e più audacia non sono riusciti su questa strada, cioè sulla strada dei lavori pubblici, a cambiare le condizioni del Mezzogiorno - perché non vennero rimosse le cause sociali della sua arretratezza e non furono colpite le basi del privilegio e dell'oppressione feudale - neanche voi su questa strada potrete arrivare a mutare le condizioni fondamentali dell'Italia meridionale. (Applausi all'estrema sinistra).

E poi vi è una biblioteca di avvertimenti a questo proposito. Provengono, questi avvertimenti, da uomini che hanno dedicato la loro vita all'Italia meridionale.

Una voce al centro. Bisogna dedicare i denari!

AMENDOLA GIORGIO. Sto parlando di un illustre e illuminato conservatore, l'onorevole Giustino Fortunato. Prendo questa citazione da una intervista concessa a' Avanti il'9 marzo 1907, ma non è la sola, perché questo è un pensiero costante in tutta la sua pluri- decennale attività: «Il Governo è felice di questo atteggiamento e lo sollecita, mediante la inconcludente panacea delle famose «leggi speciali», per lo più di uno o di un altro lavoro pubblico, poiché siffatta politica meravigliosamente lo aiuta ad eludere la necessità ed il dovere di attuare riforme organiche e gli costituiscono un alibi alla inguaribile sua sterilità nei confronti del Mezzogiorno».

Ed un altro conservatore, l'onorevole Sonnino, a critica di questa politica di lavori pubblici, affermava a Napoli, nel 1902:

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«Questa del Mezzogiorno non è soltanto e principalmente una politica di lavori pubblici. L'errore maggiore, anche dei meridionali, è stato di trattarlo come tale». In realtà, conservatori come Sonnino dànno ancora oggi lezione a tutti voi in fatto di conoscenza dei problemi meridionali. Rileggete le pagine sulla Sicilia e le troverete terribilmente attuali.

Del resto, come e con quali risultati si è realizzata questa politica di lavori pubblici? Le leggi speciali-non furono attuate o, attuate nel quadro dei vecchi rapporti di classe, si tradussero in un rafforzamento delle posizioni di privilegio dei gruppi dominanti.

I lavori pubblici sono certamente necessari, indispensabili, urgenti; ma essi da soli non riescono a modificare la realtà meridionale, anche perché non possono essere attuati nella misura resa necessaria dalle condizioni di quelle regioni. Non vi è nessun rapporto fra la somma di miliardi che voi potete impiegare e l'entità del problema dell'arretratezza meridionale, cioè delle opere che si debbono compiere. Lo Stato italiano anche se spendesse migliaia di miliardi non potrebbe riuscire a realizzare i programmi necessari per dare alle regioni meridionali tutto quello che manca per un vivere civile. Pensate che vi sono 280 miliardi di opere pubbliche iniziate e non ultimate, per le quali quest'anno sono stati stanziati poco più di 20 miliardi. Ci vorranno più di dieci anni per terminare queste opere. In molte bisognerà ricominciare da capo, a rischio di doverle nuovamente interrompere. Pensate che vi sono 968 miliardi di lavori per riparazioni danni di guerra, e quest'anno sono stati stanziati soltanto 31 miliardi. Pensate che per l'esecuzione della legge Tupini sulle opere pubbliche da eseguirsi a curategli enti locali, vi sono 16.219 domande di contributi statali per 313 miliardi, e la legge così come è stata finanziata permette lavori per 60 miliardi. Per arrivare, dunque,all'attuazione dei programmavi accorgerete della inadeguatezza della legge, di fronte ai paurosi bisogni creati da una struttura sociale che bisogna modificare nelle sue basi stesse. Soltanto rimuovendo le cause della miseria meridionale e provocando con vaste riforme di struttura un aumento della produzione, della ricchezza e del benessere delle popolazioni meridionali, è possibile mettere queste popolazioni attraverso i loro organi di autogoverno, comuni, province e regioni, in condizioni di risolvere gli innumeri problemi che vanno dalla viabilità, agli acquedotti, alle scuole, alle case municipali, agli ospedali, ai cimiteri.

Allora, un investimento massiccio e centrale potrebbe veramente dare i massimi frutti, perché questo sforzo sarebbe sorretto da quello delle popolazioni interessate, liberate finalmente dalla secolare oppressione e messe in grado di agire per la propria redenzione. Senza un mutamento radicale di tutta la politica voi anzitutto i 100 miliardi non li troverete, e quel poco che troverete andrà ancora una volta ai grandi proprietari agrari meridionali in parziale compenso di quello che avete già dato ai grandi «erpivori» settentrionali.

Alla critica dell'indirizzo generale del provvedimento, che non crediamo conforme alle esigenze rinnovatrici del Mezzogiorno, e che risponde invece agli interessi particolari di quei gruppi che, da 90 anni, opponendosi ad ogni rinnovamento strutturale, hanno utilizzato ai propri fini tutti i provvedimenti varati a favore del Mezzogiorno, e lo hanno mantenuto in situazione arretrata e semifeudale, si collega la nostra opposizione e critica alle principali disposizioni del progetto di legge in esame.

Noi ci opponiamo anzitutto alla creazione stessa di un «ente speciale», con propria personalità giuridica, denominato «Gassa per il Mezzogiorno». Non ci muovono soltanto i motivi pure apprezzabili che hanno indotto molti studiosi, gruppi, associazioni, ed anche onorevoli colleghi della maggioranza, io credo, ad avanzare serie riserve sulla opportunità di sottrarre tanta parte delle spese pubbliche al controllo regolare degli organi dello Stato, e ad un effettivo controllo preventivo e consuntivo del Parlamento. Gli argomenti addotti dalla relazione di maggioranza a favore dell'opportunità della creazione di un ente speciale non ci hanno convinto. Si dice: ragioni di snellezza, di praticità, di rapidità. Abbiamo già rilevato il tentativo che si sta operando da parte del Governo di rovesciare sulla burocrazia e sul Parlamento le responsabilità delle sue deficienze, dei suoi ritardi, delle manchevolezze che si riscontrano nella sua azione. Tentativo direi, per quanto riguarda la burocrazia, anche ingeneroso da parte di chi deve rispondere della attività della amministrazione che ha il compito di dirigere. Il Governo si comporta come un generale che di fronte ad una sconfitta riversa la responsabilità sugli ufficiali e soldati. Voi rovesciate le vostre responsabilità sulle spalle dei vostri subordinati, di quelli che voi avete il compito di dirigere e di far lavorare.

19808

Dell'attività della burocrazia risponde l'esecutivo, di cui essa è il braccio amministrativo. Se essa non funziona, fatela funzionare (avete un ministro appositamente incaricato della riforma dell'amministrazione). Impartite direttive, controllate, fate che la macchina statale funzioni. È il vostro compito, ed è per questa funzione che voi state a quel posto.

Si afferma che l'apparato statale è troppo voluminoso, e poi si creano nuovi apparati, cioè nuova burocrazia. È migliore questa burocrazia «speciale» di quella ordinaria? Ne dubitiamo. Esistono già enti speciali, e voi sapete come essi funzionino. Andate a vedere come funziona l'I. R. I., con tutta la sua burocrazia e con la irresponsabilità assoluta dei funzionari, dei vari direttori, che sono dei dittatori che fanno quello che vogliono e che non accettano nessun controllo. È in corso in questi giorni a Napoli una grave vertenza in cui un funzionario dell'I. R. I. il direttore dell'Uva di Bagnoli si è arrogato il diritto di proclamare la serrata. La serrata è reato secondo la nostra Costituzione. Su questo apprezzamento critico dell'operato del direttore dell'Uva sono d'accordo, almeno a parole, molti organi ufficiali, dalla prefettura ai vari ministri. Questo funzionario, che è, entro certi limiti, un funzionario dello Stato, ha già con il suo atteggiamento provocato danni ingenti, e mette in pericolo il patrimonio statale. Egli praticamente è irresponsabile, è incontrollabile, e non siamo in grado da 24 giorni di obbligarlo a tornare alla ragione e di rimettere la pace nel più grande stabilimento dell'Italia meridionale. La nuova Cassa dovrebbe avere una burocrazia come quella dell'I. R. I., in pratica insubordinata ai controlli ed ai poteri dello Stato, ma prona invece a quelli particolari di alcuni gruppi finanziari.

Noi intendiamo difendere in questa sede la tanto bistrattata burocrazia statale. Impiegati probi e capaci nell'amministrazione dello Stato ve ne sono. L'amministrazione dei lavori pubblici ha una vecchia tradizione di funzionari capaci, che hanno fatto tutte quello che in Italia vi è come attrezzatura di opere pubbliche. Si tratta di metterei migliori al posto giusto, di scegliere bene gli elementi direttivi e di non far compiere rapide e privilegiate carriere a quelli che sono più servili alle direttive politiche del partito di Governo; di pagare meglio e di dare agli impiegati statali la dignità e la responsabilità della loro funzione.

E così non vi sarà bisogno di ricorrere a gestioni speciali, alla creazione di enti nuovi che sfuggono al controllo degli organi regolari dello Stato e a quello del Parlamento.

Poi vi è il problema del controllo parlamentare. Non si sottragga al Parlamento il diritto di controllare minutamente le spese del pubblico danaro per un importo di 100 miliardi all'anno. Si dice: ma voi potete conoscere i programmi che saranno comunicati all'inizio dell'anno. L'articolo 1 del progetto di legge parla di preparazione di un programma generale da parte del Comitato dei ministri; ma i programmi particolari li prepara, li coordina e li esegue la Cassa per il Mezzogiorno con la sua personalità giuridica, cioè con sua autonomia. E sono questi programmi particolari quelli che contano e che noi dobbiamo non solo conoscere, ma discutere ed approvare.

L'opinione pubblica è allarmata di fronte ai pericoli della spesa incontrollata del pubblico denaro da parte di enti straordinari. Vi è già una dolorosa esperienza, come quella del F. I. M., con 43 miliardi sperperati.

Ma oltre -a, questi motivi noi avanziamo una critica più generale e di fondo. Quale azione potrà esercitare, nella concreta situazione meridionale, un ente munito di ampi poteri finanziari ed esecutivi, che potrà realizzare cospicue operazioni finanziarie, scontare i contributi dovuti dallo Stato, scontare le quote di ammortamento dei prestiti I. M. I., emettere obbligazioni, contrarre prestiti all'estero, partecipare a società private, turistiche, ecc.?

Tutte queste vaste possibilità, tutti questi ampi poteri fanno della Cassa un centro importante - il più importante dell'economia meridionale - un centro di interessi finanziari italiani ed esteri, interessi che non potranno non imprimere all'azione della Cassa determinati indirizzi economici, finanziari e politici. Sarà un centro di influenze e di corruzione, al di fuori di ogni controllo, destinato ad esercitare nella vita meridionale funzioni preminenti, a diventare come un governatorato dell'Italia meridionale.

Ma il Mezzogiorno non è una colonia, non è un paese coloniale, e noi non vogliamo governatorati. La vita politica del Mezzogiorno ha subito fortunatamente l'effetto moralizzatore dei grandi partiti di massa, dei lavoratori. Il movimento organizzato dalle masse operaie, contadine e lavoratrici ha rotto la cerchia delle vecchie clientele, la rete degli interessi particolari.

19809

Piccoli interessi, del resto, quasi sempre: piccoli favori, l'impiego, il trasferimento, le raccomandazioni, ecc.. Se ne è tanto parlato di queste clientele: in massima parte assai pulite ed oneste, in cui spesso più che il calcolo o l'interesse economico valeva la solidarietà paesana. Oggi noi corriamo il rischio di sostituire a questa rete di clientele, base del vecchio sistema trasformista, una nuova rete di ben altre clientele, di ben altre camarille, ben più pericolose, perché basate sopra cointeressenze finanziarie e speculatrici, ed organizzate intorno ai grossi monopoli italiani e americani. E queste nuove e più cospicue clientele si raggruppano attorno al partito democratico cristiano.

Quando noi vediamo un ente di diritto pubblico - il Banco di Napoli - che con il pubblico denaro (il danaro di tutti i contribuenti ed i risparmiatori del Mezzogiorno) e collegandosi con gruppi monopolistici, come la S. M. E., finanzia, a Napoli giornali politici, naturalmente organi governativi, e ne affida la direzione ai più responsabile esponenti del giornalismo fascista, ad uomini come Giovanni Ansaldo, noi possiamo ben prevedere che cosa potrà fare questa Cassa in tutti i settori della vita economica e sociale ed anche politica del Mezzogiorno d'Italia. È un potente strumento di corruzione elettorale e politica che voi cercare di mettere in piedi, per vostri fini eli partito, per cercare di stabilire nel Mezzogiorno d'Italia l'imperio del vostro regime di parte.

Infine alla Cassa è riservata la preparazione, il coordinamento e l'esecuzione dei programmi sulla base di un piano generale fissato da un apposito comitato ministeriale. Sappiamo che quello che contano per noi non sono i programmi generali, ma quelli particolari, la scelta dei luoghi, del tempo..

E, del resto, quali sono questi piani, che cosa ne sappiamo? Credo che sia la prima volta che la Camera è chiamata ad impegnarsi per 1000 miliardi senza sapere dove saranno spesi! Come unico elemento abbiamo le dichiarazioni dell'onorevole De Gasperi del primo febbraio qua o, fondandosi sui dati e progetti esistenti, egli ava le seguenti destinzioni: 300 miliardi per le trasformazioni agrarie dipendenti dalla riforma; 450 per le irrigazioni e bonifiche; 50 per la sistemazione dei bacini montani; 50 per la viabilità; 110 per gli acquedotti e fognature; 40 per lo sviluppo alberghiero. Non discuteremo queste indicazioni vaghe, insufficienti e, direi, capricciose.

Non si capisce perché le somme siano distribuite su questa base: 300 miliardi per le trasformazioni fondiarie legate alla riforma agraria, per una riforma agraria di cui abbiamo avuto un primo saggio con la legge della Sila. In quella occasione è stato dimostrato che essa non rispondeva agli interessi ed alla aspirazioni delle masse contadine. L'ottanta per cento delle somme è destinato alle spese di bonifica e di trasformazione fondiaria. E l'industrializzazione del Mezzogiorno? Voi parlate di «preindustrializzazione», rinviando quell'industrializzazione che è indispensabile per assicurare la vita economica del Mezzogiorno. Voi accettate di fatto il piano di quei- tecnici americani, che hanno affermato la necessità di conservare al Mezzogiorno il suo carattere quasi esclusivamente agrario.

È una cambiale in bianco che ci domandate di firmare. Voi ci domandate di affidare a degli sconosciuti decisioni su programmi che non conosciamo, decisioni da cui dipende la soluzione di importanti problemi dell'Italia meridionale. E poi, chi saranno questi sconosciuti? Non sappiamo neanche come sarà composto il consiglio di questa Cassa. La Commissione si è dichiarata contraria ad accettare la proposta che le avevamo fatta di includere nel consiglio di amministrazione i rappresentanti delle classi lavoratrici, che almeno vi avrebbero avuta una funzione di controllo. Proprio per evitare questo controllo sono stati esclusi i rappresentanti degli organi sindacali, e non solo quelli della C. G. I. L., nìa anche quelli dei sindacati liberi. Si sono fatti dei nomi, girano delle candidature. Sono nomi di massimi gerarchi del fascismo, sono nomi di uomini legati al gruppo finanziario della S. M. E. che rafforzerebbero nel Mezzogiorno il predominio di questo ente che, facendo pagare l'elettricità a prezzi superiori a quelli della tariffa nazionale, è oggi uno dei più grossi ostacoli allo sviluppo produttivo del Mezzogiorno: e voi intendete affidare a questi uomini la direzione della Cassa,.

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Ma quali uomini? Codesta sua è la lista del «mago di Napoli»!

AMENDOLA GIORGIO. Ma accettate allora i rappresentanti dei lavoratori in seno agli organi direttivi! (Commenti).

E veniamo alla parte finanziaria. Voi conoscete come è congegnato il meccanismo; c'è un impegno generale per 1000 miliardi per 10 anni, da valere naturalmente alla scadenza dei 10 anni.

A decorrere poi dall'esercizio finanziario 1952-1953, v'è un impegno di stanziare su ciascun bilancio la somma di 80 miliardi: erano 70, ma la Commissione ha elevato questa cifra ad 80.

19810

In più l'onere delle operazioni finanziarie cui la Cassa dovesse addivenire "per integrare le effettive disponibilità sino alla concorrenza di 100 miliardi annui è a carico dello Stato. Questi impegni valgono dall'esercizio 1952-1953.

Ma, a questo riguardo, v'è una questione pregiudiziale da sollevare: che valore hanno questi impegni? Noi abbiamo nella massa dei residui molte ingenti somme che si riferiscono a stanziamenti che non si sono poi tradotti in spese, somme non impegnate con formale atto amministrativo nel corso dell'esercizio. Un impegno provvisorio e generico non dà luogo ad autorizzazione di spese se esso non è assunto con formale atto amministrativo e ciò avviene con la formazione e l'approvazione della normale legge del bilancio o con l'approvazione di note di variazione. Chi dovrà decidere intorno alla formazione di questa legge del bilancio negli esercizi a decorrere dal 1953 saranno evidentemente le prossime Camere, che non sa-, ranno affatto tenute a rispettare l'impegno che noi oggi prendiamo.

Si parla di un vincolo nei riguardi dei futuri governi. La relazione parla anzi di un impegno che supera la vita di un governo perché vincola solennemente lo Stato! Al- tòlà, solo la Costituzione impegna lo Stato. I futuri governi? Ma i futuri governi saranno investiti dalla fiducia delle prossime legislature, e noi non possiamo per nulla vincolare sotto questo riguardo la volontà sovrana delle prossime Camere.

Del resto, il professor Graziani, titolare di diritto commerciale presso l'Università di Napoli, si è di recente pronunziato su questo problema, ricordando che la questione si stata sollevata anche in passato, e precisamente nel periodo 1880-1890.

Vi era stata, fra l'altro, una legge del 1886 che aveva stabilito dei concorsi a favore dei comuni per l'istruzione elementare, ma dal bilancio 1891-92 in poi mancò lo stanziamento. Un comune, il comune i Oleggio credette di insorgere. Il Consiglio di Stato riaffermò il titolo giuridico, ma, (come osservava Lodovico Mortara, che su questo argomento ha scritto pagine che sono ancora di viva attualità; Commentari, volume I, pagina 134) «nulla poteva farsi di fronte ad un sistema legislativo per cui nessuna somma può essere pagata dallo Stato senza corrispondente stanziamento;

nessuna decisione di magistrato può obbligare il Governo con effetto coercitivo, a chiedere fondi al Parlamento; in ogni modo nessuna decisione giudiziaria potrà mai costringere il Parlamento ad accordare quei fondi».

Il Graziani conclude con l'osservare che questa legge non contiene se non la solenne affermazione della volontà del Parlamento di assegnare anno per anno alla Cassa le somme promesse. È un impegno che non vincola giuridicamente e che ha solo un limitato valore politico. Quindi è evidente che voi impegnate quello che non potete impegnare. Voi potete impegnarvi per somme che riguardano l'esercizio in corso e potete politicamente impegnarvi anche peri prossimi esercìzi fino alla fine di questa legislatura. Ma la volontà di decisione della prossima legislatura e del governo che ne avrà la fiducia - perché nel frattempo potrebbero avvenire, ed è augurabile che avvengano, dei cambiamenti politici - non può essere pregiudicata dai vostri impegni. È chiaro che noi non saremmo vincolati a mantenere fede ad impegni che stimassimo contrari agli interessi fondamentali del Mezzogiorno.

Non vedo neanche come la Cassa potrà fare certe operazioni di sconto ' su annualità le quali non rappresentano un titolo giuridico certo ed uno stanziamento sicuro nei prossimi bilanci.

Noi abbiamo degli impegni con il Mezzogiorno ma non sono i vostri e quelli che voi prendete in questa occasione. I nostri impegni sono di ben altra natura ed intendiamo lottare per poterli mantenere. Noi daremo ben più di mille miliardi al Mezzogiorno, e invece di regalargli un ente di colonizzazione, noi realizzeremo sul serio la riforma agraria che libererà i contadini meridionali dall'oppressione baronale.

Gli impegni che voi vi accingete a prendere sono quindi una cosa poco seria, e il Mezzogiorno non ha più bisogno di beffe. Date ad esso ciò di cui disponete e non ipotecate l'avvenire che non vi appartiene.

20 miliardi all'anno dovrebbero essere forniti, dal 1952-53 in poi: 1°) dall'attribuzione alla Cassa per il Mezzogiorno della metà delle somme che affluiranno al fondo lire per il periodo successivo al 30 giugno 1952 e sino a chiusura delle operazioni E. R. P. (fonte estremamente precaria come vedremo in seguito); 2°) dal rimborso dei crediti di capitale e di interessi spettanti allo Stato per i finanziamenti I. M. I. o altri finanziamenti per l'acquisto di macchinario e attrezzature.

19811

Sono state sollevate molte riserve eia più parti. A quanto ammonteranno questi crediti? A 200 miliardi? In quali condizioni sono stati fatti questi finanziamenti? Chi sono i debitori? È generale lo scetticismo sulla possibilità di questi rimborsi. Quando mai i grossi industriali hanno restituito allo Stato il denaro ricevuto sotto questo o quel titolo? Abbiamo visto cosa è accaduto per i 43 miliardi del F. I. M.

Ma vi sono due grosse questioni politiche intorno a questo problema dei 20 miliardi. Si è detto (ha detto l'onorevole Campilli) che lo Stato non riesce a farsi rimborsare; la Cassa, muovendosi a nome del Mezzogiorno potrà agire più energicamente per ottenere quei- rimborsi che lo Stato di fatto non è mai riuscito ad ottenere.

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Non ho detto questo!

AMENDOLA GIORGIO. Se non l'ha detto lei, l'avrà detto qualcun altro. Ora, di fronte a questa capitolazione dello Stato, alla sua dichiarazione di impotenza a farsi rispettare dai suoi debitori e a fare rispettare i superiori interessi di carattere nazionale,, perché volete voi fare ricorso a motivi e interessi particolaristici, minacciando di provocare conflitti regionali ed una frattura fra nord e sud, di creare una rissa campanilistica, mentre intanto i grossi industriali, che voi Governo vi dichiarate impotenti a far pagare, che non avete fatto mai pagare, che proteggete, si conserveranno miliardi che invece spettano alla collettività nazionale?

E poi vi è un'altra questione. Siccome questi crediti possono essere scontati con operazioni finanziarie di cui lo Stato dovrebbe addossarsi l'onere, si creano larghe possibilità di collusioni e interferenze degli interessi privati di gruppi industriali con l'azione della Cassa; ad esempio, nel campo - lasciato alla Cassa - di operare partecipazioni in società private, sia pure turistiche, o anche di preparare determinati programmi di opere che possono maggiormente interessare certi gruppi.

Data la fusione che si è operata tra capitale finanziario e agrario è possibile, se si vuole, identificare nella carta geografica ed economica del Mezzogiorno le varie zone dove i gruppi industriali e monopolistici che hanno beneficiato dei crediti I. M. I. hanno larghi diretti interessi. Noi sappiamo come in molti comprensori di bonifica vi siano, in realtà, grosse proprietà di complessi' monopolistici del nord. Essi premeranno perché la Cassa faccia in questi comprensori determinati investimenti.

Ora, se la Cassa, per ottenere il rimborso di questi prestiti I. M. I., dovesse orientare i suoi programmi in senso favorevole agli interessi di questi debitori, si realizzerebbe una collusione che minaccerebbe di dare all'azione della Cassa un indirizzo non conforme all'interesse obiettivo delle regioni meridionali, ma dettato da interessi particolari che prevarranno sugli interessi generali.

Fin qui abbiamo esaminato le fonti finanziarie che riguardano gli esercizi più lontani, dal 1952 al 1953. Ma guardiamo ai due primi esercizi che più ci interessano e nei quali il 65 per cento di stanziamenti deriva a vario titolo dal fondo lire, e precisamente:

23,8 nel 1950-51 e 18 miliardi nel 1951-52 dal fondo Interim-Aid (decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 153);

42.640.000.000 per il 1950-51 sono la quota parte di 55.000.000.000 assegnati già allo sviluppo del Mezzogiorno in virtù dell'articolo 18 della legge 23 aprile 1949;

50.000.000.000 nel 1951-52 sono da prelevare dal fondo lire che sarà formato in quel momento, in -base alla legge 4 agosto 1948.

Alcune osservazioni: i 42 miliardi della legge del 23 aprile erano stati già assegnati e avrebbero dovuto in ogni modo essere spesi nel Mezzogiorno anche senza la Cassa.

I 23,8 ed i 18 miliardi del fondo Interim- Aid sono disponibili? Non sembra che siano disponibili, onorevole Campilli. Al 31 dicembre 1949 la situazione di questo fondo particolare dava come disponibili solo 14. miliardi. 40 miliardi erano scomparsi, sembra a causa dei prezzi politici. E oggi, questi 40 miliardi, se sono scomparsi, da che parte vengono? Perché la contabilità del fondo era questa: merci notificate 101 miliardi, realizzi 60 miliardi, utilizzi - (spese già effettuate) 46 miliardi, disponibili 14 miliardi.

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Il fondo è stato ricostituito dal Tesoro a questo titolo.

AMENDOLA GIORGIO. E perché non lo si dice? Tanto vale a darlo direttamente al Tesoro quest'onere, e non attribuirlo al fondo Interim-Aid quando le' disponibilità non vi sono! Comunque ella ci spiegherà.

Ma v'è una questione più generale. Vediamo in che misura noi possiamo contare, per finanziare la politica degli investimenti, sul fondo-lire. Noi conosciamo la lentezza con cui si sta formando il fondo-lire.

19812

Siamo lontani dalle cifre previste perché, mentre al 30 giugno 1950 il fondo dovrebbe ammontare (secondo le' previsioni) a 550 miliardi, al 30 aprile le notifiche erano 379.000.000.000, gli accreditamenti 303 miliardi e i versamenti alla Tesoreria centrale 260 miliardi. Il ritardo nella formazione del fondo lire contrasta con lo sviluppo del programma di utilizzo, il quale prevedeva 298 miliardi nel ' 1948-49 e 120 miliardi già preparati nel programma 1949-50, per un importo complessivo di 418 miliardi: programma di utilizzo superiore all'effettiva formazione del fondo presso la tesoreria della Banca d'Italia.

Ma oltre a questo c'è la procedura delle autorizzazioni americane, le quali, di fronte ai 418 miliardi del programma di utilizzo governativo, sono state concesse solo per 357 miliardi. E non sappiamo, in questo giuoco di cifre, fra, notifiche, accreditamenti, versamenti, programmi di utilizzo e sblocchi, quale poi è la spesa effettiva di questi fondi. Abbiamo solo alcune cifre che ci dimostrano che in questo campo si procede con grande lentezza per cui la realizzazione del programma antico, cioè quello dei 418 miliardi, prima ancora del programma della Cassa è di dubbia possibilità di esecuzione.

Ad esempio: nel bilancio dell'agricoltura discusso nei giorni scorsi è apparso che dei 70 miliardi stanziati fin dal 23 aprile 1949, al 1° aprile 1950 (un anno dopo!) erano stati sbloccati solo 53 miliardi. Gii impegni assunti ammontavano a ' 20,2 miliardi, ma i pagamenti disposti alla stessa data èrano dì 3 miliardi e 112 milioni, ed i lavori in corso di 8,7 miliardi!

Noi vediamo quindi scendere le cifre dai 70 miliardi stanziati, ai 53 sbloccati, ai 3,112 effettivamente pagati, mentre sono in corso solo 8,7 miliardi di lavori.

Sono cifre desunte dal bilancio dell'agricoltura. (Interruzione del ministro Campilli). Ogni volta che facciamo queste osservazioni, voi dite che sono cifre vecchie, di quattro mesi fa. Naturalmente sono le cifre che possiamo avere, dato anche il mistero che circonda queste operazioni. Ma da mesi continua questo rallentamento deflazionistico che si opera nell'utilizzo del fondo lire ed esso rende illusoria la realizzazione di grandiosi programmi, sui quali si fa invece tanta pubblicità.    ,.

Abbiamo inoltre alcuni ritorni curiosi.

L'altro ieri è stato distribuito alla Commissione finanze e tesoro un progetto di legge per l'assunzione a carico di entrate di bilancio ' per l'esercizio finanziario 1949-50,di talune spese già autorizzate a carico del fondo lire relativo al piano E. R. P..

In questo progetto leggiamo con sorpresa che spese da noi da tempo autorizzate, come quella per la legge del 23 febbraio 1949, 15 miliardi per la costruzione di case per lavoratori (Panfani), 11 miliardi per la legge 8 marzo ' 1949 riguardante provvedimenti a favore della industria delle costruzioni navali e dell'armamento, 8 miliardi della legge 29 aprile 1949 per l'addestramento professionale di lavoratori e per l'assistenza, ai lavoratori disoccupati, tutti questi disegni di legge approvati da tempo dalla Camera, ci ritornano nuovamente. Ciò vuol dire che gli stanziamenti allora approvati non hanno dato luogo a spese effettive forse perché è mancata l'autorizzazione americana. Comunque oggi ci ritornano nuovamente con un ritardo di un ' anno, perché noi le approviamo nuovamente, assumendo nuovamente le spese relative sul bilancio per l'esercizio finanziario 1949-50.

Ci ricordiamo di altri provvedimenti da noi già presi (20 miliardi per le ricostruzioni ferroviarie nel Mezzogiorno) che non sono diventati operanti perché non hanno avuto l'autorizzazione massima e che ci sono ritornati indietro: 10 miliardi li abbiamo passati sul bilancio dei trasporti, compiendo un gioco di bussolotti.

In realtà in tutta questa materia non vi è sicurezza alcuna. Direi anzi che molto spesso il Governo ci mette in condizioni disagiate, perché sentiamo che le decisioni che prendiamo in questa aula, come rappresentanti del popolo italiano, non sono decisioni valide, che esse vengono fermate dall'intervento di organismi stranieri, ed i fondi rimangono dove sono, inutilizzati, mentre i disoccupati chiedono invano lavoro.    

Questa è la tragedia dei fondi E. R. P., la tragedia dei lavoratori che aspettano lavoro dai fondi E. R. P. e questo lavoro non riescono ad avere.

I dati sono per forza frammentari, perché è mancato un rapporto generale sull'utilizzo dei fondi E. R. P.

Noi sappiamo solo incidentalmente che dei 20 miliardi per lavori pubblici per il Mezzogiorno da prelevare dai fondi E. R. P., decisione che risale alla fine del 1948, tre miliardi sono ancora da sbloccare. Solo 17- miliardi sono stati sbloccati.

19813

Se questa è la storia recente del fondo E. R. P., perché dobbiamo pensare che il finanziamento della Cassa del Mezzogiorno sarà più sicuro? Noi non abbiamo, non possiamo avere certezza alcuna. Noi abbiamo il dovere, sulla base dell'esperienza attuale, di non credere a queste assicurazioni e di consigliare i lavoratori meridionali a non nutrire eccessive illusioni su questi stanziamenti di fondi E. R. P., a cui poi non corrispondono reali disponibilità.

In realtà quando il Parlamento italiano ha autorizzato uno stanziamento a carico del fondo lire, non è affatto sicuro che esso si traduca in una spesa effettiva. Vi è una autorità esterna che dovrà poi approvare, se lo vorrà, lenostre decisioni. Vi possono essere dei mutamenti negli indirizzi che prevalgono nell'amministrazione dell'E. C. A. Questi indirizzi sono mutevoli. Partito il signor Zel- lerbach, chi verrà al suo posto?

Intanto bisognerà aspettare che questi signori dell'E. G. A. si decidano a dare o non dare l'approvazione necessaria per l'esecuzione della spesa da noi approvata.

Sono questi i motivi per cui avevamo presentato in Commissione un emendamento che semplificava la questione: toglieva ai finanziamenti della Cassa ogni incertezza, e prevedeva uno stanziamento fisso di 100 miliardi nei prossimi due anni. Questo è un impegno che voi potete prendere, un impegno semplice, e chiaro, che non fa dipendere il finanziamento dei lavori da autorizzazioni esterne, ma da una decisione che abbiamo la piena autorità di prendere, lasciando al tesoro la possibilità di rifarsi alle varie fonti finanziarie indicate dagli articoli 8 e 9.

Infine, Jgli stanziamenti della Cassa sono aggiuntivi o sostitutivi di quelli normali di bilancio? Aggiuntivi, dice la relazione. Ma se consideriamo le cose più da vicino, noi vediamo che questa risposta non può assicurarci, onorevole Jervolino. Dato, infatti, e non concesso, che i 100 miliardi ogni anno ci siano per la Cassa, che cosa dobbiamo noi considerare per stanziamento normale di bilancio? Questo è un dato variabile. E allora, se è mantenuto il dato fisso, 100 miliardi all'anno, ma viene mosso l'altro dato, è possibile riprendere al Mezzogiorno negli stanziamenti normali quello che è stato dato in via straordinaria alla Cassa. Ed è quello che si sta® già effettuando.

Gli stanziamenti per i lavori pubblici dell'Italia meridionale sono scesi da 113 miliardi nel 1948-49 a 31 miliardi nel 19491950, a 24 miliardi nel 1950-51.

Infatti le giornate di occupazione per i lavori pubblici a Napoli sono diminuite del 50 per Cento dal 1948 al 1949. Anche senza la Cassa, se dunque fossero stati mantenuti gli stanziamenti normali al livello del bilancio 1948-49, considerato normale (nulla vietava di considerare normale quello stanziamento e non quello attuale di 24 miliardi) sarebbero stati spesi nel Mezzogiorno circa 100 miliardi all'anno senza bisogno di enti o di leggi straordinarie. A meno che non consideriate lo stanziamento del 1948-49 come uno stanziamento straordinario. Infatti esso era straordinario, perché il 1948-49 era un anno di campagna elettorale. Dovevate fare' la campagna "delle prime pietre e allora avete gonfiato gli stanziamenti del 1948-49 a 113 miliardi. Nel 1949-50, passata la campagna elettorale e gabbato il santo, siete scesi a 31 miliardi è poi a 24 miliardi. I 100 miliardi della Cassa per il Mezzogiorno non sono dunque aggiuntivi ma sostitutivi di quelli che, ad ogni modo, il Mezzogiorno avrebbe dovuto avere dal regolare andamento delle spese pubbliche dello Stato.

Vi sono tante maniere per eludere agli impegni presi. Abbiamo visto che agli stessi impegni di bilancio non corrispondono spese reali!

Noi abbiamo oggi 350 miliardi, all'ingrosso, di residui passivi per lavori pubblici stanziati e non eseguiti.

Tutti sono d'accordo che si tratta di una somma che supera i 300 miliardi. Negli ultimi anni per stanziamenti a cui non sono corrisposte spese effettive, 100 miliardi di lavori effettivi, anno per anno, sono venuti a mancare: quei 100 miliardi che oggi fate comparire come finanziamento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno.

Ancora: nell'ultimo anno, Ira costruzioni e lavori a pagamenti non differito e contributi di annualità, si sarebbero dovuti effettuare lavori e costruzioni per 210 miliardi. In realtà- si sa che se ne sono fatti per meno della metà, come è stato dimostrato nel corso della discussione sul bilancio dei lavori pubblici.

È ancora una cifra di 100 miliardi che viene a mancare.

Se si fa il conto,- se si potesse fare il contò delle somme stanziate per il Mezzogiorno e non spese, ebbene io credo che il Mezzogiorno avrebbe ricevuto, se le spese fossero stale effettivamente eseguite, ben più degli ipotetici 100 miliardi all'anno che gli prométtete con la legge straordinaria. Prima di assumere nuovi impegni straordinari, cercate di mantenere fede ai vostri impegni ordinari.

Onorevoli colleghi, l'opinione pubblica meridionale ha accolto con freddezza e scetticismo la vostra iniziativa di legge.

19814

Dalle riunioni dei rotariani del Mezzogiorno, esponenti dei ceti produttivi, a quelle delle associazioni di commercio e del credito, alle riunioni degli organismi rappresentativi dei lavoratori, che hanno organizzato pubblici dibattiti intorno alla Cassa per il Mezzogiorno, ai giornaletti, che riflettono le opinioni provinciali degli stessi ceti ed ambienti politici che vi sostengono, ovunque, sono state espresse attorno alla vostra iniziativa, manifestazioni di dubbi e di perplessità.

Un giornale di Avellino, uno di quei piccoli giornali di provincia che spesso esprimono le opinioni dei ceti dirigenti della vita provinciale, di questa nostra povera vita provinciale meridionale che si esprime con giornaletti settimanali non disponendo di quotidiani, un settimanale di Avellino, dicevo, Il lupo (giornale d'ispirazione democristiana, cui l'onorevole Sullo è molto interessato) a proposito della Cassa portava un grande titolo: «Ma non sembra una cosa seria».

Io non sono d'accordo con l'onorevole Sullo che la cosa non sia seria.. È una cosa estremamente seria.

E proprio perché è una cosà estremamente seria che abbiamo preso le nostre responsabilità di opposizione. È una cosa estremamenle seria. Certo, non si tratta, come pretende la relazione ministeriale - questo è certamente poco serio - di creare le condizioni perché «l'annosa questione meridionale trovi modo di avviarsi verso una soluzione defmitiva» o, come pretende l'onorevole Jervolino, di «avviare a soluzione un problema ormai quasi secolare», o di «realizzare una istanza di giustizia sociale invano postulata».

Queste affermazioni non sono serie. Ma molto seria è la istituzione della Cassa. Si tratta di mantenere, e non di eliminare, le. condizioni che hanno creato la questione meridionale, di rafforzare e non di indebolire le posizioni di privilegio dei vecchi ceti dominanti, gruppi monopolistici e grandi agrari meridionali, che hanno soffocato là vita delle popolazioni lavoratrici. È una operazione analoga a quella che vi siete accinti a fare con la pseudo riforma agraria, di cui la legge sulla Sila ci ha dato un primo saggio rivelatore.

Con il pretesto di dare 1000 miliardi, che non darete, e con la speranza quindi di beneficiare nella propaganda elettorale di tanta munificenza, voi cercate di creare un organismo che sarà pericoloso strumento di corruzione e di asservimento delle popolazioni meridionali, da parte proprio di quelle 'forze sociali che sono responsabili dell'attuale situazione.

I 1000 miliardi non vi saranno mai, o non vi saranno tutti, ma vi sarà la Cassa che diventerà un nuovo «cancro roditore della vita meridionale».

Non illudetevi: le popolazioni meridionali non intendono farsi ingannare, esse vogliono davvero risolvere «l'annosa questione», non con creazione di casse, non con leggi speciali e con programmi cartacei di 1000 miliardi., Esse non vogliono un governatorato f vogliono veramente una nuova politica che combatta la crisi e non faccia aumentare i fallimenti, la disoccupazione ed il valore dei pegni al Monte di pietà; vogliono la riforma agraria, vogliono la rottura del monopolio elettrico, vogliono la riforma del Banco di Napoli, che non deve essere strumento di interessi particolari; vogliono la riorganizzazione delle industrie dell'I. R. I., vogliono lavori di pace per i porti e per le industrie, e vogliono opere pubbliche non stanziate sulla carta, ma realizzate con le braccia dei disoccupati lavoratori, di coloro che fino ad oggi hanno chiesto invano pane e lavoro.

I lavoratori del Vomano hanno indicato come si lotta per realizzare le grandi opere pubbliche indispefisabili alla vita di tutta la nazione; i contadini del Fucino hanno dimostrato come si spezza la tracotanza baronale.

In questi giorni i braccianti di Matera lottano per imporre il rispetto del contratto nazionale dei braccianti, per non essere pagati 300 o 400 lire al giorno, per non essere ingaggiati come animali a capriccio dei padroni. Ed a Napoli 3.000 operai dell'Uva lottano da quattro settimane contro una serrata, che è un reato, non solo" per impedire che si instauri nelle fabbriche la dittatura di direttori dell'I. R. I., in violazione a tutte le norme contrattuali, ma per difenderela vita stessa dell'industria siderurgica e per opporsi tempestivamente alle manovre dei cartelli della finanza internazionale.

Le popolazioni lavoratrici meridionali continueranno questa lotta-nell'unione di tutte e forze democratiche, saldamente unite ai lavoratori di tutta Italia, per attuare il piano di lavoro della C. G. I. L.; per cacciar via i baroni della terra dell'elettricità, della finanza, per cacciar via i nuovi feudatari degli enti speciali, per impedire che tornino f vicere e i governatori delle casse per il Mezzogiorno.

È per questa strada, e non per la via che voi seguite; è per questa strada che noi arriveremo ad assicurare in una Italia rinnovata la rinascita del Mezzogiorno! (Vivissimi applausi all'estrema sinistra — Molte congratulazioni).

19815

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Corbino. Ne ha facoltà.

CORBINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero - nel cominciare - dare atto al Governo della manifestazione di buona volontà nell'avviarsi ad accelerare il ritmo di vita economica delle regioni meridionali.

1 Non sono del tutto convinto che ci si trovi oggi di fronte ad un avvenimento della portata indicata dall'onorevole relatore, perché abbiamo ancora troppo pochi elementi in mano per sapere se effettivamente i fatti potranno corrispondere alle intenzioni. Né mi sembra esatto affermare che prima d'ora non si sia mai tentato nulla di simile. Nei primi cinquant'anni dell'Italia unita, di quella Italietta i cui insegnamenti forse non sono mai abbastanza tenuti in considerazione, si ebbero forze contrapposte ora a danno, ora a favore del Mezzogiorno. E, se voi analizzate il complesso delle opere che m quei cinquantanni fu eseguito nell'Italia, meridionale, troverete cifre che, riferite al valore attuale della moneta, mettono quell'epoca in condizioni certo di non grande inferiorità relativa.

Il piano finanziario che il Governo ci sottopone, però, è a mio giudizio insufficiente: insufficiente non tanto per la soluzione integrale del problema meridionale, ma per quello che si può considerare come minimo indispensabile per attenuare l'enorme distanza che separa il sud dal nord.

Comunque, non faccio le riserve del collega Amendola sull'ammontare degli stanziamenti ordinari dei bilanci futuri e non mi domando quindi se i cento miliardi della Cassa del Mezzogiorno si debbano considerare come aggiuntivi e non come sostitutivi; faccio credito al Governo e li considero come aggiuntivi. Ma la questione fondamentale per me è il modo che il Governo ha scelto per venire incontro alle necessità del Mezzogiorno. fi problema fondamentale non è di sapere se i miliardi da spendere debbano essere 100, 110 o 90, in più o in meno degli stanziamenti ordinari; il problema è come spenderli. È questo un problema economico, finanziario, tecnico e politico. In verità, la lettura della relazione ministeriale che accompagna il disegno di legge n. 1170, del quale io soltanto mi occupo...

MATTEUCCI. Dell'altro non vale la pena!...

CORBINO. No, onorevole Matteucci, l'altro rientra forse nelle linee per le quali io vorrei che fosse stato incanalato il 1170; e ci potremo mettere d'accordo sulle cifre. È la stessa relazione di maggioranza, dicevo, che mi ha lasciato perplesso e non ha eliminato dall'animo mio tutti i dubbi che mi erano sorti quando per la prima volta ho sentito parlare della istituzione di una Cassa per il Mezzogiorno. Io non credo che questi dubbi dal punto di vista soggettivo abbiano, tranne che per me, una grande importanza; ma noi ci troviamo di fronte ad un provvedimento che vuol proiettare la sua durata per un decennio, e che probabilmente andrà anche oltre il decennio. E allora,'anche se --- personalmente siamo piccolissima cosa, ciascuno di noi ha il dovere di dire nettamente il proprio pensiero. Il relatore dice che la Commissione ha impiegato molto tempo per approfondire fino a qual punto fosse necessaria la creazione della Cassa, ed è arrivata alla conclusione che la Cassa è -necessaria, fo invidio i colleghi della Commissione, che hanno potuto seguire tutti i lavori, e che nella loro coscienza sono arrivati serenamente a questa conclusione. Attraverso quello' che traspare dalla relazione, io a questa conclusione non ci sono arrivato, perché nella relazione-manca 'la dimostrazione, non direi, della necessità, ma dell'utilità della Cassa. Ho letto attentamente la relazione, pur avendo avuto soltanto due giorni di tempo per farlo, ed ho trovato una serie di ragioni sia proprie della Commissione, sia come riferimento ad argomentazioni fatte da rappresentanti del Governo.

«Volontà del Governo - dice il relatore - è stata di sottrarre all'amministrazione statale la preparazione, il coordinamento ed il finanziamento delle opere straordinarie da eseguirsi nel Mezzogiorno». Sottrarre all'amministrazione statale la preparazione, il coordinamento ed il finanziamento? Ma, io domando, di quale amministrazione si servirà allora la Cassa per fare questa preparazione, questo coordinamento, questo finanziamento? A meno che non si vogliano prendere i coordinatori e i finanziatori al di fuori del nostro paese, al di fuori del nostro pianeta, io non vedo su quali organi la Cassa possa puntare se non sugli organi dell'amministrazione dello Stato...

MATTEUCCI. E sui denari dei contribuenti.

CORBINO. La Commissione poi è arrivata alla conclusione che soltanto a mezzo di un ente alleggerito dagli ordinari controlli burocratici e snellito nella sua funzionalità è possibile procedere a voluminosi investimenti produttivi.

19816

Ora, io sono convinto che commissioni o casse di questo tipo sarebbero, non soltanto utili, ma addirittura'  necessarie, se si trattasse di fronteggiare un programma di opere pubbliche di carattere urgente, da effettuare nel giro di uno, al massimo di due anni. Allora si capisce che bisognerebbe passare sopra a controlli e regolamenti. Ma qui vi è un programma di dieci anni; ed allora il funzionamento della commissione potrà essere utile nel primo anno, forse anche ed al massimo nel secondo anno; perché per gli anni successivi se voi aveste avviato i lavori preparatori, coordinatori e finanziatori attraverso gli organi normali dell'amministrazione dello Stato, sareste perfettamente allo stesso punto in cui vi troverete con la commissione, con il vantaggio che la commissione non vi sarebbe.

Che cosa significa «alleggerimento di controlli burocratici»? Io non capisco questa frase; io non riesco a comprendere come la Cassa possa funzionare senza controlli burocratici, o con controlli burocratici alleggeriti.

0 controlli burocratici sono di due ordini: vi sono dei controlli preventivi e vi sono dei controlli successivi. I controlli inutili sono i successivi, e noi lo stiamo vedendo in molti casi perché per controllare, ad esempio, le spese fatte dal Ministero dell'assistenza postbellica, probabilmente stiamo spendendo più di quanto il Ministero non abbia erogato complessivamente per tutto il periodo della sua vita. {Commenti).

Ma i controlli preventivi in amministrazioni complesse rispondono alle esigenze della tecnica, all'esperienza dei nostri più anziani. Talvolta essi possono fare del danno in quanto che rendono impossibile di' eseguire subito un'opera che sarebbe utile; ma spesso fanno un gran bene perché rendono impossibile l'esecuzione di opere inutili.

L'idea che questa Cassa si imbarchi allegramente nella esecuzione di opere, spendendo 100 miliardi di lire all'anno senza controlli o con controlli molto alleggeriti, è una idea che mi lascia molto perplesso, è una idea che può costare (io valuto tutte le cose in percentuale) 5-6-7 per cento, e quindi su 1000 miliardi noi sprecheremmo 50-60-70-80 miliardi di lire in opere che, con una più oculata indagine di carattere preventivo, probabilmente non sarebbero state compiute o sarebbero state compiute in altro modo.

SCOCA, Presidente della Commissione. 1 controlli di questo genere non sono affatto alleggeriti; anzi è stata cura della Commissione di far sì che i controlli siano efficaci ed efficienti.

CORBINO. Io sono lieto di questa assicurazione; soltanto trovo una certa contradizione fra la relazione (pagina 5) e ciò che dice lei.

Mi preoccupo poi fortemente della questione della burocrazia della nuova Cassa: è questo un problema che la Cassa crede di aver risolto con l'articolo 17 della legge; ma io comincio a non capire più il significato delle parole, perché il relatore, a proposito dell'articolo 17, dice: «È stata affermata una, limitazione quantitativa del personale». Ora, quantità è tutto ciò che può essere espresso in cifre. E allora io trovo che all'articolo 17 è detto che «le tabelle organiche del personale della Cassa, stabilite dal consiglio di amministrazione, sono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il ministro del tesoro». Dov'è la limitazione quantitativa? È una limitazione generica. E quale sarà il personale della Cassa,? Noi non lo sappiamo, e probabilmente lo sapremo soltanto fra dieci anni quando, attraverso le numerose immissioni che il funzionamento della Cassa renderà inevitabili, noi avremmo creato una struttura burocratica di non facile eliminazione.

SCOCA, Presidente della Commissione. Ma anche qui sono le funzioni che abbiamo attribuito alla Cassa che determinano una limitazione del personale.

CORBINO. A questo verremo poi, onorevole Scoca. Per quanto riguarda i rapporti fra la Cassa e il Governo, essi sono definiti in maniera che il Governo nomina il consiglio di amministrazione, e che il Presidente del Consiglio dei ministri, o il ministro da lui delegato, provvedono alla sorveglianza della gestione della Cassa. Ma qui sorge un'altra questione: come farà 'questa sorveglianza il Presidente del Consiglio dei ministri?

11 relatore osserva: «Né vale dire che tale vigilanza sarà inattuabile senza un competente ufficio; ed è logico che il ministro designato si avvarrà della collaborazione di funzionari chiamati a far parte di apposito ufficio per esercitare con la maggiore oculatezza la necessaria vigilanza, ecc.».

Dunque, abbiamo un'amministrazione statale, «che opera per i fatti suoi»; abbiamo un'amministrazione della Cassa, che opera anch'essa per i fatti suoi, e poi ci devo essere un particolare ufficio alle dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri o di un suo delegato che deve controllare il personale della Cassa nella sua gestione.

19817

Se tutto questo non dovesse portare ad un aumento notevole di personale, allora evidentemente noi avremmo risolto con le casse il problema più angoscioso della nostra vita amministrativa, Allora sì che accetto l'idea della Cassa per il Mezzogiorno, e propongo altresì di istituire una Cassa per tutta l'Italia, una Cassa per le spese militari, una Cassa per l'esazione delle imposte, cosicché con 4 casse di questo genere l'amministrazione andrà liscia liscia, ed il resto della burocrazia, il Governo e noi, trasformati in una specie di ufficio stralcio dell'attuale amministrazione italiana, ci potremo mettere in fila ali'A. R. A. R.; previa iscrizione alla Confederazione generale del lavoro, per essere messi in liquidazione come le aziende del F. I. M. di cui si discorre in questi giorni.

E passiamo ai rapporti fra la Cassa e il Parlamento: e qui il problema mi sembra più notevole. È detto che il Parlamento «avrà conoscenza» dei programmi e delle opere, e dopo? Dovremo dire: tanto piacere di averli conosciuti?

JERVOLINO. ANGELO RAFFAELE, Relatore. Attualmente che fa il Parlamento sui bilanci?

CORBINO: Li approva m sede preventiva e poi li approva in sede consuntiva: non «ne ha conoscenza», onorevole Jervolino: è differente la cosa. Anzi, le dico di più: che mentre il tesLo ministeriale prescriveva che il conto consuntivo è presentato come allegato al consuntivo del bilancio dello Stato, sul testo della Commissione si dice che il consuntivo della Cassa entro il 31 ottobre sarà approvata dal Ministero del tesoro, e che entro il 31 dicembre sarà presentato al Parlamento.

SCOCA, Presidente della Commissione. Ma questa innovazione è stata introdotta proprio perché i consuntivi non sono dati in tempo.

CORBINO. Ma v'è una legge che prescrive che i consuntivi da questo esercizio in poi devono essere presentati regolarmente. Giunti al 31 dicembre 1951, potremmo pretendere con la presentazione del consuntivo generale anche il consuntivo della Cassa.

Ma andiamo ad una parte un poco più sostanziale: «la Cassa deve fare il coordinamento dei programmi». Ora, il coordinamento è una cosa difficilissima. L'onorevole De Gasperi ne sa qualcosa, perché nell'ultima crisi ministeriale ha passato 20 giorni d'inferno per risolvere il problema del coordinamento, e come lo abbia risolto è cosa che in questo momento non ci interessa.

Come coordinerà i programmi la Cassa? Dovrà esservi evidentemente una direzione generale per ognuno dei tipi di opere che devono essere eseguite dalla Cassa; ma ognuna di queste direzioni generali ha già una direzione generale «sorella» in qualcuno dei Ministeri, perché vi sarà una direzione generale della viabilità (e ve n'è una al Ministero dei lavori pubblici), vi sarà una direzione generale degli acquedotti e delle opere di irrigazione e fognature (e ve n'è una al Ministero dei lavori pubblici), vi sarà una direzione generale per attuare la riforma agraria (e ve n'è una al Ministero dell'agricoltura). Dunque, noi avremo delle direzioni generali che saranno un doppione l'una dell'altra.

Ma saranno qualcosa di peggio di un doppione: saranno in aperto conflitto tra di loro, perché, se sono in aperto conflitto le]direzioni generali di uno stesso ministero - e si combattono talvolta più furiosamente di quanto oggi non si combatta il mondo orientale con quello occidentale - ve la immaginate voi una direzione generale per la riforma fondiaria della Cassa che debba combattere con la direzione generale per la riforma fondiaria del Ministero dell'agricoltura, con funzionari che probabilmente sono stati assegnati alla Cassa con mansioni superiori a quelle del loro grado, con gelosie e rivalità, e con il desiderio di mettere in cattiva luce l'altra? Ma, onorevoli colleghi, forse che non conosciamo più l'amministrazione dello Stato? Essa è fatta purtroppo anche di queste piccole cose, e proprio queste piccole cose; oggi inducono il Governo a dire: io non mi voglio servire dell'amministrazione dello Stato e voglio andare a cercare qualche cosa che stia al di fuori di essa.

«Prontezza di esecuzione»: dobbiamo saltare tutti i controlli di carattere preventivo? 0 significa questo un mutamento nei metodi di esecuzione delle opere? Ma allora, abbiate pazienza, si prospettano certi problemi di una estrema delicatezza. Io non sono abituato a drammatizzare su questa materia, perché sono convinto che gli uomini sono molto più onesti di quel che gli altri li giudichino, ma non bisogna mettere la gente in tentazione. Scusate se io, che non sono iscritto al partito della democrazia cristiana, vi ricordo che mi pare che questa sia una delle opere di misericordia.

Presidenza del Vicepresidente

TARGETTI

CORBINO. Noi dunque abbiamo il dovere di esser cauti, abbiamo il dovere di esser molto moderati nel lasciare facoltà ampie per assicurare una prontezza di esecuzione in casi di cui la necessità potrebbe essere in un certo senso discutibile.

19818

Ma in materia di prontezza di esecuzione e di coordinamento di programmi bisogna tener conto di una considerazione di carattere fondamentale: quando voi mi istituite un organo destinato esclusivamente ad assicurare l'esecuzione del piano per il Mezzogiorno e per cifre così ingenti, che io vorrei anzi ancora più alte, voi non potete prescindere dal collegamento di queste opere con l'economia delle altre regioni d'Italia, voi non potete fare un piano di trasformazione dell'economia, meridionale che non tenga conto delle condizioni dell'industria pesante dell'Italia del nord, che non tenga conto dell'industria meccanica dell'Italia de] nord, che non tenga conto delle industrie chimiche, delle altre regioni italiane.

Ora, questo coordinamento non può essere fatto dal presidente della Cassa.

JERVOLINO ANGELO RAFFAELE, Relatore. V'è il comitato dei ministri.

CORBINO. Benissimo, deve essere il comitato dei ministri: ma allora tanto vale che, essendo a coordinare il tutto il comitato dei ministri, i due ministri che in sostanza voi avete eliminato con questa legge, il ministro dell'agricoltura e il ministro dei lavori pubblici, se ne stiano lì a coordinarsi o a farsi coordinare con tutti gli altri. (Si ride).

Io mi pongo poi un altro quesito. Quando, onorevoli colleghi noi avremo creato la Cassa, e la Cassa avrà un funzionamento più snello, più agile, meno inceppato da controlli degli analoghi uffici dello Stato, ve lo immaginate che cosa accadrà in conseguenza del confronto del funzionamento dello stesso ufficio come ufficio dello Stato e come ufficio della Cassa,? Vedremo un ingegnere del genio civile che dirà a coloro che hanno assunto appalti di opere: aspettate; adesso mi metto la giacca nella mia qualità di ingegnere del genio civile della Cassa e vi pago. Poi per un altro appalto si leva la giacca di ingegnere del genio civile della Cassa e si mette la giacca di ingegnere del genio civile dello Stato e... non paga.

Ma non vedete quale enorme discredito voi fate cadere sull'amministrazione dello Stato? Ora, io vi debbo dire che, come liberale e come liberista, io non ho motivo di dolermi che oggi, nel 1950, noi dobbiamo arrivare alla conclusione che lo Stato, se vuol fare una cosa seria, debba dire: serviamoci di tutto, tranne che degli organi dell'amministrazione dello Stato.

All'epoca in cui i liberali reggevano la cosa pubblica - consentitemi di dirlo - questo non accadeva.

Ma se noi vogliamo che lo Stato diventi qualcosa di più di quello che era, diventi migliore di quello che era sotto l'economia liberale, e non diventi peggiore, non si debbono far confrontare degli organismi i quali mettono in evidenza le lacune della loro organizzazioni e le deficienze del loro funzionamento.

MATTEUCCI. Questa è l'influenza di Sa- ragat al Governo. (Commenti).

CORBINO. L'onorevole Scoca poco fa mi ha ricordato la questione dei controlli; probabilmente egli si riferisce ai revisori.

SCOCA, Presidente della Commissione. No, mi riferisco alle varie specie: al controllo politico, al controllo contabile e al controllo tecnico.

CORBINO. fi controllo lecnico è limitato dalla legge, per quello che concerne i revisori, a questo: vigilare sulla, osservanza 'della legge.

JERVOLINO ANGELO RAFFAELE, Relatore. Dice: in modo speciale; e quindi è una delle tante facoltà.

CORBINO. Io vorrei sapere dall'onorevole relatore se qui la legge è la legge con la lettera maiuscola, cioè a dire tutte le leggi dello Stato, o se è soltanto la legge di fondazione della Cassa. Questo è il quesito al quale pregherei l'onorevole relatore di rispondere. Perché, se con legge a,vete inteso dire la leggo secondo la formula del codice civile, sulla presunzione della conoscenza della legge, allora non capisco quali siano i vincoli che avete levato, perché tutti i vincoli derivano da leggi in vigore; ed avreste dovuto perciò dire chiaramente quali sono i vincoli che avete tolto. Se, invece, vi riferite alla legge specifica, francamente mi sembra troppo poco e non vedo così raggiunto il fine di eliminare i controlli anche di carattere preventivo.

SCOCA, Presidente della Commissione. Il vincolo levato è semplicemente quello del controllo preventivo della Corte dei conti, che oggi, in base alle leggi vigenti, si attua-su una piccolissima parte delle spese pubbliche.

CORBINO. E allora, non potevate fare una legge in cui si dicesse: Per tre anni o più tutti gli impegni di lavori e di costruzione di opere pubbliche nell'Italia meridionale sono esenti dal controllo preventivo della Corte dei conti?

SCOCA, Presidente della Commissione. Si sarebbe potuto fare, anche questo. Le dirò di più: che nelle aziende autonome statali il controllo preventivo non c'è. Però, vi sono altre ragioni, che io mi riprometto di dire se avrò la fortuna di poter intervenire, che hanno indotto me (che ho mollo esitato su questo problema) a sottoscrivere il progetto governativo.

19819

CORBINO. Mi permetto di farle osservare che nelle al Ire aziende autonome statali c'è un bilancio che è formato di entrate e di uscite: si tratta di aziende a carattere industriale come quella del monopoli, come quella delle ferrovie, come quella delle poste e telecomunicazioni, e, quindi, là. in un certo senso, si capisce che non vi sia un controllo preventivo. Ma, questa è una Cassa speciale, che spende soltanto denari dello Stato.

SCOCA, Presidente, della Commissione. L'azienda si trova nelle identiche condizioni dell'azienda autonoma della si rada.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non facciano il «convegno del cinque»! (Si ride).

CORBINO. Mo già segnalato i pericoli che derivano dalla creazione di una Cassa per quello che concerne i conflitti di attribuzione fra la Cassa stessa e il Ministero. Ma non finisco qui. Ve ne segnalo un altro, ed io non so come esso sia sfuggito al presidente della Commissione che è anche presidente della Commissione di finanza. A proposito dei finanziamenti per le opere che dipendono dagli epti locali, l'articolo 4 dice: «tali finanziamenti... da farsi con preferenza assoluta su altri dà parte della Cassa depositi e prestiti».

lo mi domando se si è pensato alle conseguenze di questo inciso all'articolo 4, quando si tenga presente che la Cassa depositi e prestiti ha dei mezzi limitati, che assegna secondo le richieste fattele e che, a un certo momento, si vede sconvolto tutto il suo piano di assegnazione perché entrano in azione i finanziamenti straordinari con preferenza assoluta, stabiliti dall'articolo 4.

SCOCA. Presidente della Commissione. Ma sono limitatissimi! Non sconvolgono niente!

CORBINO. Sono limitatissimi. Ma vi dirò che una volta c'era da noi un contadino che andava in campagna e fu pregato da un amico di portargli una cosa sull'asino; poi, strada facendo, un altro amico gli diede da portare un'altra cosa, poi un altro e così via. Alla fine l'asino cadde a terra e morì per colpa di 100 piccole cose!

Ora io sto denunciando cento cose piccole e non mi augurerei che, dopo tutte le cose che ho denunciate, la Cassa del Mezzogiorno facesse la fine dell'asino! (Si ride).

V'è poi un'altra questione cui l'onorevole Amendola ha già accennato; senonché l'onorevole Amendola l'ha accennata da un punto di vista che, nella forma, non può da me essere condiviso, per quanto sia condiviso nella sostanza.

Se l'onorevole collega Petrucci mi consente di continuare...

PAJETTA GIULIANO. Poi sarà contro la commissione d'inchiesta sulla Cassa del Mezzogiorno!

PETRUCCI. Io continuerò a votare sempre a favore di tutte le commissioni d'inchiesta.

CORBINO. Non c'è dubbio che voi avete come meta la creazione) di un organo che. per essere agile e snello, deve avere dei poteri piuttosto larghi. Ora, io vorrei farvi rilevare la gravità del pencolo politico di adottare un sistema di questo genere nella Italia meridionale; e ve la voglio fare rilevare tanto più in quanto l'Italia meridionale, per- quella, dose di grande buon senso che è nelle popolazioni meridionali, ha avuto un coefficiente di «fascistizzazione» molto moderato.

Ma vi pare che sia confacente alla necessità di creare uno spirito democratico nel- nostro paese che noi, a distanza di quattro anni dalla proclamazione della Repubblica, ci presentiamo nel Mezzogiorno con metodi amministrativi, che fatalmente spingeranno molti di coloro che guarderanno alla differenza fra l'azione dello Stato e fazione della Cassa, a dire: Ma in fondo, pare che l'atmosfera della Cassa somigli un po' a quella della buon'anima! Non so quanti saranno a pensarla, ma saranno in parecchi; ed io non credo che in questo modo noi renderemo un servizio al rafforzamento dello spirito demoL cranico nelle regioni meridionali!

Vedete, onorevoli colleghi, io sdrammatizzo: voglio porvi tutti i dubbi che io mi sono posti di fronte alla Cassa del Mezzogiorno, dubbi di carattere tecnico, dubbi di carattere economico, dubbi anche relativamente al modo del suo funzionamento. La Cassa avrà, dunque, un consiglio di amministrazione. Il presidente è nominato dal Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei ministri; due vicepresidenti e 10 membri sono nominati dal Presidente del Consiglio, sentito il Consiglio dei ministri.

Questo consiglio di amministrazione dura in carica due anni, secondo il progetto governativo, quattro anni secondo il progetto della Commissione. Io capivo i due anni del progetto governativo e pensavo ad una integrazione, che ho proposto con un emendamento. e cioè che i membri del consiglio scaduti possono essere riconfermati, integrazione che ai revisori estenderei solo per un biennio, perché è bene che i revisori nel giro massimo di quattro anni siano cambiati totalmente. Ma non capisco i quattro anni della Commissione, anche per una regola elementare di aritmetica: 10 non è divisibile per 4, 10 diviso 4, fa due, con il resto di due.

19820

Con le proposte della Commissione si avranno per il consiglio di amministrazione due periodi di quattro anni, e l'ultimo di due. Allora sono aperte le prenotazioni per le "due serie più lunghe, e ciascuno cerchi di non rimandare la propria prenotazione all'ultimo!

A proposito del consiglio di amministrazione è sorto - e la Commissione lo denuncia - il problema delle incompatibilità. La Commissione è stata molto garbata nel prendere le sue deliberazioni e si è limitata a chiedere che per la composizione del consiglio siano scelte persone esperte che, per non essere direttamente o indirettamente legate a rilevanti interessi finanziari di enti di qualsia! natura, diano le maggiori garanzie di indipendenza di azione.

Io avrei preferito che qui si dicesse: «per non essere o per non essere state...».

SCOCA, Presidente della Commissione. Possiamo aggiungerlo. È giusto.

CORBINO....perché, onorevoli colleghi, noi non dobbiamo nasconderci una realtà, che non è estremamente piacevole. Io sono stato fra coloro che più largamente hanno sostenuto la pacificazione, e non sono quindi l'ultimo a sostenere che gente che aveva sbagliato, in buona o in mala fede, fino al 1943 ritorni a lavorare tranquillamente; ma c'è un limite. Coloro che fino al 1943 hanno assunto delle responsabilità positive dirette dovrebbero avere il buonsenso di tenersi in seconda linea, e noi dovremmo avere il coraggio di tenerli in seconda linea.

Ora, badate che la ricostituzione del fascismo non avviene attraverso le sezioni che i colleghi Almirante e Roberti possono costituire qua e là di giovani che, animati talvolta da sentimenti di un nazionalismo che non tiene conto di tutte le ragioni storiche del nostro paese, possono essere anche spinti verso di loro da una fiamma di cui noi vorremmo per lo meno placare l'altezza. No, la ricostituzione del fascismo non è qui; essa ò altrove. A me preoccupa vedere gente che fino al 1943 aveva in mano le posizioni chiave del nostro paese, che lentamente le sta riprendendo, ove non le avesse già riprese. È questo che noi dobbiamo assolutamente impedire. (Applausi).

E questo sia detto anche per una polemica che si è svolta sui giornali e di cui è stato uno dei più ardenti campioni un uomo che ha tutto il mio più grande rispetto per i sacrifici personali che egli ha compiuto a favore della democrazia italiana, don Luigi Sturzo.

Quando don Luigi Sturzo ha detto che presidente e vicepresidente non possono essere dei parlamentari, ha detto una cosa che mi ha fatto stupire venendo da parte sua, perché quando si escludono i parlamentari dobbiamo cascare per forza nei gerarchi e negli ex-fascisti. Io devo pensare che noi, di tutti i partiti, abbiamo raccolto il meglio dei nostri uomini per portarli qui e al Senato. E allora, se si escludono i parlamentari, in quali categorie il Governo potrà scegliere? 0 fra i bocciati delle nostre liste, oppure fra gli ex-gerarchi. Ora, francamente, che un parlamentare possa fare il ministro dei lavori pubblici, che un deputato possa far il ministro del tesoro o il ministro dell'agricoltura senza per questo doversi dimettere da deputato o senatore, e non possa fa$e il presidente della Cassa per il Mezzogiorno, io lo trovo semplicemente assurdo.

Quindi, lodo che la Commissione abbia respinto questa incompatibilità, e affermo, per la dignità del nostro Parlamento, che non si deve concepire che vi possa essere un parlamentare che, preposto a un posto di tanta responsabilità, non sappia fare il suo dovere nella esecuzione della legge. Noi dobbiamo reagire contro questa campagna che tende a diminuire, attraverso il prestigio delle nostre persone, il prestigio della istituzione e del Parlamento. E tempo di guardare molto freddamente in faccia il pericolo che viene da questo lato.

E vengo all'ultima parte. Perdonate, onorevoli colleghi, se vi intrattengo ancora un poco, ma mi sembra che l'argomento ne valga la, pena: vi risparmierò così lo svolgimento di un ordine del giorno, e di una quindicina di emendamenti da me presentati. Ho infatti presentato un ordine del giorno con cui invito il Governo a ritirare la legge, come dirò nella mia conclusione; però sono convinto che la legge andrà avanti egualmente, anche perché i dissensi nel partito di maggioranza sono un po' forti, e l'esperienza ci insegna che quando i dissensi nel partito di maggioranza sono forti le leggi passano, perché allora entra in azione la disciplina di partito. (Si ride).

Ora, nella questione dei mezzi vi è un aspetto serio che, in parte, è stato messo in evidenza dall'onorevole Amendola; ma c'è anche un aspetto comico. Scusate se io trovo talvolta il comico anche nelle cose serie. Tutte la parte della relazione e l'enunciazione delle norme del disegno di legge su questo punto mi hanno dato l'idea di quei capitoli matrimoniali che si solevano tare nei comuni interni della Sicilia 60-70 anni fa, quando si riunivano i parenti degli sposi per fissare le relative doti.

19821

Qui le posizioni di suoceri (chiamiamoli così) sarebbero state prese dalla Commissione nell'interesse del Mezzogiorno (la Commissione, vedova; il Mezzogiorno, sposo); invece, il suocero, dall'altro lato, sarebbe il Governo, che sarebbe il padre della sposa, cioè la Cassa. {Ilarità). Allora la Commissione avrebbe domandato al Governo: «Che dote date a vostra figlia?». Ed il Governo risponde: «io le do cento miliardi l'anno per dieci anni». «Ma glieli date proprio sul serio?». «Certo», quello risponde. «Però è bene specificare come glieli date». E allora, cominciamo: Interim-aid, fondo speciale, fondo-lire, rimborso prestiti, quota E. R. P., e poi 80 miliardi l'anno per completare i 100. Allora fissiamo tutto ciò nei capitoli matrimoniali! E voi trovate infatti nella legge capitoli fìssati con una insistenza veramente rilevante, perché la Commissione si è posta, in un certo senso, il dubbio dell'onorevole Amendola, come se fosse stato posto da altri.

Dice la Commissione: ma i finanziamenti saranno reali e sicuri? Ed ecco che, enumerate le disposizioni di legge relative ai finanziamenti, comincia a premunirsi prima dal rischio che il Governo non dia i 100 miliardi l'anno in maniera completa.

JERVOLINO ANGELO RAFFAELE, Relatore. Disponibilità di cassa...

CORBINO. E allora vi dico che non avete pensato, per esempio, a stabilire un termine al Tesoro per versare questi famosi 100 miliardi. Se il Tesoro ve li dà il 30 giugno, è vero che pagherà gli interessi, ma voi avete l'obbligo di cercare i 100 miliardi, e non è facile trovarli. È per questo che ho proposto un emendamento per il quale il Governo deve versare la somma in sei rate bimestrali, al 1° di ogni mese pari; così il problema mi pare risolto.

Dunque, prima preoccupazione quella dei 100 miliardi l'anno; poi, dopo due anni - ecco la seconda clausola - alla fine delle operazioni del piano E. R. P. il ministro del tesoro farà il conto di tutto quello che si potrà avere, vedrà se si arriva ai mille miliardi, e si impegnerà a dare la differenza. Abbiamo già la certezza di uno stanziamento di 100 miliardi l'anno, per dieci anni, e la certezza di uno stanziamento globale di 1000 miliardi.

Ma la Commissione non ha voluto lasciare niente al caso, e vi propone un articolo 13-bis (ecco la funzione di suocera, di madre del figlio maschio) (Ilarità), e vi dice:

«Qualora la Cassa, alla fine del decennio, non avesse conseguito l'ammontare effettivo di 1000 miliardi di lire, la differenza sarà corrisposta dallo Stato a carico del bilancio del Ministero del tesoro».

Ora, sentite, io trovo che tutte queste precauzioni sono esagerate; e sono esagerate perché, come vi ha dimostrato l'onorevole Amendola, noi possiamo costringere noi stessi, ma non la Camera che verrà nel 1953, e il Senato che verrà nel 1954, né la Camera che verrà nel 1958, e il Senato che verrà nel 1960.

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Si emettono obbligazioni ' con garanzia dello Stato...

CORBINO. Se noi dobbiamo credere a qualche cosa, dobbiamo credere alla certezza che i governi futuri daranno -di più dei 1000 miliardi, e non di meno. Io non concepisco la ipotesi di un governo, espressione di quel partito qualsiasi che domani può venire al potere, che faccia un passo indietro rispetto alla questione meridionale. No, questa ipotesi non la condivido, ed allora questa forma di diffidenza che noi abbiamo verso questo Governo e verso i governi futuri, togliamola, perché lo Stato, quando assume un impegno, lo assume nei limiti in cui le circostanze gli consentono di poterlo mantenere.

Se Romani scoppiasse una guerra e non potessimo più continuare a fare le opere nel Mezzogiorno, continueremmo a stanziare i 100 miliardi? Ma allora saremmo tutti inghiottiti nella voragine delle necessità belliche!    ,

FODERARO. È un obbligo giuridico. Vuol dire che occorrerà un'altra legge.

SCOCA, Presidente della Commissione. Onorevole Corbino, non è diffidenza verso questo Governo né verso i governi futuri; si,tratta invece di fonti di finanziamento di diversa natura. Infatti, da un lato vi sono uno stanziamento fisso di 80 miliardi da parte del Tesoro, e, dall'altro, questi prestiti; e può darsi che la somma delle due fonti non raggiunga il totale di 100 miliardi. Pertanto non ci hanno mosso ragioni di diffidenza.

CORBINO. Ma è già detto nell'articolo 9-bis-, «Qualora la somma delle entrate complessive risulti superiore ai 1000 miliardi di lire», ecc. Il ripeterlo è un pleonasmo.

SCOCA, Presidente della Commissione....in, via preventiva.

JERVOLINO ANGELO RAFFAELE, Relatore. È un bilancio preventivo: lo dico nella mia relazione.

CORBINO. Non è un bilancio; non possiamo chiamarlo bilancio, semmai sarà un quadro.

19822

Si è detto: la Cassa deve provvedere ad autofinanziarsi per eventualmente accelerare il ritmo dei suoi lavori. Ora, i finanziamenti evidentemente non possono essere attinti che all'estero o all'interno, ma i finanziamenti all'estero non sono né potranno essere così grandi da giustificare la creazione di un organismo speciale.

Sarei lietissimo se noi potessimo arrivare fra duo o tre anni ad avere dall'Import- Export Bank o dalla Banca per la ricostruzione e lo sviluppo qualcosa come una ventina di milioni di dollari all'anno. Cosa volete che rappresentino in un paese come il nostro in cui il bilancio dello Stato, malgrado l'affermazione del collega Jervolino (il quale dice che si è molto prossimi al pareggio, e mi auguro che il Signore raccolga le sue parole e che effettivamente fra qualche anno troviamo il bilancio in pareggio), è oggi tanto vicino al pareggio quanto lo ora duo. anni or sono, o por giungervi occorreranno ancora molti anni?

E allora, nel calderone dello entrato straordinario, che saranno necessarie per fronteggiare i disavanzi di bilancio, ci potremo mettere anche i 20 miliardi di prestiti che ci potrebbero venire dall'estero. E, d'altra parte, nulla vieta che il prestito lo faccia il Governo direttamente con la Banca per la ricostruzione.

In proposito rilevo uno dei soliti errori fondamentali della nostra finanza: quello di non volersi convincere che il solo che riesce a far debiti a buone condizioni è lo Stato. Bisogna smetterla con tutti i prestiti emessi dalla Azienda monopoli tabacchi, dall'Azienda ferroviaria, e via di seguito, perché la gente ha fiducia nello Stato e quando compra titoli di organi diversi li compra, sì, ma vuole condizioni migliori.

Ecco, perché è il Tesoro che si devo assumere l'onere dei finanziamenti della Cassa o non deve essere la Cassa a provvedervi direttamente. Su questo argomento sognalo poi al ministro Campilli e al sottosegretario Gava una disposizione gravissima contenuta nell'articolo 11: «Gli enti di qualsiasi natura esercenti il credito o le assicurazioni, nonché gli enti morali, sono autorizzati ad investire le proprio disponibilità in obbligazioni della Cassa anche in deroga a disposizioni di logge, di regolamenti o degli statuti generali o speciali».

Sono dell'idea che, in materia di credito, non si debba toccare niente con disposizioni di straforo. E questo un settore così delicato che non so quali conseguenze potrà avere una disposizione di questo genere:, si potrà arrivare alla riduzione della liquidità delle casse di risparmio, delle banche popolari e delle stesse grandi banche di credito ordinario.

Non è con questi pannicelli caldi che voi assicurerete il mercato alle obbligazioni della Cassa! Se volete assicurare tale mercato date l'1 per cento in più di quello che danno le obbligazioni ordinarie, e vedrete che di miliardi ne troverete quanti ne vorrete, ma spenderete di più dello Stato.

lo sono dell'idea,che il finanziamento globale dovrebbe essere aumentato da 1000 a 1500 miliardi. 500 miliardi ogni 10 anni rappresentano 50 miliardi all'anno e' sono 1 miliardo di lire del 1938; sono 200 milioni del 1914; meno di 100 del 1865.

Onorevoli colleghi, i nostri nonni, noi 1865 non si spaventavano di un bilancio che aveva allora 400 milioni di disavanzo, perché sapevano di dover gettare le basi per fare grande l'Italia! Non capisco perché noi oggi ci dovremmo spaventare di 50 miliardi all'anno di più, per rendere possibile una più rapida elevazione del Mezzogiorno. Del resto, nulla vieta che se la congiuntura dovesse miliare- si possa rallentare con il tempo il ritmo degli investimenti. Ed ecco perché io vorrei che gli investimenti della Cassa non siano svolti in maniera uniforme nel tempo, ma abbiano un andamento ascendente nei primi 5 o 6 anni, perché si presume che, mano a mano che si creeranno gli organi necessari per l'esecuzione dei programmi...

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Ecco perché si possono scontare le annualità ed i crediti! La Cassa ha questa funzione di mobilitare in anticipo...

CORBINO. Io invece vorrei dare allo Stato questa funzione, perché ho dimostrato che lo Stato trova i quattrini più a buon mercato della Cassa, e potrà risparmiare qualche cosa che si avvicini all'I per cento all'anno di interesse. Io dico, dunque, cho noi dobbiamo disporre lo stanziamento con andamento crescente, e poi nell'ultimo periodo con andamento decrescente, perché con investimenti uniformi, secondo il piano che presentate, voi esponete il Mezzogiorno ad una crisi, quando al decimo anno verrà a cessare il flusso straordinario di spese di 100 miliardi.

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei ministri. Sarete voi.a completarlo...

CORBINO. Onorevole De Gasperi, io spero che vi sia anche lei, così potremo esaminarlo insieme; ma per me è un problema di metodo, è un problema di indirizzo, perché noi fin da questo momento ci dobbiamo preoccupare della crisi che potrà determinare, in un organismo non molto robusto come quello dell'Italia meridionale, l'arresto improvviso del flusso di mezzi per una entità così ragguardevole. Ecco perché io propongo lo stanziamento in misura...

19823

Una voce a destra, In curva parabolica...

CORBINO. Esattamente, con andamento simile ad una curva parabolica di secondo o terzo grado, con un'origine che corrisponda al sesto anno, e via via crescendo e decrescendo, partendo dallo stanziamento globale di 1.500 miliardi, p da quello di 1.000 miliardi.

Rispetto a questo svolgimento nel tempo c'è però da preoccuparsi di una cosa: e cioè, che con un ente come la Cassa, noi avremmo una situazione pericolosa alla vigilia delle elezioni del 1953. Se è vero che dobbiamo scegliere degli esperti, della gente che si possa disinteressare di tutto, non possiamo dimenticare che spendere 100 miliardi all'anno non è un problema solo di perizia, ma è anche un problema politico; e, per quanto spassionati possano essere gli uomini, ad una parte politica finiranno sempre col tendere od appartenere.

SCOCA, Presidente della) Commissione. Se l'Italia meridionale non sarà salita a quel tale livello, si potrà continuare.

CORBINO. Mi 'permetta che le risponda come l'onorevole De Gasperi ha risposto a me: «Vuol dire che ve la vedrete voi!».

SCOCA, Presidente della Commissione. Io non rifiuto. Ce la vedremo noi.

CORBINO. Un'ultima considerazione e poi mi avvio verso la fine.

Quale è il punto di partenza del vostro piano di lavori per il Mezzogiorno? Il Mezzogiorno! Che cosa è il Mezzogiorno? È una regione geografica, che a noi interessa in quanto vi sono degli uomini, non in quanto sia una regione geografica. Ora, noi non sappiamo come sono distribuiti gli abitanti dell'Italia meridionale, come del resto non lo sappiamo per il resto d'Italia, perché l'ultimo censimento è quello del 1936. Un piano che pretende proiettarsi per dieci anni ed oltre non può non tenere conto della'  distribuzione della popolazione per sesso, per età, per classi sociali, e della più probabile distribuzione futura di coloro che sono chiamati a lavorare e di coloro che rappresentano invece un elemento passivo della società: vecchi e bambini. Qualsiasi buona volontà attribuita al Governo e~ai suoi organi tecnici responsabili non può far fare oggi che dei piani di carattere transitorio; e un piano veramente organico lo potremo fare soltanto quando ci saremo contati, quando sapremo come ci dividiamo.

 Inoltre in quattro anni, quanti ne occorrono per arrivare al periodo centrale del piano, noi potremmo vedere sorgere delle possibilità di emigrazione che oggi non vi sono, e che inciderebbero sensibilmente sull'assetto demografico di alcune regioni; noi potremmo a,vere spostamenti interni di cui non possiamo ancora prevedere le conseguenze.

MAROTTA. Questi mutamenti possono avvenire anche dopo aver fatto il censimento.

CORBINO. Ma allora sapremo meglio come potranno avvenire. Oggi, del resto, i piani in Inghilterra, in Francia e negli stessi Stati Uniti, e dovunque, si formano tenendo conto del probabile sviluppo della popolazione e delle curve di distribuzione della popolazione per età; ciò che non possiamo fare, perché basandosi sui dati del 1936 si arriverebbe a cifre molto approssimative e grossolanamente errate per eccesso o per difetto. Dopo di che, onorevoli colleghi, io non ho altro da aggiungere.

SCOCA,' Presidente della Commissione. Vi sono i 18 emendamenti.

CORBINO. Sono emendamenti di carattere tecnico. Più importante mi pare l'ordine del giorno nel quale, premesse le stesse considerazioni inserite nell'articolo 1, per quel che concerne il tipo di opere pubbliche da eseguire, ne aggiungo uno, e cioè costruzioni e arredamento di edifìci scolastici per l'istruzione primaria e secondaria di carattere tecnico; premesso che la Cassa non risolve i problemi fondamentali - soprattutto quelli del controllo del Parlamento e del controllo del Governo sulla Cassa - premesso che si devono stanziare 1500 miliardi, anziché mille - distribuiti come già ho detto, cioè con l'andamento crescente nei primi sei anni e decrescente negli altri quattro, io respingo il principio della Cassa, ed invito il Governo a ritirare questo disegno di legge e a presentarne un altro che alleggerisca i vincoli ed i controlli che oggi ostacolano l'azione dello Stato.

È la Cassa che io non accetto; ed anzi, in un certo senso, io'dico al Governo: incominciamo a far subito qualcosa con quello che c'è già di stanziato, senza creare organi nuovi e senza trasformare i meridionali in una classe privilegiata rispetto agli altri cittadini anche del nord, oberati da vincoli e controlli, perché a noi interessa questo: di mettersi sulla via di un'amministrazione statale snella, dando al Mezzogiorno Lullo quello che si può dare. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trulli. Ne ha facoltà.

19824

TRULLI. Da buon meridionale non posso esimermi dall'aggiungere la mia opinione sulla Cassa per il Mezzogiorno. È una fortuna per me che il mio intervento segua quelli massicci degli onorevoli Amendola e Corbino, i quali - sia pure due punti di vista diversi - hanno investita e considerata tutta la situazione economica e politica.

Ma se consentite nessuno dei due ha visto quanto di veramente buono vi sia in questa istituzione, perché se da una parte l'onorevole Amendola ha rilevato tutto il disagio di una situazione economica, disagio starei per dire connaturato alla nostra posizione fin dal 1943 in conseguenza della guerra perduta, dall'altra le sue critiche non possono assolutamente essere ritenute giustificate.

Io ammiro il Presidente del Consiglio per l'atto di coraggio che compie con questo provvedimento, audace e che serve a bandire - una volta per sempre - la disparità esistente tra. il nord e il sud; che serve a bandire quella stessa situazione della quale, 45 anni fa, un uomo come De Viti-De Marco faceva questo quadro: «Siamo alla mercé degli industriali che hanno il loro quartier generale nello stato libero di Sant'Ambrogio, e di là dirigono, capi responsabili, la politica commerciale italiana».

La Cassa per il Mezzogiorno ci dà atto, quanto meno, della fine di una sperequazione, e siccome i capitali dovranno affluire da rivoli diversi a questo ente, noi vedremo assuefatti all'idea della Cassa per il Mezzogiorno tutti indistintamente gli operatori dell'Italia del 'nord.

Onorevoli colleghi, fin dal 1921 (non voglio risalire ad epoche più remote, perché avete sentito l'onorevole Amendola dimostrare che è da 90 anni che si dibatte il problema del Mezzogiorno) gli uomini politici dell'Italia del Mezzogiorno, come Giustino Fortunato, come Bovio, come Cavallotti, come Salandra, come Nitti, non hanno avuto mai tregua, non hanno avuto mai riposo per il Mezzogiorno.

Onorevoli colleghi, facciamoci questa domanda. facciamocela, starei per dire, in sordina: per quale motivo, per quali cause efficienti, il problema del Mezzogiorno non è stato mai risoluto in pieno sino a questo momento, nonostante l'intervento, nonostante l'attività intensa di questi uomini di una volta?

FODERARO. Difetto di mezzi.

TRULLI. Io voglio essere estremamente sincero, io voglio dare atto all'Italia settentrionale di una maggiore, di una più fervida attività organizzativa dei loro uomini.

FODERARO. Non è per niente vero: prenda i calabresi e li metta nel nord; vedrà quello che sapranno fare.

TRULLI. Quando noi leggiamo ordini del giorno che furono oggetto di discussione sin dal 1921, nella Camera, subito dopo l'altra guerra; quanto constatiamo che i tempi si ripetono, le situazioni non sono mutate: quando leggiamo nel 1921 un ordine del giorno di questo genere: «La Camera, convinta che ogni maggior provvidenza finanziaria a vantaggio del Mezzogiorno d'Italia-e delle isole rappresenta un investimento vantaggioso per la ricchezza nazionale è che, nella crisi presente, si risolve in un flusso benefico per l'economia di tutto il paese, passa ad invocare tutti i provvedimenti dal Governo», si vede bene come questa istanza è stata sempre viva.

Quando noi, onorevole Foderaro, riscontriamo che uomini come De Viti-De Marco riproducono la vita della loro epoca con le parole che seguono, voi non dovete trovar strano che io identifichi una certa responsabilità nei meridionali, perché non sono io che mi prendo l'arbitrio di fare questa osservazione, ma i nostri maestri, per cui da questa tribuna, noi dobbiamo incitare gli uomini nostri, non inferiori ad alcuno, dotati, anzi, di un'intelligenza pronta, tanto vero che, quando si allontanano dalla loro terra per esercitare la loro attività altrove, sono sempre in prima, linea.

Non ho voluto pertanto offendere i meridionali, ma ho inteso additare il rimedio là dove esso si può trovare, e giungerò alla conclusione: e cioè che, prima dei finanziamenti di opere pubbliche, prima di far bonifiche, strade, rimboschimenti, onorevoli colleghi, la situazione che occorrerà affrontare con urgenza, perché grave, anzi gravissima, è quella dell'istruzione. E a questo proposito proprio giorni or sono ebbi una riunione con capi di. istituto e professori della mia provincia.

Onorevoli colleghi, io non voglio leggervi a questo riguardo dei dati statistici, ma vi dirò che come primo provvedimento, con i denari che affluiranno a questa Cassa per il Mezzogiorno, sarà necessario migliorare la istruzione delle nostre popolazioni.

FODERARO. Ma se non hanno l'acqua da bere, che cosa ne fanno dell'istruzione?

TRULLI. Collega Foderaro, questa è la storia! Siamo d'accordo: occorrerebbe una graduazione, ma la prima necessità, quella grave, è la istruzione perché soltanto così potremo elevare le nostre masse.

19825

In ogni modo, io dicevo, per giustificare la mia affermazione che potrebbe essere una affermazione audace (perché io sarei stato quel meridionale che ha classificato i suoi corregionali nella maniera come io li ho classificati), che questa affermazione non è mia! Sentite infatti che cosa diceva De Viti-De, Marco: «Se il problema del Mezzogiorno, dopo tre quarti di secolo dalla unificazione, è ancora insoluto, la colpa maggiore è dei meridionali. I meridionale (noi dobbiamo avere il coraggio di dire da questi banchi certe cose, onorevole Foderaro!) possono contare sulla comprensione e l'aiuto di quella élite di tutte le regioni d'Italia che è sensibile all'appello per una maggiore giustizia sociale e che considera il problema de] Mezzogiorno come uno dei più importanti problemi nazionali, ma non possiamo pretendere che, in generale, i settentrionali prendano a cuore i problemi del Mezzogiorno! Chi vuole Cristo se lo preghi!» Quest'uomo così attaccato alla sua terra continuava dicendo: «Devono essere i meridionali a organizzarsi per la difesa dei loro comuni interessi, ad impostare bene i loro problemi, ad -agire con intelligenza, con tenacia, con onestà per realizzare le migliori soluzioni».

Ecco dove sta il nostro problema! Ed io dico: negli interventi dell'onorevole Amendola e in quello dell'onorevole Corbino noi possiamo, sì, trovare delle cose esatte, ma osserviamo a tecnici come l'onorevole Corbino: occupatevi, preoccupatevi di questa Cassa in sede di emendamenti, portate il vostro tecnicismo per migliorare quella legge, ma, per carità di Dio,- non affermate genericamente che essa è un atto di buona volontà e, poi, a conclusione del vostro intervento, silurate questo atto di buona volontà.

Questo è ciò che io affermo; ed invoco che il tecnico intervenga ma non siluri le buone intenzioni, poiché, indubbiamente, questa è una buona intenzione del Presidente del Consiglio.

Onorevoli colleghi, io ho premesso che non vi avrei portato alcun argomento di ordine tecnico perché non sono un tecnico; ma, signori della Commissione, qui noi abbiamo uomini come l'onorevole Corbino che potranno portare un valido aiuto al fine di costruire una legge più perfetta in modo che la Cassa per il  Mezzogiorno produca i suoi benefici effetti. Io desidero-dirvi ancora che noi abbiamo al Governo uomini che si sono ormai impegnati moralmente.

Desidero leggervi inoltre un brano del discorso del ministro Sforza, pronunziato in un congresso di repubblicani. Egli diceva: «Saremo uno dei paesi più uniti, più efficienti, più naturalmente indipendenti del mondo, quando avremo un Mezzogiorno pulsante ovunque di rinnovata vita agricola e industriale». E aggiungeva: «L'Italia ha almeno la fortuna di poter quasi raddoppiare la potenza economica, intellettuale e industriale con l'incoraggiare ovunque, a sud di Roma, quelle mirabili forze potenziali che qui esistono e che dovranno tecnicizzare tutta l'agricoltura meridionale e che dovranno sviluppare quelle industrie che meglio si convengono alle nostre tradizioni».

E l'onorevole Togni, in altri due interventi fatti a proposito della industrializzazione del Mezzogiorno, diceva: «Vi è una evidente sperequazione fra il nord e il sud della nostra Italia; vi è una evidente sperequazione, ed è interesse di tutti (questa è la nota che dobbiamo far vibrare in questi giorni a conclusione del nostro voto!), e ' quindi anche vostro, amici del nord, lavoratori- o industriali o comunque partecipanti al ciclo della produzione o del consumo, òhe l'Italia del sud e delle isole elevi le sue condizioni e le sue possibilità economiche ed accresca le possibilità di produzione e di consumo».

E lo stesso ministro Togni, dando atto della nostra situazione (sono riconoscimenti che renderanno pensosi gli uomini che provvederanno a" questa Cassa per il Mezzogiorno), alla fine del suo intervento aggiungeva: «Io credo che noi dobbiamo impostare questo problema nel senso di mettere le nostre industrie, i nostri artigiani e le nostre possibilità di produzione e di lavoro sullo stesso piano, sullo stesso costo, sì che non esista il mercato del sud a beneficio della produzione del nord, perché non avvenga che il nord produca a prezzi più bassi del sud in virtù di un beneficio di tariffe di energia elettrica».

Riconosciamo dunque che queste solenni dichiarazioni di uomini che sono al Governo li impegnano a potenziare la Cassa.

Onorevoli colleghi, ovviamente, per la natura stessa del mip intervento, devo concludere ràpidamente. E avviandomi alla fine, non posso fare a meno di rivolgermi al Presidente del Consiglio per fargli una raccomandazione: onorevole Presidente del Consiglio, io sono un figlio del popolo: col mio lavoro mi son portato all'attuale posizione; e ciò non ho mai dimenticato! Onorevole De Gasperi, è col cuore in mano che le parlo, così come tante volte ho sentito parlare lei, veramente col cuore in mano facendo vibrare il mio!

19826

Onorevole De Gasperi, il popolo meridionale è in gran travaglio! Onorevole Presidente del Consiglio, questo popolo sensibile, questa massa di uomini vivaci, non è tranquilla. Io non ho intenzione di portarle qui le querimonie di categorie, non starò a dirle che la massa è nelle condizioni economiche che tutti conosciamo e dalle quali ella (gliene do atto) fa di tutto per sollevarla; però, onorevole Presidente del Consiglio, si vanno verificando delle situazioni, dei fatti che incidono molto sulla nostra anima di meridionali. Io vivo col mio popolo; ogni giorno sono a contatto, con lui, non preoccupandomi di questioni elettorali, lo le ricordo che nel giugno e nell'ottobre 1947, cioè per due volte, onorevole De Gasperi, sono stato uno dei primi, uno dei più fortj assertori nel mio gruppo, perché il suo Governo non fosse rovesciato; onorevole De Gasperi, le assicuro che ho per lei ammirazione; ma, onorevole De Gasperi provveda, provveda a rasserenare il clima. Gli uomini a forte personalità hanno tutti la stessa sorte! In un certo momento sono accerchiati: ma ella avrà la forza di resistere e riuscirà a non farsi travolgere. Ella avrebbe un popolo meridionale che le vorrebbe veramente bene se potesse fugare tutte queste ombre, che la ammirerebbe se rendesse veramente efficiente questa Cassa per il Mezzogiorno alla quale io profondamente credo! (Applausi).

PRESIDENTE. Il segui Lo della discussione è rinviato a domani.








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